Libro I
INCOMINCIANO
LE ESORTAZIONI UTILI
PER LA VITA DELLO SPIRITO
Capitolo I
(Indice Capitoli)
L'IMITAZIONE DI CRISTO
E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITÀ
DEL MONDO
1. "Chi
segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono
parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la
sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da
ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia
quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di
Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse
forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che
molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo
anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo.
Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di
Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo.
Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei
umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le
profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita
virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la
compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la
sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la
Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità,
tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo.
Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando
questo mondo.
2. Vanità
è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse
le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in
alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a
cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è
aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene.
Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin
d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e
non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel
proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è
sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto
dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso
le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri
sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.
Capitolo II
(Indice Capitoli)
L'UMILE COSCIENZA DI SÉ
1. L'uomo,
per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si
ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il
Signore è più apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e
dimentico di ciò che egli è veramente, vada studiando i movimenti
del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in
se stesso e non cerca l'approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il
quale mi giudicherà per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche
possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l'amore? Datti
pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non
troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno
desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte
cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto,
all'anima. Ed è tutt'altro che sapiente colui che attende a cose
diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi
non appagano l'anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una
coscienza pura dà grande fiducia in Dio. Quanto più grande e
profonda è la tua scienza, tanto più severamente sarai giudicato,
proprio partendo da essa; a meno che ancor più grande non sia stata
la santità della tua vita.
2. Non volerti gonfiare, dunque, per
alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del
sapere che ti è dato. Anche se ti pare di sapere molte cose; anche
se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose
che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta
piuttosto la tua ignoranza. Perché vuoi porti avanti ad altri,
mentre se ne trovano molti più dotti di te, e più esperti nei testi
sacri? Se vuoi imparare e conoscere qualcosa, in modo spiritualmente
utile, cerca di essere ignorato e di essere considerato un nulla. E'
questo l'insegnamento più profondo e più utile, conoscersi veramente
e disprezzarsi. Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre
buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande
sapienza e perfezione. Anche se tu vedessi un altro cadere
manifestamente in peccato, o commettere alcunché di grave, pur
tuttavia non dovresti crederti migliore di lui; infatti non sai per
quanto tempo tu possa persistere nel bene. Tutti siamo fragili; ma
tu non devi ritenere nessuno più fragile di te.
Capitolo III
(Indice Capitoli)
L'AMMAESTRAMENTO
DELLA VERITÀ
1. Felice
colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come
essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra
intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di
corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a
cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le
avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio
finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile,
anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra
curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo
occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei
generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera
dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola
discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola
parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv
8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella
parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le
porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere
tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che
sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un
amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di
ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te.
Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te:
tu solo parlami.
2. Quanto
più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più
agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli
riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice
non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché
tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni
ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi
desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima,
interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno
queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che
piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno
sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso.
Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi
stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco
nel bene.
3. In questa vita ogni nostra opera,
per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro
ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò
la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che
conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non
già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice
conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta
da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una
vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e
non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si
preoccupano più della loro scienza che della santità della loro
vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i
vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili
questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali
tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione.
Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà
chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo
fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma
piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si
trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti
mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti
loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi
neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un
gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente
passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita
sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero
studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco
di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato
nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di
quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21).
Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene
piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti.
Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena,
al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso
della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando
in un canto la propria volontà.
Capitolo IV
(Indice Capitoli)
LA PONDERATEZZA NELL'AGIRE
Non dobbiamo credere a tutto ciò che
sentiamo dire; non dobbiamo affidarci a ogni nostro impulso. Al
contrario, ogni cosa deve essere valutata alla stregua del volere di
Dio, con attenzione e con grandezza d'animo. Purtroppo, degli altri
spesso pensiamo e parliamo più facilmente male che bene: tale è la
nostra miseria. Quelli che vogliono essere perfetti non credono
scioccamente all'ultimo che parla, giacché conoscono la debolezza
umana, portata alla malevolenza e troppo facile a blaterare. Grande
saggezza, non essere precipitosi nell'agire e, d'altra parte, non
restare ostinatamente alle nostre prime impressioni. Grande
saggezza, perciò, non andare dietro a ogni discorso della gente e
non spargere subito all'orecchio di altri quanto abbiamo udito e
creduto. Devi preferire di farti guidare da uno migliore di te,
piuttosto che andare dietro alle tue fantasticherie; prima di agire,
devi consigliarti con persona saggia e di retta coscienza. Giacché è
la vita virtuosa che rende l'uomo l'uomo saggio della saggezza di
Dio, e buon giudice in molti problemi. Quanto più uno sarà
inutilmente umile e soggetto a Dio, tanto più sarà saggio, e pacato
in ogni cosa.
Capitolo V
(Indice Capitoli)
LA LETTURA DEI LIBRI DI DEVOZIONE
Nei libri di devozione si deve
ricercare la verità, non la bellezza della forma. Essi vanno letti
nello spirito con cui furono scritti; in essi va ricercata l'utilità
spirituale, piuttosto che l'eleganza della parola. Perciò dobbiamo
leggere anche opere semplici, ma devote, con lo stesso desiderio con
cui leggiamo opere dotte e profonde. Non lasciarti colpire dal nome
dello scrittore, di minore o maggiore risonanza; quel che ci deve
indurre alla lettura deve essere il puro amore della verità. Non
cercar di sapere chi ha detto una cosa, ma bada a ciò che è stato
detto. Infatti gli uomini passano, "invece la verità del Signore
resta per sempre" (Sal 116,2); e Dio ci parla in varie maniere,
"senza tener conto delle persone" (1Pt 1,17). Spesso, quando
leggiamo le Scritture, ci è di ostacolo la nostra smania di
indagare, perché vogliamo approfondire e discutere là dove non ci
sarebbe che da andare avanti in semplicità di spirito. Se vuoi
trarre profitto, leggi con animo umile e semplice, con fede. E non
aspirare mai alla fama di studioso. Ama interrogare e ascoltare in
silenzio la parola dei santi. E non essere indifferente alle parole
dei superiori: esse non vengono pronunciate senza ragione.
Capitolo VI
(Indice Capitoli)
GLI SREGOLATI MOTI DELL'ANIMA
Ogni qual volta si desidera una cosa
contro il volere di Dio, subito si diventa interiormente inquieti.
Il superbo e l'avaro non hanno mai requie; invece il povero e
l'umile di cuore godono della pienezza della pace. Colui che non è
perfettamente morto a se stesso cade facilmente in tentazione ed è
vinto in cose da nulla e disprezzabili. Colui che è debole nello
spirito ed è, in qualche modo, ancora volto alla carne e ai sensi,
difficilmente si può distogliere del tutto dalle brame terrene; e,
quando pur riesce a sottrarsi a queste brame, ne riceve tristezza.
Che se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna; se,
infine, raggiunge quel che bramava, immediatamente sente in
coscienza il peso della colpa, perché ha assecondato la sua
passione, la quale non giova alla pace che cercava. Giacché la vera
pace del cuore la si trova resistendo alle passioni, non soggiacendo
ad esse. Non già nel cuore di colui che è attaccato alla carne, non
già nell'uomo volto alle cose esteriori sta la pace; ma nel cuore di
colui che è pieno di fervore spirituale.
Capitolo VII
(Indice Capitoli)
GUARDARSI DALLE VANE SPERANZE
E FUGGIRE LA SUPERBIA
Chi mette la sua fiducia negli uomini e
nelle altre creature è un insensato. Non ti rincresca di star
sottoposto ad altri, per amore di Gesù Cristo, e di sembrare un
poveretto, in questo mondo. Non appoggiarti alle tue forze, ma salda
la tua speranza in Dio: se farai tutto quanto sta in te, Iddio
aderirà al tuo buon volere. Non confidare nel sapere tuo o nella
capacità di un uomo purchessia, ma piuttosto nella grazia di Dio,
che sostiene gli umili e atterra i presuntuosi. Non vantarti delle
ricchezze, se ne hai, e neppure delle potenti amicizie; il tuo vanto
sia in Dio, che concede ogni cosa, ed ama dare se stesso, sopra ogni
cosa. Non gonfiarti per la prestanza e la bellezza del tuo corpo;
alla minima malattia esse si guastano e si deturpano. Non
compiacerti di te stesso, a causa della tua abilità e della tua
intelligenza, affinché tu non spiaccia a Dio, a cui appartiene tutto
ciò che di buono hai sortito dalla natura. Non crederti migliore di
altri, affinché, per avventura, tu non sia ritenuto peggiore dinanzi
a Dio, che ben conosce quello che c'è in ogni uomo (cfr. Gv 2,25).
