ESORTAZIONE APOSTOLICA
FAMILIARIS
CONSORTIO
DI SUA SANTITA'
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO
AL CLERO ED AI FEDELI
DI TUTTA LA CHIESA CATTOLICA
CIRCA I COMPITI
DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
NEL MONDO DI OGGI
INTRODUZIONE
La Chiesa al servizio della famiglia
1.
La famiglia nei tempi odierni è stata, come
e forse più di altre istituzioni, investita
dalle ampie, profonde e rapide
trasformazioni della società e della
cultura. Molte famiglie vivono questa
situazione nella fedeltà a quei valori che
costituiscono il fondamento dell'istituto
familiare. Altre sono divenute incerte e
smarrite di fronte ai loro compiti o,
addirittura, dubbiose e quasi ignare del
significato ultimo e della verità della vita
coniugale e familiare. Altre, infine, sono
impedite da svariate situazioni di
ingiustizia nella realizzazione dei loro
fondamentali diritti.
Consapevole che il matrimonio e la famiglia
costituiscono uno dei beni più preziosi
dell'umanità, la Chiesa vuole far giungere
la sua voce ed offrire il suo aiuto a chi,
già conoscendo il valore del matrimonio e
della famiglia, cerca di viverlo fedelmente
a chi, incerto ed ansioso, è alla ricerca
della verità ed a chi è ingiustamente
impedito di vivere liberamente il proprio
progetto familiare. Sostenendo i primi,
illuminando i secondi ed aiutando gli altri,
la Chiesa offre il suo servizio ad ogni uomo
pensoso dei destini del matrimonio e della
famiglia («Gaudium et Spes», 52).
In
modo particolare essa si rivolge ai giovani,
che stanno per iniziare il loro cammino
verso il matrimonio e la famiglia, al fine
di aprire loro nuovi orizzonti, aiutandoli a
scoprire la bellezza e la grandezza della
vocazione all'amore e al servizio della
vita.
Il Sinodo del
1980 in continuità con i Sinodi precedenti
2.
Un segno di questo profondo interessamento
della Chiesa per la famiglia è stato
l'ultimo Sinodo dei Vescovi, celebratosi a
Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980.
Esso è stato la naturale continuazione dei
due precedenti (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei
Vescovi, 2 (26 Settembre 1980): la famiglia
cristiana, infatti, è la prima comunità
chiamata ad annunciare il Vangelo alla
persona umana in crescita e a portarla,
attraverso una progressiva educazione e
catechesi, alla piena maturità umana e
cristiana.
Non
solo, ma il precedente Sinodo si collega
idealmente in qualche modo anche a quello
sul sacerdozio ministeriale e sulla
giustizia nel mondo contemporaneo. Infatti,
in quanto comunità educativa, la famiglia
deve aiutare l'uomo a discernere la propria
vocazione e ad assumersi il necessario
impegno per una più grande giustizia,
formandolo fin dall'inizio a relazioni
interpersonali, ricche di giustizia e di
amore.
I
Padri Sinodali, concludendo la loro
assemblea, mi hanno presentato un ampio
elenco di proposte, in cui avevano raccolto
i frutti delle riflessioni sviluppate nel
corso delle loro intense giornate di lavoro,
e mi hanno chiesto con voto unanime di farmi
interprete davanti all'umanità della viva
sollecitudine della Chiesa per la famiglia,
e di dare le indicazioni opportune per un
rinnovato impegno pastorale in questo
fondamentale settore della vita umana ed
ecclesiale.
Nell'adempiere tale compito con la presente
esortazione, come una peculiare attuazione
del ministero apostolico affidatomi,
desidero esprimere la mia gratitudine a
tutti i componenti del Sinodo per il
prezioso contributo di dottrina e di
esperienza, che hanno offerto soprattutto
mediante le «Propositiones», il cui testo
affido al Pontificio Consiglio per la
Famiglia, disponendo che ne approfondisca lo
studio al fine di valorizzare ogni aspetto
delle ricchezze in esso contenute.
Il prezioso
bene del matrimonio e della famiglia
3.
La Chiesa, illuminata dalla fede, che le fa
conoscere tutta la verità sul prezioso bene
del matrimonio e della famiglia e sui loro
significati più profondi, ancora una volta
sente l'urgenza di annunciare il Vangelo,
cioè la «buona novella» a tutti
indistintamente, in particolare a tutti
coloro che sono chiamati al matrimonio e vi
si preparano, a tutti gli sposi e genitori
del mondo.
Essa è profondamente convinta che solo con
l'accoglienza del Vangelo trova piena
realizzazione ogni speranza, che l'uomo
legittimamente pone nel matrimonio e nella
famiglia.
Voluti da Dio con la stessa creazione (cfr.
Gen 1-2), il matrimonio e la famiglia sono
interiormente ordinati a compiersi in Cristo
(cfr. Ef 5) ed hanno bisogno della sua
grazia per essere guariti dalle ferite del
peccato (cfr. «Gaudium et Spes», 47;
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 388s) e riportati al loro «principio»
(cfr. Mt 19,4), cioè alla conoscenza piena e
alla realizzazione integrale del disegno di
Dio.
In
un momento storico nel quale la famiglia è
oggetto di numerose forze che cercano di
distruggerla o comunque di deformarla, la
Chiesa, consapevole che il bene della
società e di se stessa è profondamente
legato al bene della famiglia (cfr. «Gaudium
et Spes», 47), sente in modo più vivo e
stringente la sua missione di proclamare a
tutti il disegno di Dio sul matrimonio e
sulla famiglia, assicurandone la piena
vitalità e promozione umana e cristiana, e
contribuendo così al rinnovamento della
società e dello stesso Popolo di Dio.
PARTE PRIMA
LUCI E OMBRE DELLA
FAMIGLIA, OGGI
Necessità di
conoscere la situazione
4.
Poiché il disegno di Dio sul matrimonio e
sulla famiglia riguarda l'uomo e la donna
nella concretezza della loro esistenza
quotidiana in determinate situazioni sociali
e culturali, la Chiesa, per compiere il suo
servizio, deve applicarsi a conoscere le
situazioni entro le quali il matrimonio e la
famiglia oggi si realizzano (cfr.
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1
[1980] 472-476).
Questa conoscenza è, dunque, una
imprescindibile esigenza dell'opera
evangelizzatrice. E', infatti, alle famiglie
del nostro tempo che la Chiesa deve portare
l'immutabile e sempre nuovo Vangelo di Gesù
Cristo, così come sono le famiglie implicate
nelle presenti condizioni del mondo che sono
chiamate ad accogliere e a vivere il
progetto di Dio che le riguarda. Non solo,
ma le richieste e gli appelli dello Spirito
risuonano anche negli stessi avvenimenti
della storia, e pertanto la Chiesa può
essere guidata ad una intelligenza più
profonda dell'inesauribile mistero del
matrimonio e della famiglia anche dalle
situazioni, domande, ansie e speranze dei
giovani, degli sposi e dei genitori di oggi
(cfr. «Gaudium et Spes», 4).
A
ciò si deve aggiungere poi una ulteriore
riflessione di particolare importanza nel
tempo presente. Non raramente all'uomo e
alla donna di oggi, in sincera e profonda
ricerca di una risposta ai quotidiani e
gravi problemi della loro vita matrimoniale
e familiare, vengono offerte visioni e
proposte anche seducenti, ma che
compromettono in diversa misura la verità e
la dignità della persona umana. E'
un'offerta sostenuta spesso dalla potente e
capillare organizzazione dei mezzi di
comunicazione sociale, che mettono
sottilmente in pericolo la libertà e la
capacità di giudicare con obiettività.
Molti sono già consapevoli di questo
pericolo in cui versa la persona umana ed
operano per la verità. La Chiesa, col suo
discernimento evangelico, si unisce ad essi,
offrendo il proprio servizio alla verità,
alla libertà e alla dignità di ogni uomo e
di ogni donna.
Il
discernimento evangelico
5.
Il discernimento operato dalla Chiesa
diventa l'offerta di un orientamento perché
sia salvata e realizzata l'intera verità e
la piena dignità del matrimonio e della
famiglia.
Esso è compiuto dal senso della fede (cfr.
«Lumen Gentium», 12), che è un dono che lo
Spirito partecipa a tutti i fedeli (cfr. Gv
2,20), ed è, pertanto, opera di tutta la
Chiesa, secondo le diversità dei vari doni e
carismi che, insieme e secondo la
responsabilità propria di ciascuno,
cooperano per una più profonda intelligenza
ed attuazione della Parola di Dio. La
Chiesa, dunque, non compie il proprio
discernimento evangelico solo per mezzo dei
Pastori, i quali insegnano in nome e col
potere di Cristo, ma anche per mezzo dei
laici: Cristo «li costituisce suoi testimoni
e li provvede del senso della fede e della
grazia della parola (cfr. At 2,17-18; Ap
19,10) perché la forza del Vangelo risplenda
nella vita quotidiana, familiare e sociale»
(«Lumen Gentium», 35). I laici, anzi, in
ragione della loro particolare vocazione,
hanno il compito specifico di interpretare
alla luce di Cristo la storia di questo
mondo, in quanto sono chiamati ad illuminare
ed ordinare le realtà temporali secondo il
disegno di Dio Creatore e Redentore.
Il
«soprannaturale senso della fede» (cfr.
«Lumen Gentium», 12; Sacra Congregazione
della Fede, «Mysterium Ecclesiae», 2: AAS 65
[1973] 398-400) non consiste però solamente
o necessariamente nel consenso dei fedeli.
La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità,
che non sempre coincide con l'opinione della
maggioranza. Ascolta la coscienza e non il
potere ed in questo difende i poveri e i
disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche
la ricerca sociologica e statistica, quando
si rivela utile per cogliere il contesto
storico nel quale l'azione pastorale deve
svolgersi e per conoscere meglio la verità;
tale ricerca sola, però, non è da ritenersi
senz'altro espressione del senso della fede.
Perché è compito del ministero apostolico di
assicurare la permanenza della Chiesa nella
verità di Cristo e di introdurvela più
profondamente, i Pastori devono promuovere
il senso della fede in tutti i fedeli,
vagliare e giudicare autorevolmente la
genuinità delle sue espressioni, educare i
credenti a un discernimento evangelico
sempre più maturo (cfr. «Lumen Gentium», 12
«Dei Verbum», 10).
Per
l'elaborazione di un autentico discernimento
evangelico nelle varie situazioni e culture
in cui l'uomo e la donna vivono il loro
matrimonio e la loro vita familiare, gli
sposi e i genitori cristiani possono e
devono offrire un loro proprio e
insostituibile contributo. A questo li
abilita il loro carisma o dono proprio, il
dono del sacramento del matrimonio (cfr.
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 735s).
La situazione
della famiglia nel mondo di oggi
6.
La situazione, in cui versa la famiglia,
presenta aspetti positivi ed aspetti
negativi: segno, gli uni, della salvezza di
Cristo operante nel mondo; segno, gli altri,
del rifiuto che l'uomo oppone all'amore di
Dio.
Da
una parte, infatti, vi è una coscienza più
viva della libertà personale, e una maggiore
attenzione alla qualità delle relazioni
interpersonali nel matrimonio, alla
promozione della dignità della donna, alla
procreazione responsabile, alla educazione
dei figli; vi è inoltre la coscienza della
necessità che si sviluppino relazioni tra le
famiglie per un reciproco aiuto spirituale e
materiale, la riscoperta della missione
ecclesiale propria della famiglia e della
sua responsabilità per la costruzione di una
società più giusta. Dall'altra parte,
tuttavia non mancano segni di preoccupante
degradazione di alcuni valori fondamentali:
una errata concezione teorica e pratica
dell'indipendenza dei coniugi fra di loro;
le gravi ambiguità circa il rapporto di
autorità fra genitori e figli; le difficoltà
concrete, che la famiglia spesso sperimenta
nella trasmissione dei valori; il numero
crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto;
il ricorso sempre più frequente alla
sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e
propria mentalità contraccettiva.
Alla radice di questi fenomeni negativi sta
spesso una corruzione dell'idea e
dell'esperienza della libertà, concepita non
come la capacità di realizzare la verità del
progetto di Dio sul matrimonio e la
famiglia, ma come autonoma forza di
affermazione, non di rado contro gli altri,
per il proprio egoistico benessere.
Merita la nostra attenzione anche il fatto
che, nei Paesi del così detto Terzo Mondo,
vengono spesso a mancare alle famiglie sia i
fondamentali mezzi per la sopravvivenza,
quali sono il cibo, il lavoro, l'abitazione,
le medicine, sia le più elementari libertà.
Nei Paesi più ricchi, invece, l'eccessivo
benessere e la mentalità consumistica,
paradossalmente unita ad una certa angoscia
e incertezza per il futuro, tolgono agli
sposi la generosità e il coraggio di
suscitare nuove vite umane: così la vita è
spesso percepita non come una benedizione,
ma come un pericolo da cui difendersi.
La
situazione storica in cui vive la famiglia
si presenta, dunque, come un insieme di luci
e di ombre.
Questo rivela che la storia non è
semplicemente un progresso necessario verso
il meglio, bensì un evento di libertà, ed
anzi un combattimento fra libertà che si
oppongono fra loro, cioè, secondo la nota
espressione di san Agostino, un conflitto,
fra due amori: l'amore di Dio spinto fino al
disprezzo di sé, e l'amore di sé spinto fino
al disprezzo di Dio (cfr. S. Agostino «De
civitate Dei», XIV, 28: CSEL 40, II, 25s).
Ne
consegue che solo l'educazione all'amore
radicato nella fede può portare ad
acquistare la capacità di interpretare «i
segni dei tempi», che sono l'espressione
storica di questo duplice amore.
L'influsso
della situazione sulla coscienza dei fedeli
7.
Vivendo in un mondo siffatto, sotto le
pressioni derivanti soprattutto dai
mass-media, non sempre i fedeli hanno saputo
e sanno mantenersi immuni dall'oscurarsi dei
valori fondamentali e porsi come coscienza
critica di questa cultura familiare e come
soggetti attivi della costruzione di un
autentico umanesimo familiare.
Fra
i segni più preoccupanti di questo fenomeno,
i Padri Sinodali hanno sottolineato, in
particolare, il diffondersi del divorzio e
del ricorso ad una nuova unione da parte
degli stessi fedeli, l'accettazione del
matrimonio puramente civile, in
contraddizione con la vocazione dei
battezzati a «sposarsi nel Signore»; la
celebrazione del matrimonio sacramento senza
una fede viva, ma per altri motivi; il
rifiuto delle norme morali che guidano e
promuovono l'esercizio umano e cristiano
della sessualità nel matrimonio.
La nostra
epoca ha bisogno di sapienza
8.
Si pone così a tutta la Chiesa il compito di
una riflessione e di un impegno assai
profondi, perché la nuova cultura emergente
sia intimamente evangelizzata, siano
riconosciuti i veri valori, siano difesi i
diritti dell'uomo e della donna e sia
promossa la giustizia nelle strutture stesse
della società. In tal modo il «nuovo
umanesimo» non distoglierà gli uomini dal
loro rapporto con Dio, ma ve li condurrà più
pienamente.
Nella costruzione di tale umanesimo, la
scienza e le sue applicazioni tecniche
offrono nuove ed immense possibilità.
Tuttavia, la scienza, in conseguenza di
scelte politiche che ne decidono la
direzione di ricerca e le applicazioni,
viene spesso usata contro il suo significato
originario, la promozione della persona
umana.
Si
rende, pertanto, necessario ricuperare da
parte di tutti la coscienza del primato dei
valori morali, che sono i valori della
persona umana come tale. La ricomprensione
del senso ultimo della vita e dei suoi
valori fondamentali è il grande compito che
si impone oggi per il rinnovamento della
società. Solo la consapevolezza del primato
di questi valori consente un uso delle
immense possibilità, messe nelle mani
dell'uomo dalla scienza, che sia veramente
finalizzato alla promozione della persona
umana nella sua intera verità, nella sua
libertà e dignità. La scienza è chiamata ad
allearsi con la sapienza.
Si
possono pertanto applicare anche ai problemi
della famiglia le parole del Concilio
Vaticano II: «L'epoca nostra, più ancora che
i secoli passati, ha bisogno di questa
sapienza, perché diventino più umane tutte
le sue nuove scoperte. E' in pericolo, di
fatto, il futuro del mondo, a meno che non
vengano suscitati uomini più saggi» («Gaudium
et Spes», 15).
L'educazione della coscienza morale, che
rende ogni uomo capace di giudicare e di
discernere i modi adeguati per realizzarsi
secondo la sua verità originaria, diviene
così una esigenza prioritaria ed
irrinunciabile.
E'
l'alleanza con la Sapienza divina che deve
essere più profondamente ricostituita nella
cultura odierna. Di tale Sapienza ogni uomo
è reso partecipe dallo stesso gesto creatore
di Dio. Ed è solo nella fedeltà a questa
alleanza che le famiglie di oggi saranno in
grado di influire positivamente nella
costruzione di un mondo più giusto e
fraterno.
Gradualità e
conversione
9.
Alla ingiustizia originata dal peccato -
profondamente penetrato anche nelle
strutture del mondo di oggi - e che spesso
ostacola la famiglia nella piena
realizzazione di se stessa e dei suoi
diritti fondamentali, dobbiamo tutti opporci
con una conversione della mente e del cuore,
seguendo Cristo Crocifisso nel rinnegamento
del proprio egoismo: una simile conversione
non potrà non avere influenza benefica e
rinnovatrice anche sulle strutture della
società.
E'
richiesta una conversione continua,
permanente, che, pur esigendo l'interiore
distacco da ogni male e l'adesione al bene
nella sua pienezza, si attua però
concretamente in passi che conducono sempre
oltre. Si sviluppa così un processo
dinamico, che avanza gradualmente con la
progressiva integrazione dei doni di Dio e
delle esigenze del suo amore definitivo ed
assoluto nell'intera vita personale e
sociale dell'uomo. E' perciò necessario un
cammino pedagogico di crescita affinché i
singoli fedeli, le famiglie ed i popoli,
anzi la stessa civiltà, da ciò che hanno già
accolto del Mistero di Cristo siano
pazientemente condotti oltre, giungendo ad
una conoscenza più ricca e ad una
integrazione più piena di questo Mistero
nella loro vita.
Inculturazione
10.
E' conforme alla costante tradizione della
Chiesa accogliere dalle culture dei popoli
tutto ciò che è in grado di meglio esprimere
le inesauribili ricchezze di Cristo (cfr. Ef
3,8; «Gaudium et Spes», 15 e 22). Solo col
concorso di tutte le culture, tali ricchezze
potranno manifestarsi sempre più chiaramente
e la Chiesa potrà camminare verso una
conoscenza ogni giorno più completa e
profonda della verità, che già le è stata
donata interamente dal suo Signore.
Tenendo fisso il duplice principio della
compatibilità col Vangelo delle varie
culture da assumere e della comunione con la
Chiesa universale, si dovrà proseguire nello
studio, particolarmente da parte delle
Conferenze Episcopali e dei Dicasteri
competenti della Curia Romana, e
nell'impegno pastorale perché questa
«inculturazione» della fede cristiana
avvenga sempre più ampiamente, anche
nell'ambito del matrimonio e della famiglia.
E'
mediante l'«inculturazione» che si cammina
verso la ricostituzione piena dell'alleanza
con la Sapienza di Dio, che è Cristo stesso.
La Chiesa intera sarà arricchita anche da
quelle culture che, pur essendo prive di
tecnologia, sono cariche di saggezza umana e
vivificate da profondi valori morali.
Perché sia chiara la meta di questo cammino,
e di conseguenza, sicuramente indicata la
strada, il Sinodo ha, in primo luogo,
giustamente considerato a fondo il progetto
originario di Dio circa il matrimonio e la
famiglia: ha voluto «ritornare al
principio», in ossequio all'insegnamento di
Cristo (cfr. Mt 19,4ss).
PARTE
SECONDA
IL DISEGNO DI
DIO SUL MATRIMONIO E SULLA FAMIGLIA
L'uomo
immagine di Dio Amore
11.
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e
somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo
all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello
stesso tempo all'amore.
Dio
è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un
mistero di comunione personale d'amore.
Creandola a sua immagine e continuamente
conservandola nell'essere, Dio iscrive
nell'umanità dell'uomo e della donna la
vocazione, e quindi la capacità e la
responsabilità dell'amore e della comunione
(cfr. «Gaudium et Spes», 12). L'amore è,
pertanto, la fondamentale e nativa vocazione
di ogni essere umano.
In
quanto spirito incarnato, cioè anima che si
esprime nel corpo e corpo informato da uno
spirito immortale, l'uomo è chiamato
all'amore in questa sua totalità unificata.
L'amore abbraccia anche il corpo umano e il
corpo è reso partecipe dell'amore
spirituale.
La
Rivelazione cristiana conosce due modi
specifici di realizzare la vocazione della
persona umana, nella sua interezza,
all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia
l'uno che l'altra nella forma loro propria,
sono una concretizzazione della verità più
profonda dell'uomo, del suo «essere ad
immagine di Dio».
Di
conseguenza la sessualità, mediante la quale
l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra
con gli atti propri ed esclusivi degli
sposi, non è affatto qualcosa di puramente
biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della
persona umana come tale. Essa si realizza in
modo veramente umano, solo se è parte
integrale dell'amore con cui l'uomo e la
donna si impegnano totalmente l'uno verso
l'altra fino alla morte. La donazione fisica
totale sarebbe menzogna se non fosse segno e
frutto della donazione personale totale,
nella quale tutta la persona, anche nella
sua dimensione temporale, è presente: se la
persona si riservasse qualcosa o la
possibilità di decidere altrimenti per il
futuro, già per questo essa non si donerebbe
totalmente.
Questa totalità, richiesta dall'amore
coniugale, corrisponde anche alle esigenze
di una fecondità responsabile, la quale,
volta come è a generare un essere umano,
supera per sua natura l'ordine puramente
biologico, ed investe un insieme di valori
personali, per la cui armoniosa crescita è
necessario il perdurante e concorde
contributo di entrambi i genitori.
Il
«luogo» unico, che rende possibile questa
donazione secondo l'intera sua verità, è il
matrimonio, ossia il patto di amore
coniugale o scelta cosciente e libera, con
la quale l'uomo e la donna accolgono
l'intima comunità di vita e d'amore, voluta
da Dio stesso (cfr. «Gaudium et Spes», 48),
che solo in questa luce manifesta il suo
vero significato. L'istituzione matrimoniale
non è una indebita ingerenza della società o
dell'autorità, ne l'imposizione estrinseca
di una forma, ma esigenza interiore del
patto d'amore coniugale che pubblicamente si
afferma come unico ed esclusivo perché sia
vissuta così la piena fedeltà al disegno di
Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi dal
mortificare la libertà della persona, la
pone al sicuro da ogni soggettivismo e
relativismo, la fa partecipe della Sapienza
creatrice.
Il matrimonio e la comunione tra Dio e
gli uomini
12.
La comunione d'amore tra Dio e gli uomini,
contenuto fondamentale della Rivelazione e
dell'esperienza di fede di Israele, trova
una significativa espressione nell'alleanza
sponsale, che si instaura tra l'uomo e la
donna.
E'
per questo che la parola centrale della
Rivelazione, «(Dio ama il suo popolo», viene
pronunciata anche attraverso le parole vive
e concrete con cui l'uomo e la donna si
dicono il loro amore coniugale. Il loro
vincolo di amore diventa l'immagine e il
simbolo dell'Alleanza che unisce Dio e il
suo popolo (cfr. ad es. Os 2,21; Ger 3,6-13;
Is 54). E lo stesso peccato, che può ferire
il patto coniugale diventa immagine
dell'infedeltà del popolo al suo Dio:
l'idolatria e prostituzione (cfr. Ez 16,25),
l'infedeltà è adulterio, la disobbedienza
alla legge e abbandono dell'amore sponsale
del Signore. Ma l'infedeltà di Israele non
distrugge la fedeltà eterna del Signore e,
pertanto, l'amore sempre fedele di Dio si
pone come esemplare delle relazioni di amore
fedele che devono esistere tra gli sposi
(cfr. Os 3).
Gesù Cristo, sposo della Chiesa, e il
Sacramento del matrimonio
13.
La comunione tra Dio e gli uomini trova il
suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo
Sposo che ama e si dona come Salvatore
dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo.
Egli rivela la verità originaria del
matrimonio, la verità del «principio» (cfr.
Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla
durezza del cuore, lo rende capace di
realizzarla interamente.
Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza
definitiva nel dono d'amore che il Verbo di
Dio fa all'umanità assumendo la natura
umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa
di se stesso sulla Croce per la sua Sposa,
la Chiesa. In questo sacrificio si svela
interamente quel disegno che Dio ha impresso
nell'umanità dell'uomo e della donna, fin
dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il
matrimonio dei battezzati diviene così il
simbolo reale della nuova ed eterna
Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo
Spirito, che il Signore effonde, dona il
cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci
di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore
coniugale raggiunge quella pienezza a cui è
interiormente ordinato, la carità coniugale,
che è il modo proprio e specifico con cui
gli sposi partecipano e sono chiamati a
vivere la carità stessa di Cristo che si
dona sulla Croce.
In
una pagina meritatamente famosa, Tertulliano
ha ben espresso la grandezza di questa vita
coniugale in Cristo e la sua bellezza: «Come
sarò capace di esporre la felicità di quel
matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta
eucaristica conferma, la benedizione
suggella, gli angeli annunciano e il Padre
ratifica?... Quale giogo quello di due
fedeli uniti in un'unica speranza, in
un'unica osservanza, in un'unica servitù!
Sono tutt'e due fratelli e tutt'e due
servono insieme; non vi è nessuna divisione
quanto allo spirito e quanto alla carne.
Anzi sono veramente due in una sola carne e
dove la carne è unica, unico è lo spirito»
(Tertulliano «Ad uxorem», II; VIII, 6-8: CCL
I, 393).
Accogliendo e meditando fedelmente la Parola
di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato
ed insegna che il matrimonio dei battezzati
è uno dei sette sacramenti della Nuova
Alleanza (cfr. Conc. Ecum. Trident., Sessio
XXIV, can. 1: I. D. Mansi, «Sacrorum
Conciliorum Nova et Amplissima Collectio»,
33, 149s).
Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la
donna sono definitivamente inseriti nella
Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza
sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in
ragione di questo indistruttibile
inserimento che l'intima comunità di vita e
di amore coniugale fondata dal Creatore
(cfr. «Gaudium et Spes», 48), viene elevata
ed assunta nella carità sponsale del Cristo,
sostenuta ed arricchita dalla sua forza
redentrice.
In
virtù della sacramentalità del loro
matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno
all'altra nella maniera più profondamente
indissolubile. La loro reciproca
appartenenza è la rappresentazione reale,
per il tramite del segno sacramentale, del
rapporto stesso di Cristo con la Chiesa.
