INDICE
Introduzione
[1]
Il cibo della verità [2]
Lo sviluppo del rito eucaristico [3]
Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno dell'Eucaristia [4]
Scopo della presente Esortazione [5]
PRIMA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE
La fede eucaristica della
Chiesa [6]
Santissima Trinità ed Eucaristia
Il pane disceso dal cielo
[7]
Dono gratuito della Santissima Trinità [8]
Eucaristia: Gesù vero Agnello immolato
La nuova ed eterna alleanza
nel sangue dell'Agnello [9]
L'istituzione dell'Eucaristia [10]
Figura transit in veritatem [11]
Lo Spirito Santo e
l'Eucaristia
Gesù e lo Spirito Santo
[12]
Spirito Santo e Celebrazione eucaristica [13]
Eucaristia e
Chiesa
Eucaristia principio
causale della Chiesa [14]
Eucaristia e comunione ecclesiale [15]
Eucaristia e
Sacramenti
Sacramentalità
della Chiesa [16]
I. Eucaristia e
iniziazione cristiana
Eucaristia, pienezza dell'iniziazione cristiana [17]
L'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione [18]
Iniziazione, comunità ecclesiale e famiglia [19]
II. Eucaristia e
sacramento della Riconciliazione
Loro nesso intrinseco [20]
Alcune attenzioni pastorali [21]
III. Eucaristia e Unzione
degli infermi [22]
IV. Eucaristia e
sacramento dell'Ordine
In persona Christi capitis [23]
Eucaristia e celibato sacerdotale [24]
Scarsità di clero e pastorale vocazionale [25]
Gratitudine e speranza [26]
V. Eucaristia e
Matrimonio
Eucaristia, sacramento sponsale [27]
Eucaristia e unicità del matrimonio [28]
Eucaristia e indissolubilità del matrimonio [29]
Eucaristia
ed Escatologia
Eucaristia: dono all'uomo
in cammino [30]
Il banchetto escatologico [31]
Preghiera per i defunti [32]
L'Eucaristia e la Vergine Maria
[33]
SECONDA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CELEBRARE
Lex
orandi e lex credendi [34]
Bellezza e liturgia [35]
La Celebrazione eucaristica opera del « Christus
totus »
Christus
totus in capite et in corpore [36]
Eucaristia e Cristo risorto [37]
Ars celebrandi
[38]
Il Vescovo, liturgo per
eccellenza [39]
Il rispetto dei libri liturgici e della ricchezza dei segni [40]
Arte al servizio della celebrazione [41]
Il canto liturgico [42]
La struttura della celebrazione eucaristica
[43]
Unità intrinseca
dell'azione liturgica [44]
La liturgia della Parola [45]
L'omelia [46]
Presentazione dei doni [47]
La preghiera eucaristica [48]
Scambio della pace [49]
Distribuzione e ricezione dell'Eucaristia [50]
Il congedo: « Ite, missa est » [51]
Actuosa
participatio [52]
Autentica partecipazione
[53]
Partecipazione e ministero sacerdotale [53]
Celebrazione eucaristica e inculturazione [54]
Condizioni personali per una « actuosa participatio [55] »
Partecipazione dei cristiani non cattolici [56]
Partecipazione attraverso i mezzi di comunicazione [57]
« Actuosa participatio » degli infermi [58]
L'attenzione per i carcerati [59]
I migranti e la partecipazione all'Eucaristia [60]
Le grandi concelebrazioni [61]
La lingua latina [62]
Celebrazioni eucaristiche in piccoli gruppi [63]
La celebrazione interiormente partecipata
Catechesi mistagogica [64]
La riverenza verso l'Eucaristia [65]
Adorazione e pietà
eucaristica
Il rapporto intrinseco tra
celebrazione e adorazione [66]
La pratica dell'adorazione eucaristica [67]
Forme di devozione eucaristica [68]
Il luogo del tabernacolo nella chiesa [69]
TERZA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE
Forma eucaristica della vita cristiana
Il culto spirituale –
logiké latreía (Rm 12,1) [70]
Efficacia onnicomprensiva del culto eucaristico [71]
Iuxta dominicam viventes – Vivere secondo la Domenica [72]
Vivere il precetto festivo [73]
Il senso del riposo e del lavoro [74]
Assemblee domenicali in assenza di sacerdote [75]
Una forma eucaristica dell'esistenza cristiana, l'appartenenza ecclesiale [76]
Spiritualità e cultura eucaristica [77]
Eucaristia ed evangelizzazione delle culture [78]
Eucaristia e fedeli laici [79]
Eucaristia e spiritualità sacerdotale [80]
Eucaristia e vita consacrata [81]
Eucaristia e trasformazione morale [82]
Coerenza eucaristica [83]
Eucaristia, mistero da annunciare
Eucaristia e missione [84]
Eucaristia e testimonianza [85]
Cristo Gesù, unico Salvatore [86]
Libertà di culto [87]
Eucaristia, mistero da offrire al mondo
Eucaristia, pane spezzato
per la vita del mondo [88]
Le implicazioni sociali del Mistero eucaristico [89]
Il cibo della verità e l'indigenza dell'uomo [90]
La dottrina sociale della Chiesa [91]
Santificazione del mondo e salvaguardia del creato [92]
Utilità di un Compendio eucaristico [93]
Conclusione
[94]
INTRODUZIONE
1. Sacramento della carità (1), la Santissima
Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore
infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta
l'amore «più grande», quello che spinge a «dare la vita per i propri amici» (Gv
15,13). Gesù, infatti, «li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Con questa
espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui
compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai
fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel
Sacramento eucaristico continua ad amarci «fino alla fine», fino al dono del suo
corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di
fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia
deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!
Il cibo della verità
2. Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene
incontro all'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27),
facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si
fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può
renderci liberi davvero (cfr Gv 8,36), Cristo si fa per noi cibo di
Verità. Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in
evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si
trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio.
Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il
santo Vescovo esclama: « Che cosa desidera l'anima più ardentemente della
verità? » (2). Ogni uomo, infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della
verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita »
(Gv 14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente
pellegrino e assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore
mendicante della Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che
attira a sé il mondo. « Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di
Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la
libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà
si ritrova ».(3) Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la
verità dell'amore, che è la stessa essenza di Dio. È questa verità
evangelica che interessa ogni uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che
trova nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna costantemente ad
annunciare a tutti, opportune importune (cfr 2 Tm 4,2), che Dio è
amore.(4) Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si
rivolge all'uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio.
Lo sviluppo del rito eucaristico
3. Guardando alla storia bimillenaria della
Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo,
pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel tempo, delle forme rituali in
cui facciamo memoria dell'evento della nostra salvezza. Dalle molteplici forme
dei primi secoli, che ancora splendono nei riti delle antiche Chiese di Oriente,
fino alla diffusione del rito romano; dalle chiare indicazioni del Concilio di
Trento e del Messale di san Pio V fino al rinnovamento liturgico voluto dal
Concilio Vaticano II: in ogni tappa della storia della Chiesa la Celebrazione
eucaristica, quale fonte e culmine della sua vita e missione, risplende nel rito
liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza. La
XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei
Vescovi, svoltasi dal 2 al 23 ottobre
2005 in Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia un profondo
ringraziamento a Dio, riconoscendo operante in essa la guida dello Spirito
Santo. In particolare, i Padri sinodali hanno constatato e ribadito il benefico
influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio ecumenico
Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa.(5) Il Sinodo dei Vescovi ha avuto
la possibilità di valutare la sua ricezione dopo l'Assise conciliare. Moltissimi
sono stati gli apprezzamenti. Le difficoltà ed anche taluni abusi rilevati, è
stato affermato, non possono oscurare la bontà e la validità del rinnovamento
liturgico, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate. Si tratta in
concreto di leggere i cambiamenti voluti dal Concilio all'interno dell'unità che
caratterizza lo sviluppo storico del rito stesso, senza introdurre artificiose
rotture.(6)
Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno
dell'Eucaristia
4. È necessario inoltre sottolineare il rapporto
del recente Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia con quanto è accaduto negli
ultimi anni nella vita della Chiesa. Innanzitutto, dobbiamo ricollegarci
idealmente al Grande Giubileo del 2000, con il quale il mio amato Predecessore,
il servo di Dio Giovanni Paolo II, ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio
cristiano. L'Anno Giubilare è stato indubbiamente caratterizzato in senso
fortemente eucaristico. Non si può poi dimenticare che il Sinodo dei Vescovi è
stato preceduto, ed in un certo senso anche preparato, dall'Anno
dell'Eucaristia, voluto con grande lungimiranza
da Giovanni Paolo II per tutta la Chiesa. Tale periodo, iniziato con il
Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara
nell'ottobre 2004, si è concluso il
23 Ottobre 2005, al
termine della XI Assemblea Sinodale, con la canonizzazione di cinque Beati, che
si sono particolarmente distinti per la pietà eucaristica: il Vescovo Józef
Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt Gorazdowski e Alberto Hurtado
Cruchaga, e il religioso cappuccino Felice da Nicosia. Grazie agli insegnamenti
proposti da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica
Mane nobiscum Domine
(7) e ai preziosi suggerimenti della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,(8) sono state
numerose le iniziative che le diocesi e le diverse realtà ecclesiali hanno
intrapreso per risvegliare ed accrescere nei credenti la fede eucaristica, per
migliorare la cura delle celebrazioni e promuovere l'adorazione eucaristica, per
incoraggiare una fattiva solidarietà che partendo dall'Eucaristia raggiungesse i
bisognosi. Infine, è necessario menzionare l'importanza dell'ultima Enciclica
del mio venerato Predecessore,
Ecclesia de Eucharistia
(9), con la quale egli ci ha lasciato un sicuro
riferimento magisteriale sulla dottrina eucaristica e un'ultima testimonianza
circa il posto centrale che questo divino Sacramento occupava nella sua
esistenza.
Scopo della presente Esortazione
5. Questa Esortazione apostolica postsinodale ha
lo scopo di riprendere la multiforme ricchezza di riflessioni e proposte emerse
nella recente
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,
– a partire dai
Lineamenta fino alle
Propositiones, passando attraverso l'Instrumentum
laboris, le Relationes ante et post
disceptationem, gli interventi dei Padri sinodali, degli auditores e
dei delegati fraterni –, nell'intento di esplicitare alcune fondamentali linee
di impegno, volte a destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico.
Consapevoli del vasto patrimonio dottrinale e disciplinare accumulato nel corso
dei secoli intorno a questo Sacramento,(10) nel presente documento desidero
soprattutto raccomandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali,(11) che il
popolo cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero eucaristico,
l'azione liturgica e il nuovo culto spirituale derivante
dall'Eucaristia, quale sacramento della carità. In questa prospettiva
intendo porre la presente Esortazione in relazione con la mia prima Lettera
enciclica
Deus caritas est,
nella quale ho parlato più volte del sacramento dell'Eucaristia per sottolineare
il suo rapporto con l'amore cristiano, sia in riferimento a Dio che al prossimo:
« Il Dio incarnato ci attrae tutti a sé. Da ciò si comprende come agape
sia ora diventata anche un nome dell'Eucaristia: in essa l'agape di Dio
viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di
noi » (12).
PRIMA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE
« Questa è l'opera di Dio: credere in colui
che egli ha mandato » (Gv 6,29)
La fede eucaristica della Chiesa
6. « Mistero della fede! ». Con questa
espressione pronunciata immediatamente dopo le parole della consacrazione, il
sacerdote proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte
alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue del
Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana. In effetti,
l'Eucaristia è per eccellenza « mistero della fede »: « è il compendio e la
somma della nostra fede ».(13) La fede della Chiesa è essenzialmente fede
eucaristica e si alimenta in modo particolare alla mensa dell'Eucaristia. La
fede e i Sacramenti sono due aspetti complementari della vita ecclesiale.
Suscitata dall'annuncio della Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce
nell'incontro di grazia col Signore risorto che si realizza nei Sacramenti: « La
fede si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede ».(14) Per
questo, il Sacramento dell'altare sta sempre al centro della vita ecclesiale; «
grazie all'Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di nuovo! ».(15) Quanto più viva
è la fede eucaristica nel Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua
partecipazione alla vita ecclesiale mediante la convinta adesione alla missione
che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia
della Chiesa. Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta
della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo.
Santissima Trinità ed Eucaristia
Il pane disceso dal cielo
7. La prima realtà della fede eucaristica è il
mistero stesso di Dio, amore trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo,
troviamo un'espressione illuminante a questo proposito: « Dio ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia,
ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il
mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3,16-17).
Queste parole mostrano la radice ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà
non « qualche cosa » ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo
sangue. In tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte
originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio dato per noi dal Padre. Nel
Vangelo ascoltiamo ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine con la
moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi interlocutori che lo avevano
seguito fino alla sinagoga di Cafarnao, dice: « Il Padre mio vi dà il pane dal
cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita
al mondo » (Gv 6,32-33), ed arriva ad identificare se stesso, la propria
carne e il proprio sangue, con quel pane: « Io sono il pane vivo, disceso dal
cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la
mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Gesù si manifesta così come
il pane della vita, che l'eterno Padre dona agli uomini.
Dono gratuito della Santissima Trinità
8. Nell'Eucaristia si rivela il disegno di amore
che guida tutta la storia della salvezza (cfr Ef 1,10; 3,8-11). In essa
il Deus Trinitas, che in se stesso è amore (cfr 1 Gv 4,7-8), si
coinvolge pienamente con la nostra condizione umana. Nel pane e nel vino, sotto
le cui apparenze Cristo si dona a noi nella cena pasquale (cfr Lc
22,14-20; 1 Cor 11,23- 26), è l'intera vita divina che ci raggiunge e si
partecipa a noi nella forma del Sacramento. Dio è comunione perfetta di amore
tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Già nella creazione l'uomo è
chiamato a condividere in qualche misura il soffio vitale di Dio (cfr Gn
2,7). Ma è in Cristo morto e risorto e nell'effusione dello Spirito Santo, dato
senza misura (cfr Gv 3,34), che siamo resi partecipi dell'intimità
divina.(16) Gesù Cristo, dunque, che « con uno Spirito eterno offrì se stesso
senza macchia a Dio » (Eb 9,14), nel dono eucaristico ci comunica la
stessa vita divina. Si tratta di un dono assolutamente gratuito, che risponde
soltanto alle promesse di Dio, compiute oltre ogni misura. La Chiesa accoglie,
celebra, adora questo dono in fedele obbedienza. Il « mistero della fede » è
mistero di amore trinitario, al quale siamo per grazia chiamati a partecipare.
Anche noi dobbiamo pertanto esclamare con sant'Agostino « Se vedi la carità,
vedi la Trinità ».(17)
Eucaristia: Gesù vero Agnello
immolato
La nuova ed eterna alleanza nel sangue
dell'Agnello
9. La missione per la quale Gesù è venuto fra noi
giunge a compimento nel Mistero pasquale. Dall'alto della croce, dalla quale
attira tutti a sé (cfr Gv 12,32), prima di « consegnare lo Spirito »,
Egli dice: « Tutto è compiuto » (Gv 19,30). Nel mistero della sua
obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce (cfr Fil 2,8), si è
compiuta la nuova ed eterna alleanza. La libertà di Dio e la libertà dell'uomo
si sono definitivamente incontrate nella sua carne crocifissa in un patto
indissolubile, valido per sempre. Anche il peccato dell'uomo è stato espiato una
volta per tutte dal Figlio di Dio (cfr Eb 7,27; 1 Gv 2,2; 4,10).
Come ho già avuto modo di affermare, « nella sua morte in croce si compie quel
volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e
salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale ».(18) Nel Mistero
pasquale si è realizzata davvero la nostra liberazione dal male e dalla morte.