Non insuperbire per le tue opere buone, perché il giudizio degli
uomini è diverso da quello di Dio, cui spesso non piace ciò che
piace agli uomini. Anche se hai qualcosa di buono, pensa che altri
abbia di meglio, cosicché tu mantenga l'umiltà. Nulla di male se ti
metti al di sotto di tutti gli altri; molto male è invece se tu ti
metti al di sopra di una sola persona. Nell'umile è pace
indefettibile; nel cuore del superbo sono, invece, continua smania e
inquietudine.
Capitolo VIII
(Indice Capitoli)
EVITARE L'ECCESSIVA FAMILIARITÀ
"Non aprire il tuo cuore al primo che
capita" (Sir 8,22); i tuoi problemi, trattali invece con chi ha
saggezza e timore di Dio. Cerca di stare raramente con persone
sprovvedute e sconosciute; non metterti con i ricchi per adularli;
non farti vedere volentieri con i grandi. Stai, invece, accanto alle
persone umili e semplici, devote e di buoni costumi; e con esse
tratta di cose che giovino alla tua santificazione. Non avere
familiarità con alcuna donna, ma raccomanda a Dio tutte le donne
degne. Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli,
evitando ogni curiosità riguardo agli uomini. Mentre si deve avere
amore per tutti, la familiarità non è affatto necessaria. Capita
talvolta che una persona che non conosciamo brilli per fama
eccellente; e che poi, quando essa ci sta dinanzi, ci dia noia solo
al vederla. D'altra parte, talvolta speriamo di piacere a qualcuno,
stando con lui, e invece cominciamo allora a non piacergli, perché
egli vede in noi alcunché di riprovevole.
Capitolo IX
(Indice Capitoli)
OBBEDIENZA E SOTTOMISSIONE
1. Stare
sottomessi, vivere soggetti a un superiore e non disporre di sé è
cosa grande e valida. E' molto più sicura la condizione di
sudditanza, che quella di comando. Ci sono molti che stanno
sottomessi per forza, più che per amore: da ciò traggono sofferenza,
e facilmente se ne lamentano; essi non giungono a libertà di
spirito, se la loro sottomissione non viene dal profondo del cuore e
non ha radice in Dio. Corri pure di qua e di là; non troverai pace
che nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore. Andar
sognando luoghi diversi, e passare dall'uno all'altro, è stato per
molti un inganno.
2. Certamente
ciascuno preferisce agire a suo talento, ed è maggiormente portato
verso chi gli dà ragione. Ma, se Dio è dentro di noi, dobbiamo pur
talvolta lasciar perdere i nostri desideri, per amore della pace.
C'è persona così sapiente che possa conoscere pienamente ogni cosa?
Perciò non devi avere troppa fiducia nelle tue impressioni; devi
ascoltare volentieri anche il parere degli altri. Anche se la tua
idea era giusta, ma la abbandoni per amore di Dio seguendo quella di
altri, da ciò trarrai molto profitto. Stare ad ascoltare ed
accettare un consiglio - come spesso ho sentito dire - è cosa più
sicura che dare consigli. Può anche accadere che l'idea di uno sia
buona; ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi
arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l'evidenza lo
esigano.
Capitolo X
(Indice Capitoli)
ASTENERSI DAI DISCORSI INUTILI
1. Per
quanto possibile, stai lontano dall'agitarsi che fa la gente.
Infatti, anche se vi si attende con purezza di intenzione,
l'occuparsi delle faccende del mondo è un grosso impaccio, perché
ben presto si viene inquinati dalle vanità, e fatti schiavi. Più di
una volta vorrei essere stato zitto, e non essere andato in mezzo
alla gente.
2. Ma
perché andiamo parlando e chiacchierando così volentieri con altri,
anche se poi è raro che, quando torniamo a star zitti, non abbiamo
qualche guasto alla coscienza? Parliamo così volentieri perché, con
queste chiacchiere, cerchiamo di consolarci a vicenda, e speriamo di
sollevare il nostro animo oppresso dai vari pensieri. Inoltre molto
ci diletta discorrere e fantasticare delle cose che amiamo assai e
che desideriamo, o di ciò che sembra contrastarci. Ma spesso
purtroppo tutto questo è vano e inutile; giacché una simile
consolazione esteriore va molto a scapito di quella interiore e
divina.
3. Non dobbiamo passare il nostro tempo
in ozio, ma in vigilie e in orazioni; e, se possiamo o dobbiamo
parlare, dire cose edificanti. Infatti, mentre il malvezzo e la
trascuratezza del nostro progresso spirituale ci induce facilmente a
tenere incustodita la nostra lingua, giova assai al nostro profitto
interiore una devota conversione intorno alle cose dello spirito;
tanto più quando ci si unisca, nel nome di Dio, a persone animate da
pari spiritualità.
Capitolo XI
(Indice Capitoli)
LA CONQUISTA
DELLA PACE INTERIORE
E L'AMORE DEL PROGRESSO SPIRITUALE
1. Se
non ci volessimo impicciare di quello che dicono o di quello che
fanno gli altri, e di cose che non ci riguardano, potremmo avere una
grande pace interiore. Come, infatti, è possibile che uno mantenga a
lungo l'animo tranquillo se si intromette nelle faccende altrui, se
va a cercare all'esterno i suoi motivi di interesse, se raramente e
superficialmente si raccoglie in se stesso? Beati i semplici,
giacché avranno grande pace. Perché mai alcuni santi furono così
perfetti e pieni di spirito contemplativo? Perché si sforzarono di
spegnere completamente in sé ogni desiderio terreno, cosicché -
liberati e staccati da se stessi - potessero stare totalmente uniti
a Dio, con tutto il cuore. Noi, invece, siamo troppo presi dai
nostri sfrenati desideri, e troppo preoccupati delle cose di
quaggiù; di rado riusciamo a vincere un nostro difetto, anche uno
soltanto, e non siamo ardenti nel tendere al nostro continuo
miglioramento. E così restiamo inerti e tiepidi. Se fossimo, invece,
totalmente morti a noi stessi e avessimo una perfetta semplicità
interiore, potremmo perfino avere conoscenza delle cose di Dio, e
fare esperienza, in qualche misura, della contemplazione celeste. Il
vero e più grande ostacolo consiste in ciò, che non siamo liberi
dalle passioni e dalle brame, e che non ci sforziamo di entrare
nella via della perfezione, che fu la via dei santi: anzi, appena
incontriamo una difficoltà, anche di poco conto, ci lasciamo troppo
presto abbattere e ci volgiamo a consolazioni terrene.
2. Se facessimo di tutto, da uomini
forti, per non abbandonare la battaglia, tosto vedremmo venire a noi
dal cielo l'aiuto del Signore. Il quale prontamente sostiene coloro
che combattono fiduciosi nella sua grazia; anzi, ci procura
occasioni di lotta proprio perché ne usciamo vittoriosi. Che se
facciamo consistere il progresso spirituale soltanto in certe
pratiche esteriori, tosto la nostra religione sarà morta. Via,
mettiamo la scure alla radice, cosicché, liberati dalle passioni,
raggiungiamo la pace dello spirito. Se ci strappassimo via un solo
vizio all'anno diventeremmo presto perfetti. Invece spesso ci
accorgiamo del contrario; troviamo cioè che quando abbiamo
indirizzata la nostra vita a Dio eravamo più buoni e più puri di
ora, dopo molti anni di vita religiosa. Il fervore e l'avanzamento
spirituale dovrebbe crescere di giorno in giorno; invece già sembra
gran cosa se uno riesce a tener viva una particella del fervore
iniziale.