Gli
sposi sono pertanto il richiamo permanente
per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla
Croce; sono l'uno per l'altra e per i figli,
testimoni della salvezza, di cui il
sacramento li rende partecipi. Di questo
evento di salvezza il matrimonio, come ogni
sacramento è memoriale, attualizzazione e
profezia: «in quanto memoriale, il
sacramento dà loro la grazia e il dovere di
fare memoria delle grandi opere di Dio e di
darne testimonianza presso i loro figli; in
quanto attualizzazione, dà loro la grazia e
il dovere di mettere in opera nel presente,
l'uno verso l'altra e verso i figli, le
esigenze di un amore che perdona e che
redime; in quanto profezia, dà loro la
grazia e il dovere di vivere e di
testimoniare la speranza del futuro incontro
con Cristo» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso
ai Delegati del «Centre de Liaison des
Equipes de Recherche», 3 [3 Novembre 1979]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II, 2
[1979] 1032).
Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il
matrimonio è un simbolo reale dell'evento
della salvezza, ma a modo proprio. «Gli
sposi vi partecipano in quanto sposi, in
due, come coppia, a tal punto che l'effetto
primo ed immediato del matrimonio (res et
sacramentum) non è la grazia soprannaturale
stessa, ma il legame coniugale cristiano,
una comunione a due tipicamente cristiana
perché rappresenta il mistero
dell'Incarnazione del Cristo e il suo
mistero di Alleanza. E il contenuto della
partecipazione alla vita del Cristo è
anch'esso specifico: l'amore coniugale
comporta una totalità in cui entrano tutte
le componenti della persona - richiamo del
corpo e dell'istinto, forza del sentimento e
dell'affettività, aspirazione dello spirito
e della volontà -; esso mira ad una unità
profondamente personale, quella che, al di
là dell'unione in una sola carne, conduce a
non fare che un cuor solo e un'anima sola:
esso esige l'indissolubilità e la fedeltà
della donazione reciproca definitiva e si
apre sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 9). In una parola, si
tratta di caratteristiche normali di ogni
amore coniugale naturale, ma con un
significato nuovo che non solo le purifica e
le consolida, ma le eleva al punto di farne
l'espressione di valori propriamente
cristiani» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso
ai Delegati del «Centre de Liaison des
Equipes de Recherche», 4 [3 Novembre 1979]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II, 2
[1979] 1032).
I figli, preziosissimo dono del
matrimonio
14.
Secondo il disegno di Dio, il matrimonio è
il fondamento della più ampia comunità della
famiglia, poiché l'istituto stesso del
matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati
alla procreazione ed educazione della prole,
in cui trovano il loro coronamento (cfr.
«Gaudium et Spes», 50).
Nella sua realtà più profonda, l'amore è
essenzialmente dono e l'amore coniugale,
mentre conduce gli sposi alla reciproca
«conoscenza» che li fa «una carne sola»
(cfr. Gen 2,24), non si esaurisce
all'interno della coppia, poiché li rende
capaci della massima donazione possibile,
per la quale diventano cooperatori con Dio
per il dono della vita ad una nuova persona
umana. Così i coniugi, mentre si donano tra
loro, donano al di là di se stessi la realtà
del figlio, riflesso vivente del loro amore,
segno permanente della unità coniugale e
sintesi viva ed indissociabile del loro
essere padre e madre.
Divenendo genitori, gli sposi ricevono da
Dio il dono di una nuova responsabilità. Il
loro amore parentale è chiamato a divenire
per i figli il segno visibile dello stesso
amore di Dio, «dal quale ogni paternità nei
cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3,15).
Non
si deve, tuttavia, dimenticare che anche
quando la procreazione non è possibile, non
per questo la vita coniugale perde il suo
valore. La sterilità fisica infatti può
essere occasione per gli sposi di altri
servizi importanti alla vita della persona
umana, quali ad esempio l'adozione, le varie
forme di opere educative, l'aiuto ad altre
famiglie, ai bambini poveri o handicappati.
La famiglia, comunione di persone
15.
Nel matrimonio e nella famiglia si
costituisce un complesso di relazioni
interpersonali - nuzialità,
paternità-maternità, filiazione, fraternità
-, mediante le quali ogni persona umana è
introdotta nella «famiglia umana» e nella
«famiglia di Dio», che è la Chiesa.
Il
matrimonio e la famiglia cristiani edificano
la Chiesa: nella famiglia, infatti, la
persona umana non solo viene generata e
progressivamente introdotta, mediante
l'educazione, nella comunità umana, ma
mediante la rigenerazione del battesimo e
l'educazione alla fede, essa viene
introdotta anche nella famiglia di Dio, che
è la Chiesa.
La
famiglia umana, disgregata dal peccato, è
ricostituita nella sua unità dalla forza
redentrice della morte e risurrezione di
Cristo (cfr. «Gaudium et Spes», 78). Il
matrimonio cristiano, partecipe
dell'efficacia salvifica di questo
avvenimento, costituisce il luogo naturale
nel quale si compie l'inserimento della
persona umana nella grande famiglia della
Chiesa.
Il
mandato di crescere e moltiplicarsi, rivolto
in principio all'uomo e alla donna,
raggiunge in questo modo la sua intera
verità e la sua piena realizzazione.
La
Chiesa trova così nella famiglia, nata dal
sacramento, la sua culla e il luogo nel
quale essa può attuare il proprio
inserimento nelle generazioni umane, e
queste, reciprocamente, nella Chiesa.
Matrimonio e verginità
16.
La verginità e il celibato per il Regno di
Dio non solo non contraddicono alla dignità
del matrimonio, ma la presuppongono e la
confermano. Il matrimonio e la verginità
sono i due modi di esprimere e di vivere
l'unico Mistero dell'Alleanza di Dio con il
suo popolo. Quando non si ha stima del
matrimonio, non può esistere neppure la
verginità consacrata; quando la sessualità
umana non è ritenuta un grande valore donato
dal Creatore, perde significato il
rinunciarvi per il Regno dei Cieli.
Dice infatti assai giustamente san Giovanni
Crisostomo: «Chi condanna il matrimonio
priva anche la verginità della gloria: chi
invece lo loda, rende la verginità più
ammirabile, e splendente. Ciò che appare un
bene soltanto a paragone di un male, non è
poi un grande bene; ma ciò che è ancora
migliore di beni universalmente riconosciuti
tali, è certamente un bene al massimo grado»
(San Giovanni Crisostomo, «La Verginità», X:
PG 48,540).
Nella verginità l'uomo è in attesa, anche
corporalmente, delle nozze escatologiche di
Cristo con la Chiesa, donandosi
integralmente alla Chiesa nella speranza che
Cristo si doni a questa nella piena verità
della vita eterna. La persona vergine
anticipa così nella sua carne il mondo nuovo
della risurrezione futura (cfr. Mt 22,30).
In
forza di questa testimonianza, la verginità
tiene viva nella Chiesa la coscienza del
mistero del matrimonio e lo difende da ogni
riduzione e da ogni impoverimento.
Rendendo libero in modo speciale il cuore
dell'uomo (cfr. 1Cor 7,32-35), «così da
accenderlo maggiormente di carità verso Dio
e verso tutti gli uomini» («Perfectae
Caritatis», 12), la verginità testimonia che
il Regno di Dio e la sua giustizia sono
quella perla preziosa che va preferita ad
ogni altro valore sia pure grande, e va anzi
cercato come l'unico valore definitivo. E'
per questo che la Chiesa, durante tutta la
sua storia, ha sempre difeso la superiorità
di questo carisma nei confronti di quello
del matrimonio, in ragione del legame del
tutto singolare che esso ha con il Regno di
Dio (cfr. Pio XII, «Sacra Virginitas», II:
AAS 46 [1954] 174ss).
Pur
avendo rinunciato alla fecondità fisica, la
persona vergine diviene spiritualmente
feconda, padre e madre di molti, cooperando
alla realizzazione della famiglia secondo il
disegno di Dio.
Gli
sposi cristiani hanno perciò il diritto di
aspettarsi dalle persone vergini il buon
esempio e la testimonianza della fedeltà
alla loro vocazione fino alla morte. Come
per gli sposi la fedeltà diventa talvolta
difficile ed esige sacrificio,
mortificazione e rinnegamento di sé, così
può avvenire anche per le persone vergini.
La fedeltà di queste, anche nella prova
eventuale, deve edificare la fedeltà di
quelli (cfr. Giovanni Paolo PP. II, «Novo
Incipiente», 9 [8 Aprile 1979]: AAS 71
[1979], 410s).
Queste riflessioni sulla verginità possono
illuminare ed aiutare coloro che, per motivi
indipendenti dalla loro volontà, non hanno
potuto sposarsi ed hanno poi accettato la
loro situazione in spirito di servizio.
PARTE TERZA
I COMPITI DELLA
FAMIGLIA CRISTIANA
Famiglia
diventa ciò che sei!
17.
Nel disegno di Dio Creatore e Redentore la
famiglia scopre non solo la sua «identità»,
ciò che essa «è», ma anche la sua
«missione)», ciò che essa può e deve «fare».
I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio
a svolgere nella storia, scaturiscono dal
suo stesso essere e ne rappresentano lo
sviluppo dinamico ed esistenziale. Ogni
famiglia scopre e trova in se stessa
l'appello insopprimibile, che definisce ad
un tempo la sua dignità e la sua
responsabilità: famiglia, «diventa» ciò che
«sei»!
Risalire al «principio» del gesto creativo
di Dio è allora una necessità per la
famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi
secondo l'interiore verità non solo del suo
essere ma anche del suo agire storico. E
poiché, secondo il disegno divino, è
costituita quale «intima comunità di vita e
di amore («Gaudium et Spes», 48), la
famiglia ha la missione di diventare sempre
più quello che è, ossia comunità di vita e
di amore, in una tensione che, come per ogni
realtà creata e redenta troverà il suo
componimento nel Regno di Dio. In una
prospettiva poi che giunge alle radici
stesse della realtà, si deve dire che
l'essenza e i compiti della famiglia sono
ultimamente definiti dall'amore. Per questo
la famiglia riceve la missione di custodire,
rivelare e comunicare l'amore, quale
riflesso vivo e reale partecipazione
dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore
di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa.
Ogni compito particolare della famiglia è
l'espressione e l'attuazione concreta di
tale missione fondamentale. E' necessario
pertanto penetrare più a fondo nella
singolare ricchezza della missione della
famiglia e scandagliarne i molteplici ed
unitari contenuti.
In
tal senso, partendo dall'amore e in costante
riferimento ad esso, il recente Sinodo ha
messo in luce quattro compiti generali della
famiglia:
1)
la formazione di una comunità di persone;
2)
il servizio alla vita;
3)
la partecipazione allo sviluppo della
società;
4)
la partecipazione alla vita e alla missione
della Chiesa.
I. La formazione di una comunità di persone
L'amore, principio e forza della
comunione
18.
La famiglia fondata e vivificata dall'amore,
è una comunità di persone: dell'uomo e della
donna sposi, dei genitori e dei figli, dei
parenti. Suo primo compito è di vivere
fedelmente la realtà della comunione
nell'impegno costante di sviluppare
un'autentica comunità di persone.
Il
principio interiore, la forza permanente e
la meta ultima di tale compito è l'amore:
come, senza l'amore, la famiglia non è una
comunità di persone, così senza l'amore, la
famiglia non può vivere, crescere e
perfezionarsi come comunità di persone.
Quanto ho scritto nell'enciclica «Redemptor
Hominis» trova la sua originaria e
privilegiata applicazione proprio nella
famiglia come tale: «L'uomo non può vivere
senza amore. Egli rimane per se stesso un
essere incomprensibile, la sua vita è priva
di senso, se non gli viene rivelato l'amore,
se non si incontra con l'amore, se non lo
sperimenta e non lo fa proprio, se non vi
partecipa vivamente» (num. 10).
L'amore tra l'uomo e la donna nel matrimonio
e, in forma derivata ed allargata, l'amore
tra i membri della stessa famiglia - tra
genitori e figli tra fratelli e sorelle, tra
parenti e familiari - è animato e sospinto
da un interiore e incessante dinamismo, che
conduce la famiglia ad una comunione sempre
più profonda ed intensa, fondamento e anima
della comunità coniugale e familiare.
L'indivisibile unità della comunione
coniugale
19.
La prima comunione è quella che si instaura
e si sviluppa tra i coniugi: in forza del
patto d'amore coniugale, l'uomo e la donna
«non sono più due, ma una carne sola» (Mt
19,6; cfr. Gen 2,24) e sono chiamati a
crescere continuamente nella loro comunione
attraverso la fedeltà quotidiana alla
promessa matrimoniale del reciproco dono
totale.
Questa comunione coniugale affonda le sue
radici nella naturale complementarietà che
esiste tra l'uomo e la donna, e si alimenta
mediante la volontà personale degli sposi di
condividere l'intero progetto di vita, ciò
che hanno e ciò che sono: perciò tale
comunione è il frutto e il segno di una
esigenza profondamente umana. Ma in Cristo
Signore, Dio assume questa esigenza umana,
la conferma, la purifica e la eleva,
conducendola a perfezione col sacramento del
matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella
celebrazione sacramentale offre agli sposi
cristiani il dono di una comunione nuova
d'amore che è immagine viva e reale di
quella singolarissima unità, che fa della
Chiesa l'indivisibile Corpo mistico del
Signore Gesù.
Il
dono dello Spirito è comandamento di vita
per gli sposi cristiani, ed insieme
stimolante impulso affinché ogni giorno
progrediscano verso una sempre più ricca
unione tra loro a tutti i livelli - dei
corpi dei caratteri, dei cuori, delle
intelligenze, e delle volontà, delle anime
(cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso agli
Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio 1980]: AAS 72
[1980], 426s), - rivelando così alla Chiesa
e al mondo la nuova comunione d'amore,
donata dalla grazia di Cristo.
Una
simile comunione viene radicalmente
contraddetta dalla poligamia: questa,
infatti, nega in modo diretto il disegno di
Dio quale ci viene rivelato alle origini,
perché è contraria alla pari dignità
personale dell'uomo e della donna, che nel
matrimonio si donano con un amore totale e
perciò stesso unico ed esclusivo. Come
scrive il Concilio Vaticano II: «L'unità del
matrimonio confermata dal Signore appare in
maniera lampante anche dalla uguale dignità
personale sia dell'uomo che della donna, che
deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno
amore» («Gaudium et Spes», 49; cfr. Giovanni
Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4
[Kinshasa, 3 maggio 1980]; l. c.).
Una comunione indissolubile
20.
La comunione coniugale si caratterizza non
solo per la sua unità, ma anche per la sua
indissolubilità: «Questa intima unione, in
quanto mutua donazione di due persone, come
pure il bene dei figli, esigono la piena
fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l'indissolubile unità» («Gaudium et Spes»,
48).
E'
dovere fondamentale della Chiesa riaffermare
con forza - come hanno fatto i Padri del
Sinodo - la dottrina dell'indissolubilità
del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni,
ritengono difficile o addirittura
impossibile legarsi ad una persona per tutta
la vita e a quanti sono travolti da una
cultura che rifiuta l'indissolubilità
matrimoniale e che deride apertamente
l'impegno degli sposi alla fedeltà, è
necessario ribadire il lieto annuncio della
definitività di quell'amore coniugale, che
ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua
forza (cfr. Ef 5,25).
Radicata nella personale e totale donazione
dei coniugi e richiesta dal bene dei figli,
l'indissolubilità del matrimonio trova la
sua verità ultima nel disegno che Dio ha
manifestato nella sua Rivelazione. Egli
vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale
come frutto, segno ed esigenza dell'amore
assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e
che il Signore Gesù vive verso la sua
Chiesa.
Cristo rinnova il primitivo disegno che il
Creatore ha iscritto nel cuore dell'uomo e
della donna, e nella celebrazione del
sacramento del matrimonio offre un «cuore
nuovo»: così i coniugi non solo possono
superare la «durezza del cuore» (Mt 19,8),
ma anche e soprattutto possono condividere
l'amore pieno e definitivo di Cristo, nuova
ed eterna Alleanza fatta carne. Come il
Signore Gesù è il «testimone fedele» (Ap
3,14), è il «sì» delle promesse di Dio (cfr.
2Cor 1,20) e quindi la realizzazione suprema
dell'incondizionata fedeltà con cui Dio ama
il suo popolo, così i coniugi cristiani sono
chiamati a partecipare realmente
all'indissolubilità irrevocabile, che lega
Cristo alla Chiesa sua sposa, da Lui amata
sino alla fine (cfr. Gc 13,1).
Il
dono del sacramento è nello stesso tempo
vocazione e comandamento per gli sposi
cristiani, perché rimangano tra loro fedeli
per sempre, al di là di ogni prova e
difficoltà, in generosa obbedienza alla
santa volontà del Signore: «Quello che Dio
ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt
19,6).
Testimoniare l'inestimabile valore
dell'indissolubilità e della fedeltà
matrimoniale è uno dei doveri più preziosi e
più urgenti delle coppie cristiane del
nostro tempo. Per questo, insieme con tutti
i confratelli che hanno preso parte al
Sinodo dei Vescovi, lodo e incoraggio tutte
quelle numerose coppie che, pur incontrando
non lievi difficoltà, conservano e
sviluppano il bene dell'indissolubilità:
assolvono così, in modo umile e coraggioso,
il compito loro affidato di essere nel mondo
un «segno» - un piccolo e prezioso segno,
talvolta sottoposto anche a tentazione, ma
sempre rinnovato - dell'instancabile fedeltà
con cui Dio e Gesù Cristo amano tutti gli
uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche
riconoscere il valore della testimonianza di
quei coniugi che, pur essendo stati
abbandonati dal partner, con la forza della
fede e della speranza cristiana non sono
passati ad una nuova unione: anche questi
coniugi danno un'autentica testimonianza di
fedeltà, di cui il mondo oggi ha grande
bisogno. Per tale motivo devono essere
incoraggiati e aiutati dai pastori e dai
fedeli della Chiesa.
La più ampia comunione della famiglia
21.
La comunione coniugale costituisce il
fondamento sul quale si viene edificando la
più ampia comunione della famiglia, dei
genitori e dei figli, dei fratelli e delle
sorelle tra loro, dei parenti e di altri
familiari.
Tale comunione si radica nei legami naturali
della carne e del sangue, e si sviluppa
trovando il suo perfezionamento propriamente
umano nell'instaurarsi e nel maturare dei
legami ancora più profondi e ricchi dello
spirito: l'amore, che anima i rapporti
interpersonali dei diversi membri della
famiglia, costituisce la forza interiore che
plasma e vivifica la comunione e la comunità
familiare.
La
famiglia cristiana è poi chiamata a fare
l'esperienza di una nuova e originale
comunione, che conferma e perfeziona quella
naturale e umana. In realtà, la grazia di
Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti
fratelli» (Rm 8,29), è per sua natura e
interiore dinamismo una «grazia di
fraternità», come la chiama san Tommaso
d'Aquino («Summa Theologiae», II· II··, 14,
2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella
celebrazione dei sacramenti, è la radice
viva e l'alimento inesauribile della
soprannaturale comunione che raccoglie e
vincola i credenti con Cristo e tra loro
nell'unità della Chiesa di Dio. Una
rivelazione e attuazione specifica della
comunione ecclesiale è costituita dalla
famiglia cristiana, che anche per questo può
e deve dirsi «Chiesa domestica» («Lumen
Gentium», 11; cfr. «Apostolicam
Actuositatem», 11).
Tutti i membri della famiglia, ognuno
secondo il proprio dono, hanno la grazia e
la responsabilità di costruire, giorno per
giorno, la comunione delle persone, facendo
della famiglia una «scuola di umanità più
completa e più ricca»: («Gaudium et Spes»,
52) è quanto avviene con la cura e l'amore
verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani;
col servizio reciproco di tutti i giorni;
con la condivisione dei beni, delle gioie e
delle sofferenze.
Un
momento fondamentale per costruire una
simile comunione è costituito dallo scambio
educativo tra genitori e figli (cfr. Ef
6,1-4; Col 3,20s), nel quale ciascuno dà e
riceve. Mediante l'amore, il rispetto,
l'obbedienza verso i genitori, i figli
portano il loro specifico e insostituibile
contributo all'edificazione di una famiglia
autenticamente umana e cristiana («Gaudium
et Spes», 48). In questo saranno facilitati,
se i genitori eserciteranno la loro
irrinunciabile autorità come un vero e
proprio «ministero», ossia come un servizio
ordinato al bene umano e cristiano dei
figli, e in particolare ordinato a far loro
acquistare una libertà veramente
responsabile, e se i genitori manterranno
viva la coscienza del «dono», che
continuamente ricevono dai figli.
La
comunione familiare può essere conservata e
perfezionata solo con un grande spirito di
sacrificio. Esige, infatti, una pronta e
generosa disponibilità di tutti e di
ciascuno alla comprensione, alla tolleranza,
al perdono, alla riconciliazione. Nessuna
famiglia ignora come l'egoismo, il
disaccordo, le tensioni, i conflitti
aggrediscano violentemente e a volte
colpiscano mortalmente la propria comunione:
di qui le molteplici e varie forme di
divisione nella vita familiare. Ma, nello
stesso tempo, ogni famiglia è sempre
chiamata dal Dio della pace a fare
l'esperienza gioiosa e rinnovatrice della
«riconciliazione» cioè della comunione
ricostruita, dell'unità ritrovata. In
particolare la partecipazione al sacramento
della riconciliazione e al banchetto
dell'unico Corpo di Cristo offre alla
famiglia cristiana la grazia e la
responsabilità di superare ogni divisione e
di camminare verso la piena verità della
comunione voluta da Dio, rispondendo così al
vivissimo desiderio del Signore: che «tutti
siano una sola cosa» (Gv 17,21).
Diritti e compiti della donna
22.
In quanto è, e deve sempre diventare,
comunione e comunità di persone, la famiglia
trova nell'amore la sorgente e la spinta
incessante per accogliere, rispettare e
promuovere ciascuno dei suo membri
nell'altissima dignità di persone, e cioè di
immagini viventi di Dio. Come hanno
giustamente affermato i Padri Sinodali, il
criterio morale dell'autenticità delle
relazioni coniugali e familiari consiste
nella promozione della dignità e vocazione
delle singole persone, le quali si ritrovano
nella loro pienezza mediante il dono sincero
di se stesse (cfr. «Gaudium et Spes», 24).
In
questa prospettiva, il Sinodo ha voluto
riservare una privilegiata attenzione alla
donna, ai suoi diritti e compiti nella
famiglia e nella società. Nella stessa
prospettiva vanno considerati anche l'uomo
come sposo e padre, il bambino e gli
anziani.
Della donna è da rilevare, anzitutto,
l'eguale dignità e responsabilità rispetto
all'uomo: tale uguaglianza trova una
singolare forma di realizzazione nella
reciproca donazione di sé all'altro e di
ambedue ai figli, propria del matrimonio e
della famiglia. Quanto la stessa ragione
umana intuisce e riconosce, viene rivelato
in pienezza dalla Parola di Dio: la storia
della salvezza, infatti, è una continua e
luminosa testimonianza della dignità della
donna.
Creando l'uomo «maschio e femmina (Gen
1,27), Dio dona la dignità personale in
eguale modo all'uomo e alla donna,
arricchendoli dei diritti inalienabili e
delle responsabilità che sono proprie della
persona umana. Dio poi manifesta nella forma
più alta possibile la dignità della donna
assumendo Egli stesso la carne umana da
Maria Vergine che la Chiesa onora come Maria
Madre di Dio, chiamandola nuova Eva e
proponendola come modello della donna
redenta. Il delicato rispetto di Gesù verso
le donne che ha chiamato alla sua sequela ed
alla sua amicizia, la sua apparizione il
mattino di Pasqua ad una donna prima che
agli altri discepoli, la missione affidata
alle donne di portare la buona novella della
Resurrezione agli apostoli, sono tutti segni
che confermano la stima speciale del Signore
Gesù verso la donna. Dirà l'apostolo Paolo:
«Tutti voi siete figli di Dio per la fede in
Cristo Gesù... Non c'è più giudeo né greco;
non c'è più schiavo né libero; non c'è più
uomo ne donna, poiché tutti voi siete uno in
Cristo Gesù)» (Gal 3,26.28).
Donna e società
23.
Senza entrare ora a trattare nei suoi vari
aspetti l'ampio e complesso tema dei
rapporti donna-società, ma limitando il
discorso ad alcuni rilievi essenziali, non
si può non osservare come nel campo più
specificamente familiare un'ampia e diffusa
tradizione sociale e culturale abbia voluto
riservare alla donna solo il compito di
sposa e madre, senza aprirla adeguatamente
ai compiti pubblici, in genere riservati
all'uomo.
Non
c'è dubbio che l'uguale dignità e
responsabilità dell'uomo e della donna
giustifichino pienamente l'accesso della
donna ai compiti pubblici. D'altra parte la
vera promozione della donna esige pure che
sia chiaramente riconosciuto il valore del
suo compito materno e familiare nei
confronti di tutti gli altri compiti
pubblici e di tutte le altre professioni.
Del resto, tali compiti e professioni devono
tra loro integrarsi se si vuole che
l'evoluzione sociale e culturale sia
veramente e pienamente umana.
Ciò
risulterà più facile se, come il Sinodo ha
auspicato, una rinnovata «teologia del
lavoro» porrà in luce e approfondirà il
significato del lavoro nella vita cristiana
e determinerà il fondamentale legame che
esiste tra il lavoro e la famiglia, e, di
conseguenza, il significato originale ed
insostituibile del lavoro della casa e
dell'educazione dei figli («Laborem
Exercens», 19). Pertanto la Chiesa può e
deve aiutare la società attuale, chiedendo
instancabilmente che sia da tutti
riconosciuto e onorato nel suo valore
insostituibile il lavoro della donna in
casa. Ciò è di particolare importanza
nell'opera educativa: viene eliminata,
infatti, la radice stessa della possibile
discriminazione tra i diversi lavori e
professioni, una volta che risulti
chiaramente come tutti, in ogni campo, si
impegnino con identico diritto e con
identica responsabilità. Apparirà così più
splendida l'immagine di Dio nell'uomo e
nella donna.
Se
dev'essere riconosciuto anche alle donne,
come agli uomini, il diritto di accedere ai
diversi compiti pubblici, la società deve
però strutturarsi in maniera tale che le
spose e le madri non siano difatto costrette
a lavorare fuori casa e che le loro famiglie
possano dignitosamente vivere e prosperare,
anche se esse si dedicano totalmente alla
propria famiglia.
Si
deve inoltre superare la mentalità secondo
la quale l'onore della donna deriva più dal
lavoro esterno che dall'attività familiare.
Ma ciò esige che gli uomini stimino ed amino
veramente la donna con ogni rispetto della
sua dignità personale, e che la società crei
e sviluppi le condizioni adatte per il
lavoro domestico.
La
Chiesa, col dovuto rispetto per la diversa
vocazione dell'uomo e della donna, deve
promuovere nella misura del possibile nella
sua stessa vita la loro uguaglianza di
diritti e di dignità: e questo per il bene
di tutti, della famiglia, della società e
della Chiesa.
