La
Fede e la Parola
A più riprese, nella Scrittura,
si descrive l'iniziazione alla fede come se si trattasse di una
guarigione dalla nostra sordità e dal nostro mutismo. Ciò non è a caso. La
fede, realmente vissuta,
rende l'uomo attento alla parola di Dio e gliela fa proclamare; al
contrario la mancanza della fede rende l'uomo sordo e muto. Il
passaggio dalla incredulità alla fede comporta, dunque; una guarigione
dal nostro mutismo e dalla nostra sordità (vangelo).
Anche Isaia, seguendo la logica di questo modo di pensare, che
considera la guarigione da una malattia fisica come la liberazione da un
difetto morale, immagina la futura restaurazione messianica come un
intervento di Dio a sollievo degli sfiduciati, dei ciechi, dei sordi,
degli zoppi e dei muti (1a lettura).
Ascoltare e proclamare la parola
La Bibbia descrive sovente la situazione del
popolo, chiuso alla parola di Dio, come se fosse diventato sordo
e muto e asserisce che la disobbedienza alla parola rende inutili le
orecchie e le labbra. Quando
invece ritorna un'epoca di obbedienza a Dio, subito le lingue si
sciolgono e proclamano la gloria di Dio, come se tutti profetassero.
Queste immagini rivelano una verità essenziale: la nostra fede si
appoggia totalmente su un ascolto della parola stessa di Dio e sulla sua
attuazione pratica. Leggere
o proclamare la parola di Dio significa riconoscere il primato di Dio
stesso nella nostra vita. I
cristiani, come gli Ebrei, sanno che la loro fede dipende dalla parola
di Dio; se adoperano parole soltanto umane per parlare di Dio, sono
paragonabili ad un muto o ad un balbuziente.
Nel Battesimo il Signore ci apre le orecchie e le labbra
II gesto di Gesù, narrato dal vangelo, si attualizza in un gesto
compiuto nella Chiesa per l'iniziazione dei catecumeni. Nel rito del Battesimo, attualmente in vigore, il gesto dell'effeta
è stato portato alla fine, tra i segni di conclusione e di augurio. Mentre
tocca le orecchie e la bocca del battezzando, il celebrante dice: «II
Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di
ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e
gloria di Dio Padre».
Vi è qui un chiaro intento pastorale: far comprendere ai genitori e ai
padrini che il bambino, che essi hanno fatto battezzare, dovrà essere
«istruito» nella fede
mediante l'ascolto della parola di Dio, ed essere educato alla
espressione di questa fede
nella preghiera e nella vita.
Parola celebrata e vissuta
Ogni volta che la comunità si raduna per celebrare il mistero di
Cristo, si mette prima di tutto in ascolto della sua Parola. È la
parola di Dio che unita al gesto rituale rende presente e operante qui,
per noi, il mistero di salvezza. Così quando nella liturgia la Parola
annunzia la Pasqua, il lievito della risurrezione riempie la comunità
di nuovo soffio creatore. Se
proclama la discesa dello Spirito a Pentecoste, lo stesso fuoco che ha
infiammato una volta centoventi persone prorompe nuovamente, a giudizio
e salvezza del mondo.
Non si insisterà mai abbastanza su questa efficacia della parola di Dio
celebrata nella Chiesa: chi
attenuasse questa sua forza attualizzatrice spezzerebbe l'unione tra
Cristo e la Chiesa suo corpo. Ecco perché sant’Ignazio di Antiochia
arriva a dire: «Mi affido al Vangelo come alla carne di Cristo» (Lettera ai Filadelfi 5,1). Aderendo al Vangelo con la fede, facciamo
nostra, con trepidazione, la storia del Salvatore.
Parola e sacramento sono inscindibilmente connessi: la parola di Dio
conduce al sacramento, e in esso si attua la sua efficacia nella
pienezza maggiore. Questo
incontro suscita e sostiene la vita del credente e alimenta la
testimonianza generosa.