3. Se
facessimo un poco di violenza a noi stessi sul principio, potremmo
poi fare ogni cosa facilmente e gioiosamente. Certo è difficile
lasciare ciò a cui si è abituati; ancor più difficile è camminare in
senso contrario al proprio desiderio. Ma se non riesci a vincere
nelle cose piccole e da poco, come supererai quelle più gravi?
Resisti fin dall'inizio alla tua inclinazione; distaccati
dall'abitudine, affinché questa non ti porti, a poco a poco, in una
situazione più ardua. Se tu comprendessi quanta pace daresti a te
stesso e quanta gioia procureresti agli altri, e vivendo una vita
dedita al bene, sono certo che saresti più sollecito nel tendere al
tuo profitto spirituale.
Capitolo XII
(Indice Capitoli)
I VANTAGGI DELLE AVVERSITÀ
1. E'
bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà;
queste, infatti, richiamano l'uomo a se stesso, nel profondo, fino a
che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non
va riposta in alcuna cosa di questo mondo. E' bene che talvolta
soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e
ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono
buone. Tutto ciò suol favorire l'umiltà, e ci preserva dalla
vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende
e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone
interiore, Iddio.
2. Dovremmo piantare noi stessi così
saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando
tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre
tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora
egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla
di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male
che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che
sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e
dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non
può esserci completa serenità e piena pace.
Capitolo XIII
(Indice Capitoli)
RESISTERE ALLE TENTAZIONI
1. Finché saremo al mondo, non potremo
essere senza tribolazioni e tentazioni; infatti sta scritto nel
libro di Giobbe che la vita dell'uomo sulla terra (Gb 7,1) è tutta
una tentazione. Ognuno dovrebbe, dunque, stare attento alle
tentazioni e vigilare in preghiera (1Pt 4,7), affinché il diavolo
non trovi il punto dove possa esercitare il suo inganno; il diavolo,
che mai non posa, ma va attorno cercando chi possa divorare (1Pt
5,8). Nessuno è così avanzato nella perfezione e così santo da non
aver talvolta delle tentazioni. Andare esenti del tutto da esse non
possiamo. Tuttavia, per quanto siano moleste e gravose, le
tentazioni spesso sono assai utili; perché, a causa delle
tentazioni, l'uomo viene umiliato, purificato e istruito. I santi
passarono tutti per molte tribolazioni e tentazioni, e progredirono;
invece coloro che non seppero sostenere le tentazioni si
pervertirono e tradirono. Non esiste una istituzione così perfetta,
o un luogo così nascosto, dove non si trovano tentazioni e
avversità. L'uomo non è mai del tutto esente dalla tentazione, fin
che vive. Ciò per cui siamo tentati è dentro di noi, poiché siamo
nati nella concupiscenza. Se vien meno una tentazione o
tribolazione, un'altra ne sopraggiunge e c'è sempre qualcosa da
sopportare, perché abbiamo perduto il bene della nostra felicità.
Molti, di fronte alle tentazioni, cercano di fuggire, ma cadono poi
in esse anche più gravemente. Non possiamo vincere semplicemente con
la fuga; ma è con la sopportazione e con la vera umiltà che saremo
più forti di ogni nemico. Ben poco progredirà colui che si allontana
un pochino e superficialmente dalle tentazioni, senza sradicarle:
tosto ritorneranno ed egli sarà ancor peggio. Vincerai più
facilmente, a poco a poco, con una generosa pazienza e con l'aiuto
di Dio; più facilmente che insistendo cocciutamente nel tuo sforzo
personale. Accogli frequentemente il consiglio di altri, quando sei
nella tentazione; e non essere aspro con colui che è tentato, ma
dagli conforto, come desidereresti fosse fatto a te.
2. Causa
prima di ogni perversa tentazione è la mancanza di stabilità
spirituale e la scarsezza di fiducia in Dio; giacché, come una nave
senza timone viene spinta qua e là dalle onde, così l'uomo
infiacchito, che abbandona i suoi propositi, viene in vario modo
tentato. Come il fuoco serve a saggiare il ferro (Sir 31,26), così
la tentazione serve a saggiare la santità di una persona (Sir 27,6).
Quali possibilità ciascuno abbia in potenza, spesso non lo sappiamo;
ma la tentazione dispiega palesemente ciò che siamo. Tuttavia
bisogna vigilare, particolarmente intorno all'inizio della
tentazione; poiché il nemico si vince più facilmente se non gli si
permette per nulla di varcare le porte della nostra mente; e se gli
si sbarra la strada al di là della soglia, non appena abbia bussato.
Di qui il detto: "resisti agli inizi; è troppo tardi quando si
prepara la medicina" (Ovidio, Remedia amoris, II,91). Infatti,
dapprima viene alla mente un semplice pensiero, di poi una forte
immaginazione, infine un compiacimento, un impulso cattivo e
un'acquiescenza. E così, piano piano, il nemico malvagio penetra del
tutto, proprio perché non gli si è resistito all'inizio. E quanto
più a lungo uno ha tardato torpidamente a resistere, tanto più si è,
via via, interiormente indebolito, mentre il nemico è andato
crescendo di forze contro di lui.
3. Alcuni sentono le maggiori
tentazioni al principio della loro conversione a Dio; altri invece
alla fine. Alcuni sono fortemente turbati pressoché per tutta la
vita; altri sentono tentazioni piuttosto lievi: secondo quanto
dispongono la sapienza e la giustizia di Dio, le quali pesano la
condizione e i meriti di ciascuno e preordinano ogni cosa alla
salvezza degli eletti. Perciò non dobbiamo lasciarci cogliere dalla
disperazione, quando siamo tentati. Dobbiamo invece, pregare Iddio
ancor più fervorosamente, affinché si degni di aiutarci in ogni
tentazione; Lui che, in verità, secondo quanto dice Paolo (1Cor
10,13), farà in modo che la tentazione sia accompagnata dai mezzi
per poterla sopportare. Abbassiamo, dunque, in umiltà, l'anima
nostra sotto la mano di Dio, quando siamo tentati e tribolati,
giacché il Signore salverà gli umili di spirito e li innalzerà (1Pt
5,6; Sal 33,19). Quanto uno abbia progredito si dimostra nella
tentazione e nella tribolazione; qui sta il suo maggior merito; qui
appare più chiaramente la sua virtù. Non è gran cosa esser devoti e
fervorosi quando non si hanno difficoltà; sapere invece sopportare
se stessi nel momento dell'avversità dà a sperare in un grande
avanzamento spirituale. Avviene che alcuni sono al riparo da grandi
tentazioni, ma sono spesso sconfitti nelle piccole tentazioni di
ogni giorno; e così, umiliati per essere caduti in cose tanto da
poco, non ripongono più fiducia in se stessi, nelle cose più grandi.
Capitolo XIV
(Indice Capitoli)
EVITARE I GIUDIZI TEMERARI
1. Rivolgi
gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno
gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente
ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio
e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso
giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro
atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il
nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo
turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso
umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o
sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in
tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene.
Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro
desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si
agitano e si rattristano.
2. Avviene
di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini,
persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire
e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni
abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio
modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla
tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo,
raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato;
Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e
che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante
amore.
Capitolo XV
(Indice Capitoli)
LE OPERE FATTE PER AMORE
1. Non
si deve fare alcun male, per nessuna cosa al mondo né per
compiacenza verso chicchessia; talora, invece, per giovare a uno che
ne ha bisogno, si deve senza esitazione lasciare una cosa buona che
si sta facendo, o sostituirla con una ancora più buona: in tal modo
non si distrugge l'opera buona, ma soltanto la si trasforma in
meglio.
2. A
nulla giova un'azione esterna compiuta senza amore; invece,
qualunque cosa, per quanto piccola e disprezzata essa sia, se fatta
con amore, diventa tutta piena di frutti. In verità Iddio non tiene
conto dell'azione umana in sé e per sé, ma dei moventi di ciascuno.
