[1] Conclusi
questi accordi, Lisia ritornò presso il re; i Giudei invece si diedero a
coltivare la terra.
[2] Ma alcuni dei comandanti dei distretti e precisamente Timòteo e
Apollonio, figlio di Gennèo, Ierònimo e Demofonte e, oltre questi,
Nicànore, il comandante dei mercenari di Cipro, non li lasciavano vivere
tranquilli né procedere in pace.
[3] Gli abitanti di Giaffa perpetrarono un'empietà di questo genere:
invitarono i Giudei che abitavano con loro a salire con le mogli e con i
figli su barche allestite da loro, come se non ci fosse alcuna cattiva
intenzione a loro riguardo,
[4] ma fosse un'iniziativa di tutta la cittadinanza. Essi accettarono,
desiderosi di rinsaldare la pace, e lontani da ogni sospetto. Ma quando
furono al largo, li fecero affondare in numero non inferiore a duecento.
[5] Quando Giuda fu informato di questa crudeltà compiuta contro i suoi
connazionali, diede ordine ai suoi uomini
[6] e, invocando Dio, giusto giudice, mosse contro gli assassini dei suoi
fratelli e nella notte incendiò il porto, bruciò le navi e uccise di spada
quanti vi si erano rifugiati.
[7] Poi, dato che il luogo era sbarrato, abbandonò l'impresa con l'idea di
tornare un'altra volta e sradicare tutta la cittadinanza di Giaffa.
[8] Avendo poi appreso che anche i cittadini di Iamnia volevano usare lo
stesso sistema con i Giudei che abitavano con loro,
[9] piombando di notte sui cittadini di Iamnia, incendiò il porto con la
flotta, così che si vedeva il bagliore delle fiamme fino a Gerusalemme,
che è distante duecentoquaranta stadi.
[10] Quando si furono allontanati di là per nove stadi, dirigendosi contro
Timòteo, non meno di cinquemila Arabi con cinquecento cavalieri irruppero
contro Giuda.
[11] Ne nacque una zuffa furiosa, ma gli uomini di Giuda con l'aiuto di
Dio ebbero la meglio. I nomadi invece, sopraffatti, supplicarono Giuda che
stendesse loro la destra promettendo di cedergli bestiame e di aiutarlo in
tutto il resto.
[12] Giuda, prevedendo che realmente gli sarebbero stati utili in molte
cose, acconsentì a far la pace con loro ed essi, strette le destre,
tornarono alle loro tende.
[13] Attaccò anche una città difesa da contrafforti, circondata da mura e
abitata da gente d'ogni stirpe, chiamata Casfin.
[14] Quelli di dentro, sicuri della solidità delle mura e delle riserve di
viveri, si mostravano insolenti con gli uomini di Giuda, insultandoli,
aggiungendo bestemmie e pronunciando frasi che non è lecito riferire.
[15] Ma gli uomini di Giuda, dopo aver invocato il grande Signore del
mondo, il quale senza arieti e senza macchine ingegnose aveva fatto cadere
Gerico al tempo di Giosuè, assalirono furiosamente le mura.
[16] Presa la città per volere di Dio, fecero innumerevoli stragi,
cosicché il lago adiacente, largo due stadi, sembrava pieno del sangue che
vi colava dentro.
[17] Allontanatisi di là settecentocinquanta stadi giunsero a Caraca,
presso i Giudei chiamati Tubiani;
[18] ma da quelle parti non trovarono Timòteo, il quale era già partito
dalla zona, senza aver intrapreso alcuna azione, ma lasciando in un certo
luogo un presidio molto forte.
[19] Dosìteo e Sosìpatro, due capitani del Maccabeo, in una sortita
sterminarono gli uomini di Timòteo lasciati nella fortezza, che erano più
di diecimila.
[20] Intanto il Maccabeo ordinò il suo esercito dividendolo in reparti,
nominò questi al comando dei reparti e mosse contro Timòteo, il quale
aveva con sé centoventimila fanti e duemilacinquecento cavalieri.