La Chiesa non può limitarsi a ripetere la parola di Dio, ma deve
accoglierla sempre come
nuova, attualizzandola nell'«oggi» delle situazioni e dei problemi
reali. Sotto l'azione dello
Spirito, è chiamata a rinnovare il presente in vista del futuro del
regno dì Dio. Nella storia
che tutti coinvolge (credenti e non credenti), l'annunzio della Parola
deve apparire ad ognuno «come
una risposta alle proprie domande, un allargamento ai propri valori, una
soddisfazione alle proprie aspirazioni» (RdC
52).
In ogni fatto e in ogni impegno, per quanto modesto e occasionale, la
Parola può incarnarsi e
farsi lievito di trasformazione delle cose, nel senso voluto da Dio .
|
La
sapienza cristiana
Dal
«Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno, papa
(Disc. 95, 6-8; PL 54, 464-465)
Il Signore dice: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati» (Mt 5, 6). Questa fame non ha nulla a che
vedere con la fama corporale e questa sete non chiede una bevanda
terrena, ma desidera di avere la sua soddisfazione nel bene della
giustizia. Vuole essere introdotta nel segreto di tutti i beni occulti e
brama di riempirsi dello stesso Signore.
Beata l'anima che aspira a questo cibo e arde di desiderio per questa
bevanda. Non lo ambirebbe certo se non ne avesse già per nulla
assaporato la dolcezza. Ha udito il Signore che diceva: «Gustate e
vedete quanto è buono il Signore» (Sal 33, 9). Ha ricevuto una
parcella della dolcezza celeste. Si è sentita bruciata dell'amore della
castissima voluttà, tanto che, disprezzando tutte le cose temporali, si
è accesa interamente del desiderio di mangiare e bere la giustizia. Ha
imparato la verità di quel primo comandamento che dice: «Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le
forze» (Dt 6, 5; cfr. Mt 22, 37; Mc 12, 30; Lc 10, 27). Infatti amare
Dio non è altro che amare la giustizia. Ma come all'amore di Dio si
associa la sollecitudine per il prossimo, così al desiderio della
giustizia si unisce la virtù della misericordia. Perciò il Signore
dice: «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» (Mt 5,
7).
Riconosci, o cristiano, la sublimità della tua sapienza e comprendi con
quali dottrine e metodi vi arrivi e a quali ricompense sei chiamato!
Colui che è misericordia vuole che tu sia misericordioso, e colui che
è giustizia vuole che tu sia giusto, perché il Creatore brilli nella
sua creatura e l'immagine di Dio risplenda, come riflessa nello specchio
del cuore umano, modellato secondo la forma del modello. La fede di chi
veramente la pratica non teme pericoli. Se così farai, i tuoi desideri
si adempiranno e possiederai per sempre quei beni che ami.
E poiché tutto diverrà per te puro, grazie all'elemosina, giungerai
anche a quella beatitudine che viene promessa subito dopo dal Signore
con queste parole: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt
5, 8).
Grande, fratelli, è la felicità di colui per il quale è preparato un
premio così straordinario. Che significa dunque avere il cuore puro, se
non attendere al conseguimento di quelle virtù sopra accennate? Quale
mente potrebbe afferrare, quale lingua potrebbe esprimere l'immensa
felicità di vedere Dio?
E tuttavia a questa meta giungerà la nostra natura umana, quando sarà
trasformata: vedrà, cioè, la divinità in se stessa, non più «come
in uno specchio, né in maniera confusa, ma a faccia a faccia» (1 Cor
13, 12), così come nessun uomo ha mai potuto vedere. Conseguirà nella
gioia ineffabile dell'eterna contemplazione «quelle cose che occhio non
vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d'uomo» (1 Cor 2,
9).
|
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
118,137.124
Tu sei giusto, Signore,
e sono retti i tuoi giudizi:
agisci con il tuo servo secondo il tuo amore.
Iustus es,
Dómine, et rectum iudícium tuum;
fac cum servo tuo secúndum misericórdiam tuam.
Colletta
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l'eredità eterna. Per il nostro Signore...