Opera grandemente colui che agisce con rettitudine; opera
lodevolmente colui che si pone al servizio della comunità, più che
del suo capriccio. Accade spesso che ci sembri amore ciò che è
piuttosto attaccamento carnale; giacché è raro che, sotto le nostre
azioni, non ci siano l'inclinazione naturale, il nostro gusto, la
speranza di una ricompensa, il desiderio del nostro comodo. Chi ha
un amore vero e perfetto non cerca se stesso, in alcuna sua azione,
ma desidera solamente che in ogni cosa si realizzi la gloria di Dio.
Di nessuno è invidioso colui che non tende al proprio godimento, né
vuole personali soddisfazioni, desiderando, al di là di ogni bene,
di avere beatitudine in Dio. Costui non attribuisce alcunché di
buono a nessuno, ma riporta il bene totalmente a Dio; dal quale ogni
cosa procede, come dalla sua fonte e, nel quale, alla fine, tutti i
santi godono pace. Oh, chi avesse anche una sola scintilla di vera
carità, per certo capirebbe che tutto ciò che è di questa terra è
pieno di vanità.
Capitolo XVI
(Indice Capitoli)
SOPPORTARE I DIFETTI DEGLI ALTRI
1. Quei
difetti, nostro od altrui, che non riusciamo a correggere, li
dobbiamo sopportare con pazienza, fino a che Dio non disponga
altrimenti. Rifletti che, per avventura, questa sopportazione è la
cosa più utile per te, come prova di quella pazienza, senza della
quale ben poco contano i nostri meriti. Tuttavia, di fronte a tali
difficoltà, devi chiedere insistentemente che Dio si degni di
venirti in aiuto e che tu riesca a sopportarle lietamente. Se uno,
ammonito una volta e un'altra ancora, non si acquieta, cessa di
litigare con lui; rimetti invece ogni cosa in Dio, affinché in tutti
noi, suoi servi, si faccia la volontà e la gloria di Lui, che ben sa
trasformare il male in bene. Sforzati di essere paziente nel
tollerare i difetti e le debolezze altrui, qualunque essi siano,
giacché anche tu presenti molte cose che altri debbono sopportare.
2. Se
non riesci a trasformare te stesso secondo quella che pure è la tua
volontà, come potrai pretendere che gli altri si conformino al tuo
desiderio? Vogliamo che gli altri siano perfetti; mentre noi non
correggiamo le nostre manchevolezze. Vogliamo che gli altri si
correggano rigorosamente; mentre noi non sappiamo correggere noi
stessi. Ci disturba una ampia libertà degli altri; mentre non
sappiamo negare a noi stessi ciò che desideriamo. Vogliamo che gli
altri siano stretti entro certe regole; mentre noi non ammettiamo di
essere un po' più frenati. In tal modo, dunque, è chiaro che
raramente misuriamo il prossimo come noi stessi. Se fossimo tutti
perfetti, che cosa avremmo da patire dagli altri, per amore di Dio?
Ora, Dio così dispone, affinché apprendessimo a portare l'uno i pesi
dell'altro (Gal 6,2). Infatti non c'è alcuno che non presenti
difetti o molestie; non c'è alcuno che basti a se stesso e che, di
per sé, sia sufficientemente saggio. Occorre, dunque, che ci
sopportiamo a vicenda, che a vicenda ci consoliamo, che egualmente
ci aiutiamo e ci ammoniamo. Quanta virtù ciascuno di noi abbia, ciò
appare al momento delle avversità: non sono le occasioni che fanno
fragile l'uomo, ma esse mostrano quale esso è.
Capitolo XVII
(Indice Capitoli)
LA VITA NEI MONASTERI
1. Se vuoi mantenere pace e concordia
con gli altri, devi imparare a vincere decisamente te stesso in
molte cose. Non è cosa facile stare in un monastero o in un gruppo,
e viverci senza lamento alcuno, mantenendosi fedele sino alla morte.
Beato colui che vi avrà vissuto santamente e vi avrà felicemente
compiuta la vita. Se vuoi stare saldo al tuo dovere e avanzare nel
bene, devi considerarti esule pellegrino su questa terra. Per
condurre una vita di pietà, devi farti stolto per amore di Cristo.
2. Poco
contano l'abito e la tonsura; sono la trasformazione della vita e la
completa mortificazione delle passioni, che fanno il monaco. Chi
tende ad altro che non sia soltanto Dio e la salute dell'anima, non
troverà che tribolazione e dolore. Ancora, non avrà pace duratura
chi non si sforza di essere il più piccolo, sottoposto a tutti. Qui
tu sei venuto per servire, non comandare. Ricordati che sei stato
chiamato a sopportare e a faticare, non a passare il tempo in ozio e
in chiacchiere. Qui si provano gli uomini, come si prova l'oro nel
fuoco (cfr. Sir 27,6). Qui nessuno potrà durevolmente stare, se non
si sarà fatto umile dal profondo del cuore, per amore di Dio.
Capitolo XVIII
(Indice Capitoli)
GLI ESEMPI
DEI GRANDI PADRI SANTI
1. Guarda
ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una
pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla,
quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita,
paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di
Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel
freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle
veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni;
spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e
quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni
della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme
di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo,
per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa,
e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante
lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono
tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere
offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come
furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro
progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi
fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro
intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per
tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma
neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione
interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro
sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande
soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di
rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle
cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano
avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario
alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a
necessità materiali.
2. Erano
poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù;
esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla
grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a
Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano
disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di
Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza;
camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano
spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio.
Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati
alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel
bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone
poco fervorose.
3. Quanto
fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio
alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale
slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto
e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro.
Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono
veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua
lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto
buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza
quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di
negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale;
pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in
te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te
che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
Capitolo XIX
(Indice Capitoli)
COME SI DEVE ADDESTRARE
COLUI CHE SI
E' DATO A DIO
1. La
vita di colui che si è dato a Dio deve essere rigogliosa di ogni
virtù, cosicché, quale egli appare esteriormente alla gente, tale
sia anche interiormente. Anzi, e a ragione, di dentro vi deve essere
molto più di quanto appare di fuori; giacché noi siamo sotto gli
occhi di Dio, e a lui dobbiamo sommo rispetto, ovunque ci troviamo;
Dio, dinanzi al quale dobbiamo camminare puri come angeli. Ogni
giorno dobbiamo rinnovare il nostro proposito e spronare noi stessi
al fervore, come fossimo appena venuti, oggi, alla vita del
monastero. Dobbiamo dire: aiutami, Signore Iddio, nel mio buon
proposito e nel santo servizio che ti è dovuto; concedimi di
ricominciare oggi radicalmente, perché quel che ho fatto fin qui è
nulla. Il nostro progresso spirituale procede di pari passo con il
nostro proposito. Grande vigilanza occorre per chi vuol avanzare nel
bene; ché, se cade spesso colui che ha forti propositi, che cosa
sarà di colui che soltanto di rado si propone alcunché, e con poca
fermezza? Svariati sono i modi nei quali ci accade di abbandonare il
nostro proposito; anche la semplice omissione di un solo esercizio
di pietà porta quasi sempre qualche guasto. In verità, la fermezza
di proposito dei giusti dipende, più che dalla loro saggezza, dalla
grazia di Dio, nel quale essi ripongono la loro fiducia, qualunque
meta riescano a raggiungere, giacché l'uomo propone ma chi dispone è
Dio, le cui vie noi non conosciamo. Se talvolta, per fare del bene o
per essere utili ai fratelli, si omette un abituale esercizio di
pietà, esso potrà facilmente essere recuperato più tardi; che se,
invece, quasi senza badare, lo si tralascia per malavoglia o
negligenza, ciò costituisce già una colpa, e deve essere sentito
come una perdita.