Nell'istituzione dell'Eucaristia Gesù stesso aveva parlato della « nuova ed
eterna alleanza », stipulata nel suo sangue versato (cfr Mt 26,28; Mc
14,24; Lc 22,20). Questo scopo ultimo della sua missione era già ben
evidente all'inizio della sua vita pubblica. Infatti, quando sulle rive del
Giordano, Giovanni il Battista vede Gesù venire verso di lui, esclama: « Ecco
l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo » (Gv
1,29). È significativo che la stessa espressione ricorra, ogni volta che
celebriamo la santa Messa, nell'invito del sacerdote ad accostarsi all'altare: «
Beati gli invitati alla cena del Signore, ecco l'agnello di Dio che
toglie i peccati del mondo ». Gesù è il vero agnello pasquale che ha
offerto spontaneamente se stesso in sacrificio per noi, realizzando così la
nuova ed eterna alleanza. L'Eucaristia contiene in sé questa radicale novità,
che si ripropone a noi in ogni celebrazione.(19)
L'istituzione dell'Eucaristia
10. In tal modo siamo portati a riflettere
sull'istituzione dell'Eucaristia nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di
una cena rituale che costituiva il memoriale dell'avvenimento fondante del
popolo di Israele: la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena
rituale, legata all'immolazione degli agnelli (cfr Es 12,1-28.43-51), era
memoria del passato ma, nello stesso tempo, anche memoria profetica, ossia
annuncio di una liberazione futura. Infatti, il popolo aveva sperimentato che
quella liberazione non era stata definitiva, poiché la sua storia era ancora
troppo segnata dalla schiavitù e dal peccato. Il memoriale dell'antica
liberazione si apriva così alla domanda e all'attesa di una salvezza più
profonda, radicale, universale e definitiva. È in questo contesto che Gesù
introduce la novità del suo dono. Nella preghiera di lode, la Berakah,
Egli ringrazia il Padre non solo per i grandi eventi della storia passata, ma
anche per la propria « esaltazione ». Istituendo il sacramento dell'Eucaristia,
Gesù anticipa ed implica il Sacrificio della croce e la vittoria della
risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come il vero agnello
immolato, previsto nel disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si
legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr 1,18-20). Collocando in questo contesto
il suo dono, Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e risurrezione,
mistero che diviene realtà rinnovatrice della storia e del cosmo intero.
L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di per sé
violenta ed assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva
liberazione dell'umanità dal male.
Figura transit in veritatem
11. In questo modo Gesù inserisce il suo novum
radicale all'interno dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi
cristiani non è più necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri,
figura transit in veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora
lasciato il posto alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato
superato definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato.
Il cibo della verità, Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum.(20)
Con il comando « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19; 1
Cor 11,25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di rappresentarlo
sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore esprime, per così
dire, l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono,
sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma liturgica del
Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non consiste nella
semplice ripetizione dell'Ultima Cena, ma propriamente nell'Eucaristia, ossia
nella novità radicale del culto cristiano. Gesù ci ha così lasciato il compito
di entrare nella sua « ora »: « L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo di
Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma
veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione ».(21) Egli « ci attira
dentro di sé ».(22) La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo
e nel suo sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento
radicale, come una sorta di « fissione nucleare », per usare un'immagine a noi
oggi ben nota, portata nel più intimo dell'essere, un cambiamento destinato a
suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà
la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà
tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
Lo
Spirito Santo e l' Eucaristia
Gesù e lo Spirito Santo
12. Con la sua parola e con il pane ed il vino il
Signore stesso ci ha offerto gli elementi essenziali del culto nuovo. La Chiesa,
sua Sposa, è chiamata a celebrare il convito eucaristico giorno dopo giorno in
memoria di Lui. Essa inscrive così il sacrificio redentore del suo Sposo nella
storia degli uomini e lo rende presente sacramentalmente in tutte le culture.
Questo grande mistero viene celebrato nelle forme liturgiche che la Chiesa,
guidata dallo Spirito Santo, sviluppa nel tempo e nello spazio.(23) A tale
proposito è necessario risvegliare in noi la consapevolezza del ruolo decisivo
esercitato dallo Spirito Santo nello sviluppo della forma liturgica e
nell'approfondimento dei divini misteri. Il Paraclito, primo dono ai
credenti,(24) operante già nella creazione (cfr Gn 1,2), è pienamente
presente in tutta l'esistenza del Verbo incarnato: Gesù Cristo, infatti, è
concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo (cfr Mt 1,18;
Lc 1,35); all'inizio della sua missione pubblica, sulle rive del Giordano,
lo vede scendere su di sé in forma di colomba (cfr Mt 3,16 e par);
in questo stesso Spirito agisce, parla ed esulta (cfr Lc 10,21); ed è in
Lui che egli può offrire se stesso (cfr Eb 9,14). Nei cosiddetti «
discorsi di addio », riportati da Giovanni, Gesù mette in chiara relazione il
dono della sua vita nel mistero pasquale con il dono dello Spirito ai suoi (cfr
Gv 16,7). Una volta risorto, portando nella sua carne i segni della
passione, Egli può effondere lo Spirito (cfr Gv 20,22), rendendo i suoi
partecipi della sua stessa missione (cfr Gv 20,21). Sarà poi lo Spirito
ad insegnare ai discepoli ogni cosa e a ricordare loro tutto ciò che Cristo ha
detto (cfr Gv 14,26), perché spetta a Lui, in quanto Spirito di verità
(cfr Gv 15,26), introdurre i discepoli alla verità tutta intera (cfr
Gv 16,13). Nel racconto degli Atti lo Spirito discende sugli Apostoli
radunati in preghiera con Maria nel giorno di Pentecoste (cfr 2,1-4), e li anima
alla missione di annunciare a tutti i popoli la buona novella. Pertanto, è in
forza dell'azione dello Spirito che Cristo stesso rimane presente ed operante
nella sua Chiesa, a partire dal suo centro vitale che è l'Eucaristia.
Spirito Santo e Celebrazione eucaristica
13. In questo orizzonte si comprende il ruolo
decisivo dello Spirito Santo nella Celebrazione eucaristica ed in particolare in
riferimento alla transustanziazione. La consapevolezza di ciò è ben
documentabile nei Padri della Chiesa. San Cirillo di Gerusalemme, nelle sue
Catechesi, ricorda che noi « invochiamo Dio misericordioso di inviare il suo
Santo Spirito sulle oblate che ci stanno dinanzi, affinché Egli trasformi il
pane in corpo di Cristo e il vino in sangue di Cristo. Ciò che lo Spirito Santo
tocca è santificato e trasformato totalmente ».(25) Anche san Giovanni
Crisostomo rileva che il sacerdote invoca lo Spirito Santo quando celebra il
Sacrificio: (26) come Elia, il ministro – egli dice – attira lo Spirito Santo
affinché « discendendo la grazia sulla vittima si accendano per mezzo di essa le
anime di tutti ».(27) È quanto mai necessaria per la vita spirituale dei fedeli
una coscienza più chiara della ricchezza dell'anafora: insieme alle parole
pronunciate da Cristo nell'Ultima Cena, essa contiene l'epiclesi, quale
invocazione al Padre perché faccia discendere il dono dello Spirito affinché il
pane e il vino diventino il corpo ed il sangue di Gesù Cristo e perché « la
comunità tutta intera diventi sempre più corpo di Cristo ».(28) Lo Spirito,
invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull'altare, è il
medesimo che riunisce i fedeli « in un solo corpo », rendendoli un'offerta
spirituale gradita al Padre.(29)
Eucaristia e
Chiesa
Eucaristia principio causale della Chiesa
14. Attraverso il Sacramento eucaristico Gesù
coinvolge i fedeli nella sua stessa « ora »; in tal modo Egli ci mostra il
legame che ha voluto tra sé e noi, tra la sua persona e la Chiesa. Infatti,
Cristo stesso nel sacrificio della croce ha generato la Chiesa come sua sposa e
suo corpo. I Padri della Chiesa hanno lungamente meditato sulla relazione tra
l'origine di Eva dal fianco di Adamo dormiente (cfr Gn 2,21-23) e della
nuova Eva, la Chiesa, dal fianco aperto di Cristo, immerso nel sonno della
morte: dal costato trafitto, racconta Giovanni, uscì sangue ed acqua (cfr Gv
19,34), simbolo dei sacramenti.(30) Uno sguardo contemplativo « a colui che
hanno trafitto » (Gv 19,37) ci porta a considerare il legame causale tra
il sacrificio di Cristo, l'Eucaristia e la Chiesa. La Chiesa, in effetti, « vive
dell'Eucaristia ».(31) Poiché in essa si rende presente il sacrificio redentore
di Cristo, si deve innanzitutto riconoscere che « c'è un influsso causale
dell'Eucaristia alle origini stesse della Chiesa ».(32) L'Eucaristia è Cristo
che si dona a noi, edificandoci continuamente come suo corpo. Pertanto, nella
suggestiva circolarità tra Eucaristia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che
fa l'Eucaristia,(33) la causalità primaria è quella espressa nella prima
formula: la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente
nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel
sacrificio della Croce. La possibilità per la Chiesa di « fare » l'Eucaristia è
tutta radicata nella donazione che Cristo le ha fatto di se stesso. Anche qui
scopriamo un aspetto convincente della formula di san Giovanni: « Egli ci ha
amati per primo » (1 Gv 4,19). Così anche noi in ogni celebrazione
confessiamo il primato del dono di Cristo. L'influsso causale dell'Eucaristia
all'origine della Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo cronologica
ma anche ontologica del suo averci amati « per primo ». Egli è per l'eternità
colui che ci ama per primo.
Eucaristia e comunione ecclesiale
15. L'Eucaristia, dunque, è costitutiva
dell'essere e dell'agire della Chiesa. Per questo l'antichità cristiana
designava con le stesse parole Corpus Christi il Corpo nato dalla Vergine
Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo ecclesiale di Cristo.(34) Questo dato ben
presente nella tradizione ci aiuta ad accrescere in noi la consapevolezza
dell'inseparabilità tra Cristo e la Chiesa. Il Signore Gesù, offrendo se stesso
in sacrificio per noi, ha efficacemente preannunciato nel suo dono il mistero
della Chiesa. È significativo che la seconda preghiera eucaristica, invocando il
Paraclito, formuli in questo modo la preghiera per l'unità della Chiesa: «
per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in
un solo corpo ». Questo passaggio fa ben comprendere come la res del
Sacramento eucaristico sia l'unità dei fedeli nella comunione ecclesiale.
L'Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mistero di
comunione.(35)
Sulla relazione tra Eucaristia e communio
aveva già attirato l'attenzione il servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua
Enciclica
Ecclesia de Eucharistia.
Egli ha parlato del memoriale di Cristo come della « suprema manifestazione
sacramentale della comunione nella Chiesa ».(36) L'unità della comunione
ecclesiale si rivela concretamente nelle comunità cristiane e si rinnova
nell'atto eucaristico che le unisce e le differenzia in Chiese particolari, «
in quibus et ex quibus una et unica Ecclesia catholica exsistit ».(37)
Proprio la realtà dell'unica Eucaristia che viene celebrata in ogni Diocesi
intorno al proprio Vescovo ci fa comprendere come le stesse Chiese particolari
sussistano in e ex Ecclesia. Infatti, « l'unicità e indivisibilità
del Corpo eucaristico del Signore implica l'unicità del suo Corpo mistico, che è
la Chiesa una ed indivisibile. Dal centro eucaristico sorge la necessaria
apertura di ogni comunità celebrante, di ogni Chiesa particolare: attratta tra
le braccia aperte del Signore, essa viene inserita nel suo Corpo, unico ed
indiviso ».(38) Per questo motivo nella celebrazione dell'Eucaristia, ogni
fedele si trova nella sua Chiesa, cioè nella Chiesa di Cristo. In questa
prospettiva eucaristica, adeguatamente compresa, la comunione ecclesiale si
rivela realtà per natura sua cattolica.(39) Sottolineare questa radice
eucaristica della comunione ecclesiale può contribuire efficacemente anche al
dialogo ecumenico con le Chiese e con le Comunità ecclesiali non in piena
comunione con la Sede di Pietro. Infatti, l'Eucaristia stabilisce obiettivamente
un forte legame di unità tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, che
hanno conservato la genuina e integra natura del mistero dell'Eucaristia. Al
tempo stesso, il rilievo dato al carattere ecclesiale dell'Eucaristia può
diventare elemento privilegiato nel dialogo anche con le Comunità nate dalla
Riforma.(40)
Eucaristia e
Sacramenti
Sacramentalità della Chiesa
16. Il
Concilio Vaticano II ha
ricordato che « tutti i Sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e
le opere d'apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa
sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene
spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che,
mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli
uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a Lui se
stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create ».(41) Questa relazione intima
dell'Eucaristia con tutti gli altri Sacramenti e con l'esistenza cristiana è
compresa nella sua radice quando si contempla il mistero della Chiesa stessa
come sacramento.(42) A questo proposito il
Concilio Vaticano II
ha affermato che « la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia
il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano ».(43) Essa, in quanto « popolo – come dice san Cipriano – adunato
dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo »,(44) è sacramento della
comunione trinitaria.
Il fatto che la Chiesa sia « sacramento
universale di salvezza »(45) mostra come l'« economia » sacramentale determini
ultimamente il modo in cui Cristo, unico Salvatore, mediante lo Spirito
raggiunge la nostra esistenza nella specificità delle sue circostanze. La Chiesa
si riceve e insieme si esprime nei sette Sacramenti, attraverso i
quali la grazia di Dio influenza concretamente l'esistenza dei fedeli affinché
tutta la vita, redenta da Cristo, diventi culto gradito a Dio. In questa
prospettiva desidero qui sottolineare alcuni elementi, messi in evidenza dai
Padri sinodali, che possono aiutare a cogliere la relazione di tutti i
Sacramenti con il Mistero eucaristico.
I. Eucaristia e iniziazione cristiana
Eucaristia, pienezza dell'iniziazione
cristiana
17. Se davvero l'Eucaristia è fonte e culmine
della vita e della missione della Chiesa, ne consegue innanzitutto che il
cammino di iniziazione cristiana ha come suo punto di riferimento la possibilità
di accedere a tale sacramento. A questo proposito, come hanno detto i Padri
sinodali, dobbiamo chiederci se nelle nostre comunità cristiane sia
sufficientemente percepito lo stretto legame tra Battesimo, Confermazione ed
Eucaristia.(46) Non bisogna mai dimenticare, infatti, che veniamo battezzati e
cresimati in ordine all'Eucaristia. Tale dato implica l'impegno di favorire
nella prassi pastorale una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione
cristiana. Il sacramento del Battesimo, con il quale siamo resi conformi a
Cristo,(47) incorporati nella Chiesa e resi figli di Dio, costituisce la porta
di accesso a tutti i Sacramenti. Con esso veniamo inseriti nell'unico Corpo di
Cristo (cfr 1 Cor 12,13), popolo sacerdotale. Tuttavia è la
partecipazione al Sacrificio eucaristico a perfezionare in noi quanto ci è
donato nel Battesimo. Anche i doni dello Spirito sono dati per l'edificazione
del Corpo di Cristo (1 Cor 12) e per la maggiore testimonianza evangelica
nel mondo.(48) Pertanto la santissima Eucaristia porta a pienezza l'iniziazione
cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale.(49)
L'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione
18. A questo riguardo è necessario porre
attenzione al tema dell'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione. Nella Chiesa vi
sono tradizioni differenti. Tale diversità si manifesta con evidenza nelle
consuetudini ecclesiali dell'Oriente,(50) e nella stessa prassi occidentale per
quanto concerne l'iniziazione degli adulti,(51) rispetto a quella dei
bambini.(52) Tuttavia tali differenziazioni non sono propriamente di ordine
dogmatico, ma di carattere pastorale. Concretamente, è necessario verificare
quale prassi possa in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il
sacramento dell'Eucaristia, come realtà cui tutta l'iniziazione tende. In
stretta collaborazione con i competenti Dicasteri della Curia Romana le
Conferenze Episcopali verifichino l'efficacia degli attuali percorsi di
iniziazione, affinché il cristiano dall'azione educativa delle nostre comunità
sia aiutato a maturare sempre di più, giungendo ad assumere nella sua vita
un'impostazione autenticamente eucaristica, così da essere in grado di dare
ragione della propria speranza in modo adeguato per il nostro tempo (cfr 1Pt
3,15).
