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L’eroina
del libro è una giovane e virtuosa vedova giudea che, grazie alla sua
fede, alla sua bellezza e alla sua astuzia, salva la città palestinese
di Betulia dall’assedio di cui l’ha cinta Oloferne, generale di
Nabucodonosor “re d’Assiria”. Anche questo libretto, come quello di
Tobia, appartiene a un genere letterario che corrisponde più alla
novella edificante che a una vera e propria storia, come si rileva dalla
deliberata indifferenza per le precise informazioni storiche e
cronologiche. Vi sono utilizzati anche elementi del genere letterario
apocalittico. L’autore esalta la fierezza religiosa del popolo di Dio al
cospetto dei suoi nemici; il fatto che a salvare Betulia e i suoi
abitanti sia una donna, sottolinea le risorse della divina provvidenza,
che si serve per le sue grandi opere di umili e inadatti strumenti (cfr.
c. 9). E’ notevole anche la prospettiva universalistica della salvezza
(14, 5-10). Scritto originariamente in ebraico, il libro è stato
conservato soltanto in greco e fu pubblicato verso la fine del II sec.
a.C., al tempo dell’epopea maccabeica.
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