2. Per
quanto ci mettiamo tutto l'impegno possibile, sarà facile che
abbiamo a cadere ancora, in varie occasioni. Tuttavia dobbiamo fare
continuamente qualche proponimento preciso, specialmente in
contrapposto a ciò che maggiormente impedisce il nostro profitto
spirituale. Cose esterne e cose interiori sono necessarie al nostro
progresso spirituale, perciò, le une come le altre, dobbiamo
esaminarle attentamente e metterle nel giusto ordine. Se non riesci
a stare sempre concentrato in te stesso, raccogliti di tempo in
tempo, almeno una volta al giorno, la mattina o la sera: la mattina
per fare i tuoi propositi, la sera per esaminare come ti sei
comportato, cioè come sei stato, nelle parole, nonché nei pensieri,
con i quali forse hai più spesso offeso Dio o il prossimo. Armati,
come un soldato, contro le perversità del diavolo. Tieni a freno la
gola; così terrai più facilmente a freno ogni altra cattiva tendenza
del corpo. Non stare mai senza far nulla: sii occupato sempre, a
leggero o a scrivere, a pregare o a meditare, o a fare qualche
lavoro utile per tutti. Gli esercizi corporali di ciascuno siano
compiuti separatamente; né tutti possono assumersene ugualmente. Se
non sono esercizi di tutta la comunità, non devono essere palesati a
tutti, giacché ciò che è personale si fa con maggior profitto nel
segreto. Tuttavia guarda di non essere tardo alle pratiche
comunitarie; più pronto, invece, a quelle tue proprie. Che, compiuto
disciplinatamente e interamente il dovere imposto, se avanza tempo,
ritornerai a te stesso, come vuole la tua devozione personale. Non è
possibile che tutti abbiano a fare il medesimo esercizio, giacché a
ciascuno giova qualcosa di particolare. E poi si amano esercizi
diversi secondo i momenti: alcuni ci sono più graditi nei giorni di
festa, altri nei giorni comuni. Inoltre, nel momento della
tentazione e nel momento della pacifica tranquillità, abbiamo
bisogno di esercizi ben diversi. Infine quando siamo nella tristezza
ci piace pensare a certe cose; ad, invece quando siamo nella Letizia
del Signore.
3. Nelle
feste più solenni dobbiamo rinnovare gli esercizi di pietà ed
implorare con fervore più grande l'aiuto dei santi. I nostri
proponimenti devono andare da una ad altra festività, come se in
quel punto dovessimo lasciare questo mondo e giungere alla festa
eterna. Per questo, nei periodi di particolare devozione, dobbiamo
prepararci con cura, e mantenerci in più grande pietà, attenendoci
più rigorosamente ai nostri doveri, quasi stessimo per ricevere da
Dio il premio delle nostre fatiche. Che se tale premio sarà
rimandato, dobbiamo convincerci che non eravamo pienamente preparati
e che non eravamo ancora degni della immensa gloria, che ci sarà
rivelata (Rm 8,18) nel tempo stabilito; e dobbiamo fare in modo di
prepararci meglio alla morte. "Beato quel servo - dice Luca
evangelista - che il padrone, al suo arrivo, avrà trovato sveglio e
pronto. In verità vi dico che gli darà da amministrare tutti i suoi
beni" (Lc 12,44; cfr. Lc 12,37).
Capitolo XX
(Indice Capitoli)
L'AMORE DELLA SOLITUDINE
E DEL
SILENZIO
1. Cerca
il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui
benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente
attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di
spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un
sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone
meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente
oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I
più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la
gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato
detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di
prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza,
quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più
facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile
stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori
casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore,
deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il
nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama
il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la
sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire
comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona
coscienza possiede gioia perfetta.
2. Però,
anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel
timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia,
ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il
senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e
dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi.
Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei
ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che
sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle
più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere
del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di
queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso
a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie
terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai
cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo!
Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse
stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che
attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua
speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà
sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu
vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella
tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto:
pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che
fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la
quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a
chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in
convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona
disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un
conforto molto gradito.
3. Nel
silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il
significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete
trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e
diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da
ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad
amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa
migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che
fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che
vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino
schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere?
"Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri
dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che
cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda
dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno
pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani
pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza,
ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del
monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e
tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa
altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole?
Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai.
Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa
sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi
in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze.
Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che
ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te
Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande
pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal
chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E
poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu
sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.
Capitolo XXI
(Indice Capitoli)
LA COMPUNZIONE DEL CUORE
1. Se
vuoi fare qualche progresso conservati nel timore di Dio, senza
ambire a una smodata libertà; tieni invece saldamente a freno i tuoi
sensi, senza lasciarti andare a una stolta letizia. Abbandonati alla
compunzione di cuore, e ne ricaverai una vera devozione. La
compunzione infatti fa sbocciare molte cose buone, che, con la
leggerezza di cuore, sogliono subitamente disperdersi. E' meraviglia
che uno possa talvolta trovare piena letizia nella vita terrena, se
considera che questa costituisce un esilio e se riflette ai tanti
pericoli che la sua anima vi incontra. Per leggerezza di cuore e
noncuranza dei nostri difetti spesso non ci rendiamo conto dei guai
della nostra anima; anzi, spesso ridiamo stoltamente, quando, in
verità, dovremmo piangere. Non esiste infatti vera libertà, né santa
letizia, se non nel timore di Dio e nella rettitudine di coscienza.
Felice colui che riesce a liberarsi da ogni impacci dovuto a
dispersione spirituale, concentrando tutto se stesso in una perfetta
compunzione. Felice colui che sa allontanare tutto ciò che può
macchiare o appesantire il suo spirito. Tu devi combattere da uomo:
l'abitudine si vince con l'abitudine. Se impari a non curarti della
gente, questa lascerà che tu attenda tranquillamente a te stesso.
Non portare dentro di te le faccende degli altri, non impicciarti
neppure di quello che fanno le persone più in vista; piuttosto
vigila sempre e in primo luogo su di te, e rivolgi il tuo
ammonimento particolarmente a te stesso, prima che ad altre persone,
anche care. Non rattristarti se non ricevi il favore degli uomini;
quello che ti deve pesare, invece, è la constatazione di non essere
del tutto e sicuramente nella via del bene, come si converrebbe a un
servo di Dio e a un monaco pieno di devozione.
2. E'
grandemente utile per noi, e ci dà sicurezza di spirito, non
ricevere molte gioie in questa vita; particolarmente gioie
materiali. Comunque, è colpa nostra se non riceviamo consolazioni
divine o ne proviamo raramente; perché non cerchiamo la compunzione
del cuore e non respingiamo del tutto le vane consolazioni che
vengono dal di fuori. Riconosci di essere indegno della consolazione
divina, e meritevole piuttosto di molte sofferenze, Quando uno è
pienamente compunto in se stesso, ogni cosa di questo mondo gli
appare pesante e amara. L'uomo retto, ben trova motivo di pianto
doloroso. Sia che rifletta su di sé o che vada pensando agli altri,
egli comprende che nessuno vive quaggiù senza afflizioni; e quanto
più severamente si giudica, tanto maggiormente si addolora. Sono i
nostri peccati e i nostri vizi a fornire materia di giusto dolore e
di profonda compunzione; peccato e vizi dai quali siamo così avvolti
e schiacciati che raramente riusciamo a guardare alle cose celesti.
Se il nostro pensiero andasse frequentemente alla morte, più che
alla lunghezza della vita, senza dubbio ci emenderemmo con maggior
fervore. Di più, se riflettessimo nel profondo del cuore alle
sofferenze future dell'inferno e del purgatorio, accetteremmo
certamente fatiche e dolori, e non avremmo paura di un duro
giudizio. Invece queste cose non penetrano nel nostro animo; perciò
restiamo attaccati alle dolci mollezze, restiamo freddi e assai
pigri. Spesso, infatti, è sorta di spirituale povertà quella che
facilmente invade il nostro misero corpo. Prega dunque umilmente il
Signore che ti dia lo spirito di compunzione; e di', con il profeta:
nutrimi, o Signore, "con il pane delle lacrime; dammi, nelle
lacrime, copiosa bevanda" (Sal 79,6).