E'
evidente però che tutto questo significa per
la donna non la rinuncia alla sua
femminilità né l'imitazione del carattere
maschile, ma la pienezza della vera umanità
femminile quale deve esprimersi nel suo
agire, sia in famiglia sia al di fuori di
essa, senza peraltro dimenticare in questo
campo la varietà dei costumi e delle
culture.
Offese alla dignità della donna
24.
Purtroppo il messaggio cristiano sulla
dignità della donna viene contraddetto da
quella persistente mentalità che considera
l'essere umano non come persona, ma come
cosa, come oggetto di compravendita, al
servizio dell'interesse egoistico e del solo
piacere: e prima vittima di tale mentalità è
la donna.
Questa mentalità produce frutti assai amari,
come il disprezzo dell'uomo e della donna,
la schiavitù, l'oppressione dei deboli, la
pornografia, la prostituzione - tanto più
quando viene organizzata - e tutte quelle
varie discriminazioni che si incontrano
nell'ambito dell'educazione, della
professione, della retribuzione del lavoro,
ecc.
Inoltre, ancora oggi, in gran parte della
nostra società, permangono molte forme di
avvilente discriminazione che colpiscono ed
offendono gravemente alcune categorie
particolari di donne, come ad esempio, le
spose che non hanno figli, le vedove, le
separate, le divorziate, le madri-nubili.
Queste ed altre discriminazioni sono state
deplorate dai Padri Sinodali con tutta la
forza possibile: chiedo pertanto che da
parte di tutti si svolga un'azione pastorale
specifica più vigorosa ed incisiva, affinché
esse siano definitivamente vinte, così da
giungere alla stima piena dell'immagine di
Dio che risplende in tutti gli essere umani,
nessuno escluso.
L'uomo sposo e padre
25.
Entro la comunione-comunità coniugale e
familiare, l'uomo è chiamato a vivere il suo
dono e compito di sposo e di padre.
Egli vede nella sposa il compiersi del
disegno di Dio: «Non è bene che l'uomo sia
solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile» (Gen 2,18), e fa sua l'esclamazione
di Adamo, il primo sposo: «Questa volta essa
è carne dalla mia carne e osso dalle mie
ossa» (Ibid. 2,23).
L'autentico amore coniugale suppone ed esige
che l'uomo porti profondo rispetto per
l'eguale dignità della donna: «Non sei il
suo padrone - scrive san Ambrogio - bensì il
suo marito; non ti è stata data schiava, ma
in moglie... Ricambia a lei le sue
attenzioni verso di te e sii ad essa grato
del suo amore» («Exameron», V,7,19: CSEL
32,I,154). Con la sposa l'uomo deve vivere
«una forma tutta speciale di amicizia
personale» (Paolo PP. VI, «Humanae Vitae»,
9). Il cristiano poi è chiamato a sviluppare
un atteggiamento di amore nuovo,
manifestando verso la propria sposa la
carità delicata e forte che Cristo ha per la
Chiesa (cfr. Ef 5,25).
L'amore alla sposa diventata madre e l'amore
ai figli sono per l'uomo la strada naturale
per la comprensione e la realizzazione della
sua paternità. Soprattutto là dove le
condizioni sociali e culturali spingono
facilmente il padre ad un certo disimpegno
rispetto alla famiglia o comunque ad una sua
minor presenza nell'opera educativa, è
necessario adoperarsi perché si recuperi
socialmente la convinzione che il posto e il
compito del padre nella e per la famiglia
sono di un'importanza unica e insostituibile
(cfr. Giovanni Paolo PP. II, Omelia ai
fedeli di Terni, 3-5 [19 Marzo 1981]: ASS 73
[1981], 268-271). Come l'esperienza insegna,
l'assenza del padre provoca squilibri
psicologici e morali e difficoltà notevoli
nelle relazioni familiari, come pure, in
circostanze opposte, la presenza oppressiva
del padre, specialmente là dove e ancora in
atto il fenomeno del «machismo», ossia della
superiorità abusiva delle prerogative
maschili che umiliano la donna e inibiscono
lo sviluppo di sane relazioni familiari.
Rivelando e rivivendo in terra la stessa
paternità di Dio (cfr. Ef 3,15), l'uomo è
chiamato a garantire lo sviluppo unitario di
tutti i membri della famiglia: assolverà a
tale compito mediante una generosa
responsabilità per la vita concepita sotto
il cuore della madre, un impegno educativo
più sollecito e condiviso con la propria
sposa (cfr. «Gaudium et Spes», 52), un
lavoro che non disgreghi mai la famiglia ma
la promuova nella sua compattezza e
stabilità, una testimonianza di vita
cristiana adulta, che introduca più
evidentemente i figli nell'esperienza viva
di Cristo e della Chiesa.
I diritti del bambino
26.
Nella famiglia, comunità di persone, deve
essere riservata una specialissima
attenzione al bambino, sviluppando una
profonda stima per la sua dignità personale,
come pure un grande rispetto ed un generoso
servizio per i suoi diritti. Ciò vale di
ogni bambino, ma acquista una singolare
urgenza quanto più il bambino è piccolo e
bisognoso di tutto, malato, sofferente o
handicappato.
Sollecitando e vivendo una premura tenera e
forte per ogni bambino che viene in questo
mondo, la Chiesa adempie una sua
fondamentale missione: è chiamata, infatti,
a rivelare e a riproporre nella storia
l'esempio e il comandamento di Cristo
Signore, che ha voluto porre il bambino al
centro del Regno di Dio: «Lasciate che i
bambini vengano a me... perché a chi è come
loro appartiene il regno di Dio» (Lc 18,16;
cfr. Mt 19,14; Mc 10,14).
Ripeto nuovamente quanto ho detto
all'assemblea generale delle Nazioni Unite
il 2 ottobre 1979: «Desidero... esprimere la
gioia che per ognuno di noi costituiscono i
bambini, primavera della vita, anticipo
della storia futura di ognuna delle presenti
patrie terrene. Nessun paese del mondo,
nessun sistema politico può pensare al
proprio avvenire se non attraverso
l'immagine di queste nuove generazioni che
dai loro genitori assumeranno il molteplice
patrimonio dei valori, dei doveri e delle
aspirazioni della nazione alla quale
appartengono e di tutta la famiglia umana.
La sollecitudine per il bambino ancora prima
della sua nascita, dal primo momento della
concezione e, in seguito, negli anni
dell'infanzia e della giovinezza, è la
primaria e fondamentale verifica della
relazione dell'uomo all'uomo. E perciò, che
cosa di più si potrebbe augurare a ogni
nazione e a tutta l'umanità, a tutti i
bambini del mondo se non quel migliore
futuro in cui il rispetto dei diritti
dell'uomo diventi piena realtà nelle
dimensioni del duemila che si avvicina?» (2
Ottobre 1979).
L'accoglienza, l'amore, la stima, il
servizio molteplice ed unitario - materiale,
affettivo, educativo, spirituale - per ogni
bambino che viene in questo mondo dovranno
costituire sempre una nota distintiva
irrinunciabile dei cristiani, in particolare
delle famiglie cristiane: così i bambini,
mentre potranno crescere «in sapienza, età e
grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc
2,52), porteranno il loro prezioso
contributo all'edificazione della comunità
familiare e alla stessa santificazione dei
genitori (cfr. «Gaudium et Spes», 48).
Gli anziani in famiglia
27.
Ci sono culture che manifestano una
singolare venerazione ed un grande amore per
l'anziano: lungi dall'essere estromesso
dalla famiglia o dall'essere sopportato come
un peso inutile, l'anziano ridervi parte
attiva e responsabile - pur dovendo
rispettare l'autonomia della nuova famiglia
- e soprattutto svolge la preziosa missione
di testimone del passato e di ispiratore di
saggezza per i giovani e per l'avvenire.
Altre culture, invece, specialmente in
seguito ad un disordinato sviluppo
industriale ed urbanistico, hanno condotto e
continuano a condurre gli anziani a forme
inaccettabili di emarginazione, che sono
fonte ad un tempo di acute sofferenze per
loro stessi e di impoverimento spirituale
per tante famiglie.
E'
necessario che l'azione pastorale della
Chiesa stimoli tutti a scoprire e a
valorizzare i compiti degli anziani nella
comunità civile ed ecclesiale, e in
particolare nella famiglia. In realtà, «la
vita degli anziani ci aiuta a far luce sulla
scala dei valori umani; fa vedere la
continuità delle generazioni e
meravigliosamente dimostra l'interdipendenza
del Popolo di Dio. Gli anziani inoltre hanno
il carisma di oltrepassare le barriere fra
le generazioni, prima che queste insorgano.
Quanti bambini hanno trovato comprensione e
amore negli occhi, nelle parole e nelle
carezze degli anziani! E quante persone
anziane hanno volentieri sottoscritto le
ispirate parole bibliche che «corona dei
vecchi sono i figli dei figli» (Pr 17,6)
(Giovanni Paolo PP. II Discorso ai
partecipanti all'«International Forum on
Active Aging» 5 [5 Settembre 1980]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 539).
II. Il servizio della vita
1) La trasmissione della vita
Cooperatori dell'amore di Dio Creatore
28.
Con la creazione dell'uomo e della donna a
sua immagine e somiglianza, Dio corona e
porta a perfezione l'opera delle sue mani:
Egli li chiama ad una speciale
partecipazione del suo amore ed insieme del
suo potere di Creatore e di Padre, mediante
la loro libera e responsabile cooperazione a
trasmettere il dono della vita umana: «Dio
li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela"» (Gen 1,28).
Così il compito fondamentale della famiglia
è il servizio alla vita, il realizzare lungo
la storia la benedizione originaria del
Creatore, trasmettendo nella generazione
l'immagine divina da uomo a uomo (cfr. ibid.
5,1ss).
La
fecondità è il frutto e il segno dell'amore
coniugale, la testimonianza viva della piena
donazione reciproca degli sposi «II vero
culto dell'amore coniugale e tutta la
struttura familiare che ne nasce senza
trascurare gli altri fini del matrimonio, a
questo tendono, che i coniugi, con fortezza
d'animo siano disposti a cooperare con
l'amore del Creatore e del Salvatore, che
attraverso di loro continuamente dilata e
arricchisce la sua famiglia» («Gaudium et
Spes», 50).
La
fecondità dell'amore coniugale non si
restringe però alla sola procreazione dei
figli, sia pure intesa nella sua dimensione
specificamente umana: si allarga e si
arricchisce di tutti quei frutti di vita
morale, spirituale e soprannaturale che il
padre e la madre sono chiamati a donare ai
figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al
mondo.
La dottrina e la norma sempre antiche e
sempre nuove della Chiesa
29.
Proprio perché l'amore dei coniugi è una
singolare partecipazione al mistero della
vita e dell'amore di Dio stesso, la Chiesa
sa di aver ricevuto la missione speciale di
custodire e di proteggere l'altissima
dignità del matrimonio e la gravissima
responsabilità della trasmissione della vita
umana.
Così, in continuità con la tradizione viva
della comunità ecclesiale lungo la storia,
il recente Concilio Vaticano II e il
magistero del mio predecessore Paolo VI,
espresso soprattutto nell'enciclica «Humanae
Vitae», hanno trasmesso ai nostri tempi un
annuncio veramente profetico, che riafferma
e ripropone con chiarezza la dottrina e la
norma sempre antiche e sempre nuove della
Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione
della vita umana.
Per
questo, nella loro ultima assemblea, i Padri
Sinodali hanno testualmente dichiarato:
«Questo Sacro Sinodo, riunito nell'unità
della fede col successore di Pietro,
fermamente mantiene ciò che nel Concilio
Vaticano II (cfr. «Gaudium et Spes», 50) e,
in seguito, nell'enciclica «Humanae Vitae»
viene proposto, e in particolare che l'amore
coniugale deve essere pienamente umano,
esclusivo e aperto alla nuova vita
(Propositio 22. La conclusione del n. 11
dell'enciclica «Humanae Vitae» così afferma:
«Richiamando gli uomini all'osservanza delle
norme della legge naturale interpreta dalla
sua costante dottrina, la Chiesa insegna che
qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere
aperto alla trasmissione della vita» AAS 60
[1968] 488).
La Chiesa sta dalla parte della vita
30.
La dottrina della Chiesa si colloca oggi in
una situazione sociale e culturale, che la
rende ad un tempo più difficile da
comprendere e più urgente ed insostituibile
per promuovere il vero bene dell'uomo e
della donna.
Infatti, il progresso scientifico-tecnico,
che l'uomo contemporaneo accresce di
continuo nel suo dominio sulla natura, non
sviluppa solo la speranza di creare una
nuova e migliore umanità, ma anche
un'angoscia sempre più profonda circa il
futuro. Alcuni si domandano se sia bene
vivere o se non sia meglio neppure essere
nati; dubitano, se sia lecito chiamare altri
alla vita, i quali forse malediranno la
propria esistenza in un mondo crudele, i cui
terrori non sono neppure prevedibili. Altri
pensano di essere gli unici destinatari dei
vantaggi della tecnica ed escludono gli
altri, ai quali vengono imposti mezzi
contraccettivi o metodi ancor peggiori.
Altri ancora, imprigionati come sono dalla
mentalità consumistica e con l'unica
preoccupazione di un continuo aumento di
beni materiali, finiscono per non
comprendere più e quindi per rifiutare la
ricchezza spirituale di una nuova vita
umana. La ragione ultima di queste mentalità
è l'assenza, nel cuore degli uomini di Dio,
il cui amore soltanto è più forte di tutte
le possibile paure del mondo e le può
vincere.
E'
nata così una mentalità contro la vita
(anti-life mentality), come emerge in molte
questioni attuali: si pensi, ad esempio, a
un certo panico derivato dagli studi degli
ecologi e dei futurologi sulla demografia,
che a volte esagerano il pericolo
dell'incremento demografico per la qualità
della vita.
Ma
la Chiesa fermamente crede che la vita
umana, anche se debole e sofferente, è
sempre uno splendido dono del Dio della
bontà. Contro il pessimismo e l'egoismo, che
oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte
della vita: e in ciascuna vita umana sa
scoprire lo splendore di quel «Sì», di
quell'«Amen», che è Cristo stesso (cfr. 2Cor
1,19; Ap 3,14). Al «no» che invade ed
affligge il mondo, contrappone questo
vivente «Sì», difendendo in tal modo l'uomo
e il mondo da quanti insidiano e mortificano
la vita.
La
Chiesa è chiamata a manifestare nuovamente a
tutti, con un più chiaro e fermo
convincimento, la sua volontà di promuovere
con ogni mezzo e di difendere contro ogni
insidia la vita umana, in qualsiasi
condizione e stadio di sviluppo si trovi.
Per
questo la Chiesa condanna come grave offesa
della dignità umana e della giustizia tutte
quelle attività dei governi o di altre
autorità pubbliche, che tentano di limitare
in qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel
decidere dei figli. Di conseguenza qualsiasi
violenza esercitata da tali autorità in
favore della contraccezione e persino della
sterilizzazione e dell'aborto procurato e
del tutto da condannare e da respingere con
forza. Allo stesso modo è da esecrare come
gravemente ingiusto il fatto che nelle
relazioni internazionali l'aiuto economico
concesso per la promozione dei popoli venga
condizionato a programmi di contraccezione,
sterilizzazione e aborto procurato (cfr.
Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi alle
Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo,
5 [24 Ottobre 1980]).
Perché il progetto divino sia sempre più
pienamente attuato
31.
La Chiesa è certamente consapevole anche dei
molteplici e complessi problemi, che oggi in
molti Paesi coinvolgono i coniugi nel loro
compito di trasmettere responsabilmente la
vita. Riconosce pure il grave problema
dell'incremento demografico, come si
configura in varie parti del mondo, con le
implicazioni morali che esso comporta.
Essa ritiene, tuttavia, che una approfondita
considerazione di tutti gli aspetti di tali
problemi offra una nuova e più forte
conferma dell'importanza della dottrina
autentica circa la regolazione della
natalità, riproposta nel Concilio Vaticano
II e nell'enciclica «Humanae Vitae».
Per
questo, insieme con i Padri del Sinodo,
sento il dovere di rivolgere un pressante
invito ai teologi, affinché, unendo le loro
forze per collaborare col Magistero
gerarchico, si impegnino a porre sempre
meglio in luce i fondamenti biblici, le
motivazioni etiche e le ragioni
personalistiche di questa dottrina. Sarà
così possibile, nel contesto di
un'esposizione organica, rendere la dottrina
della Chiesa su questo importante capitolo
veramente accessibile a tutti gli uomini di
buona volontà, favorendone la comprensione
ogni giorno più luminosa e profonda in tal
modo il progetto divino potrà essere sempre
più pienamente attuato per la salvezza
dell'uomo e per la gloria del Creatore.
A
questo riguardo, il concorde impegno dei
teologi, ispirato da convinta adesione al
Magistero, che è l'unica guida autentica del
Popolo di Dio, presenta particolare urgenza
anche in ragione dell'intimo legame che
esiste tra la dottrina cattolica su questo
punto e la visione dell'uomo che la Chiesa
propone: dubbi o errori nel campo
matrimoniale o familiare comportano un grave
oscurarsi della verità integrale sull'uomo
in una situazione culturale già così spesso
confusa e contraddittoria. Il contributo di
illuminazione e di approfondimento, che i
teologi sono chiamati ad offrire in
adempimento del loro compito specifico, ha
un valore incomparabile e rappresenta un
servizio singolare, altamente meritorio,
alla famiglia e all'umanità.
Nella visione integrale dell'uomo e della
sua vocazione
32.
Nel contesto di una cultura che gravemente
deforma o addirittura smarrisce il vero
significato della sessualità umana, perché
la sradica dal suo essenziale riferimento
alla persona, la Chiesa sente più urgente e
insostituibile la sua missione di presentare
la sessualità come valore e compito di tutta
la persona creata, maschio e femmina, ad
immagine di Dio.
In
questa prospettiva il Concilio Vaticano II
ha chiaramente affermato che «quando si
tratta di comporre l'amore coniugale con la
trasmissione responsabile della vita, il
carattere morale del comportamento non
dipende solo dalla sincera intenzione e
dalla valutazione dei motivi, ma va
determinato da criteri oggettivi, che hanno
il loro fondamento nella natura stessa della
persona umana e dei suoi atti e sono
destinati a mantenere in un contesto di vero
amore l'integro senso della mutua donazione
e della procreazione umana; e tutto ciò non
sarà possibile se non venga coltivata con
sincero animo la virtù della castità
coniugale» («Gaudium et Spes», 51).
E'
proprio movendo dalla «visione integrale
dell'uomo e della sua vocazione, non solo
naturale e terrena, ma anche soprannaturale
ed eterna» (Paolo PP. VI, «Humanae Vitae»,
7), che Paolo VI ha affermato che la
dottrina della Chiesa «è fondata sulla
connessione inscindibile, che Dio ha voluto
e che l'uomo non può rompere di sua
iniziativa, tra i due significati dell'atto
coniugale: il significato unitivo e il
significato procreativo» (Ibid. 12). Ed ha
concluso ribadendo che è da escludere come
intrinsecamente disonesta «ogni azione che,
o in previsione dell'atto coniugale, o nel
suo compimento, o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali, si proponga, come
scopo o come mezzo, di rendere impossibile
la procreazione» (Ibid. 14).
Quando i coniugi, mediante il ricorso alla
contraccezione, scindono questi due
significati che Dio Creatore ha inscritti
nell'essere dell'uomo e della donna e nel
dinamismo della loro comunione sessuale, si
comportano come «arbitri» del disegno divino
e «manipolano» e avviliscono la sessualità
umana, e con essa la persona propria e del
coniuge, alterandone il valore di donazione
«totale». Così, al linguaggio nativo che
esprime la reciproca donazione totale dei
coniugi, la contraccezione impone un
linguaggio oggettivamente contraddittorio,
quello cioè del non donarsi all'altro in
totalità: ne deriva, non soltanto il
positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma
anche una falsificazione dell'interiore
verità del personale.
Quando invece i coniugi, mediante il ricorso
a periodi di infecondità, rispettano la
connessione inscindibile dei significati
unitivo e procreativo della sessualità
umana, si comportano come «ministri» del
disegno di Dio ed «usufruiscono» della
sessualità secondo l'originario dinamismo
della donazione «totale», senza
manipolazioni ed alterazioni (Ibid 13).
Alla luce della stessa esperienza di tante
coppie di sposi e dei dati delle diverse
scienze umane, la riflessione teologica può
cogliere ed è chiamata ad approfondire la
differenza antropologica e al tempo stesso
morale, che esiste tra la contraccezione e
il ricorso ai ritmi temporali: si tratta di
una differenza assai più vasta e profonda di
quanto abitualmente non si pensi e che
coinvolge in ultima analisi due concezioni
della persona e della sessualità umana tra
loro irriducibili. La scelta dei ritmi
naturali comporta l'accettazione del tempo
della persona, cioè della donna, e con ciò
l'accettazione anche del dialogo, del
rispetto reciproco, della comune
responsabilità, del dominio di sé.
Accogliere poi il tempo e il dialogo
significa riconoscere il carattere insieme
spirituale e corporeo della comunione
coniugale, come pure vivere l'amore
personale nella sua esigenza di fedeltà. In
questo contesto la coppia fa l'esperienza
che la comunione coniugale viene arricchita
di quei valori di tenerezza e di
affettività, i quali costituiscono l'anima
profonda della sessualità umana, anche nella
sua dimensione fisica. In tal modo la
sessualità viene rispettata e promossa nella
sua dimensione veramente e pienamente umana,
non mai invece «usata» come un «oggetto»
che, dissolvendo l'unità personale di anima
e corpo, colpisce la stessa creazione di Dio
nell'intreccio più intimo tra natura e
persona.
La Chiesa Maestra e Madre per i coniugi
in difficoltà
33.
Anche nel campo della morale coniugale la
Chiesa è ed agisce come Maestra e Madre.
Come Maestra, essa non si stanca di
proclamare la norma morale che deve guidare
la trasmissione responsabile della vita. Di
tale norma la Chiesa non è affatto né
l'autrice né l'arbitra. In obbedienza alla
verità, che è Cristo, la cui immagine si
riflette nella natura e nella dignità della
persona umana, la Chiesa interpreta la norma
morale e la propone a tutti gli uomini di
buona volontà, senza nasconderne le esigenze
di radicalità e di perfezione.
Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle
molte coppie di sposi che si trovano in
difficoltà su questo importante punto della
vita morale: conosce bene la loro
situazione, spesso molto ardua e a volte
veramente tormentata da difficoltà di ogni
genere, non solo individuali ma anche
sociali; sa che tanti coniugi incontrano
difficoltà non solo per la realizzazione
concreta, ma anche per la stessa
comprensione dei valori insiti nella norma
morale.
Ma
è la stessa ed unica Chiesa ad essere
insieme Maestra e Madre. Per questo la
Chiesa non cessa mai di invitare e di
incoraggiare, perché le eventuali difficoltà
coniugali siano risolte senza mai
falsificare e compromettere la verità: è
infatti convinta che non può esserci vera
contraddizione tra la legge divina del
trasmettere la vita e quella di favorire
l'autentico amore coniugale (cfr. «Gaudium
et Spes«, 51). Per questo, la pedagogia
concreta della Chiesa deve sempre essere
connessa e non mai separata dalla sua
dottrina. Ripeto, pertanto, con la medesima
persuasione del mio predecessore: «Non
sminuire in nulla la salutare dottrina di
Cristo è eminente forma di carità verso le
anime» (Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 29).
D'altra parte l'autentica pedagogia
ecclesiale rivela il suo realismo e la sua
sapienza solo sviluppando un impegno tenace
e coraggioso nel creare e sostenere tutte
quelle condizioni umane - psicologiche,
morali e spirituali - che sono
indispensabili per comprendere e vivere il
valore e la norma morale.
Non
c'è dubbio che tra queste condizioni si
debbano annoverare la costanza e la
pazienza, l'umiltà e la fortezza d'animo, la
filiale fiducia in Dio e nella sua grazia,
il ricorso frequente alla preghiera e ai
sacramenti dell'Eucaristia e della
riconciliazione (cfr. ibid. 25). Così
corroborati, i coniugi cristiani potranno
mantenere viva la coscienza del singolare
influsso che la grazia del sacramento del
matrimonio esercita su tutte le realtà della
vita coniugale, e quindi anche sulla loro
sessualità: il dono dello Spirito, accolto e
corrisposto dai coniugi, li aiuta a vivere
la sessualità umana secondo il piano di Dio
e come segno dell'amore unitivo e fecondo di
Cristo per la sua Chiesa.
Ma
tra le condizioni necessarie rientra anche
la conoscenza della corporeità e dei suoi
ritmi di fertilità. In tal senso bisogna far
di tutto perché una simile conoscenza sia
resa accessibile a tutti i coniugi, e prima
ancora alle persone giovani, mediante
un'informazione ed una educazione chiare,
tempestive e serie, ad opera di coppie, di
medici e di esperti. La conoscenza poi deve
sfociare nell'educazione all'autocontrollo:
di qui l'assoluta necessità della virtù
della castità e della permanente educazione
ad essa. Secondo la visione cristiana, la
castità non significa affatto né rifiuto né
disistima della sessualità umana: significa
piuttosto energia spirituale, che sa
difendere l'amore dai pericoli dell'egoismo
e dell'aggressività e sa promuoverlo verso
la sua piena realizzazione.
Paolo VI, con profondo intuito di sapienza e
di amore, altro non ha fatto che dare voce
all'esperienza di tante coppie di sposi
quando ha scritto nella sua enciclica: «il
dominio dell'istinto mediante la ragione e
la libera volontà, impone indubbiamente una
ascesi, affinché le manifestazioni affettive
della vita coniugale siano secondo il retto
ordine e in particolare per l'osservanza
della continenza periodica. Ma questa
disciplina, propria della purezza degli
sposi, ben lungi dal nuocere all'amore
coniugale, gli conferisce invece un più alto
valore umano. Esige un continuo sforzo, ma
grazie al suo benefico influsso i coniugi
sviluppano integralmente la loro personalità
arricchendosi di valori spirituali: essa
apporta alla vita familiare frutti di
serenità e di pace e agevola la soluzione di
altri problemi; favorisce l'attenzione verso
l'altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire
l'egoismo, nemico del vero amore, ed
approfondisce il loro senso di
responsabilità nel compimento dei loro
doveri. I genitori acquistano con essa la
capacità di un influsso più profondo ed
efficace per l'educazione dei figli» («Humanae
Vitae», 21).
L'itinerario morale degli sposi
34.
E' sempre di grande importanza possedere una
retta concezione dell'ordine morale, dei
suoi valori e delle sue norme: l'importanza
cresce, quando più numerose e gravi si fanno
le difficoltà a rispettarli.
Proprio perché rivela e propone il disegno
di Dio Creatore, l'ordine morale non può
essere qualcosa di mortificante per l'uomo e
di impersonale; al contrario, rispondendo
alle esigenze più profonde dell'uomo creato
da Dio, si pone al servizio della sua piena
umanità, con l'amore delicato e vincolante
con cui Dio stesso ispira, sostiene e guida
ogni creatura verso la sua felicità.