Iniziazione, comunità ecclesiale e famiglia
19. Occorre tenere sempre presente che l'intera
iniziazione cristiana è cammino di conversione da compiere con l'aiuto di Dio ed
in costante riferimento alla comunità ecclesiale, sia quando è l'adulto a
chiedere di entrare nella Chiesa, come avviene nei luoghi di prima
evangelizzazione e in tante zone secolarizzate, oppure quando i genitori
chiedono i Sacramenti per i loro figli. A questo proposito, desidero portare
l'attenzione soprattutto sul rapporto tra iniziazione cristiana e famiglia.
Nell'opera pastorale si deve associare sempre la famiglia cristiana
all'itinerario di iniziazione. Ricevere il Battesimo, la Cresima ed accostarsi
per la prima volta all'Eucaristia sono momenti decisivi non solo per la persona
che li riceve ma anche per l'intera famiglia, la quale deve essere sostenuta nel
suo compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti.(53)
Qui vorrei sottolineare la rilevanza della prima Comunione. In tantissimi fedeli
questo giorno rimane giustamente impresso nella memoria come il primo momento in
cui, seppur ancora in modo iniziale, si è percepita l'importanza dell'incontro
personale con Gesù. La pastorale parrocchiale deve valorizzare adeguatamente
questa occasione così significativa.
II. Eucaristia e sacramento della
Riconciliazione
Loro nesso intrinseco
20. Giustamente, i Padri sinodali hanno affermato
che l'amore all'Eucaristia porta ad apprezzare sempre più anche il sacramento
della Riconciliazione (54). A causa del legame tra questi sacramenti,
un'autentica catechesi riguardo al senso dell'Eucaristia non può essere
disgiunta dalla proposta di un cammino penitenziale (cfr 1 Cor 11,27-29).
Certo, constatiamo come nel nostro tempo i fedeli si trovino immersi in una
cultura che tende a cancellare il senso del peccato (55), favorendo un
atteggiamento superficiale, che porta a dimenticare la necessità di essere in
grazia di Dio per accostarsi degnamente alla comunione sacramentale (56). In
realtà, perdere la coscienza del peccato comporta sempre anche una certa
superficialità nell'intendere l'amore stesso di Dio. Giova molto ai fedeli
richiamare quegli elementi che, all'interno del rito della santa Messa,
esplicitano la coscienza del proprio peccato e, contemporaneamente, della
misericordia di Dio (57). Inoltre, la relazione tra Eucaristia e Riconciliazione
ci ricorda che il peccato non è mai una realtà esclusivamente individuale; esso
comporta sempre anche una ferita all'interno della comunione ecclesiale, nella
quale siamo inseriti grazie al Battesimo. Per questo la Riconciliazione, come
dicevano i Padri della Chiesa, è laboriosus quidam baptismus,(58)
sottolineando in tal modo che l'esito del cammino di conversione è anche il
ristabilimento della piena comunione ecclesiale, che si esprime nel riaccostarsi
all'Eucaristia.(59)
Alcune attenzioni pastorali
21. Il Sinodo ha ricordato che è compito
pastorale del Vescovo promuovere nella propria Diocesi un deciso recupero della
pedagogia della conversione che nasce dalla Eucaristia e favorire tra i fedeli
la confessione frequente. Tutti i sacerdoti si dedichino con generosità, impegno
e competenza all'amministrazione del sacramento della Riconciliazione.(60) A
questo proposito si deve fare attenzione a che i confessionali nelle nostre
chiese siano ben visibili ed espressivi del significato di questo Sacramento.
Chiedo ai Pastori di vigilare attentamente sulla celebrazione del sacramento
della Riconciliazione, limitando la prassi dell'assoluzione generale
esclusivamente ai casi previsti,(61) essendo solo quella personale la forma
ordinaria.(62) Di fronte alla necessità di riscoprire il perdono sacramentale,
in tutte le Diocesi vi sia sempre il Penitenziere.(63) Infine, alla nuova
presa di coscienza della relazione tra Eucaristia e Riconciliazione può essere
di valido aiuto una equilibrata ed approfondita prassi dell'indulgenza,
lucrata per sé o per i defunti. Con essa si ottiene « la remissione davanti a
Dio della pena temporale
per i peccati, già rimessi quanto alla colpa
».(64) L'uso delle indulgenze ci aiuta a comprendere che con le nostre sole
forze non saremmo capaci di riparare al male compiuto e che i peccati di
ciascuno recano danno a tutta la comunità; inoltre, la pratica dell'indulgenza,
implicando oltre alla dottrina degli infiniti meriti di Cristo anche quella
della comunione dei santi, ci dice « quanto intimamente siamo uniti in Cristo
gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare
agli altri».(65) Poiché la sua stessa forma prevede, tra le condizioni,
l'accostarsi alla confessione e alla comunione sacramentale, la sua pratica può
sostenere efficacemente i fedeli nel cammino di conversione e nella scoperta
della centralità dell'Eucaristia nella vita cristiana.
III. Eucaristia e Unzione degli infermi
22. Gesù non ha soltanto inviato i suoi discepoli
a curare gli infermi (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche
istituito per loro uno specifico sacramento: l'Unzione degli infermi.(66) La
Lettera di Giacomo ci attesta la presenza di questo gesto sacramentale già
nella prima comunità cristiana (cfr 5,14-16). Se l'Eucaristia mostra come le
sofferenze e la morte di Cristo siano state trasformate in amore, l'Unzione
degli infermi, da parte sua, associa il sofferente all'offerta che Cristo ha
fatto di sé per la salvezza di tutti, così che anch'egli possa, nel mistero
della comunione dei santi, partecipare alla redenzione del mondo. La relazione
tra questi Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte all'aggravarsi della
malattia: « A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre
all'Unzione degli infermi, l'Eucaristia come viatico ».(67) Nel passaggio al
Padre, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di
vita eterna e potenza di risurrezione: « Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Gv
6,54). Poiché il Santo Viatico schiude all'infermo la pienezza del mistero
pasquale, è necessario assicurarne la pratica.(68) L'attenzione e la cura
pastorale verso coloro che si trovano nella malattia ridonda sicuramente a
vantaggio spirituale di tutta la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al
più piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
IV. Eucaristia e sacramento dell'Ordine
In persona Christi capitis
23. Il nesso intrinseco fra Eucaristia e
sacramento dell'Ordine risulta dalle parole stesse di Gesù nel Cenacolo: « Fate
questo in memoria di me » (Lc 22,19). Gesù, infatti, alla vigilia della
sua morte, ha istituito l'Eucaristia e fondato allo stesso tempo il
sacerdozio della Nuova Alleanza. Egli è sacerdote, vittima ed altare:
mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr Eb 5,5-10), vittima di
espiazione (cfr 1 Gv 2,2; 4,10) che offre se stessa sull'altare della
croce. Nessuno può dire « questo è il mio corpo » e « questo è il calice del mio
sangue » se non nel nome e nella persona di Cristo, unico sommo sacerdote della
nuova ed eterna Alleanza (cfr Eb 8-9). Il Sinodo dei Vescovi già in altre
assemblee aveva messo a tema il Sacerdozio ordinato, sia per quanto riguarda
l'identità del ministero(69) sia per la formazione dei candidati.(70) In questa
circostanza, alla luce del dialogo avvenuto all'interno dell'ultima Assemblea
sinodale, mi preme richiamare alcuni valori relativi al rapporto tra Sacramento
eucaristico e Ordine. Innanzitutto è necessario ribadire che il legame tra
l'Ordine sacro e l'Eucaristia è visibile proprio nella Messa presieduta dal
Vescovo o dal presbitero in persona di Cristo capo.
La dottrina della Chiesa fa dell'ordinazione
sacerdotale la condizione imprescindibile per la celebrazione valida
dell'Eucaristia.(71) Infatti, « nel servizio ecclesiale del ministro ordinato è
Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo corpo,
Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore ».(72)
Certamente il ministro ordinato « agisce anche a nome di tutta la Chiesa
allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa e soprattutto quando offre il
sacrificio eucaristico ».(73) È necessario, pertanto, che i sacerdoti abbiano
coscienza che tutto il loro ministero non deve mai mettere in primo piano loro
stessi o le loro opinioni, ma Gesù Cristo. Contraddice l'identità sacerdotale
ogni tentativo di porre se stessi come protagonisti dell'azione liturgica. Il
sacerdote è più che mai servo e deve impegnarsi continuamente ad essere segno
che, come strumento docile nelle mani di Cristo, rimanda a Lui. Ciò si esprime
particolarmente nell'umiltà con la quale il sacerdote guida l'azione liturgica,
in obbedienza al rito, corrispondendovi con il cuore e la mente, evitando tutto
ciò che possa dare la sensazione di un proprio inopportuno protagonismo.
Raccomando, pertanto, al clero di approfondire sempre la coscienza del proprio
ministero eucaristico come umile servizio a Cristo e alla sua Chiesa. Il
sacerdozio, come diceva sant'Agostino, è amoris officium,(74) è l'ufficio
del buon pastore, che offre la vita per le pecore (cfr Gv 10,14-15).
Eucaristia e celibato sacerdotale
24. I Padri sinodali hanno voluto sottolineare
che il sacerdozio ministeriale richiede, attraverso l'Ordinazione, la piena
configurazione a Cristo. Pur nel rispetto della differente prassi e tradizione
orientale, è necessario ribadire il senso profondo del celibato sacerdotale,
ritenuto giustamente una ricchezza inestimabile, e confermato anche dalla prassi
orientale di scegliere i Vescovi solo tra coloro che vivono nel celibato e che
tiene in grande onore la scelta del celibato operata da numerosi presbiteri. In
tale scelta del sacerdote, infatti, trovano peculiare espressione la dedizione
che lo conforma a Cristo e l'offerta esclusiva di se stesso per il Regno di
Dio.(75) Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua
missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il
punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa
latina a questo proposito. Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato
sacerdotale in termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una
speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso. Tale scelta è
innanzitutto sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la
vita per la sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il
Concilio Vaticano II (76)
e con i
Sommi Pontefici miei predecessori
(77), ribadisco la bellezza e l'importanza di una vita sacerdotale vissuta nel
celibato come segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo,
alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo quindi l'obbligatorietà per la
tradizione latina. Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e
dedizione è una grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società.
Scarsità di clero e pastorale vocazionale
25. A proposito del legame tra sacramento
dell'Ordine ed Eucaristia, il Sinodo si è soffermato sulla situazione di disagio
che si viene a creare in diverse Diocesi quando ci si trova a dover fare i conti
con la scarsità di sacerdoti. Ciò accade non solo in alcune zone di prima
evangelizzazione, ma anche in molti Paesi di lunga tradizione cristiana.
Certamente giova alla soluzione del problema una più equa distribuzione del
clero. Occorre dunque un lavoro di sensibilizzazione capillare. I Vescovi
coinvolgano nelle necessità pastorali gli Istituti di Vita Consacrata e le nuove
realtà ecclesiali, nel rispetto del carisma loro proprio, e sollecitino tutti i
membri del clero a una più grande disponibilità per servire la Chiesa là dove ve
ne sia bisogno, anche a costo di sacrificio.(78) Inoltre, all'interno del Sinodo
si è anche discusso sulle attenzioni pastorali da mettere in atto per favorire,
soprattutto nei giovani, l'apertura interiore alla vocazione sacerdotale. Tale
situazione non può trovare soluzione in semplici accorgimenti pragmatici. Si
deve evitare che i Vescovi, spinti da pur comprensibili preoccupazioni
funzionali per la mancanza di clero, non svolgano un adeguato discernimento
vocazionale e ammettano alla formazione specifica e all'ordinazione candidati
che non possiedono le caratteristiche necessarie per il servizio
sacerdotale.(79) Un clero non sufficientemente formato, ammesso all'ordinazione
senza il doveroso discernimento, difficilmente potrà offrire una testimonianza
atta a suscitare in altri il desiderio di corrispondere con generosità alla
chiamata di Cristo. La pastorale vocazionale, in realtà, deve coinvolgere tutta
la comunità cristiana in ogni suo ambito.(80) Ovviamente, in questo capillare
lavoro pastorale è inclusa anche l'opera di sensibilizzazione delle famiglie,
spesso indifferenti se non addirittura contrarie all'ipotesi della vocazione
sacerdotale. Si aprano con generosità al dono della vita ed educhino i figli ad
essere disponibili alla volontà di Dio. In sintesi, occorre soprattutto avere il
coraggio di proporre ai giovani la radicalità della sequela di Cristo
mostrandone il fascino.
Gratitudine e speranza
26. Infine, è necessario avere maggiore fede e
speranza nella iniziativa divina. Anche se in alcune regioni si registra
scarsità di clero, non deve mai venire meno la fiducia che Cristo continui a
suscitare uomini, i quali, abbandonata ogni altra occupazione, si dedichino
totalmente alla celebrazione dei sacri misteri, alla predicazione del Vangelo e
al ministero pastorale. In questa circostanza desidero dare voce alla
gratitudine della Chiesa intera per tutti i Vescovi e i presbiteri, che svolgono
con fedele dedizione ed impegno la propria missione. Naturalmente il
ringraziamento della Chiesa va anche ai diaconi, cui sono imposte le mani « non
per il sacerdozio ma per il servizio ».(81) Come ha raccomandato l'Assemblea del
Sinodo, uno speciale grazie rivolgo ai presbiteri fidei donum, che con
competenza e generosa dedizione edificano la comunità annunciandole la Parola di
Dio e spezzando il Pane della vita, senza risparmiare energie nel servizio alla
missione della Chiesa.(82) Occorre ringraziare Dio per i tanti sacerdoti che
hanno sofferto fino al sacrificio della vita per servire Cristo. In essi si
rivela con l'eloquenza dei fatti che cosa significhi essere sacerdote sino in
fondo. Si tratta di testimonianze commoventi che possono ispirare tanti giovani
a seguire a loro volta Cristo ed a spendere la loro vita per gli altri, trovando
proprio così la vita vera.
V. Eucaristia e Matrimonio
Eucaristia, sacramento sponsale
27. L'Eucaristia, sacramento della carità, mostra
un particolare rapporto con l'amore tra l'uomo e la donna, uniti in matrimonio.