[21] Quando Timòteo seppe dell'arrivo di Giuda, mandò avanti le donne, i
fanciulli e tutto il bagaglio nel luogo chiamato Carnion: era questa una
posizione inespugnabile e inaccessibile per la strettezza di tutti i
passaggi.
[22] All'apparire del primo reparto di Giuda, si diffuse tra i nemici il
panico e il terrore perché si verificò contro di loro l'apparizione di
colui che dall'alto tutto vede, e perciò cominciarono a fuggire
precipitandosi chi da una parte chi dall'altra, cosicché spesso erano
colpiti dai propri compagni e trafitti dalle punte delle loro spade.
[23] Giuda dirigeva l'inseguimento con ogni energia, trafiggendo quegli
empi: ne sterminò circa trentamila.
[24] Lo stesso Timòteo, caduto in mano agli uomini di Dosìteo e Sosìpatro,
supplicava con molta astuzia di essere lasciato sano e salvo, perché
tratteneva come ostaggi i genitori di molti di loro e di alcuni i fratelli
ai quali sarebbe capitato di essere trattati senza riguardo.
[25] Avendo egli con molti discorsi prestato solenne promessa di
restituire incolumi gli ostaggi, lo lasciarono libero per la salvezza dei
propri fratelli.
[26] Giuda mosse poi contro Carnion e l'Atergatèo e uccise venticinquemila
uomini.
[27] Dopo la sconfitta e lo sterminio di questi, marciò contro la fortezza
di Efron, nella quale era stanziato Lisia con una moltitudine di gente di
ogni razza; davanti alle mura erano schierati i giovani più forti e
combattevano vigorosamente, mentre nella città stavano pronte molte
riserve di macchine e di proiettili.
[28] Avendo invocato il Signore che distrugge con la sua potenza le forze
dei nemici, i Giudei fecero cadere la città nelle proprie mani e uccisero
venticinquemila di coloro che vi stavano dentro.
[29] Ritornati di là, mossero verso Beisan, che dista seicento stadi da
Gerusalemme.
[30] Ma i Giudei che vi abitavano testimoniarono che i cittadini di Beisan
avevano dimostrato loro benevolenza e buona comprensione nel tempo della
sventura
[31] e questi li ringraziarono e li esortarono ad essere ben disposti
anche in seguito verso il loro popolo. Poi si recarono a Gerusalemme
nell'imminenza della festa delle settimane.
[32] Dopo questa festa, chiamata Pentecoste, mossero contro Gorgia,
stratega dell'Idumea.
[33] Questi avanzò con tremila fanti e quattrocento cavalieri.
[34] Schieratisi in combattimento, caddero un piccolo numero di Giudei.
[35] Un certo Dosìteo, degli uomini di Bacènore, abile nel cavalcare e
valoroso, si attaccò a Gorgia e, afferratolo per la clamide, lo trascinava
a gran forza volendo prendere vivo quello scellerato; ma uno dei cavalieri
traci si gettò su di lui tagliandogli la spalla e Gorgia potè fuggire a
Maresa.
[36] Poiché gli uomini di Esdrin combattevano da lungo tempo ed erano
stanchi, Giuda supplicò il Signore che si mostrasse loro alleato e guida
nella battaglia.
[37] Poi, intonato nella lingua paterna il grido di guerra che si
accompagnava agli inni, diede un assalto improvviso alle truppe di Gorgia
e le mise in fuga.
[38] Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollam; poiché si
compiva la settimana, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il
sabato.
[39] Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli
uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli con i loro
parenti nei sepolcri di famiglia.
[40] Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli
idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai Giudei; fu perciò a tutti
chiaro il motivo per cui costoro erano caduti.
[41] Perciò tutti, benedicendo l'operato di Dio, giusto giudice che rende
palesi le cose occulte,
[42] ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse
pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a
conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era
avvenuto per il peccato dei caduti.
[43] Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme
d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio
espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal
pensiero della risurrezione.
[44] Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero
risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti.
[45] Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che
si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione
era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per
i morti, perché fossero assolti dal peccato.
|