Ma
l'uomo, chiamato a vivere responsabilmente
il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un
essere storico, che si costruisce giorno per
giorno, con le sue numerose libere scelte:
per questo egli conosce ama e compie il bene
morale secondo tappe di crescita.
Anche i coniugi, nell'ambito della loro vita
morale, sono chiamati ad un incessante
cammino, sostenuti dal desiderio sincero e
operoso di conoscere sempre meglio i valori
che la legge divina custodisce e promuove, e
dalla volontà retta e generosa di incarnarli
nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia,
non possono guardare alla legge solo come ad
un puro ideale da raggiungere in futuro, ma
debbono considerarla come un comando di
Cristo Signore a superare con impegno le
difficoltà. «Perciò la cosiddetta "legge
della gradualità", o cammino graduale, non
può identificarsi con la "gradualità della
legge", come se ci fossero vari gradi e
varie forme di precetto nella legge divina
per uomini e situazioni diverse. Tutti i
coniugi, secondo il disegno divino, sono
chiamati alla santità nel matrimonio e
questa alta vocazione si realizza in quanto
la persona umana è in grado di rispondere al
comando divino con animo sereno, confidando
nella grazia divina e nella propria volontà»
(Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la
conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25
Ottobre 1980]: ASS 72 [1980] 1083). In
questa stessa linea, rientra nella pedagogia
della Chiesa che i coniugi anzitutto
riconoscano chiaramente la dottrina della
«Humanae Vitae» come normativa per
l'esercizio della loro sessualità, e
sinceramente si impegnino a porre le
condizioni necessarie per osservare questa
norma.
Questa pedagogia, come ha rilevato il
Sinodo, comprende tutta la vita coniugale.
Per questo il compito di trasmettere la vita
deve essere integrato nella missione globale
dell'intera vita cristiana, la quale senza
la croce non può giungere alla risurrezione.
In simile contesto si comprende come non si
possa togliere il sacrificio dalla vita
familiare, anzi si debba accettare di cuore,
perché l'amore coniugale si approfondisca e
diventi fonte di intima gioia.
Questo comune cammino esige riflessione,
informazione, idonea educazione dei
sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che
sono impegnati nella pastorale familiare:
tutti costoro potranno aiutare i coniugi nel
loro itinerario umano e spirituale, che
comporta la coscienza del peccato, il
sincero impegno di osservare la legge
morale, il ministero della riconciliazione.
E' pure da tenere presente come
nell'intimità coniugale siano implicate le
volontà di due persone, chiamate però ad una
armonia di mentalità e di comportamento: ciò
esige non poca pazienza, simpatia e tempo.
Di singolare importanza in questo campo è
l'unità dei giudizi morali e pastorali dei
sacerdoti: tale unità dev'essere
accuratamente ricercata ed assicurata,
perché i fedeli non abbiano a soffrire
ansietà di coscienza (cfr. Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 28).
Il
cammino dei coniugi sarà dunque facilitato
se, nella stima della dottrina della Chiesa
e nella fiducia verso la grazia di Cristo,
aiutati ed accompagnati dai pastori d'anime
e dall'intera comunità ecclesiale, essi
sapranno scoprire e sperimentare il valore
di liberazione e di promozione dell'amore
autentico, che il Vangelo offre ed il
comandamento del Signore propone.
Suscitare convinzioni e offrire aiuti
concreti
35.
Di fronte al problema di un'onesta
regolazione della natalità, la comunità
ecclesiale, nel tempo presente, deve
assumersi il compito di suscitare
convinzioni e di offrire aiuti concreti per
quanti vogliono vivere la paternità e la
maternità in modo veramente responsabile.
In
questo campo, mentre si compiace dei
risultati raggiunti dalle ricerche
scientifiche per una conoscenza più precisa
dei ritmi di fertilità femminile e stimola
una più decisiva ed ampia estensione di tali
studi, la Chiesa non può non sollecitare con
rinnovato vigore la responsabilità di quanti
- medici, esperti, consulenti coniugali,
educatori, coppie - possono aiutare
effettivamente i coniugi a vivere il loro
amore nel rispetto della struttura e delle
finalità dell'atto coniugale che lo esprime.
Ciò significa un impegno più vasto, decisivo
e sistematico per far conoscere, stimare e
applicare i metodi naturali di regolazione
della fertilità (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison
des Equipes de Recherche», 9 [3 Novembre
1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II»,
II 2 [1979] 1035; cfr. anche Discorso ai
Partecipanti al primo Congresso per la
Famiglia d'Africa e d'Europa (15 Gennaio
1981): «L'Osservatore Romano» (16 Gennaio
1981).
Una
preziosa testimonianza può e deve essere
data da quegli sposi che, mediante l'impegno
comune della continenza periodica, sono
giunti ad una più matura responsabilità
personale di fronte all'amore ed alla vita.
Come scriveva Paolo VI, «ad essi il Signore
affida il compito di rendere visibile agli
uomini la santità e la soavità della legge
che unisce l'amore vicendevole degli sposi
con la loro cooperazione all'amore di Dio
autore della vita umana» («Humanae Vitae»,
25).
2) L'educazione
Il diritto-dovere educativo dei genitori
36.
Il compito dell'educazione affonda le radici
nella primordiale vocazione dei coniugi a
partecipare all'opera creatrice di Dio:
generando nell'amore e per amore una nuova
persona, che in sé ha la vocazione alla
crescita ed allo sviluppo, i genitori si
assumono perciò stesso il compito di
aiutarla efficacemente a vivere una vita
pienamente umana. Come ha ricordato il
Concilio Vaticano II: «I genitori, poiché
hanno trasmesso la vita ai figli, hanno
l'obbligo gravissimo di educare la prole:
vanno pertanto considerati come i primi e
principali educatori di essa. Questa loro
funzione educativa è tanto importante che,
se manca, può appena essere supplita. Tocca
infatti ai genitori creare in seno alla
famiglia quell'atmosfera vivificata
dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso
gli uomini, che favorisce l'educazione
completa dei figli in senso personale e
sociale. La famiglia è dunque la prima
scuola di virtù sociali di cui appunto han
bisogno tutte le società» («Gravissimum
Educationis», 3).
Il
diritto-dovere educativo dei genitori si
qualifica come essenziale, connesso com'è
con la trasmissione della vita umana; come
originale e primario, rispetto al compito
educativo di altri, per l'unicità del
rapporto d'amore che sussiste tra genitori e
figli; come insostituibile ed inalienabile,
e che pertanto non può essere totalmente
delegato ad altri, né da altri usurpato.
Al
di là di queste caratteristiche, non si può
dimenticare che l'elemento più radicale,
tale da qualificare il compito educativo dei
genitori, è l'amore paterno e materno, il
quale trova nell'opera educativa il suo
compimento nel rendere pieno e perfetto il
servizio alla vita: l'amore dei genitori da
sorgente diventa anima e pertanto norma, che
ispira e guida tutta l'azione educativa
concreta, arricchendola di quei valori di
dolcezza, costanza, bontà, servizio,
disinteresse, spirito di sacrificio, che
sono il più prezioso frutto dell'amore.
Educare ai valori essenziali della vita
umana
37.
Pur in mezzo alle difficoltà dell'opera
educativa, oggi spesso aggravate, i genitori
devono con fiducia e coraggio formare i
figli ai valori essenziali della vita umana.
I figli devono crescere in una giusta
libertà di fronte ai beni materiali,
adottando uno stile di vita semplice ed
austero, ben convinti che «l'uomo vale più
per quello che è che per quello che ha»
(«Gaudium et Spes», 35)
In
una società scossa e disgregata da tensioni
e conflitti per il violento scontro tra i
diversi individualismi ed egoismi, i figli
devono arricchirsi non soltanto del senso
della vera giustizia, che sola conduce al
rispetto della dignità personale di
ciascuno, ma anche e ancora più del senso
del vero amore, come sollecitudine sincera e
servizio disinteressato verso gli altri, in
particolare i più poveri e bisognosi. La
famiglia è la prima e fondamentale scuola di
socialità: in quanto comunità di amore, essa
trova nel dono di sé la legge che la guida e
la fa crescere. Il dono di sé, che ispira
l'amore dei coniugi tra di loro, si pone
come modello e norma del dono di sé quale
deve attuarsi nei rapporti tra fratelli e
sorelle e tra le diverse generazioni che
convivono nella famiglia. E la comunione e
la partecipazione quotidianamente vissuta
nella casa, nei momenti di gioia e di
difficoltà, rappresenta la più concreta ed
efficace pedagogia dei figli nel più ampio
orizzonte della società.
L'educazione all'amore come dono di sé
costituisce anche la premessa indispensabile
per i genitori chiamati ad offrire ai figli
una chiara e delicata educazione sessuale.
Di fronte ad una cultura che «banalizza» in
larga parte la sessualità umana, perché la
interpreta e la vive in modo riduttivo e
impoverito, collegandola unicamente al corpo
e al piacere egoistico, il servizio
educativo dei genitori deve puntare
fermamente su di una cultura sessuale che
sia veramente e pienamente personale: la
sessualità, infatti, è una ricchezza di
tutta la persona - corpo, sentimento e anima
- e manifesta il suo intimo significato nel
portare la persona al dono di sé nell'amore.
L'educazione sessuale, diritto e dovere
fondamentale dei genitori, deve attuarsi
sempre sotto la loro guida sollecita, sia in
casa sia nei centri educativi da essi scelti
e controllati. In questo senso la Chiesa
ribadisce la legge della sussidiarietà, che
la scuola è tenuta ad osservare quando
coopera all'educazione sessuale,
collocandosi nello spirito stesso che anima
i genitori.
In
questo contesto è del tutto irrinunciabile
l'educazione alla castità, come virtù che
sviluppa l'autentica maturità della persona
e la rende capace di rispettare e promuovere
il «significato sponsale» del corpo. Anzi, i
genitori cristiani riserveranno una
particolare attenzione e cura, discernendo i
segni della chiamata di Dio, per
l'educazione alla verginità, come forma
suprema di quel dono di sé che costituisce
il senso stesso della sessualità umana.
Per
gli stretti legami che intercorrono tra la
dimensione sessuale della persona e i suoi
valori etici, il compito educativo deve
condurre i figli a conoscere e a stimare le
norme morali come necessaria e preziosa
garanzia per una responsabile crescita
personale nella sessualità umana.
Per
questo la Chiesa si oppone fermamente a una
certa forma di informazione sessuale, avulsa
dai principi morali, così spesso diffusa, la
quale altro non sarebbe che un'introduzione
all'esperienza del piacere e uno stimolo che
porta a perdere la serenità - ancora negli
anni dell'innocenza - aprendo la strada al
vizio.
La missione educativa e il sacramento del
matrimonio
38.
Per i genitori cristiani la missione
educativa, radicata come si è detto nella
loro partecipazione all'opera creatrice di
Dio, ha una nuova e specifica sorgente nel
sacramento del matrimonio, che li consacra
all'educazione propriamente cristiana dei
figli, li chiama cioè a partecipare alla
stessa autorità e allo stesso amore di Dio
Padre e di Cristo Pastore, come pure
all'amore materno della Chiesa, e li
arricchisce di sapienza, consiglio, fortezza
e di ogni altro dono dello Spirito Santo per
aiutare i figli nella loro crescita umana e
cristiana.
Dal
sacramento del matrimonio il compito
educativo riceve la dignità e la vocazione
di essere un vero e proprio «ministero»
della Chiesa al servizio della edificazione
dei suoi membri. Tale è la grandezza e lo
splendore del ministero educativo dei
genitori cristiani, che san Tommaso non
esita a paragonare al ministero dei
sacerdoti: «Alcuni propagano e conservano la
vita spirituale con un ministero unicamente
spirituale, e questo spetta al sacramento
dell'ordine; altri lo fanno quanto alla vita
ad un tempo corporale e spirituale e ciò
avviene col sacramento del matrimonio, nel
quale l'uomo e la donna si uniscono per
generare la prole ed educarla al culto di
Dio («Summa contra Gentiles», IV, 58).
La
coscienza viva e vigile della missione
ricevuta col sacramento del matrimonio
aiuterà i genitori cristiani a porsi con
grande serenità e fiducia al servizio
educativo dei figli e, nello stesso tempo,
con senso di responsabilità di fronte a Dio
che li chiama e li manda ad edificare la
Chiesa nei figli. Così la famiglia dei
battezzati, convocata quale chiesa domestica
dalla Parola e dal Sacramento, diventa
insieme, come la grande Chiesa, maestra e
madre.
La prima esperienza di Chiesa
39.
La missione dell'educazione esige che i
genitori cristiani propongano ai figli tutti
quei contenuti che sono necessari per la
graduale maturazione della loro
responsabilità da un punto di vista
cristiano ed ecclesiale. Riprenderanno
allora le linee educative sopra ricordate,
con la cura di mostrare ai figli a quale
profondità di significati la fede e la
carità di Gesù Cristo sanno condurre.
Inoltre la consapevolezza che il Signore
affida loro la crescita di un figlio di Dio,
di un fratello di Cristo, di un tempio dello
Spirito Santo, di un membro della Chiesa,
sorreggerà i genitori cristiani nel loro
compito di rafforzare nell'anima dei figli
il dono della grazia divina.
Il
Concilio Vaticano II così precisa il
contenuto dell'educazione cristiana: «Essa
non comporta solo la maturità propria
dell'umana persona... ma tende soprattutto a
far sì che i battezzati, iniziati
gradualmente alla conoscenza del mistero
della salvezza, prendano sempre maggiore
coscienza del dono della fede, che hanno
ricevuto: imparino ad adorare Dio in spirito
e verità (cfr. Gv 4,23), specialmente
attraverso l'azione liturgica, si preparino
a vivere la propria vita secondo l'uomo
nuovo della giustizia e nella santità della
verità (Ef 4,22-24), così raggiungano l'uomo
perfetto, la statura della pienezza di
Cristo (cfr. Ef 4,13) e diano il loro
apporto all'aumento del corpo mistico. Essi
inoltre, consapevoli della loro vocazione,
devono addestrarsi sia a testimoniare quella
speranza che è in loro (cfr. 1Pt 3,14), sia
a promuovere la elevazione in senso
cristiano del mondo» («Gravissimum
Educationis», 2).
Anche il Sinodo, riprendendo e sviluppando
le linee conciliari, ha presentato la
missione educativa della famiglia cristiana
come un vero ministero, per mezzo del quale
viene trasmesso e irradiato il Vangelo, al
punto che la stessa vita di famiglia diventa
itinerario di fede e in qualche modo
iniziazione cristiana e scuola della sequela
di Cristo. Nella famiglia cosciente di tale
dono, come ha scritto Paolo VI, «tutti i
membri evangelizzano e sono evangelizzati»
(«Evangelii Nuntiandi», 71).
In
forza del mistero dell'educazione i genitori
mediante la testimonianza della vita, sono i
primi araldi del Vangelo presso i figli. Di
più, pregando con i figli, dedicandosi con
essi alla lettura della Parola di Dio ed
inserendoli nell'intimo del Corpo -
eucaristico ed ecclesiale - di Cristo
mediante l'iniziazione cristiana, diventano
pienamente genitori generatori cioè non solo
della vita carnale, ma anche di quella che,
mediante la rinnovazione dello Spirito,
scaturisce dalla Croce e risurrezione di
Cristo.
Perché i genitori cristiani possano compiere
degnamente il loro ministero educativo, i
Padri Sinodali hanno auspicato che sia
preparato un adeguato testo di catechismo
per le famiglie, chiaro, breve e tale da
poter essere facilmente assimilato da tutti.
Le conferenze episcopali sono state
caldamente invitate ad impegnarsi per la
realizzazione di questo catechismo.
Rapporti con altre forze educative
40.
La famiglia è la prima, ma non l'unica ed
esclusiva comunità educante: la stessa
dimensione comunitaria, civile ed
ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad
un'opera più ampia ed articolata, che sia il
frutto della collaborazione ordinata delle
diverse forze educative. Queste forze sono
tutte necessarie, anche se ciascuna può e
deve intervenire con una sua competenza e
con un suo contributo propri (cfr.
«Gravissimum Educationis», 3).
Il
compito educativo della famiglia cristiana
ha perciò un posto assai importante nella
pastorale organica: ciò implica una nuova
forma di collaborazione tra i genitori e le
comunità cristiane, tra i diversi gruppi
educativi e i pastori. In questo senso il
rinnovamento della scuola cattolica deve
riservare una speciale attenzione sia ai
genitori degli alunni sia alla formazione di
una perfetta comunità educante.
Dev'essere assolutamente assicurato il
diritto dei genitori alla scelta di
un'educazione conforme alla loro fede
religiosa.
Lo
Stato e la Chiesa hanno l'obbligo di dare
alle famiglie tutti gli aiuti possibili,
affinché possano adeguatamente esercitare i
loro compiti educativi. Per questo sia la
Chiesa sia lo Stato devono creare e
promuovere quelle istituzioni ed attività,
che le famiglie giustamente richiedono: e
l'aiuto dovrà essere proporzionato alle
insufficienze delle famiglie. Pertanto,
tutti coloro che nella società sono alla
guida delle scuole non devono mai
dimenticare che i genitori sono stati
costituiti da Dio stesso come primi e
principali educatori dei figli, e che il
loro diritto è del tutto inalienabile.
Ma
complementare al diritto, si pone il grave
dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in
un rapporto cordiale e fattivo con gli
insegnanti ed i dirigenti delle scuole.
Se
nelle scuole si insegnano ideologie
contrarie alla fede cristiana, la famiglia
insieme ad altre famiglie, possibilmente
mediante forme associative familiari, deve
con tutte le forze e con sapienza aiutare i
giovani a non allontanarsi dalla fede. In
questo caso la famiglia ha bisogno di aiuti
speciali da parte dei pastori d'anime, i
quali non dovranno dimenticare che i
genitori hanno l'inviolabile diritto di
affidare i loro figli alla comunità
ecclesiale.
Un servizio molteplice alla vita
41.
Il fecondo amore coniugale si esprime in un
servizio alla vita dalle forme molteplici,
delle quali la generazione e l'educazione
sono quelle più immediate, proprie ed
insostituibili. In realtà, ogni atto di vero
amore verso l'uomo testimonia e perfeziona
la fecondità spirituale della famiglia
perché è obbedienza al dinamismo interiore
profondo dell'amore come donazione di sé
agli altri.
A
questa prospettiva, per tutti ricca di
valore e di impegno, sapranno ispirarsi in
particolare quei coniugi che fanno
l'esperienza della sterilità fisica.
Le
famiglie cristiane che nella fede
riconoscono tutti gli uomini come figli del
comune Padre dei cieli, verranno
generosamente incontro ai figli delle altre
famiglie, sostenendoli ed amandoli non come
estranei, ma come membri dell'unica famiglia
dei figli di Dio. I genitori cristiani
potranno così allargare il loro amore al di
là dei vincoli della carne e del sangue,
alimentando i legami che si radicano nello
spirito e che si sviluppano nel servizio
concreto ai figli di altre famiglie, spesso
bisognosi delle cose più necessarie.
Le
famiglie cristiane sapranno vivere una
maggiore disponibilità verso l'adozione e
l'affidamento di quei figli che sono privati
dei genitori o da essi abbandonati: mentre
questi bambini, ritrovando il valore
affettivo di una famiglia, possono fare
esperienza dell'amorevole e provvida
paternità di Dio, testimoniata dai genitori
cristiani, e così crescere con serenità e
fiducia nella vita, la famiglia intera sarà
arricchita dai valori spirituali di una più
ampia fraternità.
La
fecondità delle famiglie deve conoscere una
sua incessante «creatività», frutto
meraviglioso dello Spirito di Dio che
spalanca gli occhi del cuore per scoprire le
nuove necessità e sofferenze della nostra
società, e che infonde coraggio per
assumerle e darvi risposta. In questo quadro
si presenta alle famiglie un vastissimo
campo d'azione: infatti, ancor più
preoccupante dell'abbandono dei bambini è
oggi il fenomeno dell'emarginazione sociale
e culturale, che duramente colpisce anziani,
ammalati, handicappati, tossicodipendenti,
ex carcerati, ecc.
In
tal modo si dilata enormemente l'orizzonte
della paternità e della maternità delle
famiglie cristiane: il loro amore
spiritualmente fecondo è sfidato da queste e
da tante altre urgenze del nostro tempo. Con
le famiglie e per mezzo loro, il Signore
Gesù continua ad avere «compassione» delle
folle.
III. La partecipazione allo sviluppo della
società
La famiglia prima e vitale cellula della
società
42.
«Poiché il Creatore di tutte le cose ha
costituito il matrimonio quale principio e
fondamento dell'umana società», la famiglia
e divenuta la «prima e vitale cellula della
società» («Apostolicam Actuositatem», 11).
La
famiglia possiede vincoli vitali e organici
con la società, perché ne costituisce il
fondamento e l'alimento continuo mediante il
suo compito di servizio alla vita: dalla
famiglia infatti nascono i cittadini e nella
famiglia essi trovano la prima scuola di
quelle virtù sociali, che sono l'anima della
vita e dello sviluppo della società stessa.
Così in forza della sua natura e vocazione,
lungi dal rinchiudersi in se stessa, la
famiglia si apre alle altre famiglie e alla
società, assumendo il suo compito sociale.
La vita familiare come esperienza di
comunione e di partecipazione
43.
La stessa esperienza di comunione e di
partecipazione, che deve caratterizzare la
vita quotidiana della famiglia, rappresenta
il suo primo e fondamentale contributo alla
società.
Le
relazioni tra i membri della comunità
familiare sono ispirate e guidate dalla
legge della «gratuità» che, rispettando e
favorendo in tutti e in ciascuno la dignità
personale come unico titolo di valore,
diventa accoglienza cordiale, incontro e
dialogo, disponibilità disinteressata,
servizio generoso, solidarietà profonda.
Così la promozione di un'autentica e matura
comunione di persone nella famiglia diventa
prima e insostituibile scuola di socialità,
esempio e stimolo per i più ampi rapporti
comunitari all'insegna del rispetto, della
giustizia, del dialogo, dell'amore.
In
tal modo, come hanno ricordato i Padri
Sinodali, la famiglia costituisce il luogo
nativo e lo strumento più efficace di
umanizzazione e di personalizzazione della
società: essa collabora in un modo originale
e profondo alla costruzione del mondo,
rendendo possibile una vita propriamente
umana, in particolare custodendo e
trasmettendo le virtù e i «valori». Come
scrive il Concilio Vaticano II, nella
famiglia «le diverse generazioni si
incontrano e si aiutano vicendevolmente a
raggiungere una saggezza umana più completa
e a comporre i diritti delle persone con le
altre esigenze della vita sociale («Gaudium
et Spes», 52)
Di
conseguenza, di fronte ad una società che
rischia di essere sempre più spersonalizzata
e massificata, e quindi disumana e
disumanizzante, con le risultanze negative
di tante forme di «evasione» - come sono, ad
esempio, l'alcoolismo, la droga e lo stesso
terrorismo -, la famiglia possiede e
sprigiona ancora oggi energie formidabili
capaci di strappare l'uomo dall'anonimato,
di mantenerlo cosciente della sua dignità
personale, di arricchirlo di profonda
umanità e di inserirlo, attivamente con la
sua unicità e irripetibilità nel tessuto
della società.
Compito sociale e politico
44.
Il compito sociale della famiglia non può
certo fermarsi all'opera procreativa ed
educativa, anche se trova in essa la sua
prima ed insostituibile forma di
espressione.
Le
famiglie, sia singole che associate, possono
e devono pertanto dedicarsi a molteplici
opere di servizio sociale, specialmente a
vantaggio dei poveri, e comunque di tutte
quelle persone e situazioni che
l'organizzazione previdenziale ed
assistenziale delle pubbliche autorità non
riesce a raggiungere.
Il
contributo sociale della famiglia ha una sua
originalità, che domanda di essere meglio
conosciuta e più decisamente favorita,
soprattutto man mano che i figli crescono,
coinvolgendo di fatto il più possibile tutti
i membri (cfr. «Apostolicam Actuositatem»,
11).
In
particolare è da rilevare l'importanza
sempre più grande che nella nostra società
assume l'ospitalità, in tutte le sue forme,
dall'aprire la porta della propria casa e
ancor più del proprio cuore alle richieste
dei fratelli, all'impegno concreto di
assicurare ad ogni famiglia la sua casa,
come ambiente naturale che la conserva e la
fa crescere. Soprattutto la famiglia
cristiana è chiamata ad ascoltare la
raccomandazione dell'apostolo: «Siate...
premurosi nell'ospitalità» (Rm 12,13), e
quindi ad attuare, imitando l'esempio e
condividendo la carità di Cristo,
l'accoglienza del fratello bisognoso: «Chi
avrà dato anche solo un bicchiere di acqua
fresca ad uno di questi piccoli, perché è
mio discepolo, in verità io vi dico: non
perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42).
Il
compito sociale delle famiglie è chiamato ad
esprimersi anche in forma di intervento
politico: le famiglie, cioè, devono per
prime adoperarsi affinché le leggi e le
istituzioni dello Stato non solo non
offendano, ma sostengano e difendano
positivamente i diritti e i doveri della
famiglia. In tal senso le famiglie devono
crescere nella coscienza di essere
«protagoniste» della cosiddetta «politica
familiare» ed assumersi la responsabilità di
trasformare la società: diversamente le
famiglie saranno le prime vittime di quei
mali, che si sono limitate ad osservare con
indifferenza. L'appello del Concilio
Vaticano II a superare l'etica
individualistica ha perciò valore anche per
la famiglia come tale (cfr. «Gaudium et
Spes», 30).
La società al servizio della famiglia
45.
L'intima connessione tra la famiglia e la
società, come esige l'apertura e la
partecipazione della famiglia alla società e
al suo sviluppo, così impone che la società
non venga mai meno al suo fondamentale
compito di rispettare e di promuovere la
famiglia stessa.
Certamente la famiglia e la società hanno
una funzione complementare nella difesa e
nella promozione del bene di tutti gli
uomini e di ogni uomo. Ma la società, e più
specificamente lo Stato, devono riconoscere
che la famiglia è «una società che gode di
un diritto proprio e primordiale»
(«Dignitatis Humanae», 5), e quindi nelle
loro relazioni con la famiglia sono
gravemente obbligati ad attenersi al
principio di sussidiarietà.
In
forza di tale principio lo Stato non può né
deve sottrarre alle famiglie quei compiti
che esse possono ugualmente svolgere bene da
sole o liberamente associate, ma
positivamente favorire e sollecitare al
massimo l'iniziativa responsabile delle
famiglie. Convinte che il bene della
famiglia costituisce un valore
indispensabile e irrinunciabile della
comunità civile, le autorità pubbliche
devono fare il possibile per assicurare alle
famiglie tutti quegli aiuti - economici,
sociali, educativi, politici, culturali - di
cui hanno bisogno per far fronte in modo
umano a tutte le loro responsabilità.