Approfondire questo legame è una necessità propria del nostro tempo.(83) Il Papa
Giovanni Paolo II ha avuto più volte l'occasione di affermare il carattere
sponsale dell'Eucaristia ed il suo rapporto peculiare con il sacramento del
Matrimonio: « L'Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il
sacramento dello Sposo, della Sposa ».(84) Del resto, « tutta la vita cristiana
porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo,
che introduce nel Popolo di Dio, è un mistero nuziale: è per così dire il
lavacro delle nozze che precede il banchetto delle nozze, l'Eucaristia ».(85)
L'Eucaristia corrobora in modo inesauribile l'unità e l'amore indissolubili di
ogni Matrimonio cristiano. In esso, in forza del sacramento, il vincolo
coniugale è intrinsecamente connesso all'unità eucaristica tra Cristo sposo e la
Chiesa sposa (cfr Ef 5,31-32). Il reciproco consenso che marito e moglie
si scambiano in Cristo, e che li costituisce in comunità di vita e di amore, ha
anch'esso una dimensione eucaristica. Infatti, nella teologia paolina, l'amore
sponsale è segno sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, un amore
che ha il suo punto culminante nella Croce, espressione delle sue « nozze » con
l'umanità e, al contempo, origine e centro dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa
manifesta una particolare vicinanza spirituale a tutti coloro che hanno fondato
la loro famiglia sul sacramento del Matrimonio.(86) La famiglia – chiesa
domestica(87) – è un ambito primario della vita della Chiesa, specialmente per
il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione cristiana dei figli.(88) In
questo contesto il Sinodo ha raccomandato anche di riconoscere la singolare
missione della donna nella famiglia e nella società, una missione che va difesa,
salvaguardata e promossa.(89) Il suo essere sposa e madre costituisce una realtà
imprescindibile che non deve mai essere svilita.
Eucaristia e unicità del matrimonio
28. È propriamente alla luce di questa relazione
intrinseca tra matrimonio, famiglia ed Eucaristia che è possibile considerare
alcuni problemi pastorali. Il legame fedele, indissolubile ed esclusivo che
unisce Cristo e la Chiesa, e che trova espressione sacramentale nell'Eucaristia,
si incontra con il dato antropologico originario per cui l'uomo deve essere
unito in modo definitivo ad una sola donna e viceversa (cfr Gn 2,24;
Mt 19,5). In questo orizzonte di pensieri, il Sinodo dei Vescovi ha
affrontato il tema della prassi pastorale nei confronti di chi incontra
l'annuncio del Vangelo provenendo da culture in cui è praticata la poligamia.
Coloro che si trovano in una tale situazione e che si aprono alla fede cristiana
devono essere aiutati ad integrare il loro progetto umano nella novità radicale
di Cristo. Nel percorso di catecumenato, Cristo li raggiunge nella loro
condizione specifica e li chiama alla piena verità dell'amore passando
attraverso le rinunce necessarie, in vista della comunione ecclesiale perfetta.
La Chiesa li accompagna con una pastorale piena di dolcezza e insieme di
fermezza,(90) soprattutto mostrando loro la luce che dai misteri cristiani si
riverbera sulla natura e sugli affetti umani.
Eucaristia e indissolubilità del matrimonio
29. Se l'Eucaristia esprime l'irreversibilità
dell'amore di Dio in Cristo per la sua Chiesa, si comprende perché essa
implichi, in relazione al sacramento del Matrimonio, quella indissolubilità alla
quale ogni vero amore non può che anelare.(91) Più che giustificata quindi
l'attenzione pastorale che il Sinodo ha riservato alle situazioni dolorose in
cui si trovano non pochi fedeli che, dopo aver celebrato il sacramento del
Matrimonio, hanno divorziato e contratto nuove nozze. Si tratta di un problema
pastorale spinoso e complesso, una vera piaga dell'odierno contesto sociale che
intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici. I Pastori, per amore
della verità, sono obbligati a discernere bene le diverse situazioni, per
aiutare spiritualmente nei modi adeguati i fedeli coinvolti.(92) Il Sinodo dei
Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr
Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati,
perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono
quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata
nell'Eucaristia. I divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro
situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale
attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile
cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza
ricevere la Comunione, l'ascolto della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica,
la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con
un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta,
le opere di penitenza, l'impegno educativo verso i figli.
Là dove sorgono legittimamente dei dubbi sulla
validità del Matrimonio sacramentale contratto, si deve intraprendere quanto è
necessario per verificarne la fondatezza. Bisogna poi assicurare, nel pieno
rispetto del diritto canonico,(93) la presenza sul territorio dei tribunali
ecclesiastici, il loro carattere pastorale, la loro corretta e pronta
attività.(94) Occorre che in ogni Diocesi ci sia un numero sufficiente di
persone preparate per il sollecito funzionamento dei tribunali ecclesiastici.
Ricordo che « è un obbligo grave quello di rendere l'operato istituzionale della
Chiesa nei tribunali sempre più vicino ai fedeli ».(95) È necessario, tuttavia,
evitare di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in
contrapposizione col diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che
fondamentale punto d'incontro tra diritto e pastorale è l'amore per la verità:
questa infatti non è mai astratta, ma « si integra nell'itinerario umano e
cristiano di ogni fedele ».(96) Infine, là dove non viene riconosciuta la
nullità del vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di fatto
rendono la convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a
impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio,
come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa
eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale. Tale
cammino, perché sia possibile e porti frutti, deve essere sostenuto dall'aiuto
dei pastori e da adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni caso, di
benedire queste relazioni, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il
valore del Matrimonio.(97)
Data la complessità del contesto culturale in cui
vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la
massima cura pastorale nella formazione dei nubendi e nella previa verifica
delle loro convinzioni circa gli impegni irrinunciabili per la validità del
sacramento del Matrimonio. Un serio discernimento a questo riguardo potrà
evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad
assumere responsabilità che non sapranno poi onorare.(98) Troppo grande è il
bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla
famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico
ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere
promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni
danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana
come tale.
Eucaristia
ed Escatologia
Eucaristia: dono all'uomo in cammino
30. Se è vero che i Sacramenti sono una realtà
che appartiene alla Chiesa pellegrinante nel tempo(99) verso la piena
manifestazione della vittoria di Cristo risorto, è tuttavia altrettanto vero
che, specialmente nella liturgia eucaristica, ci è dato di pregustare il
compimento escatologico verso cui ogni uomo e tutta la creazione sono in cammino
(cfr Rm 8,19 ss.). L'uomo è creato per la felicità vera ed eterna, che
solo l'amore di Dio può dare. Ma la nostra libertà ferita si smarrirebbe, se non
fosse possibile già fin d'ora sperimentare qualcosa del compimento futuro. Del
resto, ogni uomo per poter camminare nella direzione giusta ha bisogno di essere
orientato verso il traguardo finale. Questa meta ultima, in realtà, è lo stesso
Cristo Signore vincitore del peccato e della morte, che si rende presente a noi
in modo speciale nella Celebrazione eucaristica. Così, pur essendo noi ancora «
stranieri e pellegrini » (1 Pt 2,11) in questo mondo, nella fede già
partecipiamo alla pienezza della vita risorta. Il banchetto eucaristico,
rivelando la sua dimensione fortemente escatologica, viene in aiuto alla nostra
libertà in cammino.
Il banchetto escatologico
31. Riflettendo su questo mistero, possiamo dire
che con la sua venuta Gesù si è posto in rapporto con l'attesa presente nel
popolo di Israele, nell'intera umanità ed in fondo nella stessa creazione. Con
il dono di se stesso, Egli ha obiettivamente inaugurato il tempo escatologico.
Cristo è venuto per chiamare a raccolta il Popolo di Dio disperso (cfr Gv
11,52), manifestando chiaramente l'intenzione di radunare la comunità
dell'alleanza, per portare a compimento le promesse di Dio fatte agli antichi
padri (cfr Ger 23,3; 31,10; Lc 1,55.70). Nella chiamata dei
Dodici, da porre in relazione con le dodici tribù di Israele, e nel mandato loro
affidato nell'Ultima Cena, prima della sua Passione redentrice, di celebrare il
suo memoriale, Gesù ha mostrato di voler trasferire all'intera comunità da Lui
fondata il compito di essere, nella storia, segno e strumento del raduno
escatologico, in Lui iniziato. Pertanto, in ogni Celebrazione eucaristica si
realizza sacramentalmente il radunarsi escatologico del Popolo di Dio. Il
banchetto eucaristico è per noi reale anticipazione del banchetto finale,
preannunziato dai Profeti (cfr Is 25,6-9) e descritto nel Nuovo
Testamento come « le nozze dell'Agnello » (Ap 19,7.9), da celebrarsi
nella gioia della comunione dei santi.(100)
Preghiera per i defunti
32. La Celebrazione eucaristica, nella quale
annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, nell'attesa
della sua venuta, è pegno della gloria futura in cui anche i nostri corpi
saranno glorificati. Celebrando il Memoriale della nostra salvezza si rafforza
in noi la speranza della risurrezione della carne e della possibilità di
incontrare di nuovo, faccia a faccia, coloro che ci hanno preceduto nel segno
della fede. In questo orizzonte, insieme ai Padri sinodali, vorrei ricordare a
tutti i fedeli l'importanza della preghiera di suffragio per i defunti, in
particolare della celebrazione di sante Messe per loro,(101) affinché,
purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. Riscoprendo la
dimensione escatologica insita nell'Eucaristia, celebrata ed adorata, siamo così
sostenuti nel nostro cammino e confortati nella speranza della gloria (cfr Rm
5,2; Tt 2,13).
L'Eucaristia e la Vergine Maria
33. Dalla relazione tra l'Eucaristia e i singoli
Sacramenti, e dal significato escatologico dei santi Misteri emerge nel suo
insieme il profilo dell'esistenza cristiana, chiamata ad essere in ogni istante
culto spirituale, offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che noi tutti
siamo ancora in cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo
non toglie che si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha
donato trova perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre
nostra: la sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi segno di sicura
speranza, in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica
che il sacramento dell'Eucaristia ci fa fin d'ora pregustare.
In Maria Santissima vediamo perfettamente attuata
anche la modalità sacramentale con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua
iniziativa salvifica la creatura umana. Dall'Annunciazione alla Pentecoste,
Maria di Nazareth appare come la persona la cui libertà è totalmente disponibile
alla volontà di Dio. La sua Immacolata Concezione si rivela propriamente nella
docilità incondizionata alla Parola divina. La fede obbediente è la forma che la
sua vita assume in ogni istante di fronte all'azione di Dio. Vergine in ascolto,
ella vive in piena sintonia con la volontà divina; serba nel suo cuore le parole
che le vengono da Dio e, componendole come in un mosaico, impara a comprenderle
più a fondo (cfr Lc 2,19.51); Maria è la grande Credente che, piena di
fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua volontà.(102) Tale
mistero si intensifica fino ad arrivare al pieno coinvolgimento nella missione
redentrice di Gesù. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, « la beata
Vergine avanzò nella pellegrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione
col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr
Gv 19,25) soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con
animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all'immolazione
della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in croce
fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio
».(103) Dall'Annunciazione fino alla Croce, Maria è colei che accoglie la Parola
fattasi carne in lei e giunta fino ad ammutolire nel silenzio della morte. È
lei, infine, che riceve nelle sue braccia il corpo donato, ormai esanime, di
Colui che davvero ha amato i suoi « sino alla fine » (Gv 13,1).
Per questo, ogni volta che nella Liturgia
eucaristica ci accostiamo al Corpo e al Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a
Lei che, aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di
Cristo. Giustamente i Padri sinodali hanno affermato che « Maria inaugura la
partecipazione della Chiesa al sacrificio del Redentore ».(104) Ella è
l'Immacolata che accoglie incondizionatamente il dono di Dio e, in tal modo,
viene associata all'opera della salvezza. Maria di Nazareth, icona della Chiesa
nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono
che Gesù fa di se stesso nell'Eucaristia.
SECONDA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CELEBRARE
« In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha
dato il pane dal cielo,
ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero » (Gv 6,32)
Lex orandi e lex credendi
34. Il Sinodo dei Vescovi ha riflettuto molto
sulla relazione intrinseca tra fede eucaristica e celebrazione, mettendo in
evidenza il nesso tra lex orandi e lex credendi e sottolineando il
primato dell'azione liturgica. È necessario vivere l'Eucaristia come
mistero della fede autenticamente celebrato, nella chiara consapevolezza che «
l'intellectus fidei è sempre originariamente in rapporto con l'azione
liturgica della Chiesa ».(105) In questo ambito, la riflessione teologica non
può mai prescindere dall'ordine sacramentale istituito da Cristo stesso.
Dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai essere considerata
genericamente, a prescindere dal mistero della fede. La sorgente della nostra
fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che
Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale.
Bellezza e liturgia
35. Il rapporto tra mistero creduto e celebrato
si manifesta in modo peculiare nel valore teologico e liturgico della bellezza.
La liturgia, infatti, come del resto la Rivelazione cristiana, ha un intrinseco
legame con la bellezza: è veritatis splendor. Nella liturgia rifulge il
Mistero pasquale mediante il quale Cristo stesso ci attrae a sé e ci chiama alla
comunione. In Gesù, come soleva dire san Bonaventura, contempliamo la bellezza e
il fulgore delle origini.(106) Tale attributo cui facciamo riferimento non è
mero estetismo, ma modalità con cui la verità dell'amore di Dio in Cristo ci
raggiunge, ci affascina e ci rapisce, facendoci uscire da noi stessi e
attraendoci così verso la nostra vera vocazione: l'amore.(107) Già nella
creazione Dio si lascia intravedere nella bellezza e nell'armonia del cosmo (cfr
Sap 13,5; Rm 1,19-20). Nell'Antico Testamento poi troviamo ampi
segni del fulgore della potenza di Dio, che si manifesta con la sua gloria
attraverso i prodigi operati in mezzo al popolo eletto (cfr Es 14; 16,10;
24,12-18; Nm 14,20-23). Nel Nuovo Testamento si compie definitivamente
questa epifania di bellezza nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo: (108) Egli
è la piena manifestazione della gloria divina. Nella glorificazione del Figlio
risplende e si comunica la gloria del Padre (cfr Gv 1,14; 8,54; 12,28;
17,1). Tuttavia, questa bellezza non è una semplice armonia di forme; « il più
bello tra i figli dell'uomo » (Sal 45 [44],3) è anche misteriosamente
colui che « non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi » (Is
53,2). Gesù Cristo ci mostra come la verità dell'amore sa trasfigurare anche
l'oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione. Qui il
fulgore della gloria di Dio supera ogni bellezza intramondana. La vera bellezza
è l'amore di Dio che si è definitivamente a noi rivelato nel Mistero pasquale.
La bellezza della liturgia è parte di questo
mistero; essa è espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un
certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra. Il memoriale del sacrificio
redentore porta in se stesso i tratti di quella bellezza di Gesù di cui Pietro,
Giacomo e Giovanni ci hanno dato testimonianza, quando il Maestro, in cammino
verso Gerusalemme, volle trasfigurarsi davanti a loro (cfr Mc 9,2). La
bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell'azione liturgica; ne è
piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua
rivelazione. Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba
avere perché l'azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria.