Capitolo XXII
(Indice Capitoli)
LA MEDITAZIONE
DELLA MISERIA UMANA
1. Dovunque
tu sia e dovunque ti volga, sei sempre misera cosa; a meno che tu
non ti volga tutto a Dio. Perché resti turbato quando le cose non
vanno secondo la tua volontà e il tuo desiderio? Chi è colui che
tutto ha secondo il suo beneplacito? Non io, non tu, né alcun altro
su questa terra. Non c'è persona al mondo, anche se è un re o un
papa, che non abbia qualche tribolazione o afflizione. E chi è
dunque che ha la parte migliore? Senza dubbio colui che è capace di
sopportare qualche male per amore di Dio. Dice molta gente, debole e
malata nello spirito: guarda che vita beata conduce quel tale; come
è ricco e grande, come è potente e come è salito in alto! Ma, se
poni mente ai beni eterni, vedrai che tutte queste cose passeggere
sono un nulla, anzi qualcosa di molto insicuro e particolarmente
gravoso, giacché le cose temporali non si possono avere senza
preoccupazioni e paure. Per la felicità non occorre che l'uomo
possieda beni terreni in sovrabbondanza; basta averne una modesta
quantità, giacché la vita di quaggiù è veramente una misera cosa.
Quanto più uno desidera elevarsi spiritualmente, tanto più la vita
presente gli appare amara, perché constata pienamente le deficienze
dovute alla corrotta natura umana. Invero mangiare, bere, star
sveglio, dormire, riposare, lavorare, e dover soggiacere alle altre
necessità che ci impone la nostra natura, tutto ciò, in realtà, è
una miseria grande e un dolore per l'uomo religioso; il quale
amerebbe essere sciolto e libero da ogni peccato. In effetti l'uomo
che vive interiormente si sente schiacciato, come sotto un peso,
dalle esigenze materiali di questo mondo; ed è perciò che il profeta
prega fervorosamente di essere liberato, dicendo: "Signore, toglimi
da queste necessità" (Sal 24,17).
2. Guai
a quelli che non riconoscono la loro miseria. Guai, ancor più, a
quelli che amano questa vita miserabile e destinata a finire; una
vita alla quale tuttavia certa gente - anche se, lavorando o
elemosinando, mette insieme appena appena il necessario - si
abbarbica, come se potesse restare quaggiù in eterno, senza darsi
pensiero del regno di Dio. Gente pazza, interiormente priva di fede;
gente sommersa dalle cose terrene, tanto da gustare solo ciò che è
materiale. Alla fine, però, constateranno, con pena, quanto poco
valessero - anzi come fossero un nulla - le cose che avevano amato.
Ben diversamente, i santi di Dio, e tutti i devoti amici di Cristo;
essi non andavano dietro ai piaceri del corpo o a ciò che rende
fiorente questa vita mortale. La loro anelante tensione e tutta la
loro speranza erano per i beni eterni; il loro desiderio - per non
essere tratti al basso dall'attaccamento alle cose di quaggiù - si
elevava interamente alle cose invisibili, che non vengono meno. O
fratello, non perdere la speranza di progredire spiritualmente;
ecco, ne hai il tempo e l'ora. Perché, dunque, vuoi rimandare a
domani il tuo proposito? Alzati, e comincia all'istante, dicendo: è
questo il momento di agire; è questo il momento di combattere; è
questo il momento giusto per correggersi. Quando hai dolori e
tribolazioni, allora è il momento per farti dei meriti. Giacché
occorre che tu passi attraverso il "fuoco e l'acqua" prima di
giungere nel refrigerio (Sal 65,12). E se non farai violenza a te
stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile
corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza
molestie e dolori. Ben vorremmo aver tregua da ogni miseria; ma
avendo perduto, a causa del peccato, la nostra innocenza, abbiamo
perduto quaggiù anche la vera felicità. Perciò occorre che
manteniamo in noi una ferma pazienza, nell'attesa della misericordia
divina, "fino a che sia scomparsa l'iniquità di questo mondo" (Sal
56,2) e le cose mortali "siano assunte dalla vita eterna" (2Cor
5,4).
3. Tanto
è fragile la natura umana che essa pende sempre verso il vizio. Ti
accusi oggi dei tuoi peccati e domani commetti di nuovo proprio ciò
di cui ti sei accusato. Ti proponi oggi di guardarti dal male, e
dopo un'ora agisci come se tu non ti fossi proposto nulla. Ben a
ragione, dunque, possiamo umiliarci; né mai possiamo avere alcuna
buona opinione di noi stessi, perché siamo tanto deboli e instabili.
Inoltre, può andare rapidamente perduto per negligenza ciò che a
stento, con molta fatica, avevamo alla fine raggiunto, per grazia di
Dio. E che cosa sarà di noi alla fine, se così presto ci prende la
tiepidezza? Guai a noi, se pretendessimo di riposare
tranquillamente, come se già avessimo raggiunto pace e sicurezza,
mentre, nella nostra vita, non si vede neppure un indizio di vera
santità. Occorrerebbe che noi fossimo di nuovo plasmati, quasi in un
buon noviziato, a una vita irreprensibile; in tal modo potremo
sperare di raggiungere un certo miglioramento e di conseguire un
maggior profitto spirituale.
Capitolo XXIII
(Indice Capitoli)
LA MEDITAZIONE DELLA MORTE
1. Ben
presto la morte sarà qui, presso di te. Considera, del resto, la tua
condizione: l'uomo oggi c'è e domani è scomparso; e quando è
sottratto alla vista, rapidamente esce anche dalla memoria. Quanto
grandi sono la stoltezza e la durezza di cuore dell'uomo: egli pensa
soltanto alle cose di oggi e non piuttosto alle cose future. In ogni
azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi
morire oggi stesso; ché, se avrai retta la coscienza, non avrai
molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che
sfuggire alla morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo
sarai domani? Il domani è una cosa non sicura: che ne sai tu se
avrai un domani? A che giova vivere a lungo, se correggiamo così
poco noi stessi? Purtroppo, non sempre una vita lunga corregge i
difetti; anzi spesso accresce maggiormente le colpe. Magari
potessimo passare santamente anche una sola giornata in questo
mondo. Molti fanno il conto degli anni trascorsi dalla loro
conversione a Dio; ma scarso è sovente il frutto della loro
emendazione. Certamente morire è cosa che mette paura; ma forse è
più pericoloso vivere a lungo. Beato colui che ha sempre dinanzi
agli occhi l'ora della sua morte ed è pronto ogni giorno a morire.
Se qualche volta hai visto uno morire, pensa che anche tu dovrai
passare per la stessa strada. La mattina, fa conto di non arrivare
alla sera; e quando poi si farà sera non osare sperare nel domani.
Sii dunque sempre pronto; e vivi in tal modo che, in qualunque
momento, la morte non ti trovi impreparato.
2. Sono
molti coloro che muoiono in un istante, all'improvviso; giacché "il
Figlio dell'uomo verrà nell'ora in cui non si pensa che possa
venire" (Mt 24,44; Lc 12,40). Quando sarà giunto quel momento
estremo, comincerai a giudicare ben diversamente tutta la tua vita
passata, e molto ti dorrai di esser stato tanto negligente e tanto
fiacco. Quanto é saggio e prudente l'uomo che, durante la vita, si
sforza di essere quale desidera esser trovato al momento della
morte! Ora, una piena fiducia di morire santamente la daranno il
completo disprezzo del mondo, l'ardente desiderio di progredire
nelle virtù, l'amore del sacrificio, il fervore nella penitenza, la
rinuncia a se stesso e il saper sopportare ogni avversità per amore
di Cristo. Mentre sei in buona salute, molto puoi lavorare nel bene;
non so, invece, che cosa potrai fare quando sarai ammalato. Giacché
sono pochi quelli che, per il fatto di essere malati, diventano più
buoni; così come sono pochi quelli che, per il fatto di andare
frequentemente in pellegrinaggio, diventano più santi. Non credere
di poter rimandare a un tempo futuro la tua salvezza, facendo
affidamento sui suffragi degli amici e dei parenti; tutti costoro ti
dimenticheranno più presto di quanto tu non creda. Perciò, più che
sperare nell'aiuto di altri, è bene provvedere ora, fin che si è in
tempo, mettendo avanti un po' di bene. Ché, se non ti prendi cura di
te stesso ora, chi poi si prenderà cura di te? Questo è il tempo
veramente prezioso; sono questi i giorni della salvezza; è questo il
tempo che il Signore gradisce (2 Cor 6,2). Purtroppo, invece, questo
tempo tu non lo spendi utilmente in cose meritorie per la vita
eterna. Verrà il momento nel quale chiederai almeno un giorno o
un'ora per emendarti; e non so se l'otterrai. Ecco, dunque, mio
caro, di quale pericolo ti potrai liberare, a quale pericolo ti
potrai sottrarre, se sarai stato sempre nel timore di Dio, in vista
della morte. Procura di vivere ora in modo tale che, nell'ora della
morte, tu possa avere letizia, anziché paura; impara a morire al
mondo, affinché tu cominci allora a vivere con Cristo; impara ora a
disprezzare ogni cosa, affinché tu possa allora andare liberamente a
Cristo; mortifica ora il tuo corpo con la penitenza, affinché tu
passa allora essere pieno di fiducia.