La carta dei diritti della famiglia
46.
L'ideale di una reciproca azione di sostegno
e di sviluppo tra la famiglia e la società
si scontra spesso, e in termini assai gravi,
con la realtà di una loro separazione, anzi
di una loro contrapposizione.
In
effetti, come ha continuamente denunciato il
Sinodo, la situazione che tantissime
famiglie di diversi Paesi incontrano è molto
problematica, se non addirittura decisamente
negativa: istituzioni e leggi misconoscono
ingiustamente i diritti inviolabili della
famiglia e della stessa persona umana, e la
società, lungi dal porsi al servizio della
famiglia, la aggredisce con violenza nei
suoi valori e nelle sue esigenze
fondamentali. E così la famiglia che,
secondo il disegno di Dio, è cellula base
della società, soggetto di diritti e doveri
prima dello Stato e di qualunque altra
comunità, si trova ad essere vittima della
società, dei ritardi e delle lentezze dei
suoi interventi e ancor più delle sue palesi
ingiustizie.
Per
questo la Chiesa difende apertamente e
fortemente i diritti della famiglia dalle
intollerabili usurpazioni della società e
dello Stato. In particolare, i Padri
Sinodali hanno ricordato, tra gli altri, i
seguenti diritti della famiglia:
-
di esistere e di
progredire come famiglia, cioè il
diritto di ogni uomo, specialmente anche
se povero, a fondare una famiglia e ad
avere i mezzi adeguati per sostenerla;
-
di esercitare la
propria responsabilità nell'ambito della
trasmissione della vita e di educare i
figli;
-
dell'intimità
della vita coniugale e familiare;
-
della stabilità
del vincolo e dell'istituto
matrimoniale;
-
di credere e di
professare la propria fede, e di
diffonderla;
-
di educare i figli
secondo le proprie tradizioni e valori
religiosi e culturali, con gli
strumenti, i mezzi e le istituzioni
necessarie;
-
di ottenere la
sicurezza fisica, sociale, politica,
economica, specialmente dei poveri e
degli infermi;
-
il diritto
all'abitazione adatta a condurre
convenientemente la vita familiare;
-
di espressione e
di rappresentanza davanti alle pubbliche
autorità economiche, sociali e culturali
e a quelle inferiori, sia direttamente
sia attraverso associazioni
-
di creare
associazioni con altre famiglie e
istituzioni, per svolgere in modo adatto
e sollecito il proprio compito;
-
di proteggere i
minorenni mediante adeguate istituzioni
e legislazioni da medicinali dannosi,
dalla pornografia, dall'alcoolismo,
ecc.;
-
di un onesto svago
che favorisca anche i valori della
famiglia;
-
il diritto degli
anziani ad una vita degna e ad una morte
dignitosa;
-
il diritto di
emigrare come famiglie per cercare una
vita migliore (Propositio 42).
La
Santa Sede, accogliendo l'esplicita
richiesta del Sinodo, avrà cura di
approfondire tali suggerimenti, elaborando
una «carta dei diritti della famiglia» da
proporre agli ambienti e alle Autorità
interessate.
Grazia e responsabilità della famiglia
cristiana
47.
Il compito sociale proprio di ogni famiglia
compete, ad un titolo nuovo ed originale
alla famiglia cristiana, fondata sul
sacramento del matrimonio. Assumendo la
realtà umana dell'amore coniugale in tutte
le implicazioni, il sacramento abilita e
impegna i coniugi e i genitori cristiani a
vivere la loro vocazione di laici, e
pertanto a «cercare il regno di Dio
trattando le cose temporali e ordinandole
secondo Dio» («Lumen Gentium», 31).
Il
compito sociale e politico rientra in quella
missione regale o di servizio, alla quale
gli sposi cristiani partecipano in forza del
sacramento del matrimonio, ricevendo ad un
tempo un comandamento al quale non possono
sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li
stimola.
In
tal modo la famiglia cristiana è chiamata ad
offrire a tutti la testimonianza di una
dedizione generosa e disinteressata ai
problemi sociali, mediante la «scelta
preferenziale» dei poveri e degli
emarginati. Perciò essa, progredendo nella
sequela del Signore mediante una speciale
dilezione verso tutti i poveri, deve avere a
cuore specialmente gli affamati, gli
indigenti, gli anziani, gli ammalati, i
drogati, i senza famiglia.
Per un nuovo ordine internazionale
48.
Di fronte alla dimensione mondiale che oggi
caratterizza i vari problemi sociali, la
famiglia vede allargarsi in modo del tutto
nuovo il suo compito verso lo sviluppo della
società: si tratta di cooperare anche ad un
nuovo ordine internazionale, perché solo
nella solidarietà mondiale si possono
affrontare e risolvere gli enormi e
drammatici problemi della giustizia nel
mondo, della libertà dei popoli, della pace
dell'umanità.
La
comunione spirituale delle famiglie
cristiane, radicate nella fede e speranza
comuni e vivificate dalla carità,
costituisce un'interiore energia che
origina, diffonde e sviluppa giustizia,
riconciliazione, fraternità e pace tra gli
uomini. In quanto «piccola Chiesa», la
famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza
della «grande Chiesa», ad essere segno di
unità per il mondo e ad esercitare in tal
modo il suo ruolo profetico testimoniando il
Regno e la pace di Cristo, verso cui il
mondo intero è in cammino.
Le
famiglie cristiane potranno far questo sia
mediante la loro opera educativa, offrendo
cioè ai figli un modello di vita fondato sui
valori della verità, della libertà, della
giustizia e dell'amore, sia con un attivo e
responsabile impegno per la crescita
autenticamente umana della società e delle
sue istituzioni, sia col sostenere in vario
modo le associazioni specificamente dedicate
ai problemi dell'ordine internazionale.
IV. La partecipazione alla vita e alla
missione della Chiesa
La famiglia nel mistero della Chiesa
49.
Tra i compiti fondamentali della famiglia
cristiana si pone il compito ecclesiale:
essa, cioè, è posta al servizio
dell'edificazione del Regno di Dio nella
storia, mediante la partecipazione alla vita
e alla missione della Chiesa.
Per
meglio comprendere i fondamenti, i contenuti
e le caratteristiche di tale partecipazione,
occorre approfondire i molteplici e profondi
vincoli che legano tra loro la Chiesa e la
famiglia cristiana, e costituiscono
quest'ultima come «una Chiesa in miniatura»
(Ecclesia domestica) (cfr. «Lumen Gentium»,
11; «Apostolicam Actuositatem», 11; Giovanni
Paolo PP II, Omelia per l'apertura del VI
Sinodo dei Vescovi, 3 [26 Settembre 1980]:
AAS 72 [1980] 1008), facendo sì che questa,
a suo modo, sia viva immagine e storica
ripresentazione del mistero stesso della
Chiesa.
E'
anzitutto la Chiesa Madre che genera, educa,
edifica la famiglia cristiana, mettendo in
opera nei suoi riguardi la missione di
salvezza che ha ricevuto dal suo Signore.
Con l'annuncio della Parola di Dio, la
Chiesa rivela alla famiglia cristiana la sua
vera identità, ciò che essa è e deve essere
secondo il disegno del Signore; con la
celebrazione dei sacramenti, la Chiesa
arricchisce e corrobora la famiglia
cristiana con la grazia di Cristo in ordine
alla sua santificazione per la gloria del
Padre; con la rinnovata proclamazione del
comandamento nuovo della carità, la Chiesa
anima e guida la famiglia cristiana al
servizio dell'amore, affinché imiti e riviva
lo stesso amore di donazione e di
sacrificio, che il Signore Gesù nutre per
l'umanità intera.
A
sua volta la famiglia cristiana è inserita a
tal punto nel mistero della Chiesa da
diventare partecipe, a suo modo, della
missione di salvezza propria di questa: i
coniugi e i genitori cristiani, in virtù del
sacramento, «hanno nel loro stato di vita e
nella loro funzione, il proprio dono in
mezzo al Popolo di Dio» («Lumen Gentium»,
11). Perciò non solo «ricevono» l'amore di
Cristo diventando comunità «salvata», ma
sono anche chiamati a «trasmettere» ai
fratelli il medesimo amore di Cristo,
diventando così comunità «salvante». In tal
modo, mentre è frutto e segno della
fecondità soprannaturale della Chiesa, la
famiglia cristiana è resa simbolo,
testimonianza, partecipazione della
maternità della Chiesa (cfr. ibid. 41).
Un compito ecclesiale proprio e originale
50.
La famiglia cristiana è chiamata a prendere
parte viva e responsabile alla missione
della Chiesa in modo proprio e originale,
ponendo cioè al servizio della Chiesa e
della società se stessa nel suo essere ed
agire, in quanto intima comunità di vita e
di amore.
Se
la famiglia cristiana è comunità, i cui
vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la
fede e i sacramenti, la sua partecipazione
alla missione della Chiesa deve avvenire
secondo una modalità comunitaria: insieme,
dunque, i coniugi in quanto coppia, i
genitori e i figli in quanto famiglia,
devono vivere il loro servizio alla Chiesa e
al mondo. Devono essere nella fede «un cuore
solo e un'anima sola» (cfr. At 4,32),
mediante il comune spirito apostolico che li
anima e la collaborazione che li impegna
nelle opere di servizio alla comunità
ecclesiale e civile.
La
famiglia cristiana, poi, edifica il Regno di
Dio nella storia mediante quelle stesse
realtà quotidiane che riguardano e
contraddistinguono la sua condizione di
vita; è allora nell'amore coniugale e
familiare - vissuto nella sua straordinaria
ricchezza di valori ed esigenze di totalità,
unicità, fedeltà e fecondità (cfr. Paolo PP.
VI «Humanae Vitae», 9) - che si esprime e si
realizza la partecipazione della famiglia
cristiana alla missione profetica,
sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della
sua Chiesa: l'amore e la vita costituiscono
pertanto il nucleo della missione salvifica
della famiglia cristiana nella Chiesa e per
la Chiesa.
Lo
ricorda il Concilio Vaticano II quando
scrive: «La famiglia metterà con generosità
in comune con le altre famiglie le proprie
ricchezze spirituali. Perciò la famiglia
cristiana che nasce dal matrimonio, come
immagine e partecipazione del patto di amore
del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta
a tutti la viva presenza del Salvatore del
mondo e la genuina natura della Chiesa, sia
con l'amore, la fecondità generosa, l'unità
e la fedeltà degli sposi che con l'amorevole
cooperazione di tutti i suoi membri»
(«Gaudium et Spes», 48)
Posto così il fondamento della
partecipazione della famiglia cristiana alla
missione ecclesiale, è ora da illustrare il
suo contenuto nel triplice e unitario
riferimento a Gesù Cristo Profeta, Sacerdote
e Re, presentando perciò la famiglia
cristiana come 1) comunità credente ed
evangelizzante, 2) comunità in dialogo con
Dio, 3) comunità al servizio dell'uomo.
1) La famiglia cristiana comunità credente
ed evangelizzante
La fede scoperta e ammirazione del
disegno di Dio sulla famiglia
51.
Partecipe della vita e della missione della
Chiesa, la quale sta in religioso ascolto
della Parola di Dio e la proclama con ferma
fiducia (cfr. «Dei Verbum», 1), la famiglia
cristiana vive il suo compito profetico
accogliendo e annunciando la Parola di Dio:
diventa così, ogni giorno di più, comunità
credente ed evangelizzante.
Anche agli sposi e ai genitori cristiani è
chiesta l'obbedienza della fede (cfr. Rm
16,26): sono chiamati ad accogliere la
Parola del Signore, che ad essi rivela la
stupenda novità - la Buona Novella - della
loro vita coniugale e familiare, resa da
Cristo santa e santificante. Infatti,
soltanto nella fede essi possono scoprire e
ammirare in gioiosa gratitudine a quale
dignità Dio abbia voluto elevare il
matrimonio e la famiglia, costituendoli
segno e luogo dell'alleanza d'amore tra Dio
e gli uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa
sua sposa.
Già
la stessa preparazione al matrimonio
cristiano si qualifica come itinerario di
fede: si pone, infatti, come privilegiata
occasione perché i fidanzati riscoprano e
approfondiscano la fede ricevuta col
Battesimo e nutrita con l'educazione
cristiana. In tal modo riconoscono e
liberamente accolgono la vocazione a vivere
la sequela di Cristo e il servizio del Regno
di Dio nello stato matrimoniale.
Il
momento fondamentale della fede degli sposi
è dato dalla celebrazione del sacramento del
matrimonio, che nella sua profonda natura è
la proclamazione, nella Chiesa, della Buona
Novella sull'amore coniugale: esso è Parola
di Dio che «rivela» e «compie» il progetto
sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi,
introdotti nella misteriosa e reale
partecipazione all'amore stesso di Dio per
l'umanità. Se in se stessa la celebrazione
sacramentale del matrimonio è proclamazione
della Parola di Dio, in quanti sono a vario
titolo protagonisti e celebranti deve essere
una «professione di fede» fatta entro e con
la Chiesa, comunità di credenti.
Questa professione di fede richiede di
essere prolungata nel corso della vita
vissuta degli sposi e della famiglia: Dio,
infatti, che ha chiamato gli sposi «al»
matrimonio, continua a chiamarli «nel»
matrimonio (cfr. Paolo PP. VI «Humanae
Vitae», 25). Dentro e attraverso i fatti, i
problemi, le difficoltà, gli avvenimenti
dell'esistenza di tutti i giorni, Dio viene
ad essi rivelando e proponendo le «esigenze»
concrete della loro partecipazione all'amore
di Cristo per la Chiesa in rapporto alla
particolare situazione - familiare, sociale
ed ecclesiale - nella quale si trovano.
La
scoperta e l'obbedienza al disegno di Dio
devono farsi «insieme» dalla comunità
coniugale e familiare, attraverso la stessa
esperienza umana dell'amore vissuto nello
Spirito di Cristo tra gli sposi, tra i
genitori e i figli.
Per
questo, come la grande Chiesa, così anche la
piccola Chiesa domestica ha bisogno di
essere continuamente e intensamente
evangelizzata: da qui il suo dovere di
educazione permanente nella fede.
Il ministero di evangelizzazione della
famiglia cristiana
52.
Nella misura in cui la famiglia cristiana
accoglie il Vangelo e matura nella fede
diventa comunità evangelizzante.
Riascoltiamo Paolo VI: «La famiglia, come la
Chiesa, deve essere uno spazio in cui il
Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si
irradia. Dunque nell'intimo di una famiglia
cosciente di questa missione tutti i
componenti evangelizzano e sono
evangelizzati. I genitori non soltanto
comunicano ai figli il Vangelo, ma possono
ricevere da loro lo stesso Vangelo
profondamente vissuto. E una simile famiglia
diventa evangelizzatrice di molte altre
famiglie e dell'ambiente nel quale è
inserita» («Evangelii Nuntiandi», 71).
Come ha ripetuto il Sinodo, riprendendo il
mio appello lanciato a Puebla, la futura
evangelizzazione dipende in gran parte dalla
Chiesa domestica (cfr. Discorso alla III
Assemblea Generale dei Vescovi dell'America
Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71
[1979] 204). Questa missione apostolica
della famiglia è radicata nel battesimo e
riceve dalla grazia sacramentale del
matrimonio una nuova forza per trasmettere
la fede. per santificare e trasformare
l'attuale società secondo il disegno di Dio.
La
famiglia cristiana, soprattutto oggi, ha una
speciale vocazione ad essere testimone
dell'alleanza pasquale di Cristo, mediante
la costante irradiazione della gioia
dell'amore e della sicurezza della speranza,
della quale deve rendere ragione: «La
famiglia cristiana proclama ad alta voce e
le virtù presenti del Regno di Dio e la
speranza della vita beata» («Lumen Gentium»,
35).
L'assoluta necessità della catechesi
familiare emerge con singolare forza in
determinate situazioni, che la Chiesa
purtroppo registra in diversi luoghi:
«Laddove una legislazione antireligiosa
pretende persino di impedire l'educazione
alla fede, laddove una diffusa miscredenza o
un invadente secolarismo rendono
praticamente impossibile una vera crescita
religiosa, questa che si potrebbe chiamare
"Chiesa domestica" resta l'unico ambiente,
in cui fanciulli e giovani possono ricevere
una autentica catechesi» (Giovanni Paolo PP.
II «Catechesi Tradendae», 68).
Un servizio ecclesiale
53.
Il ministero di evangelizzazione dei
genitori cristiani è originale e
insostituibile: assume le connotazioni
tipiche della vita familiare, intessuta come
dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di
concretezza e di testimonianza quotidiana
(cfr. ibid. 36).
La
famiglia deve formare i figli alla vita, in
modo che ciascuno adempia in pienezza il suo
compito secondo la vocazione ricevuta da
Dio. Infatti, la famiglia che è aperta ai
valori trascendenti, che serve i fratelli
nella gioia, che adempie con generosa
fedeltà i suoi compiti ed è consapevole
della sua quotidiana partecipazione al
mistero della Croce gloriosa di Cristo,
diventa il primo e il miglior seminario
della vocazione alla vita di consacrazione
al Regno di Dio.
Il
ministero di evangelizzazione e di catechesi
dei genitori deve accompagnare la vita dei
figli anche negli anni della loro
adolescenza e giovinezza, quando questi,
come spesso avviene, contestano o
addirittura rifiutano la fede cristiana
ricevuta nei primi anni della loro vita.
Come nella Chiesa l'opera di
evangelizzazione non va mai disgiunta dalla
sofferenza dell'apostolo, così nella
famiglia cristiana i genitori devono
affrontare con coraggio e con grande
serenità d'animo le difficoltà, che il loro
ministero di evangelizzazione alcune volte
incontra negli stessi figli.
Non
si dovrà dimenticare che il servizio svolto
dai coniugi e dai genitori cristiani in
favore del Vangelo è essenzialmente un
servizio ecclesiale, rientra cioè nel
contesto dell'intera Chiesa quale comunità
evangelizzata ed evangelizzante. In quanto
radicato e derivato dall'unica missione
della Chiesa ed in quanto ordinato
all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo
(cfr. 1Cor 12,4ss; Ef 4,12s), il ministero
di evangelizzazione e di catechesi della
Chiesa domestica deve restare in intima
comunione e deve responsabilmente
armonizzarsi con tutti gli altri servizi di
evangelizzazione e di catechesi, presenti e
operanti nella comunità ecclesiale, sia
diocesana sia parrocchiale.
Predicare il Vangelo ad ogni creatura
54.
L'universalità senza frontiere è l'orizzonte
proprio dell'evangelizzazione, interiormente
animata dallo slancio missionario: è infatti
la risposta alla esplicita ed inequivocabile
consegna di Cristo: «Andate in tutto il
mondo e predicate il Vangelo ad ogni
creatura» (Mc 16,15).
Anche la fede e la missione evangelizzatrice
della famiglia cristiana posseggono questo
respiro missionario cattolico. Il sacramento
del matrimonio, che riprende e ripropone il
compito, radicato nel battesimo e nella
cresima, di difendere e diffondere la fede
(cfr. «Lumen Gentium», 11), costituisce i
coniugi e i genitori cristiani testimoni di
Cristo «fino agli estremi confini della
terra» (At 1,8), veri e propri «missionari»
dell'amore e della vita.
Una
certa forma di attività missionaria può
essere svolta già all'interno della
famiglia. Ciò avviene quando qualche
componente di essa non ha la fede o non la
pratica con coerenza. In tale caso i
congiunti devono offrirgli una testimonianza
vissuta della loro fede, che lo stimoli e lo
sostenga nel cammino verso la piena adesione
a Cristo Salvatore (cfr. 1Pt 3,1s).
Animata dallo spirito missionario già al
proprio interno, la Chiesa domestica è
chiamata ad essere un segno luminoso della
presenza di Cristo e del suo amore anche per
i «lontani», per le famiglie che non credono
ancora e per le stesse famiglie cristiane
che non vivono più in coerenza con la fede
ricevuta: è chiamata «col suo esempio e con
la sua testimonianza» a illuminare «quelli
che cercano la verità» (cfr. «Lumen Gentium»,
35; «Apostolicam Actuositatem», 11).
Come già agli albori del cristianesimo
Aquila e Priscilla si presentavano come
coppia missionaria (cfr. At 18; Rm 16,3s),
così oggi la Chiesa testimonia la sua
incessante novità e fioritura con la
presenza di coniugi e di famiglie cristiane
che, almeno per un certo periodo di tempo,
vanno nelle terre di missione ad annunciare
il Vangelo, servendo l'uomo con l'amore di
Gesù Cristo.
Le
famiglie cristiane portano un particolare
contributo alla causa missionaria della
Chiesa coltivando le vocazioni missionarie
in mezzo ai loro figli e figlie (cfr. «Ad
Gentes», 39) e, più generalmente, con
un'opera educativa che fa «disporre i loro
figli, fin dalla giovinezza, a riconoscere
l'amore di Dio verso tutti gli uomini»
(«Apostolicam Actuositatem», 30).
2) La famiglia cristiana comunità in dialogo
con Dio
Il santuario domestico della Chiesa
55.
L'annuncio del Vangelo e la sua accoglienza
nella fede raggiungono la loro pienezza
nella celebrazione sacramentale. La Chiesa,
comunità credente ed evangelizzante, e anche
popolo sacerdotale, rivestito cioè della
dignità e partecipe della potestà di Cristo
Sacerdote Sommo della Nuova ed Eterna
Alleanza. (cfr. «Lumen Gentium», 10).
Anche la famiglia cristiana è inserita nella
Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il
sacramento del matrimonio, nel quale è
radicata e da cui trae alimento, essa viene
continuamente vivificata dal Signore Gesù, e
da Lui chiamata e impegnata al dialogo con
Dio mediante la vita sacramentale, l'offerta
della propria esistenza e la preghiera.
E'
questo il compito sacerdotale che la
famiglia cristiana può e deve esercitare in
intima comunione con tutta la Chiesa,
attraverso le realtà quotidiane della vita
coniugale e familiare: in tal modo la
famiglia cristiana è chiamata a santificarsi
ed a santificare la comunità ecclesiale e il
mondo.
Il matrimonio sacramento di mutua
santificazione e atto di culto
56.
Fonte propria e mezzo originale di
santificazione per i coniugi e per la
famiglia cristiana è il sacramento del
matrimonio, che riprende e specifica la
grazia santificante del battesimo. In virtù
del mistero della morte e risurrezione di
Cristo, entro cui il matrimonio cristiano
nuovamente inserisce, l'amore coniugale
viene purificato e santificato: «il Signore
si è degnato di sanare ed elevare questo
amore con uno speciale dono di grazia e di
carità» («Gaudium et Spes», 49).
Il
dono di Gesù Cristo non si esaurisce nella
celebrazione del sacramento del matrimonio,
ma accompagna i coniugi lungo tutta la loro
esistenza. Lo ricorda esplicitamente il
Concilio Vaticano II, quando dice che Gesù
Cristo «rimane con loro perché, come Egli
stesso ha amato la Chiesa e si è dato per
lei, così anche i coniugi possano amarsi
l'un l'altro fedelmente, per sempre, con
mutua dedizione... Per questo motivo i
coniugi cristiani sono corroborati e sono
consacrati da uno speciale sacramento per i
doveri e la dignità del loro stato. Ed essi,
compiendo in forza di tale sacramento il
loro dovere coniugale e familiare, penetrati
dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale
tutta la loro vita è pervasa di fede,
speranza e carità, tendono a raggiungere
sempre più la propria perfezione e la mutua
santificazione, e perciò partecipano alla
glorificazione di Dio («Gaudium et Spes»,
48).
La
vocazione universale alla santità è rivolta
anche ai coniugi e ai genitori cristiani:
viene per essi specificata dal sacramento
celebrato e tradotta concretamente nelle
realtà proprie della esistenza coniugale e
familiare («Lumen Gentium», 41). Nascono di
qui la grazia e l'esigenza di una autentica
e profonda spiritualità coniugale e
familiare, che si ispiri ai motivi della
creazione, dell'alleanza, della Croce, della
risurrezione e del segno, sui quali più
volte si è soffermato il Sinodo.
Il
matrimonio cristiano, come tutti i
sacramenti che «sono ordinati alla
santificazione degli uomini, alla
edificazione del Corpo di Cristo, e, infine
a rendere culto a Dio» («Sacrosantum
Concilium», 59), è in se stesso un atto
liturgico di glorificazione di Dio in Gesù
Cristo e nella Chiesa: celebrandolo, i
coniugi cristiani professano la loro
gratitudine a Dio per il sublime dono ad
essi elargito di poter rivivere nella loro
esistenza coniugale e familiare l'amore
stesso di Dio per gli uomini e del Signore
Gesù per la Chiesa sua sposa.
E
come dal sacramento derivano ai coniugi il
dono dell'obbligo di vivere quotidianamente
la santificazione ricevuta, così dallo
stesso sacramento discendono la grazia e
l'impegno morale di trasformare tutta la
loro vita in un continuo «sacrificio
spirituale» (cfr. 1Pt 2,5; «Lumen Gentium»,
34). Anche agli sposi e ai genitori
cristiani, in particolare per quelle realtà
terrene e temporali che li caratterizzano,
si applicano le parole del Concilio: «Così
anche i laici, in quanto adoratori
dappertutto santamente operanti, consacrano
a Dio il mondo stesso» («Lumen Gentium»,
34).
Matrimonio ed Eucaristia
57.
II compito di santificazione della famiglia
cristiana ha la sua prima radice nel
battesimo e la sua massima espressione
nell'Eucaristia, alla quale è intimamente
legato il matrimonio cristiano. Il Concilio
Vaticano II ha voluto richiamare la speciale
relazione che esiste tra l'Eucaristia e il
matrimonio, chiedendo che questo «in via
ordinaria si celebri nella Messa»
(«Sacrosantum Concilum», 78): riscoprire e
approfondire tale relazione è del tutto
necessario, se si vogliono comprendere e
vivere con maggior intensità le grazie e le
responsabilità del matrimonio e della
famiglia cristiana.
L'Eucaristia è la fonte stessa del
matrimonio cristiano. Il sacrificio
eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza
di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto
sigillata con il sangue della sua Croce
(cfr. Gv 19,34). E' in questo sacrificio
della Nuova ed Eterna Alleanza che i coniugi
cristiani trovano la radice dalla quale
scaturisce, è interiormente plasmata e
continuamente vivificata la loro alleanza
coniugale. In quanto ripresentazione del
sacrificio d'amore di Cristo per la Chiesa,
l'Eucaristia è sorgente di carità. E nel
dono eucaristico della carità la famiglia
cristiana trova il fondamento e l'anima
della sua «comunione» e della sua
«missione»: il Pane eucaristico fa dei
diversi membri della comunità familiare un
unico corpo, rivelazione e partecipazione
della più ampia unità della Chiesa; la
partecipazione poi al Corpo «dato» e al
Sangue «versato» di Cristo diventa
inesauribile sorgente del dinamismo
missionario ed apostolico della famiglia
cristiana.
Il Sacramento della conversione e della
riconciliazione
58.
