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La caratteristica del libro
di Geremia nei confronti degli altri libri profetici è la prevalenza
dell’elemento biografico e la presenza di “confessioni”, che risultano
preziose per la conoscenza del dramma personale di un inviato di Dio a
contatto con la realtà che quasi lo schiaccia. Di origine sacerdotale,
Geremia visse e predicò nel regno di Giuda tra il 622 e oltre il 587 a.C.,
nell’epoca convulsa che vide consumarsi la tragedia della città santa,
del tempio e delle istituzioni che reggevano il popolo di Dio
Perseguitato, incarcerato e malmenato come traditore e disfattista a
motivo del suo messaggio che non incontrava i progetti dei governanti,
egli resta fedele al suo messaggio; fedeltà che a lui, d’animo mite e
timido, costa sacrificio e amarezza indicibili. Geremia stesso (c. 36)
ci apre uno spiraglio sulla storia del suo libro, scritto in parte
almeno due volte; di questa duplice trasmissione c’è forse traccia
nell’antica versione greca, più corta di un ottavo nei confronti del
testo ebraico. Le varie raccolte di oracoli e di materiale biografico
confluite nell’attuale libro si possono così identificare nelle linee
generali: oracoli contro Giuda e Gerusalemme (cc. 1-25, 13); la via
dolorosa del profeta (cc. 36-45); un’appendice sul crollo di Gerusalemme
(c. 52). Il messaggio di Geremia non si distingue per la novità della
tematica, ma per la profonda umanità e il fervore col quale il profeta
partecipò alla tragedia del suo popolo, squarciando le tenebre degli
avvenimenti con la luce della parola divina. Egli dà risalto alla
responsabilità religiosa, alla interiorità del rapporto fra l’uomo e
Dio; le vicende della sua vita gli meritarono di prefigurare le
traversie del Messia sofferente. La vetta del libro è al profezia del c.
31, 31-34 sulla nuova alleanza di salvezza, fondata sui valori
interiori.
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