La
Celebrazione eucaristica opera del « Christus totus »
Christus totus in capite et in corpore
36. La bellezza intrinseca della liturgia ha come
soggetto proprio il Cristo risorto e glorificato nello Spirito Santo, che
include la Chiesa nel suo agire.(109) In questa prospettiva è assai suggestivo
richiamare alla mente le parole di sant'Agostino che in modo efficace descrivono
questa dinamica di fede propria dell'Eucaristia. Il grande Santo di Ippona,
proprio in riferimento al Mistero eucaristico, mette in rilievo come Cristo
stesso ci assimili a sé: « Quel pane che voi vedete sull'altare, santificato con
la parola di Dio, è il corpo di Cristo. Il calice, o meglio quel che il calice
contiene, santificato con le parole di Dio, è sangue di Cristo. Con questi
[segni] Cristo Signore ha voluto affidarci il suo corpo e il suo sangue, che ha
sparso per noi per la remissione dei peccati. Se voi li avete ricevuti bene, voi
stessi siete quel che avete ricevuto».(110) Pertanto « non soltanto siamo
diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo stesso ».(111) Da qui possiamo
contemplare la misteriosa azione di Dio che comporta l'unità profonda tra noi e
il Signore Gesù: « Non bisogna credere infatti che il Cristo sia nel capo senza
essere anche nel corpo, ma egli è tutto intero nel capo e nel corpo ».(112)
Eucaristia e Cristo risorto
37. Poiché la liturgia eucaristica è
essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello
Spirito, il suo fondamento non è a disposizione del nostro arbitrio e non può
subire il ricatto delle mode del momento. Anche qui vale l'irrefragabile
affermazione di san Paolo: « Nessuno può porre un fondamento diverso da quello
che già vi si trova, che è Gesù Cristo » (1 Cor 3,11). È ancora
l'Apostolo delle genti ad assicurarci che, in riferimento all'Eucaristia, egli
non ci comunica una sua personale dottrina, ma quello che a sua volta ha
ricevuto (cfr 1 Cor 11,23). La celebrazione dell'Eucaristia implica,
infatti, la Tradizione viva. La Chiesa celebra il Sacrificio eucaristico in
obbedienza al comando di Cristo, a partire dall'esperienza del Risorto e
dall'effusione dello Spirito Santo. Per questo motivo, la comunità cristiana,
fin dagli inizi, si riunisce per la fractio panis nel Giorno del Signore.
Il giorno in cui Cristo è risorto dai morti, la Domenica, è anche il primo
giorno della settimana, quello in cui la tradizione veterotestamentaria vedeva
l'inizio della creazione. Il giorno della creazione è ora diventato il giorno
della « creazione nuova », il giorno della nostra liberazione nel quale facciamo
memoria di Cristo morto e risorto.(113)
Ars celebrandi
38. Nei lavori sinodali è stata più volte
raccomandata la necessità di superare ogni possibile separazione tra l'ars
celebrandi, cioè l'arte di celebrare rettamente, e la partecipazione piena,
attiva e fruttuosa di tutti i fedeli. In effetti, il primo modo con cui si
favorisce la partecipazione del Popolo di Dio al Rito sacro è la celebrazione
adeguata del Rito stesso. L'ars celebrandi è la migliore condizione per
l'actuosa participatio.(114) L'ars celebrandi scaturisce
dall'obbedienza fedele alle norme liturgiche nella loro completezza, poiché è
proprio questo modo di celebrare ad assicurare da duemila anni la vita di fede
di tutti i credenti, i quali sono chiamati a vivere la celebrazione in quanto
Popolo di Dio, sacerdozio regale, nazione santa (cfr 1 Pt 2,4-5.9).(115)
Il Vescovo, liturgo per eccellenza
39. Se è vero che tutto il Popolo di Dio
partecipa alla Liturgia eucaristica, tuttavia in relazione alla corretta ars
celebrandi un compito imprescindibile spetta a coloro che hanno ricevuto il
sacramento dell'Ordine. Vescovi, sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il
proprio grado, devono considerare la celebrazione come loro principale
dovere.(116) Innanzitutto il Vescovo diocesano: egli infatti, quale « primo
dispensatore dei misteri di Dio nella Chiesa particolare a lui affidata, è la
guida, il promotore e il custode di tutta la vita liturgica ».(117) Tutto ciò è
decisivo per la vita della Chiesa particolare non solo in quanto la comunione
con il Vescovo è la condizione perché ogni celebrazione sul territorio sia
legittima, ma anche perché egli stesso è il liturgo per eccellenza della propria
Chiesa.(118) A lui spetta salvaguardare la concorde unità delle celebrazioni
nella sua Diocesi. Pertanto deve essere « impegno del Vescovo fare in modo che i
presbiteri, i diaconi e i fedeli comprendano sempre più il senso autentico dei
riti e dei testi liturgici e così siano condotti ad un'attiva e fruttuosa
celebrazione dell'Eucaristia ».(119) In particolare, esorto a fare quanto è
necessario perché le celebrazioni liturgiche svolte dal Vescovo nella Chiesa
cattedrale avvengano nel pieno rispetto dell'ars celebrandi, in modo che
possano essere considerate come modello da tutte le chiese sparse sul
territorio.(120)
Il rispetto dei libri liturgici e della
ricchezza dei segni
40. Sottolineando l'importanza dell'ars
celebrandi, si pone in luce di conseguenza il valore delle norme
liturgiche.(121) L'ars celebrandi deve favorire il senso del sacro e
l'utilizzo di quelle forme esteriori che educano a tale senso, come, ad esempio,
l'armonia del rito, delle vesti liturgiche, dell'arredo e del luogo sacro. La
celebrazione eucaristica trova giovamento là dove i sacerdoti e i responsabili
della pastorale liturgica si impegnano a fare conoscere i vigenti libri
liturgici e le relative norme, mettendo in evidenza le grandi ricchezze dell'Ordinamento
Generale del Messale Romano e dell'Ordinamento delle Letture della Messa.
Nelle comunità ecclesiali si dà forse per scontata la loro conoscenza ed il loro
giusto apprezzamento, ma spesso così non è. In realtà, sono testi in cui sono
contenute ricchezze che custodiscono ed esprimono la fede e il cammino del
Popolo di Dio lungo i due millenni della sua storia. Altrettanto importante per
una giusta ars celebrandi è l'attenzione verso tutte le forme di
linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento
del corpo, colori liturgici dei paramenti. La liturgia, in effetti, possiede per
sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare
al coinvolgimento di tutto l'essere umano. La semplicità dei gesti e la sobrietà
dei segni posti nell'ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più
che l'artificiosità di aggiunte inopportune. L'attenzione e l'obbedienza alla
struttura propria del rito, mentre esprimono il riconoscimento del carattere di
dono dell'Eucaristia, manifestano la volontà del ministro di accogliere con
docile gratitudine tale ineffabile dono.
Arte al servizio della celebrazione
41. Il legame profondo tra la bellezza e la
liturgia deve farci considerare con attenzione tutte le espressioni artistiche
poste al servizio della celebrazione.(122) Una componente importante dell'arte
sacra è certamente l'architettura delle chiese,(123) nelle quali deve
risaltare l'unità tra gli elementi propri del presbiterio: altare, crocifisso,
tabernacolo, ambone, sede. A tale proposito si deve tenere presente che lo scopo
dell'architettura sacra è di offrire alla Chiesa che celebra i misteri della
fede, in particolare l'Eucaristia, lo spazio più adatto all'adeguato svolgimento
della sua azione liturgica.(124) Infatti, la natura del tempio cristiano è
definita dall'azione liturgica stessa, che implica il radunarsi dei fedeli (ecclesia),
i quali sono le pietre vive del tempio (cfr 1 Pt 2,5).
Lo stesso principio vale per tutta l'arte sacra
in genere, specialmente la pittura e la scultura, nelle quali l'iconografia
religiosa deve essere orientata alla mistagogia sacramentale. Un'approfondita
conoscenza delle forme che l'arte sacra ha saputo produrre lungo i secoli può
essere di grande aiuto per coloro che, di fronte a architetti e artisti, hanno
la responsabilità della committenza di opere artistiche legate all'azione
liturgica. Perciò è indispensabile che nella formazione dei seminaristi e dei
sacerdoti sia inclusa, come disciplina importante, la storia dell'arte con
speciale riferimento agli edifici di culto alla luce delle norme liturgiche. In
definitiva, è necessario che in tutto quello che riguarda l'Eucaristia vi sia
gusto per la bellezza. Rispetto e cura dovranno aversi anche per i paramenti,
gli arredi, i vasi sacri, affinché, collegati in modo organico e ordinato tra
loro, alimentino lo stupore per il mistero di Dio, manifestino l'unità della
fede e rafforzino la devozione.(125)
Il canto liturgico
42. Nell'ars celebrandi un posto di
rilievo viene occupato dal canto liturgico.(126) A ragione sant'Agostino in un
suo famoso sermone afferma: « L'uomo nuovo sa qual è il cantico nuovo. Il
cantare è espressione di gioia e, se pensiamo a ciò con un po' più di
attenzione, è espressione di amore ».(127) Il Popolo di Dio radunato per la
celebrazione canta le lodi di Dio. La Chiesa, nella sua bimillenaria storia, ha
creato, e continua a creare, musica e canti che costituiscono un patrimonio di
fede e di amore che non deve andare perduto. Davvero, in liturgia non possiamo
dire che un canto vale l'altro. A tale proposito, occorre evitare la generica
improvvisazione o l'introduzione di generi musicali non rispettosi del senso
della liturgia. In quanto elemento liturgico, il canto deve integrarsi nella
forma propria della celebrazione.(128) Di conseguenza tutto – nel testo, nella
melodia, nell'esecuzione – deve corrispondere al senso del mistero celebrato,
alle parti del rito e ai tempi liturgici.(129) Infine, pur tenendo conto dei
diversi orientamenti e delle differenti tradizioni assai lodevoli, desidero,
come è stato chiesto dai Padri sinodali, che venga adeguatamente valorizzato il
canto gregoriano,(130) in quanto canto proprio della liturgia romana.(131)
La struttura della
celebrazione eucaristica
43. Dopo aver ricordato gli elementi portanti
dell'ars celebrandi emersi nei lavori sinodali, vorrei richiamare
l'attenzione più specificamente su alcune parti della struttura della
Celebrazione eucaristica, che nel nostro tempo necessitano di una particolare
cura, al fine di restare fedeli all'intenzione profonda del rinnovamento
liturgico voluto dal Concilio Vaticano II, in continuità con tutta la grande
tradizione ecclesiale.
Unità intrinseca dell'azione liturgica
44. Prima di tutto è necessario riflettere
sull'unità intrinseca del rito della santa Messa. Bisogna evitare che, sia nelle
catechesi che nella modalità di celebrazione, si dia adito ad una visione
giustapposta delle due parti del rito. Liturgia della Parola e liturgia
eucaristica - oltre ai riti di introduzione e di conclusione - « sono così
strettamente congiunte tra loro da formare un unico atto di culto ».(132)
Infatti, esiste un legame intrinseco tra la Parola di Dio e l'Eucaristia.
Ascoltando la Parola di Dio nasce o si rafforza la fede (cfr Rm 10,17);
nell'Eucaristia il Verbo fatto carne si dà a noi come cibo spirituale.(133) Così
« dalle due mense della Parola di Dio e del Corpo di Cristo la Chiesa riceve ed
offre ai fedeli il Pane di vita».(134) Pertanto, si deve costantemente tener
presente che la Parola di Dio, dalla Chiesa letta e annunziata nella liturgia,
conduce all'Eucaristia come al suo fine connaturale.
La liturgia della Parola
45. Insieme al Sinodo, chiedo che la liturgia
della Parola sia sempre debitamente preparata e vissuta. Pertanto, raccomando
vivamente che nelle liturgie si ponga grande attenzione alla proclamazione della
Parola di Dio da parte di lettori ben preparati. Non dimentichiamo mai che «
quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo
e Cristo, presente nella sua Parola, annunzia il Vangelo».(135) Se le
circostanze lo rendono opportuno, si può pensare a poche parole di introduzione
che aiutino i fedeli a prenderne rinnovata coscienza. La Parola di Dio per
essere ben compresa deve essere ascoltata ed accolta con spirito ecclesiale e
nella consapevolezza della sua unità con il Sacramento eucaristico. Infatti, la
Parola che annunciamo ed ascoltiamo è il Verbo fatto carne (cfr Gv 1,14)
ed ha un intrinseco riferimento alla persona di Cristo e alla modalità
sacramentale della sua permanenza. Cristo non parla nel passato ma nel nostro
presente, come Egli è presente nell'azione liturgica. In questo orizzonte
sacramentale della rivelazione cristiana,(136) la conoscenza e lo studio della
Parola di Dio ci permettono di apprezzare, celebrare e vivere meglio
l'Eucaristia. Anche qui si rivela in tutta la sua verità l'affermazione secondo
cui « l'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo ».(137)
A questo scopo è necessario che i fedeli siano
aiutati ad apprezzare i tesori della Sacra Scrittura presenti nel lezionario
attraverso iniziative pastorali, celebrazioni della Parola e la lettura orante (lectio
divina). Inoltre, non si dimentichi di promuovere le forme di preghiera
confermate dalla tradizione: la Liturgia delle Ore, soprattutto le Lodi, i
Vespri, la Compieta e anche le celebrazioni vigiliari. La preghiera dei Salmi,
le letture bibliche e quelle della grande tradizione presentate nell'Ufficio
divino possono condurre ad un'approfondita esperienza dell'avvenimento di Cristo
e dell'economia della salvezza, che a sua volta può arricchire la comprensione e
la partecipazione alla Celebrazione eucaristica.(138)
L'omelia
46. In relazione all'importanza della Parola di
Dio si pone la necessità di migliorare la qualità dell'omelia. Essa infatti « è
parte dell'azione liturgica »; (139) ha il compito di favorire una più piena
comprensione ed efficacia della Parola di Dio nella vita dei fedeli. Per questo
i ministri ordinati devono « preparare accuratamente l'omelia, basandosi su una
conoscenza adeguata della Sacra Scrittura ».(140) Si evitino omelie generiche o
astratte. In particolare, chiedo ai ministri di fare in modo che l'omelia ponga
la Parola di Dio proclamata in stretta relazione con la celebrazione
sacramentale(141) e con la vita della comunità, in modo tale che la Parola di
Dio sia realmente sostegno e vita della Chiesa.(142) Si tenga presente,
pertanto, lo scopo catechetico ed esortativo dell'omelia. Si ritiene opportuno
che, partendo dal lezionario triennale, siano sapientemente proposte ai fedeli
omelie tematiche che, lungo l'anno liturgico, trattino i grandi temi della fede
cristiana, attingendo a quanto proposto autorevolmente dal Magistero nei quattro
‘pilastri' del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel recente
Compendio: la professione della fede, la celebrazione del mistero cristiano,
la vita in Cristo, la preghiera cristiana.(143)
Presentazione dei doni
47. I Padri sinodali hanno richiamato
l'attenzione anche sulla presentazione dei doni. Non si tratta semplicemente di
un sorta di « intervallo » tra la liturgia della Parola e quella eucaristica.
Ciò farebbe venir meno, tra l'altro, il senso dell'unico rito composto di due
parti connesse. In questo gesto umile e semplice si manifesta, in realtà, un
significato molto grande: nel pane e nel vino che portiamo all'altare tutta la
creazione è assunta da Cristo Redentore per essere trasformata e presentata al
Padre.(144) In questa prospettiva portiamo all'altare anche tutta la sofferenza
e il dolore del mondo, nella certezza che tutto è prezioso agli occhi di Dio.
Questo gesto, per essere vissuto nel suo autentico significato, non ha bisogno
di essere enfatizzato con complicazioni inopportune. Esso permette di
valorizzare l'originaria partecipazione che Dio chiede all'uomo per portare a
compimento l'opera divina in lui e dare in tal modo senso pieno al lavoro umano,
che attraverso la Celebrazione eucaristica viene unito al sacrificio redentore
di Cristo.