Parte essenziale e permanente del compito di
santificazione della famiglia cristiana è
l'accoglienza dell'appello evangelico alla
conversione rivolto a tutti i cristiani, che
non sempre rimangono fedeli alla «novità» di
quel battesimo, che li ha costituiti
«santi». Anche la famiglia cristiana non è
sempre coerente con la legge della grazia e
della santità battesimale, proclamata
nuovamente dal sacramento del matrimonio.
Il
pentimento e il perdono vicendevole in seno
alla famiglia cristiana, che tanta parte
hanno nella vita quotidiana, trovano il
momento sacramentale specifico nella
penitenza cristiana. A riguardo dei coniugi
così scriveva Paolo VI nell'enciclica
«Humanae vitae»: «Se il peccato facesse
ancora presa su di loro, non si scoraggino,
ma ricorrano con umile perseveranza alla
misericordia di Dio, che viene elargita con
abbondanza nel sacramento della penitenza»
(num. 25).
La
celebrazione di questo sacramento acquista
un significato particolare per la vita
familiare: mentre nella fede scoprono come
il peccato contraddice non solo all'alleanza
con Dio ma anche all'alleanza dei coniugi e
alla comunione della famiglia, gli sposi e
tutti i membri della famiglia sono condotti
all'incontro con Dio «ricco di misericordia»
(Ef 2,4), il quale, elargendo il suo amore
che è più potente del peccato (cfr. Giovanni
Paolo PP: II «Dives in Misericordia», 13),
ricostruisce e perfeziona l'alleanza
coniugale e la comunione familiare.
La preghiera familiare
59.
La Chiesa prega per la famiglia cristiana e
la educa a vivere in generosa coerenza con
il dono e il compito sacerdotale, ricevuti
da Cristo Sommo Sacerdote. In realtà, il
sacerdozio battesimale dei fedeli, vissuto
nel matrimonio-sacramento, costituisce per i
coniugi e per la famiglia il fondamento di
una vocazione e di una missione sacerdotale,
per la quale le loro esistenze quotidiane si
trasformano in «sacrifici spirituali graditi
a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (cfr. 1Pt
2,5): è quanto avviene, non solo con la
celebrazione dell'Eucaristia e degli altri
sacramenti e con l'offerta di se stessi alla
gloria di Dio, ma anche con la vita di
preghiera, con il dialogo orante col Padre
per Gesù Cristo nello Spirito Santo.
La
preghiera familiare ha sue caratteristiche.
E' una preghiera fatta in comune, marito e
moglie insieme, genitori e figli insieme. La
comunione nella preghiera è, ad un tempo,
frutto ed esigenza di quella comunione che
viene donata dai sacramenti del battesimo e
del matrimonio. Ai membri della famiglia
cristiana si possono applicare in modo
particolare le parole con le quali il
Signore Gesù promette la sua presenza: «In
verità vi dico ancora: se due di voi sopra
la terra si accorderanno per domandare
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli
ve la concederà. Perché dove sono due o tre
riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a
loro» (Mt 18,19s).
Tale preghiera ha come contenuto originale
la stessa vita di famiglia, che in tutte le
sue diverse circostanze viene interpretata
come vocazione di Dio e attuata come
risposta filiale al suo appello: gioie e
dolori, speranze e tristezze, nascite e
compleanni, anniversari delle nozze dei
genitori, partenze, lontananze e ritorni,
scelte importanti e decisive, la morte di
persone care, ecc. segnano l'intervento
dell'amore di Dio nella storia della
famiglia, così come devono segnare il
momento favorevole per il rendimento di
grazie, per l'implorazione, per l'abbandono
fiducioso della famiglia al comune Padre che
sta nei cieli. La dignità, poi, e la
responsabilità della famiglia cristiana come
Chiesa domestica possono essere vissute solo
con l'aiuto incessante di Dio, che
immancabilmente sarà concesso, se sarà
implorato con umiltà e fiducia nella
preghiera.
Educatori di preghiera
60.
In forza della loro dignità e missione, i
genitori cristiani hanno il compito
specifico di educare i figli alla preghiera,
di introdurli nella progressiva scoperta del
mistero di Dio e nel colloquio con lui:
«Soprattutto nella famiglia cristiana,
arricchita della grazia e della missione del
matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più
tenera età devono imparare a percepire il
senso di Dio e a venerarlo e ad amare il
prossimo secondo la fede che hanno ricevuto
nel battesimo» («Gravissimum Educationis»,
5; cfr. Giovanni Paolo PP. II «Catechesi
Tradendae», 36).
Elemento fondamentale e insostituibile
dell'educazione alla preghiera è l'esempio
concreto, la testimonianza viva dei
genitori: solo pregando insieme con i figli,
il padre e la madre, mentre portano a
compimento il proprio sacerdozio regale,
scendono in profondità nel cuore dei figli,
lasciando tracce che i successivi eventi
della vita non riusciranno a cancellare.
Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha
rivolto ai genitori: «Mamme, le insegnate ai
vostri bambini le preghiere del cristiano?
Li preparate, in consonanza con i sacerdoti,
i vostri figli ai sacramenti della prima
età: confessione, comunione, cresima? Li
abituate, se ammalati, a pensare a Cristo
sofferente? A invocare l'aiuto della Madonna
e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia?
E voi, papà, sapete pregare con i vostri
figliuoli, con tutta la comunità domestica,
almeno qualche volta? L'esempio vostro,
nella rettitudine del pensiero e
dell'azione, suffragato da qualche preghiera
comune, vale una lezione di vita, vale un
atto di culto di singolare merito; portate
così la pace nelle pareti domestiche: "Pax
huic domui!" Ricordate: così costruite la
Chiesa!» (Discorso all'Udienza generale [11
agosto 1976]: «Insegnamenti di Paolo VI»,
XIV [1976] 640).
Preghiera liturgica e privata
61.
Tra la preghiera della Chiesa e quella dei
singoli fedeli vi è un profondo e vitale
rapporto, come ha chiaramente riaffermato il
Concilio Vaticano II (cfr. «Sacrosantum
Concilium», 12). Ora una finalità importante
della preghiera della Chiesa domestica è di
costituire, per i figli, la naturale
introduzione alla preghiera liturgica
propria dell'intera Chiesa, nel senso sia di
preparare ad essa, sia di estenderla
nell'ambito della vita personale, familiare
e sociale. Di qui la necessità di una
progressiva partecipazione di tutti i membri
della famiglia cristiana all'Eucaristia,
soprattutto domenicale e festiva, e agli
altri sacramenti, in particolare quelli
dell'iniziazione cristiana dei figli. Le
direttive conciliari hanno aperto una nuova
possibilità alla famiglia cristiana, che è
stata annoverata tra i gruppi ai quali si
raccomanda la celebrazione comunitaria
dell'Ufficio divino (cfr. «Institutio
Generalis de Liturgia Horarum» 27). Così
pure sarà cura della famiglia cristiana
celebrare, anche nella casa e in forma
adatta ai suoi membri, i tempi e le
festività dell'anno liturgico.
Per
preparare e prolungare nella casa il culto
celebrato nella Chiesa, la famiglia
cristiana ricorre alla preghiera privata,
che presenta una grande varietà, di forme:
questa varietà mentre testimonia la
straordinaria ricchezza secondo cui lo
Spirito anima la preghiera cristiana, viene
incontro alle diverse esigenze e situazioni
di vita di chi si rivolge al Signore. Oltre
alla preghiera del mattino e della sera,
sono espressamente da consigliare, seguendo
anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la
lettura e la meditazione della Parola di
Dio, la preparazione ai sacramenti, la
devozione e consacrazione al Cuore di Gesù,
le varie forme di culto alla Vergine
Santissima, la benedizione della mensa,
l'osservanza della pietà popolare.
Nel
rispetto della libertà dei figli di Dio, la
Chiesa ha proposto e continua a proporre ai
fedeli alcune pratiche di pietà con una
particolare sollecitudine ed insistenza. Tra
queste è da ricordare la recita del Rosario:
«Vogliamo ora, in continuità con i nostri
predecessori, raccomandare vivamente la
recita del santo Rosario in famiglia... Non
v'è dubbio che la Corona della beata Vergine
Maria sia da ritenere come una delle più
eccellenti ed efficaci preghiere in comune,
che la famiglia cristiana è invitata a
recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e
vivamente auspichiamo che, quando l'incontro
familiare diventa tempo di preghiera. il
Rosario ne sia espressione frequente e
gradita» (Paolo PP. VI «Marialis Cultus»,
52-54). Così l'autentica devozione mariana,
che si esprime nel vincolo sincero e nella
generosa sequela degli atteggiamenti
spirituali della Vergine Santissima,
costituisce uno strumento privilegiato per
alimentare la comunione d'amore della
famiglia e per sviluppare la spiritualità
coniugale e familiare. Lei, la Madre di
Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera
speciale anche la Madre delle famiglie
cristiane delle Chiese domestiche.
Preghiera e vita
62.
Non si dovrà mai dimenticare che la
preghiera è parte costitutiva essenziale
della vita cristiana, colta nella sua
integralità e centralità, anzi appartiene
alla nostra stessa «umanità»: è «la prima
espressione della verità interiore
dell'uomo, la prima condizione
dell'autentica libertà dello spirito»
(Giovanni Paolo PP. II, Discorso al
Santuario della Mentorella [29 Ottobre
1978]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I
[1978] 78 s.).
Per
questo la preghiera non rappresenta affatto
un'evasione dall'impegno quotidiano, ma
costituisce la spinta più forte perché la
famiglia cristiana assuma ed assolva in
pienezza tutte le sue responsabilità di
cellula prima e fondamentale della società
umana. In tal senso, l'effettiva
partecipazione alla vita e missione della
Chiesa nel mondo è proporzionale alla
fedeltà e all'intensità della preghiera con
la quale la famiglia cristiana si unisce
alla Vite feconda, che è Cristo Signore
(cfr. «Apostolicam Actuositatem», 4).
Dall'unione vitale con Cristo, alimentata
dalla liturgia, dall'offerta di sé e dalla
preghiera, deriva pure la fecondità della
famiglia cristiana nel suo specifico
servizio di promozione umana, che di per se
non può non portare alla trasformazione del
mondo (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso
ai Vescovi della XII Regione Pastorale degli
Stati Uniti d'America [21 Settembre 1978]:
ASS 70 [1978] 767).
3) La famiglia cristiana comunità al
servizio dell'uomo
Il comandamento nuovo dell'amore
63.
La Chiesa, popolo
profetico-sacerdotale-regale, ha la missione
di portare tutti gli uomini ad accogliere
nella fede la Parola di Dio, e celebrarla e
professarla nei sacramenti e nella
preghiera, ed infine a manifestarla nella
concretezza della vita secondo il dono e il
comandamento nuovo dell'amore.
La
vita cristiana trova la sua legge non in un
codice scritto, ma nell'azione personale
dello Spirito Santo che anima e guida il
cristiano, cioè nella «legge dello Spirito
che dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2):
«L'amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è
stato dato» (Ibid. 5,5).
Ciò
ha valore anche per la coppia e per la
famiglia cristiana: loro guida e norma è lo
Spirito di Gesù, diffuso nei cuori con la
celebrazione del sacramento del matrimonio.
In continuità col battesimo nell'acqua e
nello Spirito il matrimonio ripropone la
legge evangelica dell'amore e col dono dello
Spirito la incide più a fondo nel cuore dei
coniugi cristiani: il loro amore, purificato
e salvato, è frutto dello Spirito, che
agisce nel cuore dei credenti, e si pone,
nello stesso tempo, come il comandamento
fondamentale della vita morale richiesta
alla loro libertà responsabile.
La
famiglia cristiana viene così animata e
guidata con la legge nuova dello Spirito ed
in intima comunione con la Chiesa, popolo
regale, è chiamata a vivere il suo
«servizio» d'amore a Dio e ai fratelli. Come
Cristo esercita la sua potestà regale
ponendosi al servizio degli uomini (Mc
10,45), così il cristiano trova il senso
autentico della sua partecipazione alla
regalità del suo Signore nel condividerne lo
spirito e il comportamento di servizio nei
confronti dell'uomo: «Questa potestà Egli
(Cristo) l'ha comunicata ai discepoli,
perché anch'essi siano costituiti nella
libertà regale e con l'abnegazione di sé e
la vita santa vincano in se stessi il regno
del peccato (cfr. Rm 6,12), anzi, servendo a
Cristo anche negli altri, con umiltà e
pazienza conducano i loro fratelli al Re,
servire al quale è regnare. Il Signore
infatti desidera dilatare il suo regno anche
per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè
"della verità e della vita, il regno della
santità e della grazia, il regno della
giustizia, dell'amore e della pace"; e in
questo regno anche le stesse creature
saranno liberate dalla schiavitù della
corruzione per partecipare alla gloriosa
libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21)»
(«Lumen Gentium», 36).
Scoprire in ogni fratello l'immagine di
Dio
64.
Animata e sostenuta dal comandamento nuovo
dell'amore, la famiglia cristiana vive
l'accoglienza, il rispetto, il servizio
verso ogni uomo, considerato sempre nella
sua dignità di persona e di figlio di Dio.
Ciò
deve avvenire, anzitutto, all'interno e a
favore della coppia e della famiglia,
mediante il quotidiano impegno a promuovere
un'autentica comunità di persone, fondata e
alimentata dall'interiore comunione di
amore. Ciò deve poi svilupparsi entro la più
vasta cerchia della comunità ecclesiale,
entro cui la famiglia cristiana è inserita:
grazie alla carità della famiglia, la Chiesa
può e deve assumere una dimensione più
domestica, cioè più familiare, adottando uno
stile più umano e fraterno di rapporti.
La
carità va oltre i propri fratelli di fede,
perché «ogni uomo è mio fratello»; in
ciascuno, soprattutto se povero, debole,
sofferente e ingiustamente trattato, la
carità sa scoprire il volto di Cristo e un
fratello da amare e da servire.
Perché il servizio dell'uomo sia vissuto
dalla famiglia secondo lo stile evangelico,
occorrerà attuare con premura quanto scrive
il Concilio Vaticano II: «Affinché tale
esercizio di carità possa essere al di sopra
di ogni sospetto e manifestarsi tale, si
consideri nel prossimo l'immagine di Dio
secondo cui è stato creato, e Cristo Signore
al quale veramente è donato quanto si dà al
bisognoso» («Apostolicam Actuositatem», 8)
La
famiglia cristiana, mentre nella carità
edifica la Chiesa, si pone al servizio
dell'uomo e del mondo, attuando veramente
quella «promozione umana», il cui contenuto
è stato sintetizzato nel Messaggio del
Sinodo alle famiglie: «Un altro compito
della famiglia è quello di formare gli
uomini all'amore e di praticare l'amore in
ogni rapporto con gli altri, cosicché essa
non si chiuda in se stessa, bensì rimanga
aperta alla comunità, essendo mossa dal
senso della giustizia e dalla sollecitudine
verso gli altri, nonché dal dovere della
propria responsabilità verso la società
intera» (Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi
alle Famiglie cristiane nel mondo
contemporaneo, 12 [24 Ottobre 1980]).
PARTE
QUARTA
LA PASTORALE
FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E
SITUAZIONI
I. I tempi della pastorale familiare
La Chiesa accompagna la famiglia
cristiana nel suo cammino
65.
Come ogni realtà vivente, anche la famiglia
è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo
la preparazione del fidanzamento e la
celebrazione sacramentale del matrimonio, la
coppia inizia il cammino quotidiano verso la
progressiva attuazione dei valori e dei
doveri del matrimonio stesso.
Alla luce della fede e in virtù della
speranza, anche la famiglia cristiana
partecipa, in comunione con la Chiesa,
all'esperienza del pellegrinaggio terreno
verso la piena rivelazione e realizzazione
del Regno di Dio.
Perciò è da sottolineare una volta di più
l'urgenza dell'intervento pastorale della
Chiesa a sostegno della famiglia. Bisogna
fare ogni sforzo perché la pastorale della
famiglia si affermi e si sviluppi,
dedicandosi a un settore veramente
prioritario, con la certezza che
l'evangelizzazione, in futuro, dipende in
gran parte dalla Chiesa domestica (cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Discorso alla III
Assemblea Generale dei Vescovi dell'America
Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71
[1979] 204).
La
sollecitudine pastorale della Chiesa non si
limiterà soltanto alle famiglie cristiane
più vicine, ma, allargando i propri
orizzonti sulla misura del Cuore di Cristo,
si mostrerà ancor più viva per l'insieme
delle famiglie in genere, e per quelle, in
particolare, che si trovano in situazioni
difficili o irregolari. Per tutte la Chiesa
avrà una parola di verità, di bontà, di
comprensione, di speranza, di viva
partecipazione alle loro difficoltà a volte
drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto
disinteressato affinché possano avvicinarsi
al modello di famiglia, che il Creatore ha
voluto fin dal «principio» e che Cristo ha
rinnovato con la sua grazia redentrice.
L'azione pastorale della Chiesa deve essere
progressiva, anche nel senso che deve
seguire la famiglia, accompagnandola passo a
passo nelle diverse tappe della sua
formazione e del suo sviluppo.
La preparazione
66.
Più che mai necessaria ai nostri giorni è la
preparazione dei giovani al matrimonio e
alla vita familiare. In alcuni Paesi sono
ancora le famiglie stesse che, secondo
antiche usanze, si riservano di trasmettere
ai giovani i valori riguardanti la vita
matrimoniale e familiare, mediante una
progressiva opera di educazione o
iniziazione. Ma i mutamenti sopravvenuti in
seno a quasi tutte le società moderne
esigono che non solo la famiglia, ma anche
la società e la Chiesa siano impegnate nello
sforzo di preparare adeguatamente i giovani
alle responsabilità del loro domani. Molti
fenomeni negativi che oggi si lamentano
nella vita familiare derivano dal fatto che,
nelle nuove situazioni, i giovani non solo
perdono di vista la giusta gerarchia dei
valori, ma, non possedendo più criteri
sicuri di comportamento, non sanno come
affrontare e risolvere le nuove difficoltà.
L'esperienza però insegna che i giovani ben
preparati alla vita familiare in genere
riescono meglio degli altri.
Ciò
vale ancor più per il matrimonio cristiano,
il cui influsso si estende sulla santità di
tanti uomini e donne. Per questo la Chiesa
deve promuovere migliori e più intensi
programmi di preparazione al matrimonio, per
eliminare, il più possibile, le difficoltà
in cui si dibattono tante coppie a ancor più
per favorire positivamente il sorgere e il
maturare dei matrimoni riusciti.
La
preparazione al matrimonio va vista e
attuata come un processo graduale e
continuo. Essa, infatti, comporta tre
principali momenti: una preparazione remota,
una prossima e una immediata.
La
preparazione remota ha inizio fin
dall'infanzia, in quella saggia pedagogia
familiare, orientata a condurre i fanciulli
a scoprire se stessi come esseri dotati di
una ricca e complessa psicologia e di una
personalità particolare con le proprie forze
e debolezze. E' il periodo in cui va
istillata la stima per ogni autentico valore
umano, sia nei rapporti interpersonali, sia
in quelli sociali, con quel che ciò
significa per la formazione del carattere,
per il dominio ed il retto uso delle proprie
inclinazioni, per il modo di considerare e
incontrare le persone dell'altro sesso, e
così via. E' richiesta, inoltre,
specialmente per i cristiani, una solida
formazione spirituale e catechetica, che
sappia mostrare nel matrimonio una vera
vocazione e missione, senza escludere la
possibilità del dono totale di sé a Dio
nella vocazione alla vita sacerdotale o
religiosa.
Su
questa base in seguito si imposterà, a largo
respiro, la preparazione prossima, la quale
- dall'età opportuna e con un'adeguata
catechesi, come in un cammino catecumenale -
comporta una più specifica preparazione ai
sacramenti, quasi una loro riscoperta.
Questa rinnovata catechesi di quanti si
preparano al matrimonio cristiano è del
tutto necessaria, affinché il sacramento sia
celebrato e vissuto con le dovute
disposizioni morali e spirituali. La
formazione religiosa dei giovani dovrà
essere integrata, al momento conveniente e
secondo le varie esigenze concrete, da una
preparazione alla vita a due che,
presentando il matrimonio come un rapporto
interpersonale dell'uomo e della donna da
svilupparsi continuamente, stimoli ad
approfondire i problemi della sessualità
coniugale e della paternità responsabile,
con le conoscenze medico-biologiche
essenziali che vi sono connesse, ed avvii
alla familiarità con retti metodi di
educazione dei figli, favorendo
l'acquisizione degli elementi di base per
un'ordinata conduzione della famiglia
(lavoro stabile, sufficiente disponibilità
finanziaria, saggia amministrazione, nozioni
di economia domestica, ecc.).
lnfine non si dovrà tralasciare la
preparazione all'apostolato familiare, alla
fraternità e collaborazione con le altre
famiglie, all'inserimento attivo in gruppi,
associazioni, movimenti e iniziative che
hanno per finalità il bene umano e cristiano
della famiglia.
La
preparazione immediata a celebrare il
sacramento del matrimonio deve aver luogo
negli ultimi mesi e settimane che precedono
le nozze quasi a dare un nuovo significato,
nuovo contenuto e forma nuova al cosiddetto
esame prematrimoniale richiesto dal diritto
canonico. Sempre necessaria in ogni caso,
tale preparazione si impone con maggiore
urgenza per quei fidanzati che ancora
presentassero carenze e difficoltà nella
dottrina e nella pratica cristiana.
Tra
gli elementi da comunicare in questo cammino
di fede, analogo al catecumenato, ci deve
essere anche una conoscenza approfondita del
mistero di Cristo e della Chiesa, dei
significati di grazia e di responsabilità
del matrimonio cristiano, nonché la
preparazione a prendere parte attiva e
consapevole ai riti della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della preparazione al
matrimonio - che abbiamo descritto solo a
grandi linee indicative - devono sentirsi
impegnate la famiglia cristiana e tutta la
comunità ecclesiale. E' auspicabile che le
conferenze episcopali, come sono interessate
ad opportune iniziative per aiutare i futuri
sposi ad essere più consapevoli della
serietà della loro scelta e i pastori
d'anime ad accertarsi delle loro convenienti
disposizioni, così curino che sia emanato un
Direttorio per la pastorale della famiglia.
In esso si dovranno stabilire, anzitutto,
gli elementi minimi di contenuto, di durata
e di metodo dei «Corsi di preparazione»,
equilibrando fra loro i diversi aspetti -
dottrinali, pedagogici, legali e medici -
che interessano il matrimonio, e
strutturandoli in modo che quanti si
preparano al matrimonio, al di là di un
approfondimento intellettuale, si sentano
spinti ad inserirsi vitalmente nella
comunità ecclesiale.
Benché il carattere di necessità e di
obbligatorietà della preparazione immediata
al matrimonio non sia da sottovalutare - ciò
che succederebbe qualora se ne concedesse
facilmente la dispensa - tuttavia, tale
preparazione, deve essere sempre proposta e
attuata in modo che la sua eventuale
omissione non sia di impedimento per la
celebrazione delle nozze.
La celebrazione
67.
Il matrimonio cristiano richiede di norma
una celebrazione liturgica, che esprima in
forma sociale e comunitaria la natura
essenzialmente ecclesiale e sacramentale del
patto coniugale fra i battezzati.
In
quanto gesto sacramentale di santificazione,
la celebrazione del matrimonio - inserita
nella liturgia, culmine di tutta l'azione
della Chiesa e fonte della sua forza
santificatrice (cfr. «Sacrosantum Concilium»
10) - deve essere per sé valida, degna e
fruttuosa. Si apre qui un vasto campo alla
sollecitudine pastorale, affinché siano
pienamente assolte le esigenze derivanti
dalla natura del patto coniugale elevato a
sacramento, e sia altresì fedelmente
osservata la disciplina della Chiesa per
quanto riguarda il libero consenso, gli
impedimenti, la forma canonica e il rito
stesso della celebrazione. Quest'ultimo
dev'essere semplice e dignitoso, secondo le
norme delle competenti autorità della
Chiesa, alle quali spetta pure - secondo le
concrete circostanze di tempo e di luogo e
in conformità con le norme impartite dalla
Sede Apostolica (cfr. «Ordo celebrandi
Matrimonium», 17) - di assumere
eventualmente nella celebrazione liturgica
quegli elementi propri di ciascuna cultura,
che meglio valgono ad esprimere il profondo
significato umano e religioso del patto
coniugale purché nulla contengano di meno
confacente con la fede e la morale
cristiana.
In
quanto segno, la celebrazione liturgica deve
svolgersi in modo da costituire, anche nella
sua realtà esteriore, una proclamazione
della Parola di Dio e una professione di
fede della comunità dei credenti. L'impegno
pastorale si esprimerà qui con la cura
intelligente e diligente della «liturgia
della Parola» e con l'educazione alla fede
dei partecipanti alla celebrazione e, in
primo luogo, dei nubendi.
In
quanto gesto sacramentale della Chiesa, la
celebrazione liturgica del matrimonio deve
coinvolgere la comunità cristiana, con la
partecipazione piena, attiva e responsabile
di tutti i presenti, secondo il posto e il
compito di ciascuno: gli sposi, il
sacerdote, i testimoni, i parenti, gli
amici, gli altri fedeli, tutti membri di
un'assemblea che manifesta e vive il mistero
di Cristo e della sua Chiesa.
Per
la celebrazione del matrimonio cristiano
nell'ambito delle culture o tradizioni
ancestrali, si seguano i principi qui sopra
enunziati.
Celebrazione del matrimonio ed
evangelizzazione dei battezzati non credenti
68.
Proprio perché nella celebrazione del
sacramento una attenzione tutta speciale va
riservata alle disposizioni morali e
spirituali dei nubendi, in particolare alla
loro fede, va qui affrontata una difficoltà
non infrequente, nella quale possono
trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto
della nostra società secolarizzata.
La
fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di
sposarsi può esistere in gradi diversi ed è
dovere primario dei pastori di farla
riscoprire, di nutrirla e di renderla
matura. Ma essi devono anche comprendere le
ragioni che consigliano alla Chiesa di
ammettere alla celebrazione anche chi è
imperfettamente disposto.
Il
sacramento del matrimonio ha questo di
specifico fra tutti gli altri: di essere il
sacramento di una realtà che già esiste
nell'economia della creazione, di essere lo
stesso patto coniugale istituito dal
Creatore «al principio». La decisione dunque
dell'uomo e della donna di sposarsi secondo
questo progetto divino, la decisione cioè di
impegnare nel loro irrevocabile consenso
coniugale tutta la loro vita in un amore
indissolubile ed in una fedeltà
incondizionata, implica realmente, anche se
non in modo pienamente consapevole, un
atteggiamento di profonda obbedienza alla
volontà di Dio, che non può darsi senza la
sua grazia. Essi sono già, pertanto,
inseriti in un vero e proprio cammino di
salvezza, che la celebrazione del sacramento
e l'immediata preparazione alla medesima
possono completare e portare a termine, data
la rettitudine della loro intenzione.
