Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel
Sacerdozio,
illustri Professori e cari Collaboratori,
con grande gioia vi accolgo al
termine dei lavori della vostra Sessione Plenaria
annuale. Saluto di cuore il vostro nuovo Presidente,
Mons. Gerhard Ludwig Müller,
che ringrazio per le
parole che mi ha indirizzato a
nome di tutti, così
come il nuovo Segretario generale, il Padre
Serge-Thomas Bonino.
La vostra Sessione Plenaria si
è svolta nel contesto dell’Anno
della fede, e
sono profondamente lieto che la
Commissione Teologica
Internazionale
abbia voluto manifestare la sua adesione a questo
evento ecclesiale attraverso un
pellegrinaggio alla Basilica
Papale di Santa Maria Maggiore,
per affidare alla Vergine Maria, praesidium
fidei, i lavori della vostra Commissione e per
pregare per tutti coloro che, in medio Ecclesiae,
si dedicano a far fruttificare l’intelligenza della
fede a beneficio e gioia spirituale di tutti i
credenti. Grazie per questo gesto straordinario.
Esprimo apprezzamento per il
Messaggio che avete redatto in
occasione di quest’Anno
della fede.
Esso mette bene in luce il modo specifico in cui i
teologi, servendo fedelmente la verità della fede,
possono partecipare allo slancio evangelizzatore
della Chiesa.
Questo
Messaggio
riprende i temi che avete sviluppato più ampiamente
nel documento
“La teologia oggi.
Prospettive, principi e criteri”,
pubblicato all’inizio di quest’anno. Prendendo atto
della vitalità e della varietà della teologia dopo
il
Concilio Vaticano II,
questo documento intende presentare, per così dire,
il codice genetico della teologia cattolica, cioè i
principi che definiscono la sua stessa identità e,
di conseguenza, garantiscono la sua unità nella
diversità delle sue realizzazioni. A tale scopo, il
testo chiarisce i criteri per una teologia
autenticamente cattolica e pertanto capace di
contribuire alla missione della Chiesa, all’annuncio
del Vangelo a tutti gli uomini. In un contesto
culturale dove taluni sono tentati o di privare la
teologia di uno statuto accademico, a causa del suo
legame intrinseco con la fede, o di prescindere
dalla dimensione credente e confessionale della
teologia, con il rischio di confonderla e di ridurla
alle scienze religiose, il vostro documento ricorda
opportunamente che la teologia è inscindibilmente
confessionale e razionale e che la sua presenza
all’interno dell’istituzione universitaria
garantisce, o dovrebbe garantire, una visione ampia
ed integrale della stessa ragione umana.
Tra i criteri della teologia
cattolica, il documento menziona l’attenzione che i
teologi devono riservare al sensus fidelium.
È molto utile che la vostra Commissione si sia
concentrata anche su questo tema che è di
particolare importanza per la riflessione sulla fede
e per la vita della Chiesa. Il
Concilio Vaticano II,
ribadendo il ruolo specifico ed insostituibile che
spetta al Magistero, ha sottolineato nondimeno che
l’insieme del Popolo di Dio partecipa dell’ufficio
profetico di Cristo, realizzando così il desiderio
ispirato, espresso da Mosè: «Fossero tutti profeti
nel popolo del Signore e volesse il Signore dare
loro il suo spirito!» (Nm 11,29). La
Costituzione dogmatica
Lumen gentium
insegna al
riguardo: «La totalità dei fedeli, avendo l’unzione
che viene dal Santo (cfr 1 Gv 2,20.27), non
può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua
proprietà mediante il senso soprannaturale della
fede di tutto il popolo, quando dai vescovi fino
agli ultimi fedeli laici mostra l’universale suo
consenso in cose di fede e di morale» (n. 12).
Questo dono, il sensus fidei, costituisce
nel credente una sorta di istinto soprannaturale che
ha una connaturalità vitale con lo stesso oggetto
della fede. Osserviamo che proprio i semplici fedeli
portano con sé questa certezza, questa sicurezza del
senso della fede. Il sensus fidei è un
criterio per discernere se una verità appartenga o
no al deposito vivente della tradizione apostolica.