La preghiera eucaristica
48. La preghiera eucaristica è « momento centrale
e culminante dell'intera celebrazione ».(145) La sua importanza merita di essere
adeguatamente sottolineata. Le differenti preghiere eucaristiche contenute nel
Messale ci sono tramandate dalla Tradizione viva della Chiesa e si distinguono
per una ricchezza teologica e spirituale inesauribile. I fedeli devono essere
messi in grado di apprezzarla. L'Ordinamento Generale del Messale Romano
ci aiuta in questo ricordandoci gli elementi fondamentali di ogni preghiera
eucaristica: azione di grazie, acclamazione, epiclesi, racconto
dell'istituzione, consacrazione, anamnesi, offerta, intercessione e dossologia
conclusiva.(146) In particolare, la spiritualità eucaristica e la riflessione
teologica vengono illuminate se si contempla la profonda unità nell'anafora tra
l'invocazione dello Spirito Santo e il racconto dell'istituzione,(147) in cui
«si compie il sacrificio che Cristo stesso istituì nell'Ultima Cena».(148)
Infatti, « la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza dello Spirito
Santo, perché i doni offerti dagli uomini siano consacrati, cioè diventino il
Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella
Comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi parteciperanno».(149)
Scambio della pace
49. L'Eucaristia è per sua natura Sacramento
della pace. Questa dimensione del Mistero eucaristico trova nella Celebrazione
liturgica specifica espressione nel rito dello scambio della pace. Si tratta
indubbiamente di un segno di grande valore (cfr Gv 14,27). Nel nostro
tempo, così spaventosamente carico di conflitti, questo gesto acquista, anche
dal punto di vista della sensibilità comune, un particolare rilievo in quanto la
Chiesa avverte sempre più come compito proprio quello di implorare dal Signore
il dono della pace e dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana. La
pace è certamente un anelito insopprimibile, presente nel cuore di ciascuno. La
Chiesa si fa voce della domanda di pace e di riconciliazione che sale dall'animo
di ogni persona di buona volontà, rivolgendola a Colui che « è la nostra pace »
(Ef 2,14) e che può rappacificare popoli e persone, anche dove falliscono
i tentativi umani. Da tutto ciò si comprende l'intensità con cui spesso il rito
della pace è sentito nella Celebrazione liturgica. A questo proposito, tuttavia,
durante il Sinodo dei Vescovi è stata rilevata l'opportunità di moderare questo
gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione
nell'assemblea proprio prima della Comunione. È bene ricordare come non tolga
nulla all'alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima
adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio
della pace a chi sta più vicino.(150)
Distribuzione e ricezione dell'Eucaristia
50. Un altro momento della celebrazione a cui è
necessario accennare è la distribuzione e la ricezione della santa Comunione.
Chiedo a tutti, in particolare ai ministri ordinati e a coloro che,
adeguatamente preparati, in caso di reale necessità, vengono autorizzati al
ministero della distribuzione dell'Eucaristia, di fare il possibile perché il
gesto nella sua semplicità corrisponda al suo valore di incontro personale con
il Signore Gesù nel Sacramento. Per quanto riguarda le prescrizioni per la
corretta prassi rimando ai documenti recentemente emanati.(151) Tutte le
comunità cristiane si attengano fedelmente alle norme vigenti, vedendo in esse
l'espressione della fede e dell'amore che tutti dobbiamo avere nei confronti di
questo sublime Sacramento. Inoltre, non venga trascurato il tempo prezioso del
ringraziamento dopo la Comunione: oltre all'esecuzione di un canto opportuno,
assai utile può essere anche il rimanere raccolti in silenzio.(152)
A questo proposito, vorrei richiamare
l'attenzione ad un problema pastorale in cui frequentemente accade di imbattersi
nel nostro tempo. Mi riferisco al fatto che in alcune circostanze, come ad
esempio nelle sante Messe celebrate in occasione di matrimoni, funerali o eventi
analoghi, sono presenti alla celebrazione, oltre ai fedeli praticanti, anche
altri che magari da anni non si accostano all'altare, o forse si trovano in una
situazione di vita che non permette l'accesso ai Sacramenti. Altre volte capita
che siano presenti persone di altre confessioni cristiane o addirittura di altre
religioni. Circostanze simili si verificano anche in chiese che sono meta di
visitatori, soprattutto nelle grandi città d'arte. Si comprende la necessità che
si trovino allora modi brevi ed incisivi per richiamare tutti al senso della
comunione sacramentale e alle condizioni per la sua ricezione. Laddove vi siano
situazioni in cui non sia possibile garantire la doverosa chiarezza sul
significato dell'Eucaristia, si deve valutare l'opportunità di sostituire la
Celebrazione eucaristica con una celebrazione della Parola di Dio.(153)
Il congedo: « Ite, missa est »
51. Infine, vorrei soffermarmi su quanto i Padri
sinodali hanno detto circa il saluto di congedo al termine della Celebrazione
eucaristica. Dopo la benedizione, il diacono o il sacerdote congeda il popolo
con le parole: Ite, missa est. In questo saluto ci è dato di cogliere il
rapporto tra la Messa celebrata e la missione cristiana nel mondo.
Nell'antichità « missa » significava semplicemente « dimissione ».
Tuttavia essa ha trovato nell'uso cristiano un significato sempre più profondo.
L'espressione « dimissione », in realtà, si trasforma in « missione ». Questo
saluto esprime sinteticamente la natura missionaria della Chiesa. Pertanto, è
bene aiutare il Popolo di Dio ad approfondire questa dimensione costitutiva
della vita ecclesiale, traendone spunto dalla liturgia. In questa prospettiva
può essere utile disporre di testi, opportunamente approvati, per l'orazione sul
popolo e la benedizione finale che esplicitino tale legame.(154)
Actuosa
participatio
Autentica partecipazione
52. Il Concilio Vaticano II aveva posto
giustamente una particolare enfasi sulla partecipazione attiva, piena e
fruttuosa dell'intero Popolo di Dio alla Celebrazione eucaristica.(155)
Certamente, il rinnovamento attuato in questi anni ha favorito notevoli
progressi nella direzione auspicata dai Padri conciliari. Tuttavia, non dobbiamo
nasconderci il fatto che a volte si è manifestata qualche incomprensione
precisamente circa il senso di questa partecipazione. Conviene pertanto mettere
in chiaro che con tale parola non si intende fare riferimento ad una semplice
attività esterna durante la celebrazione. In realtà, l'attiva partecipazione
auspicata dal Concilio deve essere compresa in termini più sostanziali, a
partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del
suo rapporto con l'esistenza quotidiana. Ancora pienamente valida è la
raccomandazione della Costituzione conciliare
Sacrosanctum Concilium,
che esortava i fedeli a non assistere alla liturgia eucaristica « come estranei
o muti spettatori », ma a partecipare « all'azione sacra consapevolmente,
piamente e attivamente ».(156) Il Concilio proseguiva sviluppando la
riflessione: i fedeli « formati dalla Parola di Dio, si nutrano alla mensa del
Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non
soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se
stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo Mediatore siano perfezionati
nell'unità con Dio e tra di loro ».(157)
Partecipazione e ministero sacerdotale
53. La bellezza e l'armonia dell'azione liturgica
trovano una significativa espressione nell'ordine con cui ciascuno è chiamato a
partecipare attivamente. Ciò comporta il riconoscimento dei diversi ruoli
gerarchici implicati nella celebrazione stessa. È utile ricordare che la
partecipazione attiva ad essa non coincide di per sé con lo svolgimento di un
ministero particolare. Soprattutto non giova alla causa della partecipazione
attiva dei fedeli una confusione che venisse ingenerata dalla incapacità di
distinguere, nella comunione ecclesiale, i diversi compiti spettanti a
ciascuno.(158) In particolare, è necessario che vi sia chiarezza riguardo ai
compiti specifici del sacerdote. Egli è in modo insostituibile, come attesta la
tradizione della Chiesa, colui che presiede l'intera Celebrazione eucaristica,
dal saluto iniziale alla benedizione finale. In forza dell'Ordine sacro
ricevuto, egli rappresenta Gesù Cristo, capo della Chiesa e, nel modo suo
proprio, anche la Chiesa stessa.(159) Ogni celebrazione dell'Eucaristia,
infatti, è guidata dal Vescovo, « o personalmente, o per mezzo dei presbiteri
suoi collaboratori ».(160) Egli è coadiuvato dal diacono, il quale ha nella
celebrazione alcuni compiti specifici: preparare l'altare e prestare servizio al
sacerdote, annunciare il Vangelo, eventualmente tenere l'omelia, proporre ai
fedeli le intenzioni della preghiera universale, distribuire ai fedeli
l'Eucaristia.(161) In relazione a questi ministeri, legati al sacramento
dell'Ordine, si pongono anche altri ministeri per il servizio liturgico,
lodevolmente svolti da religiosi e laici preparati.(162)
Celebrazione eucaristica e inculturazione
54. A partire dalle affermazioni fondamentali del
Concilio Vaticano II, è stata sottolineata più volte l'importanza della
partecipazione attiva dei fedeli al Sacrificio eucaristico. Per favorire questo
coinvolgimento si può fare spazio ad alcuni adattamenti appropriati ai diversi
contesti e alle differenti culture.(163) Il fatto che vi siano stati alcuni
abusi non oscura la chiarezza di questo principio, che deve essere mantenuto
secondo le reali necessità della Chiesa, la quale vive e celebra il medesimo
mistero di Cristo in situazioni culturali differenti. Il Signore Gesù, infatti,
proprio nel mistero dell'Incarnazione, nascendo da donna come perfetto uomo (cfr
Gal 4,4), si è posto in diretto rapporto non soltanto con le attese
presenti all'interno dell'Antico Testamento, ma anche con quelle coltivate da
tutti i popoli. Con ciò Egli ha mostrato che Dio intende raggiungerci nel nostro
contesto vitale. Pertanto, per una più efficace partecipazione dei fedeli ai
santi Misteri è utile la prosecuzione del processo di inculturazione nell'ambito
della Celebrazione eucaristica, tenendo conto delle possibilità di adattamento
offerte dall'Ordinamento Generale del Messale Romano,(164) interpretate
alla luce dei criteri fissati dalla IV Istruzione della Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Varietates legitimae del 25
gennaio 1994 (165), e dalle direttive espresse dal Papa Giovanni Paolo II nelle
Esortazioni postsinodali
Ecclesia in Africa,
Ecclesia in America,
Ecclesia in Asia,
Ecclesia in Oceania,
Ecclesia in Europa.(166)
A questo scopo raccomando alle Conferenze episcopali di agire favorendo il
giusto equilibrio tra criteri e direttive già emanate e nuovi adattamenti,(167)
sempre in accordo con la Sede Apostolica.
Condizioni personali per una « actuosa
participatio »
55. Considerando il tema dell'actuosa
participatio dei fedeli al sacro rito, i Padri sinodali hanno dato rilievo
anche alle condizioni personali in cui ciascuno deve trovarsi per una fruttuosa
partecipazione.(168) Una di queste è certamente lo spirito di costante
conversione che deve caratterizzare la vita di tutti i fedeli. Non ci si può
aspettare una partecipazione attiva alla liturgia eucaristica, se ci si accosta
ad essa superficialmente, senza prima interrogarsi sulla propria vita.
Favoriscono tale disposizione interiore, ad esempio, il raccoglimento ed il
silenzio, almeno qualche istante prima dell'inizio della liturgia, il digiuno e,
quando necessario, la Confessione sacramentale. Un cuore riconciliato con Dio
abilita alla vera partecipazione. In particolare, occorre richiamare i fedeli al
fatto che un'actuosa participatio ai santi Misteri non può aversi se non
si cerca al tempo stesso di prendere parte attivamente alla vita ecclesiale
nella sua integralità, che comprende pure l'impegno missionario di portare
l'amore di Cristo dentro la società.
Senza dubbio, la piena partecipazione
all'Eucaristia si ha quando ci si accosta anche personalmente all'altare per
ricevere la Comunione.(169) Tuttavia, si deve fare attenzione a che questa
giusta affermazione non introduca un certo automatismo tra i fedeli, quasi che
per il solo fatto di trovarsi in chiesa durante la liturgia si abbia il diritto
o forse anche il dovere di accostarsi alla Mensa eucaristica. Anche quando non è
possibile accostarsi alla comunione sacramentale, la partecipazione alla santa
Messa rimane necessaria, valida, significativa e fruttuosa. È bene in queste
circostanze coltivare il desiderio della piena unione con Cristo con la pratica,
ad esempio, della comunione spirituale, ricordata da Giovanni Paolo II (170) e
raccomandata da Santi maestri di vita spirituale.(171)
Partecipazione dei cristiani non cattolici
56. Con il tema della partecipazione ci troviamo
inevitabilmente a trattare dei cristiani appartenenti a Chiese o a Comunità
ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica. A questo
proposito, si deve dire che l'intrinseco legame esistente tra Eucaristia e unità
della Chiesa, da una parte, ci fa desiderare ardentemente il giorno in cui
potremo celebrare insieme con tutti i credenti in Cristo la divina Eucaristia ed
esprimere così visibilmente la pienezza dell'unità che Cristo ha voluto per i
suoi discepoli (cfr Gv 17,21). Dall'altra parte, il rispetto che dobbiamo
al sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo ci impedisce di farne un semplice
« mezzo » da usarsi indiscriminatamente per raggiungere questa stessa
unità.(172) L'Eucaristia, infatti, non manifesta solo la nostra personale
comunione con Gesù Cristo, ma implica anche la piena communio con la
Chiesa. Questo è, pertanto, il motivo per cui con dolore, ma non senza speranza,
chiediamo ai cristiani non cattolici di comprendere e rispettare la nostra
convinzione che si rifà alla Bibbia e alla Tradizione. Noi riteniamo che la
Comunione eucaristica e la comunione ecclesiale si appartengano così intimamente
da rendere generalmente impossibile accedere all'una senza godere dell'altra, da
parte di cristiani non cattolici. Ancora più priva di senso sarebbe una vera e
propria concelebrazione con ministri di Chiese o Comunità ecclesiali non in
piena comunione con la Chiesa Cattolica. Resta tuttavia vero che, in vista
dell'eterna salvezza, vi è la possibilità dell'ammissione di singoli cristiani
non cattolici all'Eucaristia, al sacramento della Penitenza e all'Unzione degli
infermi. Ciò suppone però il verificarsi di determinate ed eccezionali
situazioni connotate da precise condizioni.(173) Esse sono indicate con
chiarezza nel
Catechismo della Chiesa Cattolica
(174) e nel suo
Compendio.(175)
È dovere di ciascuno attenervisi fedelmente.
Partecipazione attraverso i mezzi di
comunicazione
57. A causa dello sviluppo formidabile dei mezzi
di comunicazione, negli ultimi decenni la parola « partecipazione » ha
acquistato un significato più ampio che in passato. Tutti riconosciamo con
soddisfazione che questi strumenti offrono nuove possibilità anche in
riferimento alla Celebrazione eucaristica.(176) Ciò richiede dagli operatori
pastorali del settore una specifica preparazione ed un vivo senso di
responsabilità. Infatti, la santa Messa trasmessa alla televisione
inevitabilmente acquista un certo carattere di esemplarità. Si deve fare perciò
particolare attenzione perché la celebrazione, oltre a svolgersi in luoghi degni
e ben preparati, rispetti le norme liturgiche.
Infine, quanto al valore della partecipazione
alla santa Messa resa possibile dai mezzi di comunicazione, chi assiste a tali
trasmissioni deve sapere che, in condizioni normali, non adempie al precetto
festivo. Infatti, il linguaggio dell'immagine rappresenta la realtà, ma non la
riproduce in se stessa.(177) Se è assai lodevole che anziani e malati
partecipino alla santa Messa festiva attraverso le trasmissioni radiotelevisive,
non altrettanto potrebbe dirsi di chi, mediante tali trasmissioni, volesse
dispensarsi dall'andare in chiesa per partecipare alla Celebrazione eucaristica
nell'assemblea della Chiesa viva.
