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I “giudici” erano i capi militari e politici che
Dio suscitò tra il 1200 e il 1025 a.C. per risolvere particolari crisi
delle tribù d’Israele, venute a contatto e contrasto con le
popolazioni indigene e idolatre della Palestina nel corso della
occupazione effettiva dei territori ad esse assegnati da Giosuè.
L’autore presenta fatti staccati e particolarmente importanti,
relativi a dodici “giudici”, di cui sei appena ricordati, con lo
scopo di inculcare un insegnamento: l’infedeltà di Israele al suo
Dio, con i cedimenti alle suggestioni della idolatria, sono la causa
delle crisi e delle difficoltà; la liberazione è opera di Dio, che ha
pietà delle sofferenze del suo popolo (2, 11-19). Il libro, che
utilizza e riproduce fonti antiche, a volte di carattere epico e
popolare, fu scritto da un anonimo quando in Israele era già istituita
la monarchia,, verso il 1030-1010 a.C.. Nel Nuovo Testamento, la lettera
agli Ebrei (11, 32-33) propone i “giudici” come esempio di fede ai
cristiani, per esortarli ad essere fedeli al Signore anche nelle prove.
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