Presenta anche un valore propositivo perché lo
Spirito Santo non smette di parlare alle Chiese e di
guidarle verso la verità tutta intera. Oggi,
tuttavia, è particolarmente importante precisare i
criteri che permettono di distinguere il sensus
fidelium autentico dalle sue contraffazioni. In
realtà, esso non è una sorta di opinione pubblica
ecclesiale, e non è pensabile poterlo menzionare per
contestare gli insegnamenti del Magistero, poiché il
sensus fìdei non può svilupparsi
autenticamente nel credente se non nella misura in
cui egli partecipa pienamente alla vita della
Chiesa, e ciò esige l’adesione responsabile al suo
Magistero, al deposito della fede.
Oggi, questo stesso senso soprannaturale della fede
dei credenti porta a reagire con vigore anche contro
il pregiudizio secondo cui le religioni, ed in
particolare le religioni monoteiste, sarebbero
intrinsecamente portatrici di violenza, soprattutto
a causa della pretesa che esse avanzano
dell’esistenza di una verità universale. Alcuni
ritengono che solo il “politeismo dei valori”
garantirebbe la tolleranza e la pace civile e
sarebbe conforme allo spirito di una società
democratica pluralistica. In questa direzione, il
vostro studio sul tema “Dio Trinità, unità degli
uomini. Cristianesimo e monoteismo” è di viva
attualità. Da una parte, è essenziale ricordare che
la fede nel Dio unico, Creatore del cielo e della
terra, incontra le esigenze razionali della
riflessione metafisica, la quale non viene
indebolita ma rinforzata ed approfondita dalla
Rivelazione del mistero del Dio-Trinità. Dall’altra
parte, bisogna sottolineare la forma che la
Rivelazione definitiva del mistero dell’unico Dio
prende nella vita e morte di Gesù Cristo, che va
incontro alla Croce come “agnello condotto al
macello” (Is 53,7). Il Signore attesta un
rifiuto radicale di ogni forma di odio e violenza a
favore del primato assoluto dell’agape. Se
dunque nella storia vi sono state o vi sono forme di
violenza operate nel nome di Dio, queste non sono da
attribuire al monoteismo, ma a cause storiche,
principalmente agli errori degli uomini. Piuttosto è
proprio l’oblio di Dio ad immergere le società umane
in una forma di relativismo, che genera
ineluttabilmente la violenza. Quando si nega la
possibilità per tutti di riferirsi ad una verità
oggettiva, il dialogo viene reso impossibile e la
violenza, dichiarata o nascosta, diventa la regola
dei rapporti umani. Senza l’apertura al
trascendente, che permette di trovare delle risposte
agli interrogativi sul senso della vita e sulla
maniera di vivere in modo morale, senza questa
apertura l’uomo diventa incapace di agire secondo
giustizia e di impegnarsi per la pace.
Se la rottura del rapporto degli uomini con Dio
porta con sé uno squilibrio profondo nelle relazioni
tra gli uomini stessi, la riconciliazione con Dio,
operata dalla Croce di Cristo, “nostra pace” (Ef
2,14) è la sorgente fondamentale dell’unità e della
fraternità. In questa prospettiva, si colloca anche
la vostra riflessione sul terzo tema, quello della
dottrina sociale della Chiesa nell’insieme della
dottrina della fede. Essa conferma che la dottrina
sociale non è un’aggiunta estrinseca, ma, senza
trascurare l’apporto di una filosofia sociale,
attinge i suoi principi di fondo alle sorgenti
stesse della fede. Tale dottrina cerca di rendere
effettivo, nella grande diversità delle situazioni
sociali, il comandamento nuovo che il Signore Gesù
ci ha lasciato: «Come io vi ho amato, così amatevi
anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Preghiamo la Vergine Immacolata, modello di chi
ascolta e medita la Parola di Dio, che vi ottenga la
grazia di servire sempre gioiosamente l’intelligenza
della fede a favore di tutta la Chiesa. Rinnovando
l’espressione della mia profonda gratitudine per il
vostro servizio ecclesiale, vi assicuro la mia
costante vicinanza nella preghiera e imparto di
cuore a voi tutti la Benedizione Apostolica.
© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana
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