[1] Libro della storia di Tobi, figlio di Tòbiel,
figlio di Anàniel, figlio di Aduel, figlio di Gàbael, della discendenza
di Asiel, della tribù di Nèftali.
[2] Al tempo di Salmanàssar, re degli Assiri, egli fu condotto
prigioniero da Tisbe, che sta a sud di Kades di Nèftali, nell'alta
Galilea, sopra Casor, verso occidente, a nord di Sefet.
[3] Io, Tobi, passavo i giorni della mia vita seguendo le vie della verità
e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei compatrioti, che erano stati
condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese degli Assiri, facevo
molte elemosine.
[4] Mi trovavo ancora al mio paese, la terra d'Israele, ed ero ancora
giovane, quando la tribù del mio antenato Nèftali abbandonò la casa di
Davide e si staccò da Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù
d'Israele scelta per i sacrifici. In essa era stato edificato il tempio,
dove abita Dio, ed era stato consacrato per tutte le generazioni future.
[5] Tutti i miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali
facevano sacrifici sui monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re
d'Israele aveva fabbricato in Dan.
[6] Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per
obbedienza ad una legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a
Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con le decime del
bestiame e con la prima lana che tosavo alle mie pecore.
[7] Consegnavo tutto ai sacerdoti, figli di Aronne, per l'altare. Davo
anche ai leviti che allora erano in funzione a Gerusalemme le decime del
grano, del vino, dell'olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri
frutti. Per sei anni consecutivi convertivo in danaro la seconda decima e
la spendevo ogni anno a Gerusalemme.
[8] La terza decima poi era per gli orfani, le vedove e i forestieri che
si trovavano con gli Israeliti. La portavo loro ogni tre anni e la si
consumava insieme, come vuole la legge di Mosè e secondo le
raccomandazioni di Debora moglie di Anàniel, la madre di nostro padre,
poiché mio padre, morendo, mi aveva lasciato orfano.
[9] Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela, e
da essa ebbi un figlio che chiamai Tobia.
[10] Dopo la deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e
arrivai a Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia gente
mangiavano i cibi dei pagani;
[11] ma io mi guardai bene dal farlo.
[12] Poiché restai fedele a Dio con tutto il cuore,
[13] l'Altissimo mi fece trovare il favore di Salmanàssar, del quale
presi a trattare gli affari.
[14] Venni così nella Media, dove, finché egli visse, conclusi affari
per conto suo. Fu allora che a Rage di Media, presso Gabael, un mio
parente figlio di Gabri, depositai in sacchetti la somma di dieci talenti
d'argento.
[15] Quando Salmanàssar morì, gli successe il figlio Sennàcherib.
Allora le strade della Media divennero impraticabili e non potei più
tornarvi.
[16] Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l'elemosina a quelli della mia
gente;
[17] donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo
qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive,
io lo seppellivo.
[18] Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib, quando tornò
fuggendo dalla Giudea, al tempo del castigo mandato dal re del cielo sui
bestemmiatori. Nella sua collera egli ne uccise molti; io sottraevo i loro
corpi per la sepoltura e Sennàcherib invano li cercava.
[19] Ma un cittadino di Ninive andò ad informare il re che io li
seppellivo di nascosto. Quando seppi che il re conosceva il fatto e che mi
si cercava per essere messo a morte, colto da paura, mi diedi alla fuga.
[20] I miei beni furono confiscati e passarono tutti al tesoro del re. Mi
restò solo la moglie Anna con il figlio Tobia.
[21] Neanche quaranta giorni dopo, il re fu ucciso da due suoi figli, i
quali poi fuggirono sui monti dell'Araràt. Gli successe allora il figlio
Assarhaddon. Egli nominò Achikar, figlio di mio fratello Anael,
incaricato della contabilità del regno ed ebbe la direzione generale
degli affari.
[22] Allora Achikar intercedette per me e io potei ritornare a ninive,
poiché Achikar anche sotto Sennàcherib, re d'Assiria, era stato gran
coppiere, custode del sigillo, primo ministro e direttore dei conti, e
Assarhaddon l'aveva confermato in carica: era mio nipote.
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