Deus, per quem nobis et redémptio venit et præstátur adóptio, fílios
dilectiónis tuæ benígnus inténde, ut in Christo credéntibus et vera
tribuátur libértas, et heréditas ætérna. Per Dóminum.
Oppure:
O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed
eredi del tuo regno, aiutaci a dire la tua parola di coraggio a tutti gli
smarriti di cuore, perché si sciolgano le loro lingue e tanta umanità
malata, incapace perfino di pregarti, canti con noi le tue meraviglie. Per
il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Is
35, 4-7
Si
schiuderanno gli orecchi dei sordi, griderà di gioia la lingua del muto.
Dal libro del profeta Isaia
Dite agli
smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete! Ecco
il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi
dei ciechi
e si schiuderanno
gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la
lingua del muto,
perché scaturiranno
acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella
steppa.
La
terra bruciata
diventerà una palude,
il suolo
riarso sorgenti d'acqua.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 145
Loda
il Signore, anima mia.
Il
Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà
il pane agli affamati.
Il
Signore libera i prigionieri.
Il
Signore ridona la vista ai ciechi,
il
Signore rialza chi è caduto,
il
Signore ama i giusti,
il
Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma
sconvolge le vie dei malvagi.
Il
Signore regna per sempre,
il
tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
Seconda Lettura
Gc
2, 1-5
Dio non ha forse scelto i poveri per farli eredi del
Regno?
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli
miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria,
sia immune da favoritismi personali.
Supponiamo che, in una delle
vostre riunioni, entri qualcuno
con un anello d'oro
al dito, vestito lussuosamente,
ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è
vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero
dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio
sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi
perversi?
Ascoltate, fratelli miei carissimi:
Dio non ha forse scelto
i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno,
promesso a quelli che lo amano?
Canto al Vangelo
Cfr. Mt 4,23
Alleluia, alleluia.
Gesù
annunciava il vangelo
del Regno
e
guariva ogni
sorta di infermità nel popolo.
Alleluia.
Vangelo Mc
7, 31-37
Fa udire i sordi e fa
parlare i muti.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla
regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in
pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo
pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla,
gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;
guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà»,
cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo
della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di
non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e,
pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa
parlare i muti!».
Sulle
Offerte
O Dio, sorgente della vera pietà e della pace, salga a te nella celebrazione di questo mistero la giusta adorazione per la tua grandezza e si rafforzi la fedeltà e la concordia dei tuoi figli. Per Cristo nostro Signore.
Deus, auctor sincéræ devotiónis et pacis, da, quæsumus, ut et maiestátem
tuam conveniénter hoc múnere venerémur, et sacri participatióne mystérii
fidéliter sénsibus uniámur. Per Christum.
Antifona
alla Comunione Sal
41,2-3
Come il cervo anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio;
l'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
Quemádmodum
desíderat cervus ad fontes aquárum,
ita
desíderat ánima mea ad te, Deus:
sitívit ánima mea ad Deum fortem vivum.
Oppure:
Gv
8,12
«Io sono la luce del mondo», dice il Signore,
«chi segue me non
cammina nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita».
Ego sum lux mundi, dicit Dóminus;
qui
séquitur me, non ámbulat in ténebris,
sed habébit lumen vitæ.
Oppure:
Mc
7,37
Ha fatto bene ogni cosa:
fa udire i sordi e fa parlare i muti.
Dopo
la Comunione
O
Padre, che nutri e rinnovi i tuoi fedeli alla mensa della parola e del pane di vita, per questi doni del tuo Figlio aiutaci a progredire costantemente nella fede, per divenire partecipi della sua vita immortale. Per Cristo nostro Signore.
Da fidélibus
tuis, Dómine, quos et verbi tui et cæléstis sacraménti pábulo nutris et
vivíficas, ita dilécti Fílii tui tantis munéribus profícere, ut eius vitæ
semper consórtes éffici mereámur. Qui vivit et regnat in sæcula sæculórum..
|