3. Stolto,
perché vai pensando di vivere a lungo, mentre non sei sicuro di
avere neppure una giornata? Quante persone sono state ingannate,
inaspettatamente tolte a questa vita! Quante volte hai sentito dire
che uno è morto di ferite e un altro è annegato; che uno, cadendo
dall'alto, si è rotto la testa; che uno si è soffocato mentre
mangiava e un altro è morto mentre stava giocando? Chi muore per
fuoco, chi per spada; chi per una pestilenza, chi per un assalto dei
predoni. Insomma, comunque destino è la morte; e passa rapidamente
come un'ombra la vita umana. Chi si ricorderà di te, dopo che sarai
scomparso, e chi pregherà per te? Fai, o mio caro, fai ora tutto
quello che sei in grado di fare, perché non conosci il giorno della
tua morte; né sai che cosa sarà di te dopo. Accumula, ora, ricchezze
eterne, mentre sei in tempo. Non pensare a nient'altro che alla tua
salvezza; preoccupati soltanto delle cose di Dio. Fatti ora degli
amici, venerando i santi di Dio e imitando le loro azioni, "affinché
ti ricevano nei luoghi eterni, quando avrai lasciato questa vita"
(Lc 16,9). Mantienti, su questa terra, come uno che è di passaggio;
come un ospite, che non ha a che fare con le faccende di questo
mondo. Mantieni libero il tuo cuore, e rivolto al cielo, perché non
hai stabile dimora quaggiù (Eb 13,14). Al cielo rivolgi continue
preghiere e sospiri e lacrime, affinché, dopo la morte, la tua anima
sia degna di passare felicemente al Signore. Amen.
Capitolo XXIV
(Indice Capitoli)
IL GIUDIZIO DIVINO
E LA PUNIZIONE
DEI PECCATI
1. In
ogni cosa tieni l'occhio fisso al termine finale; tieni l'occhio,
cioè, a come comparirai dinanzi al giudice supremo; al giudice che
vede tutto, non si lascia placare con doni, non accetta scuse; e
giudica secondo giustizia (cfr. Is 11,4). Oh!, sciagurato e stolto
peccatore, come potrai rispondere a Dio, il quale conosce tutto il
male che hai fatto; tu che tremi talvolta alla vista del solo volto
adirato di un uomo? Perché non pensi a quel che avverrà di te nel
giorno del giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato e difeso
da altri, e ciascuno costituirà per se stesso un peso anche troppo
grave? E' adesso che la tua fatica è producente; è adesso che il tuo
pianto e il tuo sospiro possono piacere a Dio ed essere esauditi; è
adesso che il tuo dolore può ripagare il male compiuto e renderti
puro.
2. Un grave e salutare purgatorio l'ha
colui che sa sopportare. Questi, ricevendo ingiustizie, si dispiace
della cattiveria altrui, più che del male patito; è pronto a pregare
per quelli che lo contrastano e perdona di cuore le loro colpe; non
esita a chiedere perdono agli altri; è più incline ad aver
compassione che ad adirarsi; fa violenza sovente a se stesso e si
sforza di sottoporre interamente la carne allo spirito. Stroncare
ora i vizi e purgarsi ora dai peccati è miglior cosa che lasciarli
da purgare in futuro. Invero noi facciamo inganno a noi stessi
amando le cose carnali, contro l'ordine stabilito da Dio. Che altro
divorerà, quel fuoco, se non i tuoi peccati? Perciò, quanto più
indulgi a te stesso quaggiù, seguendo la carne, tanto più duramente
pagherai poi, preparando fin d'ora materiale più abbondante per
quelle fiamme. Ciascuno sarà più gravemente punito in ciò in cui
ebbe a peccare. Colà i pigri saranno incalzati da pungoli infuocati;
e i golosi saranno tormentati da grande sete e fame. Colà sui
lussuriosi e sugli amanti dei piaceri saranno versati in abbondanza
pece ardente e zolfo fetido; e gli invidiosi, per il grande dolore,
daranno in ululati, quali cani rabbiosi. Non ci sarà vizio che non
abbia il suo speciale tormento. Colà i superbi saranno pieni di ogni
smarrimento; e gli avari saranno oppressi da gravissima miseria.
Un'ora trascorsa colà, nella pena, sarà più grave di cento anni
passati qui in durissima penitenza. Nessuna tregua, colà, nessun
conforto per i dannati; mentre quaggiù talora ci si stacca dalla
fatica e si gode del sollievo degli amici.
3. Devi
darti da fare adesso, e piangere i tuoi peccati, per poter essere
senza pensiero nel giorno del giudizio. In quel giorno, infatti, i
giusti staranno in piena tranquillità in faccia a coloro che li
oppressero (Sap 5,1) e li calpesteranno. Starà come giudice colui
che ora si sottomette umilmente al giudizio degli uomini. In quel
giorno, grande speranza avranno il povero e l'umile, e sarà pieno di
paura il superbo; apparirà che è stato saggio in questo mondo colui
che ha saputo essere stolto e disprezzato per amore di Cristo. In
quel giorno sarà cara ogni tribolazione che sia stata sofferta
pazientemente, e "ogni iniquità chiuderà la sua bocca" (Sal 106,42);
l'uomo pio sarà nella gioia, mentre sarà nel dolore chi è vissuto
senza fede. In quel giorno il corpo tribolato godrà più che se fosse
stato nutrito di delizie; risplenderà la veste grossolana e quella
fine sarà oscurata; una miserabile dimora sarà più ammirata che un
palazzo dorato. In quel giorno una pazienza che non sia venuta mai
meno, gioverà più che tutta la potenza della terra; la schietta
obbedienza sarà glorificata più che tutta l'astuzia del mondo. In
quel giorno la pura e retta coscienza darà più gioia che la erudita
dottrina; il disprezzo delle ricchezze varrà di più che i tesori di
tutti gli uomini. In quel giorno avrai maggior gioia da una fervente
preghiera che da un pranzo prelibato; trarrai più gioia dal silenzio
che avrai mantenuto, che da un lungo parlare. In quel giorno le
opere buone varranno di più che le molte parole; una vita rigorosa è
una dura penitenza ti saranno più care di ogni piacere di questa
terra.
4. Impara
a patire un poco adesso, affinché allora tu possa essere liberato da
patimenti maggiori. Prova te stesso prima, quaggiù, per sapere di
che cosa sarai capace allora. Se adesso sai così poco patire, come
potrai sopportare i tormenti eterni? Se adesso un piccolo patimento
ti rende così incapace di sopportazione, come ti renderà la Geenna?
Ecco, in verità, non le puoi avere tutte e due, queste gioie: godere
in questa vita e poi regnare con Cristo. Che ti gioverebbe, se, fino
ad oggi, tu fossi sempre vissuto tra gli onori e i piaceri, e ora ti
accadesse di morire improvvisamente? Tutto, dunque, è vanità,
fuorché amare Iddio e servire a Lui solo. E perciò, colui che ama
Dio con tutto il suo cuore non ha paura né della morte, né della
condanna, né del giudizio, né dell'inferno. Un amore perfetto porta
con tutta sicurezza a Dio; chi invece continua ad amare il peccato
ha paura e - ciò non fa meraviglia - della morte e del giudizio. Se
poi non hai ancora amore bastante per star lontano dal male, è bene
che almeno la paura dell'inferno ti trattenga; in effetti, chi non
tiene nel giusto conto il timore di Dio non riuscirà a mantenersi a
lungo nella via del bene, ma cadrà ben presto nei lacci del diavolo.