« Actuosa participatio » degli
infermi
58. Considerando la condizione di coloro che per
motivi di salute o di età non possono recarsi nei luoghi di culto, vorrei
richiamare l'attenzione di tutta la comunità ecclesiale sulla necessità
pastorale di assicurare l'assistenza spirituale ai malati, a quelli che restano
nelle proprie case o che si trovano in ospedale. Più volte nel Sinodo dei
Vescovi si è fatto cenno alla loro condizione. Occorre fare in modo che questi
nostri fratelli possano accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale.
Rinforzando in tal modo il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, potranno
sentire la propria esistenza pienamente inserita nella vita e nella missione
della Chiesa mediante l'offerta della propria sofferenza in unione col
sacrificio di nostro Signore. Un'attenzione particolare deve essere riservata ai
disabili; là dove la loro condizione lo permette, la comunità cristiana deve
favorire la loro partecipazione alla celebrazione nel luogo di culto. In
proposito, si faccia in modo che siano rimossi negli edifici sacri eventuali
ostacoli architettonici che impediscono ai disabili l'accesso. Infine, venga
assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili
mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l'Eucaristia nella fede anche
della famiglia o della comunità che li accompagna.(178)
L'attenzione per i carcerati
59. La tradizione spirituale della Chiesa, sulla
scorta di una precisa parola di Cristo (cfr Mt 25,36), ha individuato
nella visita ai carcerati una delle opere di misericordia corporale. Coloro che
si trovano in questa situazione hanno particolarmente bisogno di essere visitati
dal Signore stesso nel sacramento dell'Eucaristia. Sperimentare la vicinanza
della comunità ecclesiale, partecipare all'Eucaristia e ricevere la santa
Comunione in un periodo della vita così particolare e doloroso può sicuramente
contribuire alla qualità del proprio cammino di fede e favorire il pieno
ricupero sociale della persona. Interpretando i desideri espressi nell'Assemblea
sinodale chiedo alle Diocesi di fare in modo che, nei limiti del possibile, vi
sia un adeguato investimento di forze nell'attività pastorale rivolta alla cura
spirituale dei detenuti.(179)
I migranti e la partecipazione
all'Eucaristia
60. Toccando il problema di coloro che per
diversi motivi sono costretti a lasciare la propria terra, il Sinodo ha espresso
particolare gratitudine verso quanti sono impegnati nella cura pastorale dei
migranti. In questo contesto, un'attenzione specifica deve essere data a quei
migranti che appartengono alle Chiese cattoliche orientali e per i quali, al
distacco dalla propria casa, si aggiunge la difficoltà di non poter partecipare
alla liturgia eucaristica secondo il proprio rito di appartenenza. Per questo,
dove è possibile, venga loro concesso di essere assistiti dai sacerdoti del loro
rito. In ogni caso, chiedo ai Vescovi di accogliere nella carità di Cristo
questi fratelli. L'incontro di fedeli di riti diversi può diventare anche
occasione di vicendevole arricchimento. In particolare, penso al giovamento che
può derivare, soprattutto per il clero, dalla conoscenza delle diverse
tradizioni.(180)
Le grandi concelebrazioni
61. L'Assemblea sinodale si è soffermata a
considerare la qualità della partecipazione nelle grandi celebrazioni che
avvengono in circostanze particolari, in cui vi sono, oltre ad un grande numero
di fedeli, anche molti sacerdoti concelebranti.(181) Da una parte, è facile
riconoscere il valore di questi momenti, specialmente quando presiede il Vescovo
attorniato dal suo presbiterio e dai diaconi. Dall'altra, in tali circostanze
possono verificarsi problemi quanto all'espressione sensibile dell'unità del
presbiterio, specialmente nella preghiera eucaristica, e quanto alla
distribuzione della santa Comunione. Si deve evitare che tali grandi
concelebrazioni creino dispersione. A ciò si provveda con strumenti adeguati di
coordinamento e sistemando il luogo di culto in modo da consentire ai presbiteri
e ai fedeli la piena e reale partecipazione. Comunque, occorre tener presente
che si tratta di concelebrazioni d'indole eccezionale e limitate a situazioni
straordinarie.
La lingua latina
62. Quanto affermato non deve, tuttavia, mettere
in ombra il valore di queste grandi liturgie. Penso in questo momento, in
particolare, alle celebrazioni che avvengono durante incontri internazionali,
oggi sempre più frequenti. Esse devono essere giustamente valorizzate. Per
meglio esprimere l'unità e l'universalità della Chiesa, vorrei raccomandare
quanto suggerito dal Sinodo dei Vescovi, in sintonia con le direttive del
Concilio Vaticano II:
(182) eccettuate le letture, l'omelia e la preghiera dei fedeli, è bene che tali
celebrazioni siano in lingua latina; così pure siano recitate in latino le
preghiere più note(183) della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti
brani in canto gregoriano. Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin
dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa
Messa in latino, nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il canto
gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a
conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano
certe parti della liturgia.(184)
Celebrazioni eucaristiche in piccoli gruppi
63. Una situazione assai diversa è quella che si
viene a creare in alcune circostanze pastorali in cui, proprio per una
partecipazione più consapevole, attiva e fruttuosa, si favoriscono le
celebrazioni in piccoli gruppi. Pur riconoscendo la valenza formativa sottesa a
queste scelte, è necessario precisare che esse devono essere armonizzate con
l'insieme della proposta pastorale della Diocesi. Infatti, tali esperienze
perderebbero il loro carattere pedagogico, se fossero sentite in antagonismo o
in parallelo rispetto alla vita della Chiesa particolare. A tale proposito, il
Sinodo ha evidenziato alcuni criteri ai quali attenersi: i piccoli gruppi devono
servire a unificare la comunità, non a frammentarla; ciò deve trovare convalida
nella prassi concreta; questi gruppi devono favorire la partecipazione fruttuosa
dell'intera assemblea e preservare, per quanto possibile, l'unità della vita
liturgica delle singole famiglie.(185)
La celebrazione
interiormente partecipata
Catechesi mistagogica
64. La grande tradizione liturgica della Chiesa
ci insegna che, per una fruttuosa partecipazione, è necessario impegnarsi a
corrispondere personalmente al mistero che viene celebrato, mediante l'offerta a
Dio della propria vita, in unità con il sacrificio di Cristo per la salvezza del
mondo intero. Per questo motivo, il Sinodo dei Vescovi ha raccomandato di curare
nei fedeli l'intima concordanza delle disposizioni interiori con i gesti e le
parole. Se questa mancasse, le nostre celebrazioni, per quanto animate,
rischierebbero la deriva del ritualismo. Pertanto occorre promuovere
un'educazione alla fede eucaristica che disponga i fedeli a vivere personalmente
quanto viene celebrato. Di fronte all'importanza essenziale di questa
participatio personale e consapevole, quali possono essere gli strumenti
formativi adeguati? I Padri sinodali all'unanimità hanno indicato, al riguardo,
la strada di una catechesi a carattere mistagogico, che porti i fedeli a
addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati.(186) In
particolare, per la relazione tra ars celebrandi e actuosa
participatio si deve innanzitutto affermare che « la migliore catechesi
sull'Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata ».(187) Per natura sua,
infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica nell'introdurre i fedeli
alla conoscenza del mistero celebrato. Proprio per questo, nella tradizione più
antica della Chiesa il cammino formativo del cristiano, pur senza trascurare
l'intelligenza sistematica dei contenuti della fede, assumeva sempre un
carattere esperienziale in cui determinante era l'incontro vivo e persuasivo con
Cristo annunciato da autentici testimoni. In questo senso, colui che introduce
ai misteri è innanzitutto il testimone. Tale incontro certamente si
approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo culmine nella
celebrazione dell'Eucaristia. Da questa struttura fondamentale dell'esperienza
cristiana prende le mosse l'esigenza di un itinerario mistagogico, in cui devono
sempre essere tenuti presenti tre elementi.
a) Si tratta innanzitutto della
interpretazione dei riti alla luce degli eventi salvifici, in conformità con
la tradizione viva della Chiesa. In effetti, la celebrazione dell'Eucaristia,
nella sua infinita ricchezza, contiene continui riferimenti alla storia della
salvezza. In Cristo crocifisso e risorto ci è dato di celebrare davvero il
centro ricapitolatore di tutta la realtà (cfr Ef 1,10). Fin dall'inizio
la comunità cristiana ha letto gli avvenimenti della vita di Gesù, ed in
particolare del mistero pasquale, in relazione a tutto il percorso
veterotestamentario.
b) La catechesi mistagogica si dovrà
preoccupare, inoltre, di introdurre al senso dei segni contenuti nei
riti. Questo compito è particolarmente urgente in un'epoca fortemente
tecnicizzata come l'attuale, in cui c'è il rischio di perdere la capacità
percettiva in relazione ai segni e ai simboli. Più che informare, la catechesi
mistagogica dovrà risvegliare ed educare la sensibilità dei fedeli per il
linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito.
c) Infine, la catechesi mistagogica deve
preoccuparsi di mostrare il significato dei riti in relazione alla vita
cristiana in tutte le sue dimensioni, di lavoro e di impegno, di pensieri e
di affetti, di attività e di riposo. È parte dell'itinerario mistagogico porre
in evidenza il nesso dei misteri celebrati nel rito con la responsabilità
missionaria dei fedeli. In tal senso, l'esito maturo della mistagogia è la
consapevolezza che la propria esistenza viene progressivamente trasformata dai
santi Misteri celebrati. Scopo di tutta l'educazione cristiana, del resto, è di
formare il fedele, come « uomo nuovo », ad una fede adulta, che lo renda capace
di testimoniare nel proprio ambiente la speranza cristiana da cui è animato.
Per poter svolgere all'interno delle nostre
comunità ecclesiali un tale compito educativo occorre avere formatori
adeguatamente preparati. Certamente tutto il Popolo di Dio deve sentirsi
impegnato in questa formazione. Ogni comunità cristiana è chiamata ad essere
luogo di introduzione pedagogica ai misteri che si celebrano nella fede. A
questo riguardo, i Padri durante il Sinodo hanno sottolineato l'opportunità di
un maggior coinvolgimento delle Comunità di vita consacrata, dei movimenti e
delle aggregazioni che, in forza dei loro propri carismi, possono arrecare nuovo
slancio alla formazione cristiana.(188) Anche nel nostro tempo lo Spirito Santo
non lesina certo l'effusione dei suoi doni per sostenere la missione apostolica
della Chiesa, a cui spetta di diffondere la fede e di educarla fino alla sua
maturità.(189)
La riverenza verso l'Eucaristia
65. Un segnale convincente dell'efficacia che la
catechesi eucaristica ha sui fedeli è sicuramente la crescita in loro del senso
del mistero di Dio presente tra noi. Ciò può essere verificato attraverso
specifiche manifestazioni di riverenza verso l'Eucaristia, a cui il percorso
mistagogico deve introdurre i fedeli.(190) Penso, in senso generale,
all'importanza dei gesti e della postura, come l'inginocchiarsi durante i
momenti salienti della preghiera eucaristica. Nell'adeguarsi alla legittima
diversità di segni che si compiono nel contesto delle differenti culture,
ciascuno viva ed esprima la consapevolezza di trovarsi in ogni celebrazione
davanti alla maestà infinita di Dio, che ci raggiunge in modo umile nei segni
sacramentali.
Adorazione e pietà eucaristica
Il rapporto intrinseco tra celebrazione e
adorazione
66. Uno dei momenti più intensi del Sinodo è
stato quando ci siamo recati nella Basilica di San Pietro, insieme a tanti
fedeli per l'adorazione eucaristica. Con tale gesto di preghiera, l'Assemblea
dei Vescovi ha inteso richiamare l'attenzione, non solo con le parole,
sull'importanza della relazione intrinseca tra Celebrazione eucaristica e
adorazione. In questo significativo aspetto della fede della Chiesa si trova uno
degli elementi decisivi del cammino ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento
liturgico voluto dal
Concilio Vaticano II.
Mentre la riforma muoveva i primi passi, a volte l'intrinseco rapporto tra la
santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento non fu abbastanza chiaramente
percepito. Un'obiezione allora diffusa prendeva spunto, ad esempio, dal rilievo
secondo cui il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere
contemplato, ma per essere mangiato. In realtà, alla luce dell'esperienza di
preghiera della Chiesa, tale contrapposizione si rivelava priva di ogni
fondamento. Già Agostino aveva detto: « nemo autem illam carnem manducat,
nisi prius adoraverit; peccemus non adorando – Nessuno mangia questa carne
senza prima adorarla; peccheremmo se non la adorassimo ».(191) Nell'Eucaristia,
infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi;
l'adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione
eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della
Chiesa.(192) Ricevere l'Eucaristia significa porsi in atteggiamento di
adorazione verso Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo
una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in qualche modo, la bellezza
della liturgia celeste. L'atto di adorazione al di fuori della santa Messa
prolunga ed intensifica quanto s'è fatto nella Celebrazione liturgica stessa.
Infatti, « soltanto nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda e vera.
E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la
missione sociale che nell'Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere
non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci
separano gli uni dagli altri ».(193)
La pratica dell'adorazione eucaristica
67. Insieme all'Assemblea sinodale, pertanto,
raccomando vivamente ai Pastori della Chiesa e al Popolo di Dio la pratica
dell'adorazione eucaristica, sia personale che comunitaria.(194) A questo
proposito, di grande giovamento sarà un'adeguata catechesi in cui si spieghi ai
fedeli l'importanza di questo atto di culto che permette di vivere più
profondamente e con maggiore frutto la stessa Celebrazione liturgica. Nel limite
del possibile, poi, soprattutto nei centri più popolosi, converrà individuare
chiese od oratori da riservare appositamente all'adorazione perpetua. Inoltre,
raccomando che nella formazione catechistica, ed in particolare negli itinerari
di preparazione alla Prima Comunione, si introducano i fanciulli al senso e alla
bellezza di sostare in compagnia di Gesù, coltivando lo stupore per la sua
presenza nell'Eucaristia.
Vorrei qui esprimere ammirazione e sostegno a
tutti quegli Istituti di vita consacrata i cui membri dedicano una parte
significativa del loro tempo all'adorazione eucaristica. In tal modo essi
offrono a tutti l'esempio di persone che si lasciano plasmare dalla presenza
reale del Signore. Desidero ugualmente incoraggiare quelle associazioni di
fedeli, come anche le Confraternite, che assumono questa pratica come loro
speciale impegno, diventando così fermento di contemplazione per tutta la Chiesa
e richiamo alla centralità di Cristo per la vita dei singoli e delle comunità.
Forme di devozione eucaristica
68. Il rapporto personale che il singolo fedele
instaura con Gesù, presente nell'Eucaristia, lo rimanda sempre all'insieme della
comunione ecclesiale, alimentando in lui la consapevolezza della sua
appartenenza al Corpo di Cristo. Per questo, oltre ad invitare i singoli fedeli
a trovare personalmente del tempo da trascorrere in preghiera davanti al
Sacramento dell'altare, ritengo doveroso sollecitare le stesse parrocchie e gli
altri gruppi ecclesiali a promuovere momenti di adorazione comunitaria.