E'
vero, d'altra parte, che in alcuni territori
motivi di carattere più sociale che non
autenticamente religioso spingono i
fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa.
La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio,
infatti, non è un avvenimento che riguarda
solo chi si sposa. Esso è per sua stessa
natura un fatto anche sociale, che impegna
gli sposi davanti alla società. E da sempre
la sua celebrazione è stata una festa, che
unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque,
che motivi sociali entrino, assieme a quelli
personali, nella richiesta di sposarsi in
chiesa.
Tuttavia, non si deve dimenticare che questi
fidanzati, in forza del loro battesimo, sono
realmente già inseriti nell'Alleanza
sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per
la loro retta intenzione, hanno accolto il
progetto di Dio sul matrimonio e, quindi,
almeno implicitamente, acconsentono a ciò
che la Chiesa intende fare quando celebra il
matrimonio. E, dunque, il solo fatto che in
questa richiesta entrino anche motivi di
carattere sociale non giustifica un
eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del
resto, come ha insegnato il Concilio
Vaticano II, i sacramenti con le parole e
gli elementi rituali nutrono ed
irrobustiscono la fede (cfr. «Sacrosantum
Concilium», 59): quella fede verso cui i
fidanzati già sono incamminati in forza
della rettitudine della loro intenzione, che
la grazia di Cristo non manca certo di
favorire e di sostenere.
Voler stabilire ulteriori criteri di
ammissione alla celebrazione ecclesiale del
matrimonio, che dovrebbero riguardare il
grado di fede dei nubendi, comporta oltre
tutto gravi rischi. Quello, anzitutto, di
pronunciare giudizi infondati e
discriminatori; il rischio, poi, di
sollevare dubbi sulla validità di matrimoni
già celebrati, con grave danno per le
comunità cristiane, e di nuove
ingiustificate inquietudini per la coscienza
degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di
contestare o di mettere in dubbio la
sacramentalità di molti matrimoni di
fratelli separati dalla piena comunione con
la Chiesa cattolica, contraddicendo così la
tradizione ecclesiale.
Quando, al contrario, nonostante ogni
tentativo fatto, i nubendi mostrano di
rifiutare in modo esplicito e formale ciò
che la Chiesa intende compiere quando si
celebra il matrimonio dei battezzati, il
pastore d'anime non può ammetterli alla
celebrazione. Anche se a malincuore, egli ha
il dovere di prendere atto della situazione
e di far comprendere agli interessati che,
stando così le cose, non è la Chiesa ma sono
essi stessi ad impedire quella celebrazione
che pure domandano.
Ancora una volta appare in tutta la sua
urgenza la necessità di una evangelizzazione
e catechesi pre e post-matrimoniale, messe
in atto da tutta la comunità cristiana,
perché ogni uomo ed ogni donna che si
sposano, celebrino il sacramento del
matrimonio non solo validamente ma anche
fruttuosamente.
Pastorale post-matrimoniale
69.
La cura pastorale della famiglia
regolarmente costituita significa, in
concreto, l'impegno di tutte le componenti
della comunità ecclesiale locale
nell'aiutare la coppia a scoprire e a vivere
la sua nuova vocazione e missione. Perché la
famiglia divenga sempre più una vera
comunità di amore, è necessario che tutti i
suoi membri siano aiutati e formati alle
loro responsabilità di fronte ai nuovi
problemi che si presentano, al servizio
reciproco, alla compartecipazione attiva
alla vita di famiglia.
Ciò
vale soprattutto per le giovani famiglie, le
quali, trovandosi in un contesto di nuovi
valori e di nuove responsabilità, sono più
esposte, specialmente nei primi anni di
matrimonio, ad eventuali difficoltà, come
quelle create dall'adattamento alla vita in
comune o dalla nascita di figli. I giovani
coniugi sappiano accogliere cordialmente e
valorizzare intelligentemente l'aiuto
discreto, delicato e generoso di altre
coppie, che già da tempo vanno facendo
l'esperienza del matrimonio e della
famiglia. Così in seno alla comunità
ecclesiale - grande famiglia formata da
famiglie cristiane - si attuerà un mutuo
scambio di presenza e di aiuto fra tutte le
famiglie, ciascuna mettendo a servizio delle
altre la propria esperienza umana, come pure
i doni di fede e di grazia. Animato da vero
spirito apostolico, questo aiuto da famiglia
a famiglia costituirà uno dei modi più
semplici, più efficaci e alla portata di
tutti per trasfondere capillarmente quei
valori cristiani, che sono il punto di
partenza e di arrivo di ogni cura pastorale.
In tal modo le giovani famiglie non si
limiteranno solo a ricevere, ma a loro
volta, così aiutate, diverranno fonte di
arricchimento per le altre famiglie, già da
tempo costituite, con la loro testimonianza
di vita e il loro contributo fattivo.
Nell'azione pastorale verso le giovani
famiglie, poi, la Chiesa dovrà riservare una
specifica attenzione per educarle a vivere
responsabilmente l'amore coniugale in
rapporto alle sue esigenze di comunione e di
servizio alla vita, come pure a conciliare
l'intimità della vita di casa con la comune
e generosa opera per edificare la Chiesa e
la società umana. Quando, con l'avvento dei
figli, la coppia diventa in senso pieno e
specifico una famiglia, la Chiesa sarà
ancora vicina ai genitori perché accolgano i
loro figli e li amino come dono ricevuto dal
Signore della vita, assumendo con gioia la
fatica di servirli nella loro crescita umana
e cristiana.
II. Strutture della pastorale familiare
L'azione pastorale è sempre espressione
dinamica della realtà della Chiesa,
impegnata nella sua missione di salvezza.
Anche la pastorale familiare - forma
particolare e specifica della pastorale - ha
come suo principio operativo e come
protagonista responsabile la Chiesa stessa,
attraverso le sue strutture e i suoi
operatori.
La comunità ecclesiale e in particolare
la parrocchia
70.
Comunità al tempo stesso salvata e salvante,
la Chiesa deve essere qui considerata nella
sua duplice dimensione universale e
particolare: questa si esprime e si attua
nella comunità diocesana, pastoralmente
divisa in comunità minori fra cui si
distingue, per la sua peculiare importanza,
la parrocchia.
La
comunione con la Chiesa universale non
mortifica, ma garantisce e promuove la
consistenza e l'originalità delle diverse
Chiese particolari; queste ultime restano il
soggetto operativo più immediato e più
efficace per l'attuazione della pastorale
familiare. In tal senso ogni Chiesa locale
e, in termini più particolari, ogni comunità
parrocchiale deve prendere più viva
coscienza della grazia e della
responsabilità che riceve dal Signore in
ordine a promuovere la pastorale della
famiglia. Ogni piano di pastorale organica,
ad ogni livello, non deve mai prescindere
dal prendere in considerazione la pastorale
della famiglia.
Alla luce di tale responsabilità va compresa
anche l'importanza di un'adeguata
preparazione da parte di quanti verranno più
specificamente impegnati in questo genere di
apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le
religiose, fin dal tempo della loro
formazione, vengano orientati e formati in
maniera progressiva e adeguata ai rispettivi
compiti. Fra le altre iniziative mi
compiaccio di sottolineare la recente
creazione in Roma, presso la Pontificia
Università Lateranense, di un Istituto
Superiore consacrato allo studio dei
problemi della famiglia. Anche in alcune
diocesi sono stati fondati Istituti di
questo genere; i Vescovi s'impegnino
affinché il più gran numero possibile di
sacerdoti, prima di assumere responsabilità
parrocchiali, vi frequentino corsi
specializzati. Altrove corsi di formazione
vengono periodicamente tenuti presso
Istituti Superiori di studi teologici e
pastorali. Tali iniziative vanno
incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed
aperte, ovviamente, anche ai laici che
presteranno la loro opera professionale
(medica, legale, psicologica, sociale,
educativa) in aiuto della famiglia.
La famiglia
71.
Ma soprattutto dev'essere riconosciuto il
posto singolare che, in questo campo, spetta
alla missione dei coniugi e delle famiglie
cristiane, in forza della grazia ricevuta
nel sacramento. Tale missione dev'essere
posta a servizio dell'edificazione della
Chiesa, della costruzione del Regno di Dio
nella storia. Ciò è richiesto come atto di
docile obbedienza a Cristo Signore. Egli,
infatti, in forza del matrimonio dei
battezzati elevato a sacramento, conferisce
agli sposi cristiani una peculiare missione
di apostoli, inviandoli come operai nella
sua vigna, e, in modo tutto speciale, in
questo campo della famiglia.
In
questa attività essi operano in comunione e
collaborazione con gli altri membri della
Chiesa, che pure s'impegnano a favore della
famiglia, mettendo a frutto i loro doni e
ministeri. Tale apostolato si svolgerà
anzitutto in seno alla propria famiglia, con
la testimonianza della vita vissuta in
conformità della legge divina in tutti i
suoi aspetti, con la formazione cristiana
dei figli, con l'aiuto dato alla loro
maturazione nella fede, con l'educazione
alla castità, con la preparazione alla vita,
con la vigilanza per preservarli dai
pericoli ideologici e morali da cui spesso
sono minacciati, col loro graduale e
responsabile inserimento nella comunità
ecclesiale e in quella civile, con
l'assistenza e il consiglio nella scelta
della vocazione, col mutuo aiuto tra i
membri della famiglia per la comune crescita
umana e cristiana, e così via. L'apostolato
della famiglia, poi, si irradierà con opere
di carità spirituale e materiale verso le
altre famiglie, specialmente quelle più
bisognose di aiuto e di sostegno, verso i
poveri, i malati, gli anziani, gli
handicappati, gli orfani, le vedove, i
coniugi abbandonati, le madri nubili e
quelle che, in situazioni difficili, sono
tentate di disfarsi del frutto del loro
seno, ecc.
Le associazioni di famiglie per le
famiglie
72.
Sempre nell'ambito della Chiesa, soggetto
responsabile della pastorale familiare, sono
da ricordare i diversi raggruppamenti di
fedeli, nei quali si manifesta e si vive in
qualche misura il mistero della Chiesa di
Cristo. Sono perciò da riconoscere e
valorizzare - ciascuna in rapporto alle
caratteristiche, finalità, incidenze e
metodi propri - le diverse comunità
ecclesiali, i vari gruppi e i numerosi
movimenti impegnati in vario modo, a diverso
titolo e a diverso livello, nella pastorale
familiare.
Per
tale motivo il Sinodo ha espressamente
riconosciuto l'utile apporto di tali
associazioni di spiritualità, di formazione
e di apostolato. Sarà loro compito suscitare
nei fedeli un vivo senso di solidarietà,
favorire una condotta di vita ispirata al
Vangelo e alla fede della Chiesa, formare le
coscienze secondo i valori cristiani e non
sui parametri della pubblica opinione,
stimolare alle opere di carità vicendevole e
verso gli altri con uno spirito di apertura,
che faccia delle famiglie cristiane una vera
sorgente di luce e un sano fermento per le
altre.
Similmente e desiderabile, che, con vivo
senso del bene comune, le famiglie cristiane
si impegnino attivamente a ogni livello
anche in altre associazioni non ecclesiali.
Alcune di tali associazioni si propongono la
preservazione, trasmissione e tutela dei
sani valori etici e culturali dei rispettivi
popoli, lo sviluppo della persona umana, la
protezione medica, giuridica e sociale della
maternità e dell'infanzia, la giusta
promozione della donna e la lotta a quanto
mortifica la sua dignità, l'incremento della
mutua solidarietà, la conoscenza dei
problemi connessi con la responsabile
regolazione della fecondità secondo i metodi
naturali conformi alla dignità umana e alla
dottrina della Chiesa. Altre mirano alla
costruzione di un mondo più giusto e più
umano, alla promozione di leggi giuste che
favoriscano il retto ordine sociale nel
pieno rispetto della dignità e di ogni
legittima libertà dell'individuo e della
famiglia, a livello sia nazionale sia
internazionale, alla collaborazione con la
scuola e con le altre istituzioni, che
completano l'educazione dei figli, e così
via
III. Operatori della pastorale familiare
Oltre che la famiglia - oggetto, ma
anzitutto soggetto essa stessa della
pastorale familiare - vanno ricordati anche
gli altri principali operatori in questo
particolare settore.
I vescovi ed i presbiteri
73.
Il primo responsabile della pastorale
familiare nella diocesi è il vescovo. Come
Padre e Pastore egli dev'essere
particolarmente sollecito di questo settore,
senza dubbio prioritario, della pastorale.
Ad esso deve consacrare interessamento,
sollecitudine, tempo, personale, risorse;
soprattutto, però, appoggio personale alle
famiglie ed a quanti, nelle diverse
strutture diocesane, lo aiutano nella
pastorale della famiglia. Avrà
particolarmente a cuore il proposito di far
sì che la propria diocesi sia sempre più una
vera «famiglia diocesana», modello e
sorgente di speranza per tante famiglie che
vi appartengono. La creazione del Pontificio
Consiglio per la Famiglia va vista in questo
contesto: essere un segno dell'importanza
che attribuisco alla pastorale della
famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno
strumento efficace per aiutare a promuoverla
ad ogni livello.
I
vescovi si valgono in modo particolare dei
presbiteri, il cui compito - come ha
espressamente sottolineato il Sinodo -
costituisce parte essenziale del ministero
della Chiesa verso il matrimonio e la
famiglia. Lo stesso si dica di quei diaconi,
ai quali eventualmente venga affidata la
cura di questo settore pastorale.
La
loro responsabilità si estende non solo ai
problemi morali e liturgici, ma anche a
quelli di carattere personale e sociale.
Essi devono sostenere la famiglia nelle sue
difficoltà e sofferenze, affiancandosi ai
membri di essa, aiutandoli a vedere la loro
vita alla luce del Vangelo. Non è superfluo
notare che da tale missione, se esercitata
col dovuto discernimento e con vero spirito
apostolico, il ministro della Chiesa attinge
nuovi stimoli ed energie spirituali anche
per la propria vocazione e per l'esercizio
stesso del ministero.
Tempestivamente e seriamente preparati a
tale apostolato, il sacerdote o il diacono
devono comportarsi costantemente, nei
riguardi delle famiglie, come padre,
fratello, pastore e maestro, aiutandole coi
sussidi della grazia e illuminandole con la
luce della verità. Il loro insegnamento e i
loro consigli, quindi, dovranno essere
sempre in piena consonanza col Magistero
autentico della Chiesa, in modo da aiutare
il Popolo di Dio a formarsi un retto senso
della fede da applicare, poi, alla vita
concreta. Tale fedeltà al Magistero
consentirà pure ai sacerdoti di curare con
ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per
evitare ai fedeli ansietà di coscienza.
Pastori e laici partecipano, nella Chiesa,
alla missione profetica di Cristo: i laici,
testimoniando la fede con le parole e con la
vita cristiana; i pastori, discernendo in
tale testimonianza ciò che è espressione di
fede genuina da ciò che è meno rispondente
alla luce della fede; la famiglia, in quanto
comunità cristiana, con la sua peculiare
partecipazione e testimonianza di fede. Si
avvia così un dialogo anche tra i pastori e
le famiglie. I teologi e gli esperti di
problemi familiari possono essere di grande
aiuto a tale dialogo, spiegando esattamente
il contenuto del Magistero della Chiesa e
quello dell'esperienza della vita di
famiglia. In tal modo l'insegnamento del
Magistero viene meglio compreso e si spiana
la strada al suo progressivo sviluppo. Giova
tuttavia ricordare che la norma prossima e
obbligatoria nella dottrina della fede -
anche circa i problemi della famiglia -
compete al Magistero gerarchico. Rapporti
chiari tra i teologi, gli esperti di
problemi familiari e il Magistero giovano
non poco alla retta intelligenza della fede
ed a promuovere - entro i confini di essa -
il legittimo pluralismo.
Religiosi e Religiose
74.
Il contributo che i religiosi e le
religiose, e le anime consacrate in genere,
possono dare all'apostolato della famiglia
trova la sua prima, fondamentale e originale
espressione proprio nella loro consacrazione
a Dio, che li rende «davanti a tutti i
fedeli... richiamo di quel mirabile connubio
operato da Dio e che si manifesterà
pienamente nel secolo futuro, per cui la
Chiesa ha Cristo come unico suo sposo»
(«Perfectae Caritatis», 12), e testimoni di
quella carità universale che, per mezzo
della castità abbracciata per il Regno dei
cieli, li rende sempre più disponibili per
dedicarsi generosamente al servizio divino e
alle opere di apostolato.
Di
qui la possibilità che religiosi e
religiose, membri di Istituti secolari e di
altri Istituti di perfezione, singolarmente
o associati, sviluppino un loro servizio
alle famiglie, con particolare sollecitudine
verso i bambini, specialmente se
abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o
handicappati; visitando le famiglie e
prendendosi cura dei malati; coltivando
rapporti di rispetto e di carità con
famiglie incomplete, in difficoltà o
disgregate; offrendo la propria opera di
insegnamento e di consulenza nella
preparazione dei giovani al matrimonio e
nell'aiuto alle coppie per una procreazione
veramente responsabile; aprendo le proprie
case all'ospitalità semplice e cordiale,
affinché le famiglie possano trovarvi il
senso di Dio, il gusto della preghiera e del
raccoglimento, l'esempio concreto di una
vita vissuta in carità e letizia fraterna
come membri della più grande famiglia di
Dio.
Vorrei aggiungere l'esortazione più
pressante ai responsabili degli Istituti di
vita consacrata, a voler considerare -
sempre nel sostanziale rispetto del carisma
proprio ed originario - l'apostolato rivolto
alle famiglie come uno dei compiti
prioritari, resi più urgenti dall'odierno
stato di cose.
Laici specializzati
75.
Non poco giovamento possono recare alle
famiglie quei laici specializzati (medici,
uomini di legge, psicologi, assistenti
sociali, consulenti, ecc.) che sia
individualmente sia impegnati in diverse
associazioni e iniziative, prestano la loro
opera di illuminazione, di consiglio, di
orientamento, di sostegno. Ad essi possono
bene applicarsi le esortazioni che ebbi
occasione di rivolgere alla Confederazione
dei Consultori familiari di ispirazione
cristiana: «E' un impegno il vostro, che ben
merita la qualifica di missione, tanto
nobili sono le finalità che persegue e tanto
determinati, per il bene della società e
della stessa comunità cristiana, sono i
risultati che ne derivano... Tutto quello
che riuscirete a fare a sostegno della
famiglia è destinato ad avere un'efficacia
che, travalicando il suo ambito proprio,
raggiunge anche altre persone ed incide
sulla società. Il futuro del mondo e della
Chiesa passa attraverso la famiglia» (num.
3-4 [29 Novembre 1980]: «Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1453).
Recettori e operatori della comunicazione
sociale
76.
Una parola a parte è da riservare a questa
categoria tanto importante nella vita
moderna. E' risaputo che gli strumenti della
comunicazione sociale «incidono, e spesso
profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo
e intellettuale, sia sotto l'aspetto morale
e religioso, nell'ambito di quanti li
usano», specialmente se giovani (Paolo PP.
VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali [7 Aprile 1969]:
ASS 61 [1969] 455). Essi, perciò, possono
esercitare un benefico influsso sulla vita e
sui costumi della famiglia e sulla
educazione dei figli, ma al tempo stesso
nascondono anche «insidie e pericoli non
trascurabili» (Giovanni Paolo PP. II,
Messaggio per la Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali 1980 [1· Maggio 1980]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II» III, 1
[1980] 1042, e potrebbero diventare veicolo
- a volte abilmente e sistematicamente
manovrato, come purtroppo accade in diversi
Paesi del mondo - di ideologie disgregatrici
e di visioni deformate della vita, della
famiglia, della religione, della moralità,
non rispettose della vera dignità e del
destino dell'uomo.
Pericolo tanto più reale, in quanto
«l'odierno modo di vivere - specialmente
nelle nazioni più industrializzate - porta
assai spesso le famiglie a scaricarsi delle
loro responsabilità educative, trovando
nella facilità di evasione (rappresentata,
in casa, specialmente dalla televisione e da
certe pubblicazioni), il modo di tenere
occupati tempo ed attività dei bambini e dei
ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio
per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 1981, 5 [10 Maggio 1980]:
«L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di
qui «il dovere... di proteggere specialmente
i bambini e ragazzi dalle "aggressioni" che
subiscono dai mass-media», procurando che
l'uso di questi in famiglia sia
accuratamente regolato. Così pure dovrebbe
stare altrettanto a cuore alla famiglia
cercare, per i propri figli, anche altri
diversivi più sani, più utili e formativi
fisicamente, moralmente e spiritualmente,
«per potenziare e valorizzare il tempo
libero dei ragazzi e indirizzarne le
energie» (Ibid).
Poiché, poi, gli strumenti della
comunicazione sociale - al pari della scuola
e dell'ambiente - incidono spesso anche in
notevole misura sulla formazione dei figli,
i genitori, in quanto recettori, devono
farsi parte attiva nell'uso moderato,
critico, vigile e prudente di essi,
individuando quale influsso esercitano sui
figli, e nella mediazione orientativa che
consenta «di educare la coscienza dei figli
ad esprimere giudizi sereni e oggettivi, che
poi la guidano nella scelta e nel rifiuto
dei programmi proposti» (Paolo PP. VI,
Messaggio per la III Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).
Con
eguale impegno i genitori cercheranno di
influire sulla scelta e preparazione dei
programmi stessi, mantenendosi in contatto -
con opportune iniziative - con i
responsabili dei vari momenti della
produzione e della trasmissione, per
assicurarsi che non siano abusivamente
trascurati o espressamente conculcati quei
valori umani fondamentali che fanno parte
del vero bene comune della società, ma, al
contrario, vengano diffusi programmi atti a
presentare, nella loro giusta luce, i
problemi della famiglia e la loro adeguata
soluzione. A tal proposito il mio
predecessore di venerabile memoria., Paolo
VI, scriveva: «I produttori devono conoscere
e rispettare le esigenze della famiglia, e
questo suppone, a volte, in essi un vero
coraggio, e sempre un alto senso di
responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti
ad evitare tutto ciò che può ledere la
famiglia nella sua esistenza, nella sua
stabilità, nel suo equilibrio, nella sua
felicità. Ogni offesa ai valori fondamentali
della famiglia - si tratti di erotismo o di
violenza, di apologia del divorzio o di
atteggiamenti antisociali dei giovani - è
un'offesa al vero bene dell'uomo (Ibid.).
Ed
io stesso, in analoga occasione, facevo
rilevare che le famiglie «devono poter
contare in non piccola misura sulla buona
volontà, sulla rettitudine e sul senso di
responsabilità dei professionisti dei media:
editori, scrittori, produttori, direttori,
drammaturghi, informatori, commentatori ed
attori» (Messaggio per la Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali 1980:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1
[1980] 1044). Perciò è doveroso che anche da
parte della Chiesa si continui a dedicare
ogni cura a queste categorie di operatori,
incoraggiando e sostenendo, nello stesso
tempo, quei cattolici che vi si sentono
chiamati e ne hanno le doti, ad impegnarsi
in questi delicati settori.
IV. La pastorale familiare nei casi
difficili
Circostanze particolari
77.
Un impegno pastorale ancor più generoso,
intelligente e prudente, sull'esempio del
Buon Pastore, è richiesto nei confronti di
quelle famiglie che - spesso
indipendentemente dalla propria volontà o
premute da altre esigenze di diversa natura
- si trovano ad affrontare situazioni
obiettivamente difficili.
A
questo proposito è necessario richiamare
specialmente l'attenzione su alcune
categorie particolari, che maggiormente
abbisognano non solo di assistenza, ma di
un'azione più incisiva sulla pubblica
opinione e soprattutto sulle strutture
culturali, economiche e giuridiche, al fine
di eliminare al massimo le cause profonde
dei loro disagi.
Tali sono, ad esempio, le famiglie dei
migranti per motivi di lavoro; le famiglie
di quanti sono costretti a lunghe assenze,
quali, ad esempio, i militari, i naviganti,
gli itineranti d'ogni tipo; le famiglie dei
carcerati, dei profughi e degli esiliati; le
famiglie che nelle grande città vivono
praticamente emarginate; quelle che non
hanno casa; quelle incomplete o
monoparentali; le famiglie con i figli
handicappati o drogati, le famiglie di
alcoolizzati; quelle sradicate dal loro
ambiente culturale e sociale o in rischio di
perderlo; quelle discriminate per motivi
politici o per altre ragioni; le famiglie
ideologicamente divise; quelle che non
riescono ad avere facilmente un contatto con
la parrocchia; quelle che subiscono violenza
o ingiusti trattamenti a motivo della
propria fede; quelle composte da coniugi
minorenni; gli anziani, non raramente
costretti a vivere in solitudine e senza
adeguati mezzi di sussistenza.
Le
famiglie dei migranti, specialmente
trattandosi di operai e di contadini, devono
poter trovare dappertutto, nella Chiesa, la
loro patria. E' questo un compito
connaturale alla Chiesa, essendo segno di
unità nella diversità. Per quanto è
possibile siano assistiti da sacerdoti del
loro stesso rito, cultura e idioma. Spetta
pure alla Chiesa fare appello alla coscienza
pubblica e a quanti hanno autorità nella
vita sociale, economica e politica, affinché
gli operai trovino lavoro nella propria
regione e patria, siano retribuiti con
giusto salario, le famiglie vengano al più
presto riunite, siano prese in
considerazione nella loro identità
culturale, trattate al pari delle altre, ed
ai loro figli sia data l'opportunità della
formazione professionale e dell'esercizio
della professione, come pure del possesso
della terra necessaria per lavorare e
vivere.
Un
problema difficile è quello delle famiglie
ideologicamente divise. In questi casi si
richiede una particolare cura pastorale.
Anzitutto bisogna, con discrezione,
mantenere un contatto personale con tali
famiglie. I credenti devono essere
fortificati nella fede e sostenuti nella
vita cristiana. Anche se la parte fedele al
cattolicesimo non può cedere, tuttavia
bisogna sempre mantenere vivo il dialogo con
l'altra parte. Devono essere moltiplicate le
manifestazioni di amore e di rispetto, nella
ferma speranza di mantenere salda l'unità.
Molto dipende anche dai rapporti tra
genitori e figli. Le ideologie estranee alla
fede possono, del resto, stimolare i membri
credenti della famiglia a crescere nella
fede e nella testimonianza di amore.
Altri momenti difficili, nei quali la
famiglia ha bisogno dell'aiuto della
comunità ecclesiale e dei suoi pastori,
possono essere: l'adolescenza irrequieta
contestatrice ed a volte tempestosa dei
figli; il loro matrimonio, che li stacca
dalla famiglia di origine; l'incomprensione
o la mancanza di amore da parte delle
persone più care; l'abbandono da parte del
coniuge o la sua perdita, che apre la
dolorosa esperienza della vedovanza, della
morte di un familiare che mutila e trasforma
in profondità il nucleo originario della
famiglia.