Capitolo XXV
(Indice Capitoli)
CORREGGERE FERVOROSAMENTE
TUTTA LA NOSTRA VITA
1. Che
tu sia attento e preciso, nel servire Iddio; ripensa frequentemente
alla ragione per la quale sei venuto qui, lasciando il mondo. Non è
stato forse per vivere in Dio e farti tutto spirito? Che tu sia,
dunque, fervoroso, giacché in breve tempo sarai ripagato dei tuoi
sforzi; né avrai più, sul tuo orizzonte, alcun timore e dolore
faticherai qui per un poco, e poi troverai una grande pace, anzi,
una gioia perpetua. Se sarai costante nella fede e fervoroso nelle
opere, Dio, senza dubbio, sarà giusto e generoso nella ricompensa.
Che tu mantenga la santa speranza di giungere alla vittoria, anche
se non è bene che tu ne abbia alcuna sicurezza, per non cadere in
stato di torpore o di presunzione. Una volta, un tale, dibattuto
interiormente tra il timore e la speranza, sfinito dal doloro, si
prostrò in chiesa davanti ad un altare dicendo tra sé: "Oh! Se
sapessi di poter perseverare!". E subito, di dentro, udì una
risposta, che veniva da Dio: "Perché, se tu sapessi di poter
perseverare, che cosa vorresti fare? Fallo adesso, quello che
vorresti fare, e sarai del tutto tranquillo". Allora, rasserenato e
confortato, egli si affidò alla volontà di Dio, e cessò in lui
quella angosciosa incertezza; egli non volle più cercar di sapere
quel che sarebbe stato di lui in futuro, e si diede piuttosto a
cercare "quale fosse la volontà del Signore: volontà di bene e di
perfezione", (Rm 12, 2) per intraprendere e portare a compimento
ogni opera buona. Dice il profeta: "Spera nel Signore e fa il bene;
abita la terra e nutriti delle sue ricchezze" (Sal 36,3).
2.
Una sola cosa è quella che
distoglie molta gente dal progresso spirituale e dal fervoroso
sforzo di correzione: lo sgomento di fronte agli ostacoli e
l'asprezza di questa lotta. Invero avanzano nelle virtù coloro che
si sforzano di superare virilmente ciò che è per essi più gravoso, e
che più li contrasta; giacché proprio là dove più si vince se
stessi, mortificandosi nello spirito, più si guadagna, e maggior
grazia si ottiene. Certo che non tutti gli uomini hanno pari forze
per vincere se stessi e per mortificarsi. Tuttavia, uno che abbia
tenacia e buon volere, anche se le sue passioni sono più violente,
riuscirà a progredire più di un altro, pur buono, ma meno fervoroso
nel tendere verso le virtù. Due cose giovano particolarmente al
raggiungimento di una totale emendazione: il fare violenza a se
stessi, distogliendosi dal male, a cui ciascuno è portato per
natura; e il chiedere insistentemente il bene spirituale di cui
ciascuno ha maggior bisogno. Inoltre tu devi fare in modo di evitare
soprattutto ciò che più spesso trovi brutto in altri. Da ogni parte
devi saper trarre motivo di profitto spirituale. Così, se ti capita
di vedere o di ascoltare dei buoni esempi, devi ardere dal desiderio
di imitarli; se, invece, ti pare che qualcosa sia degno di
riprovazione, devi guardarti dal fare altrettanto; se talvolta l'hai
fatto, procura di emendarti. Come il tuo occhio giudica gli altri,
così, a tua volta, sarai giudicato tu dagli altri. Quale gioia e
quale dolcezza, vedere dei frati pieni di fervore e di devozione,
santi nella vita interiore e nella loro condotta; quale tristezza,
invece, e quale dolore, vedere certi frati, che vanno di qua e di
là, disordinatamente, tralasciando di praticare proprio ciò per cui
sono stati chiamati! Gran danno procura, questo dimenticarsi delle
promesse della propria vocazione, volgendo i desideri a cose diverse
da quelle che ci vengono ordinate.
3. Ricordati
della decisione che hai presa, e poni dinanzi ai tuoi occhi la
figura del crocifisso. Riflettendo alla vita di Gesù Cristo, avrai
veramente di che vergognarti, ché non hai ancora cercato di farti
più simile a lui, pur essendo stato per molto tempo nella vita di
Dio. Il monaco che si addestra con intensa devozione sulla vita
santissima e sulla passione del Signore, vi troverà in abbondanza
tutto ciò che gli può essere utile e necessario; e non dovrà cercare
nulla di meglio, fuor di Gesù. Oh, come saremmo d'un colpo
pienamente addottrinati se avessimo nel nostro cuore Gesù
crocifisso! Il monaco pieno di fervore sopporta ogni cosa santamente
e accetta ciò che gli viene imposto; invece quello negligente e
tiepido trova una tribolazione sull'altra ed è angustiato per ogni
verso, perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna
gli viene preclusa. Il monaco che vive fuori della regola va
incontro a piena rovina. Infatti chi tende ad una condizione
piuttosto libera ed esente da disciplina sarà sempre
nell'incertezza, poiché ora non gli andrà una cosa, ora un'altra.
Come fanno gli altri monaci, così numerosi, che vivono ben
disciplinati dalla regola del convento? Escono di rado e vivono
liberi da ogni cosa; mangiano assai poveramente e vestono panni
grossolani; lavorano molto e parlano poco; vegliano fino a tarda ora
e si alzano per tempo; pregano a lungo, leggono spesso e si
comportano strettamente secondo la regola. Guarda i Certosini, i
Cistercensi, e i monaci e le monache di altri Ordini, come si alzano
tutte le notti per cantare le lodi di Dio. Ora, sarebbe vergognoso
che, in una cosa tanto meritoria, tu ti lasciassi prendere dalla
pigrizia, mentre un grandissimo numero di monaci comincia i suoi
canti di gioia, in unione con Dio. Oh!, se noi non avessimo altro da
fare che lodare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore e con
tutta la nostra voce. Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare,
di bere, di dormire; e potessi invece, lodare di continuo il
Signore, e occuparti soltanto delle cose dello spirito. Allora
saresti più felice di adesso, che sei al servizio del tuo corpo per
varie necessità. E volesse il Cielo che non ci fossero, queste
necessità, e ci fossero soltanto i pasti spirituali dell'anima, che
purtroppo gustiamo ben di rado.
4. Quando
uno sarà giunto a non cercare il proprio conforto in alcuna
creatura, allora egli comincerà a gustare perfettamente Dio; allora
accetterà di buon grado ogni cosa che possa succedere; allora non si
rallegrerà, o rattristerà, per il molto o il poco che possieda. Si
rimetterà del tutto e con piena fiducia in Dio: in Dio, che per lui
sarà tutto, in ogni circostanza; in Dio, agli occhi del quale nulla
muove o va interamente perduto; in Dio, e per il quale ogni cosa
vive, servendo senza esitazione al suo comando. Abbi sempre presente
che tutto finisce e che il tempo perduto non ritorna. Non giungerai
a possedere forza spirituale, se non avrai sollecitudine e
diligenza. Se comincerai ad essere spiritualmente malato. Se invece
ti darai tutto al fervore, troverai una grande pace, e sentirai più
lieve la fatica, per la grazia di Dio e per la forza dell'amore.
Tutto può, l'uomo fervido e diligente. Impresa più grande delle
sudate fatiche corporali è quella di vincere i vizi e di resistere
alle passioni. E colui che non sa evitare le piccole mancanze, cade,
a poco a poco, in mancanze maggiori. Sarai sempre felice, la sera,
se avrai spesa la giornata fruttuosamente. Vigila su te stesso,
scuoti e ammonisci te stesso; checché facciano gli altri, non
dimenticare te stesso. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla
violenza che avrai fatto a te stesso. Amen.
FINISCONO LE ESORTAZIONI UTILI
PER LA VITA DELLO SPIRITO
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