Similmente non può essere trascurato dalla
Chiesa il momento dell'età anziana, con
tutti i suoi contenuti positivi e negativi:
di possibile approfondimento dell'amore
coniugale sempre più purificato e nobilitato
dalla lunga e ininterrotta fedeltà; di
disponibilità a porre a servizio degli
altri, in forma nuova, la bontà e la
saggezza accumulata e le energie rimaste; di
pesante solitudine, più spesso psicologica e
affettiva che non fisica, per l'eventuale
abbandono o per una insufficiente attenzione
da parte dei figli e dei parenti; di
sofferenza per la malattia, per il
progressivo declino delle forze, per
l'umiliazione di dover dipendere da altri,
per l'amarezza di sentirsi forse di peso ai
propri cari, per l'avvicinarsi degli ultimi
momenti della vita. Sono queste le occasioni
nelle quali - come hanno insinuato i Padri
Sinodali - più facilmente si possono far
comprendere e vivere quegli elevati aspetti
della spiritualità matrimoniale e familiare,
che si ispirano al valore della Croce e
risurrezione di Cristo, fonte di
santificazione e di profonda letizia nella
vita quotidiana, nella prospettiva delle
grandi realtà escatologiche della vita
terrena.
In
tutte queste diverse situazioni non sia mai
trascurata la preghiera, sorgente di luce e
di forza ed alimento della speranza
cristiana.
Matrimoni misti
78.
Il numero crescente dei matrimoni fra
cattolici ed altri battezzati richiede pure
una peculiare attenzione pastorale alla luce
degli orientamenti e delle norme, contenute
nei più recenti documenti della Santa Sede e
in quelli elaborati dalle Conferenze
episcopali, per consentirne l'applicazione
concreta alle diverse situazioni.
Le
coppie che vivono in matrimonio misto
presentano peculiari esigenze, le quali
possono ridursi a tre capi principali.
Vanno, anzitutto, tenuti presenti gli
obblighi della parte cattolica derivanti
dalla fede, per quanto concerne il libero
esercizio di essa e il conseguente obbligo
di provvedere, secondo le proprie forze, a
battezzare e ad educare i figli nella fede
cattolica (cfr. Paolo PP. VI, Motu Proprio
«Matrimonia Mixta», 4-5: ASS 62 [1970],
257ss; cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso
ai partecipanti alla plenaria del
Segretariato per l'unione dei cristiani [13
Novembre 1981]: «L'Osservatore Romano» [14
Novembre 1981]).
Bisogna tenere presenti le particolari
difficoltà inerenti ai rapporti tra marito e
moglie, per quanto riguarda il rispetto
della libertà religiosa: questa può essere
violata sia mediante pressioni indebite per
ottenere il cambiamento delle convinzioni
religiose della comparte, sia mediante
impedimenti frapposti alla libera
manifestazione di esse nella pratica
religiosa.
Per
quanto riguarda la forma liturgica e
canonica del matrimonio, gli Ordinari
possono largamente far uso delle loro
facoltà per varie necessità.
Nel
trattare di queste speciali esigenze bisogna
tener presenti i punti seguenti:
-
nell'apposita
preparazione a questo tipo di
matrimonio, deve essere compiuto ogni
ragionevole sforzo per far ben
comprendere la dottrina cattolica sulle
qualità ed esigenze del matrimonio, come
pure per assicurarsi che in futuro, non
abbiano a verificarsi le pressioni e gli
ostacoli, di cui si è parlato sopra;
-
è di somma
importanza che, con l'appoggio della
comunità, la parte cattolica venga
fortificata nella sua fede e
positivamente aiutata a maturare nella
comprensione e nella pratica di essa, in
modo da diventare vera testimone
credibile in seno alla famiglia,
attraverso la vita stessa e la qualità
dell'amore dimostrato all'altro coniuge
e ai figli.
I
matrimoni fra cattolici ed altri battezzati
presentano, pur nella loro particolare
fisionomia, numerosi elementi che è bene
valorizzare e sviluppare, sia per il loro
intrinseco valore, sia per l'apporto che
possono dare al movimento ecumenico. Ciò è
particolarmente vero quando ambedue i
coniugi sono fedeli ai loro impegni
religiosi. Il comune battesimo e il
dinamismo della grazia forniscono agli
sposi, in questi matrimoni, la base e la
motivazione per esprimere la loro unità
nella sfera dei valori morali e spirituali.
A
tal fine, anche per mettere in evidenza
l'importanza ecumenica di un tale matrimonio
misto, vissuto pienamente nella fede dei due
coniugi cristiani, va ricercata - anche se
non sempre ciò si rivela facile - una
cordiale collaborazione tra il ministro
cattolico e quello non cattolico, fin dal
tempo della preparazione al matrimonio e
delle nozze.
Quanto alla partecipazione del coniuge non
cattolico alla comunione eucaristica, si
seguano le norme impartite dal Segretariato
per l'unione dei cristiani (Istruz. «In
quibus rerum circumstantiis» [15 Giugno
1972], 518-525; Nota del 17 Ottobre 1973:
ASS 64 [1973] 616-619).
In
varie parti del mondo si registra, oggi, un
crescente numero di matrimoni fra cattolici
e non battezzati. In molti di essi il
coniuge non battezzato professa un'altra
religione e le sue convinzioni devono essere
trattate con rispetto, secondo i principi
della Dichiarazione «Nostra Aetate» del
Concilio Ecumenico Vaticano II circa le
relazioni con le religioni non cristiane; ma
in non pochi altri, particolarmente nelle
società secolarizzate, la persona non
battezzata non professa alcuna religione.
Per questi matrimoni è necessario che le
Conferenze episcopali ed i singoli vescovi
prendano misure pastorali adeguate, dirette
a garantire la difesa della fede del coniuge
cattolico e la tutela del libero esercizio
di essa, soprattutto per quanto concerne il
dovere di fare quanto è in suo potere perché
i figli siano battezzati ed educati
cattolicamente. Il coniuge cattolico deve
essere, altresì, sostenuto in ogni modo
nell'impegno di offrire all'interno della
famiglia una genuina testimonianza di fede e
di vita cattolica.
Azione pastorale di fronte ad alcune
situazioni irregolari
79.
Nella sua sollecitudine di tutelare la
famiglia in ogni sua dimensione, non
soltanto in quella religiosa, il Sinodo dei
Vescovi non ha tralasciato di prendere in
attenta considerazione alcune situazioni
religiosamente e spesso anche civilmente
irregolari, che - negli odierni rapidi
mutamenti delle culture - vanno purtroppo
diffondendosi anche fra i cattolici, con non
lieve danno dello stesso istituto familiare
e della società, di cui esso costituisce la
cellula fondamentale.
a) Il
matrimonio per esperimento
80.
Una prima situazione irregolare è data da
quello che chiamano «matrimonio per
esperimento», che molti oggi vorrebbero
giustificare, attribuendo ad esso un certo
valore. Già la stessa ragione umana insinua
la sua inaccettabilità, mostrando quanto sia
poco convincente che si faccia un
«esperimento» nei riguardi di persone umane,
la cui dignità esige che siano sempre e solo
il termine dell'amore di donazione senza
alcun limite né di tempo né di altra
circostanza.
Dal
canto suo, la Chiesa non può ammettere un
tale tipo di unione per ulteriori, originali
motivi, derivanti dalla fede. Da una parte,
infatti, il dono del corpo nel rapporto
sessuale è il simbolo reale della donazione
di tutta la persona: una tale donazione
peraltro, nell'attuale economia non può
attuarsi con verità piena senza il concorso
dell'amore di carità, dato da Cristo.
Dall'altra parte, poi, il matrimonio fra due
battezzati è il simbolo reale dell'unione di
Cristo con la Chiesa, una unione non
temporanea o «ad esperimento», ma
eternamente fedele; tra due battezzati,
pertanto, non può esistere che un matrimonio
indissolubile.
Tale situazione ordinariamente non può
essere superata, se la persona umana, fin
dall'infanzia, con l'aiuto della grazia di
Cristo e senza timori, non è stata educata a
dominare la nascente concupiscenza e ad
instaurare con gli altri rapporti di amore
genuino. Ciò non si ottiene senza una vera
educazione all'amore autentico e al retto
uso della sessualità, tale che introduca la
persona umana secondo ogni sua dimensione, e
perciò anche in quella che riguarda il
proprio corpo, nella pienezza del mistero di
Cristo.
Sarà molto utile indagare sulle cause di
questo fenomeno, anche nel suo aspetto
psicologico e sociologico, per giungere a
trovare un'adeguata terapia.
b) Unioni libere di fatto
81.
Si tratta di unioni senza alcun vincolo
istituzionale pubblicamente riconosciuto, né
civile né religioso. Questo fenomeno - esso
pure sempre più frequente - non può non
attirare l'attenzione dei pastori d'anime,
anche perché alla sua base possono esserci
elementi molto diversi fra loro, agendo sui
quali sarà forse possibile limitarne le
conseguenze.
Alcuni, infatti, vi si considerano quasi
costretti da situazioni difficili -
economiche, culturali e religiose - in
quanto, contraendo regolare matrimonio,
verrebbero esposti ad un danno, alla perdita
di vantaggi economici, a discriminazioni,
ecc. In altri, invece, si riscontra un
atteggiamento di disprezzo, di contestazione
o di rigetto della società, dell'istituto
familiare, dell'ordinamento socio-politico,
o di sola ricerca del piacere. Altri,
infine, vi sono spinti dall'estrema
ignoranza e povertà, talvolta da
condizionamenti dovuti a situazioni di vera
ingiustizia, o anche da una certa immaturità
psicologica, che li rende incerti e timorosi
di contrarre un vincolo stabile e
definitivo. In alcuni Paesi le consuetudini
tradizionali prevedono il matrimonio vero e
proprio solo dopo un periodo di coabitazione
e dopo la nascita del primo figlio.
Ognuno di questi elementi pone alla Chiesa
ardui problemi pastorali, per le gravi
conseguenze che ne derivano, sia religiose e
morali (perdita del senso religioso del
matrimonio, visto alla luce dell'Alleanza di
Dio con il suo popolo: privazione della
grazia del sacramento; grave scandalo), sia
anche sociali (distruzione del concetto di
famiglia; indebolimento del senso di fedeltà
anche verso la società; possibili traumi
psicologici nei figli; affermazione
dell'egoismo).
Sarà cura dei pastori e della comunità
ecclesiale conoscere tali situazioni e le
loro cause concrete, caso per caso;
avvicinare i conviventi con discrezione e
rispetto; adoperarsi con una azione di
paziente illuminazione, di caritatevole
correzione, di testimonianza familiare
cristiana, che possa spianare loro la strada
verso la regolarizzazione della situazione.
Soprattutto, però, sia fatta opera di
prevenzione, coltivando il senso della
fedeltà in tutta l'educazione morale e
religiosa dei giovani, istruendoli circa le
condizioni e le strutture che favoriscono
tale fedeltà, senza la quale non si dà vera
libertà, aiutandoli a maturare
spiritualmente, facendo loro comprendere la
ricca realtà umana e soprannaturale del
matrimonio-sacramento.
Il
Popolo di Dio si adoperi anche presso le
pubbliche autorità affinché resistendo a
queste tendenze disgregatrici della stessa
società e dannose per la dignità, sicurezza
e benessere dei singoli cittadini, si
adoperino perché l'opinione pubblica non sia
indotta a sottovalutare l'importanza
istituzionale del matrimonio e della
famiglia. E poiché in molte regioni, per
l'estrema povertà derivante da strutture
socioeconomiche ingiuste o inadeguate, i
giovani non sono in condizione di sposarsi
come si conviene, la società e le pubbliche
autorità favoriscono il matrimonio legittimo
mediante una serie di interventi sociali e
politici, garantendo il salario familiare,
emanando disposizioni per un'abitazione
adatta alla vita familiare, creando adeguate
possibilità di lavoro e di vita.
c) Cattolici uniti col solo matrimonio
civile
82.
E' sempre più diffuso il caso di cattolici
che, per motivi ideologici e pratici,
preferiscono contrarre il solo matrimonio
civile, rifiutando o almeno rimandando
quello religioso. La loro situazione non può
equipararsi senz'altro a quella dei semplici
conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi
si riscontra almeno un certo impegno a un
preciso e probabilmente stabile stato di
vita, anche se spesso non è estranea a
questo passo la prospettiva di un eventuale
divorzio. Ricercando il pubblico
riconoscimento del vincolo da parte dello
Stato, tali coppie mostrano di essere
disposte ad assumersene, con i vantaggi,
anche gli obblighi. Ciò nonostante, neppure
questa situazione è accettabile da parte
della Chiesa.
L'azione pastorale tenderà a far comprendere
la necessità della coerenza tra la scelta di
vita e la fede che si professa, e cercherà
di far quanto è possibile per indurre tali
persone a regolare la propria situazione
alla luce dei principi cristiani. Pur
trattandole con grande carità, e
interessandole alla vita delle rispettive
comunità, i pastori della Chiesa non
potranno purtroppo ammetterle ai sacramenti.
d) Separati e divorziati non risposati
83.
Motivi diversi, quali incomprensioni
reciproche, incapacità di aprirsi a rapporti
interpersonali, ecc. possono dolorosamente
condurre il matrimonio valido a una frattura
spesso irreparabile. Ovviamente la
separazione deve essere considerata come
estremo rimedio, dopo che ogni altro
ragionevole tentativo si sia dimostrato
vano.
La
solitudine e altre difficoltà sono spesso
retaggio del coniuge separato, specialmente
se innocente. In tal caso la comunità
ecclesiale deve più che mai sostenerlo;
prodigargli stima, solidarietà, comprensione
ed aiuto concreto in modo che gli sia
possibile conservare la fedeltà anche nella
difficile situazione in cui si trova;
aiutarlo a coltivare l'esigenza del perdono
propria dell'amore cristiano e la
disponibilità all'eventuale ripresa della
vita coniugale anteriore.
Analogo è il caso del coniuge che ha subito
divorzio, ma che - ben conoscendo
l'indissolubilità del vincolo matrimoniale
valido - non si lascia coinvolgere in una
nuova unione, impegnandosi invece unicamente
nell'adempimento dei suoi doveri di famiglia
e delle responsabilità della vita cristiana.
In tal caso il suo esempio di fedeltà e di
coerenza cristiana assume un particolare
valore di testimonianza di fronte al mondo e
alla Chiesa, rendendo ancor più necessaria,
da parte di questa, un'azione continua di
amore e di aiuto, senza che vi sia alcun
ostacolo per l'ammissione ai sacramenti.
e) I divorziati risposati
84.
L'esperienza quotidiana mostra, purtroppo,
che chi ha fatto ricorso al divorzio ha per
lo più in vista il passaggio ad una nuova
unione, ovviamente non col rito religioso
cattolico. Poiché si tratta di una piaga che
va, al pari delle altre, intaccando sempre
più largamente anche gli ambienti cattolici,
il problema dev'essere affrontato con
premura indilazionabile. I Padri Sinodali
l'hanno espressamente studiato. La Chiesa,
infatti, istituita per condurre a salvezza
tutti gli uomini e soprattutto i battezzati,
non può abbandonare a se stessi coloro che -
già congiunti col vincolo matrimoniale
sacramentale - hanno cercato di passare a
nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza
stancarsi, di mettere a loro disposizione i
suoi mezzi di salvezza.
Sappiano i pastori che, per amore della
verità, sono obbligati a ben discernere le
situazioni. C'è infatti differenza tra
quanti sinceramente si sono sforzati di
salvare il primo matrimonio e sono stati
abbandonati del tutto ingiustamente, e
quanti per loro grave colpa hanno distrutto
un matrimonio canonicamente valido. Ci sono
infine coloro che hanno contratto una
seconda unione in vista dell'educazione dei
figli, e talvolta sono soggettivamente certi
in coscienza che il precedente matrimonio,
irreparabilmente distrutto, non era mai
stato valido.
Insieme col Sinodo, esorto caldamente i
pastori e l'intera comunità dei fedeli
affinché aiutino i divorziati procurando con
sollecita carità che non si considerino
separati dalla Chiesa, potendo e anzi
dovendo, in quanto battezzati, partecipare
alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare
la Parola di Dio, a frequentare il
sacrificio della Messa, a perseverare nella
preghiera, a dare incremento alle opere di
carità e alle iniziative della comunità in
favore della giustizia, a educare i figli
nella fede cristiana, a coltivare lo spirito
e le opere di penitenza per implorare così,
di giorno in giorno, la grazia di Dio. La
Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si
dimostri madre misericordiosa e così li
sostenga nella fede e nella speranza.
La
Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi,
fondata sulla Sacra Scrittura, di non
ammettere alla comunione eucaristica i
divorziati risposati. Sono essi a non poter
esservi ammessi, dal momento che il loro
stato e la loro condizione di vita
contraddicono oggettivamente a quell'unione
di amore tra Cristo e la Chiesa, significata
e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un
altro peculiare motivo pastorale: se si
ammettessero queste persone all'Eucaristia,
i fedeli rimarrebbero indotti in errore e
confusione circa la dottrina della Chiesa
sull'indissolubilità del matrimonio.
La
riconciliazione nel sacramento della
penitenza - che aprirebbe la strada al
sacramento eucaristico - può essere
accordata solo a quelli che, pentiti di aver
violato il segno dell'Alleanza e della
fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti
ad una forma di vita non più in
contraddizione con l'indissolubilità del
matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che
quando l'uomo e la donna, per seri motivi -
quali, ad esempio, l'educazione dei figli -
non possono soddisfare l'obbligo della
separazione, «assumono l'impegno di vivere
in piena continenza, cioè di astenersi dagli
atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP.
II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei
Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980]
1082).
Similmente il rispetto dovuto sia al
sacramento del matrimonio sia agli stessi
coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla
comunità dei fedeli proibisce ad ogni
pastore, per qualsiasi motivo o pretesto
anche pastorale, di porre in atto, a favore
dei divorziati che si risposano, cerimonie
di qualsiasi genere. Queste, infatti,
darebbero l'impressione della celebrazione
di nuove nozze sacramentali valide e
indurrebbero conseguentemente in errore
circa l'indissolubilità del matrimonio
validamente contratto.
Agendo in tal modo, la Chiesa professa la
propria fedeltà a Cristo e alla sua verità;
nello stesso tempo si comporta con animo
materno verso questi suoi figli,
specialmente verso coloro che, senza loro
colpa, sono stati abbandonati dal loro
coniuge legittimo.
Con
ferma fiducia essa crede che, anche quanti
si sono allontanati dal comandamento del
Signore ed in tale stato tuttora vivono,
potranno ottenere da Dio la grazia della
conversione e della salvezza, se avranno
perseverato nella preghiera, nella penitenza
e nella carità.
I senza-famiglia
85.
Ancora una parola desidero aggiungere per
una categoria di persone che, per la
concreta condizione in cui si trovano a
vivere - e spesso non per loro deliberata
volontà - io considero particolarmente
vicine al Cuore di Cristo e degne
dell'affetto della sollecitudine fattiva
della Chiesa e dei pastori.
Esistono al mondo moltissime persone le
quali, disgraziatamente, non possono
riferirsi in alcun modo a ciò che si
potrebbe definire in senso proprio una
famiglia. Grandi settori dell'umanità vivono
in condizioni di enorme povertà, in cui la
promiscuità, la carenza di abitazioni,
l'irregolarità ed instabilità dei rapporti,
l'estrema mancanza di cultura non consentono
praticamente di poter parlare di vera
famiglia. Ci sono altre persone che, per
motivi diversi, sono rimaste sole al mondo.
Eppure per tutti costoro esiste un «buon
annunzio della famiglia».
In
favore di quanti vivono in estrema povertà,
già ho parlato dell'urgente necessità di
lavorare coraggiosamente per trovare
soluzioni, anche a livello politico, che
consentano di aiutarli a superare questa
inumana condizione di prostrazione. E' un
compito che incombe, solidarmente,
all'intera società, ma in maniera speciale
alle autorità in forza della loro carica e
delle conseguenti responsabilità, nonché
alle famiglie, che devono dimostrare grande
comprensione e volontà di aiuto.
A
coloro che non hanno una famiglia naturale
bisogna aprire ancor più le porte della
grande famiglia che è la Chiesa, la quale si
concretizza a sua volta nella famiglia
diocesana e parrocchiale, nelle comunità
ecclesiali di base o nei movimenti
apostolici. Nessuno è privo della famiglia
in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia
per tutti, specialmente per quanti sono
«affaticati e oppressi» (cfr. Mt 11,28).
CONCLUSIONE
86.
A voi sposi, a voi padri e madri di
famiglia;
a
voi, giovani e ragazze, che siete il futuro
e la speranza della Chiesa e del mondo, e
sarete il nucleo portante e dinamico della
famiglia nel terzo millennio che si
avvicina;
a
voi, venerabili e cari fratelli
nell'episcopato e nel sacerdozio, diletti
figli religiosi e religiose, anime
consacrate al Signore, che agli sposi
testimoniate la realtà ultima dell'amore di
Dio;
a
voi, uomini tutti di retto sentire, che a
qualsiasi titolo siete pensierosi delle
sorti della famiglia, si rivolge con trepida
sollecitudine il mio animo al termine di
questa esortazione apostolica.
L'avvenire dell'umanità passa attraverso la
famiglia!
E',
dunque, indispensabile ed urgente che ogni
uomo di buona volontà si impegni a salvare
ed a promuovere i valori e le esigenze della
famiglia.
Un
particolare sforzo a questo riguardo sento
di dover chiedere ai figli della Chiesa.
Essi, che nella fede conoscono pienamente il
meraviglioso disegno di Dio, hanno una
ragione in più per prendersi a cuore la
realtà della famiglia in questo nostro tempo
di prova e di grazia.
Essi devono amare in modo particolare la
famiglia. E' questa una consegna concreta ed
esigente.
Amare la famiglia significa saperne stimare
i valori e le possibilità, promuovendoli
sempre. Amare la famiglia significa
individuare i pericoli ed i mali che la
minacciano, per poterli superare. Amare la
famiglia significa adoperarsi per crearle un
ambiente che favorisca il suo sviluppo. E,
ancora, è forma eminente di amore ridare
alla famiglia cristiana di oggi, spesso
tentata dallo sconforto e angosciata per le
accresciute difficoltà, ragioni di fiducia
in se stessa, nelle proprie ricchezze di
natura e di grazia, nella missione che Dio
le ha affidato. «Bisogna che le famiglie del
nostro tempo riprendano quota! Bisogna che
seguano Cristo!» (Giovanni Paolo PP. II,
Lettera «Appropinaquat iam», 1 [15 Agosto
1980]: ASS 72 [1980], 791).
Spetta altresì ai cristiani il compito di
annunciare con gioia e convinzione la «buona
novella» sulla famiglia, la quale ha un
assoluto bisogno di ascoltare sempre di
nuovo e di comprendere sempre più a fondo le
parole autentiche che le rivelano la sua
identità, le sue risorse interiori,
l'importanza della sua missione nella Città
degli uomini e in quella di Dio.
La
Chiesa conosce la via sulla quale la
famiglia può giungere al cuore della sua
verità profonda. Questa via, che la Chiesa
ha imparato alla scuola di Cristo e a quella
della storia, interpretata nella luce dello
Spirito, essa non la impone, ma sente in sé
l'insopprimibile esigenza di proporla a
tutti senza timore, anzi con grande fiducia
e speranza, pur sapendo che la «buona
novella» conosce il linguaggio della Croce.
Ma è attraverso la Croce che la famiglia può
giungere alla pienezza del suo essere e alla
perfezione del suo amore.
Desidero, infine, invitare tutti i cristiani
a collaborare, cordialmente e
coraggiosamente, con tutti gli uomini di
buona volontà, che vivono la loro
responsabilità al servizio della famiglia.
Quanti si consacrano al suo bene in seno
alla Chiesa, nel suo nome e da essa
ispirati, siano essi individui o gruppi,
movimenti o associazioni, trovano spesso al
loro fianco persone e istituzioni diverse
che operano per il medesimo ideale. Nella
fedeltà ai valori del Vangelo e dell'uomo e
nel rispetto di un legittimo pluralismo di
iniziative, questa collaborazione potrà
favorire una più rapida ed integrale
promozione della famiglia.
Ed
ora, concludendo questo messaggio pastorale,
che intende sollecitare l'attenzione di
tutti sui compiti gravosi ma affascinanti
della famiglia cristiana, desidero invocare
la protezione della santa Famiglia di
Nazaret.
Per
misterioso disegno di Dio, in essa è vissuto
nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio:
essa è dunque prototipo ed esempio di tutte
le famiglie cristiane. E quella Famiglia,
unica al mondo, che ha trascorso
un'esistenza anonima e silenziosa in un
piccolo borgo della Palestina; che è stata
provata dalla povertà, dalla persecuzione,
dall'esilio; che ha glorificato Dio in modo
incomparabilmente alto e puro, non mancherà
di assistere le famiglie cristiane, anzi
tutte le famiglie del mondo, nella fedeltà
ai loro doveri quotidiani, nel sopportare le
ansie e le tribolazioni della vita, nella
generosa apertura verso le necessità degli
altri, nell'adempimento gioioso del piano di
Dio nei loro riguardi.
Che
san Giuseppe, «uomo giusto», lavoratore
instancabile, custode integerrimo dei pegni
a lui affidati, le custodisca, le protegga,
le illumini sempre.
Che
la Vergine Maria, come è Madre della Chiesa,
così anche sia la Madre della «Chiesa
domestica», e, grazie al suo aiuto materno,
ogni famiglia cristiana possa diventare
veramente una «piccola Chiesa», nella quale
si rispecchi e riviva il mistero della
Chiesa di Cristo. Sia Lei, l'ancella del
Signore, l'esempio di accoglienza umile e
generosa della volontà di Dio; sia Lei,
Madre Addolorata ai piedi della Croce, a
confortare le sofferenze e ad asciugare le
lacrime di quanti soffrono per le difficoltà
delle loro famiglie.
E
Cristo Signore, Re dell'universo, Re delle
famiglie, sia presente, come a Cana, in ogni
focolare cristiano a donare luce, gioia,
serenità, fortezza. A Lui, nel giorno
solenne dedicato alla sua Regalità, chiedo
che ogni famiglia sappia generosamente
portare il suo originale contributo
all'avvento nel mondo del suo Regno, «Regno
di verità e di vita, di santità e di pace»
(«Prefatio» della Messa della Solennità di
Nostro Signore Gesù Cristo Re
dell'universo), verso il quale è in cammino
la storia.
A
Lui, a Maria, a Giuseppe affido ogni
famiglia. Alle loro mani e al loro cuore
presento questa esortazione: siano Essi a
porgerla a voi, venerati fratelli e diletti
figli, e ad aprire i vostri cuori alla luce
che il Vangelo irradia su ogni famiglia.
A
tutti e a ciascuno, assicurando la mia
costante preghiera, imparto di cuore
l'apostolica benedizione, nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dato a Roma, presso san Pietro, il 22
novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re
dell'universo, dell'anno 1981, quarto del
Pontificato.
GIOVANNI PAOLO II
© Copyright 1981 - Libreria Editrice
Vaticana |