Ovviamente, conservano tutto il loro valore le già esistenti forme di devozione
eucaristica. Penso, ad esempio, alle processioni eucaristiche, soprattutto alla
tradizionale processione nella solennità del Corpus Domini, alla pia
pratica delle Quarant'ore, ai Congressi eucaristici locali, nazionali e
internazionali, e alle altre iniziative analoghe. Opportunamente aggiornate e
adattate alle circostanze diverse, tali forme di devozione meritano di essere
anche oggi coltivate.(195)
Il luogo del tabernacolo nella chiesa
69. In relazione all'importanza della custodia
eucaristica e dell'adorazione e riverenza nei confronti del sacramento del
Sacrificio di Cristo, il Sinodo dei Vescovi si è interrogato riguardo
all'adeguata collocazione del tabernacolo all'interno delle nostre chiese.(196)
La sua corretta posizione, infatti, aiuta a riconoscere la presenza reale di
Cristo nel Santissimo Sacramento. È necessario pertanto che il luogo in cui
vengono conservate le specie eucaristiche sia facilmente individuabile, grazie
anche alla lampada perenne, da chiunque entri in chiesa. A tale fine, occorre
tenere conto della disposizione architettonica dell'edificio sacro: nelle chiese
in cui non esiste la cappella del Santissimo Sacramento e permane l'altare
maggiore con il tabernacolo, è opportuno continuare ad avvalersi di tale
struttura per la conservazione ed adorazione dell'Eucaristia, evitando di
collocarvi innanzi la sede del celebrante. Nelle nuove chiese è bene predisporre
la cappella del Santissimo in prossimità del presbiterio; ove ciò non sia
possibile, è preferibile situare il tabernacolo nel presbiterio, in luogo
sufficientemente elevato, al centro della zona absidale, oppure in altro punto
ove sia ugualmente ben visibile. Tali accorgimenti concorrono a conferire
dignità al tabernacolo, che deve sempre essere curato anche sotto il profilo
artistico. Ovviamente è necessario tener conto di quanto afferma in proposito l'Ordinamento
Generale del Messale Romano.(197) Il giudizio ultimo su questa materia
spetta comunque al Vescovo diocesano.
TERZA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE
« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me
e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57)
Forma eucaristica della vita
cristiana
Il culto spirituale – logiké latreía (Rm
12,1)
70. Il Signore Gesù, fattosi per noi cibo di
verità e di amore, parlando del dono della sua vita ci assicura che « chi mangia
di questo pane vivrà in eterno » (Gv 6,51). Ma questa « vita eterna »
inizia in noi già in questo tempo attraverso il cambiamento che il dono
eucaristico genera in noi: « Colui che mangia di me vivrà per me » (Gv
6,57). Queste parole di Gesù ci fanno capire come il mistero « creduto » e «
celebrato » possegga in sé un dinamismo che ne fa principio di vita nuova in noi
e forma dell'esistenza cristiana. Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù
Cristo, infatti, veniamo resi partecipi della vita divina in modo sempre più
adulto e consapevole. Vale anche qui quanto sant'Agostino, nelle sue
Confessioni, dice del Logos eterno, cibo dell'anima: mettendo in
rilievo il carattere paradossale di questo cibo, il santo Dottore immagina di
sentirsi dire: « Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. E non io sarò
assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu sarai assimilato a me ».(198)
Infatti non è l'alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che
veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; « ci
attira dentro di sé ».(199)
La Celebrazione eucaristica appare qui in tutta
la sua forza quale fonte e culmine dell'esistenza ecclesiale, in quanto esprime,
nello stesso tempo, sia la genesi che il compimento del nuovo e definitivo
culto, la logiké latreía.(200) Le parole di san Paolo ai Romani a questo
proposito sono la formulazione più sintetica di come l'Eucaristia trasformi
tutta la nostra vita in culto spirituale gradito a Dio: « Vi esorto dunque,
fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio
vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale » (Rm
12,1). In questa esortazione emerge l'immagine del nuovo culto come offerta
totale della propria persona in comunione con tutta la Chiesa. L'insistenza
dell'Apostolo sull'offerta dei nostri corpi sottolinea l'umana concretezza di un
culto tutt'altro che disincarnato. Ancora il Santo di Ippona a questo proposito
ci ricorda che « questo è il sacrificio dei cristiani, l'essere cioè molti e un
solo corpo in Cristo. La Chiesa celebra questo mistero col Sacramento
dell'altare, che i fedeli ben conoscono, e nel quale le si mostra chiaramente
che nella cosa che si offre essa stessa è offerta ».(201) La dottrina cattolica,
infatti, afferma che l'Eucaristia, in quanto sacrificio di Cristo, è anche
sacrificio della Chiesa, e quindi dei fedeli.(202) L'insistenza sul sacrificio –
« fare sacro » – dice qui tutta la densità esistenziale implicata nella
trasformazione della nostra realtà umana afferrata da Cristo (cfr Fil
3,12).
Efficacia onnicomprensiva del culto
eucaristico
71. Il nuovo culto cristiano abbraccia ogni
aspetto dell'esistenza, trasfigurandola: « Sia dunque che mangiate sia che
beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio
» (1 Cor 10,31). In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad
esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma la natura intrinsecamente
eucaristica della vita cristiana. In quanto coinvolge la realtà umana del
credente nella sua concretezza quotidiana, l'Eucaristia rende possibile, giorno
dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad
essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c'è nulla di
autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel
sacramento dell'Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui
emerge tutto il valore antropologico della novità radicale portata da Cristo con
l'Eucaristia: il culto a Dio nell'esistenza umana non è relegabile ad un momento
particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della
realtà dell'individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di
vivere tutte le circostanze dell'esistenza in cui ogni particolare viene
esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio.
La gloria di Dio è l'uomo vivente (cfr 1 Cor 10,31). E la vita dell'uomo
è la visione di Dio.(203)
« Iuxta dominicam viventes » – Vivere
secondo la domenica
72. Questa radicale novità che l'Eucaristia
introduce nella vita dell'uomo si è rivelata alla coscienza cristiana fin
dall'inizio. I fedeli hanno subito percepito il profondo influsso che la
Celebrazione eucaristica esercitava sullo stile della loro vita. Sant'Ignazio di
Antiochia esprimeva questa verità qualificando i cristiani come «coloro che sono
giunti alla nuova speranza», e li presentava come coloro che vivono «secondo la
domenica» (iuxta dominicam viventes).(204) Questa formula del grande
martire antiocheno mette chiaramente in luce il nesso tra la realtà eucaristica
e l'esistenza cristiana nella sua quotidianità. La consuetudine caratteristica
dei cristiani di riunirsi nel primo giorno dopo il sabato per celebrare la
risurrezione di Cristo – secondo il racconto di san Giustino martire(205) – è
anche il dato che definisce la forma dell'esistenza rinnovata dall'incontro con
Cristo. La formula di sant'Ignazio – « Vivere secondo la domenica » – sottolinea
pure il valore paradigmatico che questo giorno santo possiede per ogni altro
giorno della settimana. Esso, infatti, non si distingue in base alla semplice
sospensione delle attività solite, come una sorta di parentesi all'interno del
ritmo usuale dei giorni. I cristiani hanno sempre sentito questo giorno come il
primo della settimana, perché in esso si fa memoria della radicale novità
portata da Cristo. Pertanto, la domenica è il giorno in cui il cristiano ritrova
quella forma eucaristica della sua esistenza secondo la quale è chiamato a
vivere costantemente. « Vivere secondo la domenica » vuol dire vivere nella
consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la propria
esistenza come offerta di se stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti
pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata.
Vivere il precetto festivo
73. I Padri sinodali, consapevoli di questo
principio nuovo di vita che l'Eucaristia pone nel cristiano, hanno ribadito
l'importanza per tutti i fedeli del precetto domenicale come fonte di libertà
autentica, per poter vivere ogni altro giorno secondo quanto hanno celebrato nel
« giorno del Signore ». La vita di fede, infatti, è in pericolo quando non si
avverte più il desiderio di partecipare alla Celebrazione eucaristica in cui si
fa memoria della vittoria pasquale. Partecipare all'assemblea liturgica
domenicale, insieme a tutti i fratelli e le sorelle con i quali si forma un solo
corpo in Cristo Gesù, è richiesto dalla coscienza cristiana e al tempo stesso
forma la coscienza cristiana. Smarrire il senso della domenica come giorno del
Signore da santificare è sintomo di una perdita del senso autentico della
libertà cristiana, la libertà dei figli di Dio (206). Rimangono preziose, a
questo riguardo, le osservazioni fatte dal mio venerato predecessore, Giovanni
Paolo II, nella Lettera apostolica
Dies Domini
(207), a proposito delle diverse
dimensioni della domenica per i cristiani: essa è Dies Domini, in
riferimento all'opera della creazione; Dies Christi in quanto giorno
della nuova creazione e del dono che il Signore Risorto fa dello Spirito Santo;
Dies Ecclesiae come giorno in cui la comunità cristiana si ritrova per la
celebrazione; Dies hominis come giorno di gioia, riposo e carità
fraterna.
Un tale giorno, pertanto, si manifesta come festa
primordiale, nella quale ogni fedele, nell'ambiente in cui vive, può farsi
annunziatore e custode del senso del tempo. Da questo giorno, in effetti,
scaturisce il senso cristiano dell'esistenza ed un nuovo modo di vivere il
tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte. È bene, dunque, che nel
giorno del Signore le realtà ecclesiali organizzino, intorno alla Celebrazione
eucaristica domenicale, manifestazioni proprie della comunità cristiana:
incontri amichevoli, iniziative per la formazione nella fede di bambini, giovani
e adulti, pellegrinaggi, opere di carità e momenti diversi di preghiera. A
motivo di questi valori così importanti – per quanto giustamente il sabato sera
sin dai Primi Vespri appartenga già alla Domenica e sia permesso adempiere in
esso al precetto domenicale – è necessario rammentare che è la domenica in se
stessa che merita di essere santificata, perché non finisca per risultare un
giorno « vuoto di Dio ».(208)
Il senso del riposo e del lavoro
74. Infine, è particolarmente urgente in questo
nostro tempo ricordare che il giorno del Signore è anche il giorno del riposo
dal lavoro. Ci auguriamo vivamente che esso sia riconosciuto come tale anche
dalla società civile, così che sia possibile essere liberi dalle attività
lavorative, senza venire per questo penalizzati. I cristiani, infatti, non senza
rapporto con il significato del sabato nella tradizione ebraica, hanno visto nel
giorno del Signore anche il giorno del riposo dalla fatica quotidiana. Ciò ha un
suo preciso senso, perché costituisce una relativizzazione del lavoro,
che viene finalizzato all'uomo: il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il
lavoro. È facile intuire la tutela che da ciò viene offerta all'uomo stesso, che
risulta così emancipato da una possibile forma di schiavitù. Come ho avuto modo
di affermare, « il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione
dell'uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre che esso sia
sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell'umana dignità e al servizio
del bene comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo non si lasci
asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il
senso ultimo e definitivo della vita » (209). È nel giorno consacrato a Dio che
l'uomo comprende il senso della sua esistenza ed anche dell'attività
lavorativa.(210)
Assemblee domenicali in assenza di
sacerdote
75. Riscoprendo il significato della Celebrazione
domenicale per la vita del cristiano, è spontaneo porsi il problema di quelle
comunità cristiane in cui manca il sacerdote e dove, di conseguenza, non è
possibile celebrare la santa Messa nel Giorno del Signore. Occorre dire, a
questo proposito, che ci troviamo di fronte a situazioni assai diversificate tra
loro. Il Sinodo ha raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in una delle
chiese della Diocesi in cui è garantita la presenza del sacerdote, anche quando
ciò richiede un certo sacrificio (211). Là dove, invece, le grandi distanze
rendono praticamente impossibile la partecipazione all'Eucaristia domenicale, è
importante che le comunità cristiane si radunino ugualmente per lodare il
Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato. Ciò dovrà tuttavia avvenire
nel contesto di un'adeguata istruzione circa la differenza tra la santa Messa e
le assemblee domenicali in attesa di sacerdote. La cura pastorale della Chiesa
si deve esprimere in questo caso nel vigilare perché la liturgia della Parola,
organizzata sotto la guida di un diacono o di una persona incaricata
dall'autorità competente, si compia secondo un rituale specifico elaborato dalle
Conferenze episcopali e a tale scopo da esse approvato (212). Ricordo che spetta
agli Ordinari concedere la facoltà di distribuire la comunione in tali liturgie,
valutando attentamente la convenienza di una certa scelta. Inoltre, si deve fare
in modo che tali assemblee non ingenerino confusione sul ruolo centrale del
sacerdote e sulla componente sacramentale nella vita della Chiesa. L'importanza
del ruolo dei laici, che vanno giustamente ringraziati per la loro generosità al
servizio delle comunità cristiane, non deve mai occultare il ministero
insostituibile dei sacerdoti per la vita della Chiesa.(213) Pertanto, si vigili
attentamente a che le assemblee in attesa di sacerdote non diano adito a visioni
ecclesiologiche non aderenti alla verità del Vangelo e alla tradizione della
Chiesa. Piuttosto dovrebbero essere occasioni privilegiate di preghiera a Dio
perché mandi santi sacerdoti secondo il suo cuore. Toccante, a questo proposito,
quanto scriveva il Papa Giovanni Paolo II nella
Lettera ai Sacerdoti
per il Giovedì Santo 1979, ricordando quei luoghi dove la gente, privata del
sacerdote da parte del regime dittatoriale, si riuniva in una chiesa o in un
santuario, metteva sull'altare la stola ancora conservata e recitava le
preghiera della liturgia eucaristica fermandosi in silenzio « al momento che
corrisponde alla transustanziazione », a testimonianza di quanto « ardentemente
essi desiderano di udire le parole che solo le labbra di un sacerdote possono
efficacemente pronunciare ».(214) Proprio in questa prospettiva, considerato il
bene incomparabile derivante dalla celebrazione del Sacrificio eucaristico,
chiedo a tutti i sacerdoti una fattiva e concreta disponibilità a visitare il
più spesso possibile le comunità affidate alla loro cura pastorale, perché non
rimangano troppo tempo senza il Sacramento della carità.
Una forma eucaristica dell'esistenza
cristiana, l'appartenenza ecclesiale
76. L'importanza della domenica come Dies
Ecclesiae ci richiama alla relazione intrinseca tra la vittoria di Gesù sul
male e sulla morte e la nostra appartenenza al suo Corpo ecclesiale. Ogni
cristiano, infatti, nel Giorno del Signore ritrova anche la dimensione
comunitaria della propria esistenza redenta. Partecipare all'azione liturgica,
comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo vuol dire nello stesso tempo rendere
sempre più intima e profonda la propria appartenenza a Colui che è morto per noi
(cfr 1 Cor 6,19s; 7,23). Veramente chi mangia di Cristo vive per Lui. In
relazione al Mistero eucaristico si comprende il senso profondo della
communio sanctorum. La comunione ha sempre ed inseparabilmente una
connotazione verticale ed una orizzontale: comunione con Dio e comunione con i
fratelli e le sorelle. Le due dimensioni si incontrano misteriosamente nel dono
eucaristico. « Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col
Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la
sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra
di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera ».(215)
Chiamati, pertanto, ad essere membra di Cristo e dunque membra gli uni degli
altri (cfr 1 Cor 12,27), noi costituiamo una realtà ontologicamente
fondata nel Battesimo e alimentata dall'Eucaristia, una realtà che chiede di
trovare riscontro sensibile nella vita delle nostre comunità.
La forma eucaristica dell'esistenza cristiana è
indubbiamente una forma ecclesiale e comunitaria. Attraverso la Diocesi e le
parrocchie, quali strutture portanti della Chiesa in un particolare territorio,
ogni fedele può fare esperienza concreta della sua appartenenza al Corpo di
Cristo. Associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità – con la vivacità
dei loro carismi donati dallo Spirito Santo per il nostro tempo – come pure gli
Istituti di vita consacrata, hanno il compito di offrire un loro specifico
contributo per favorire nei fedeli la percezione di questo loro essere del
Signore (cfr Rm 14,8). Il fenomeno della secolarizzazione, che contiene
non a caso caratteri fortemente individualistici, ottiene i suoi effetti
deleteri soprattutto nelle persone che si isolano e per scarso senso di
appartenenza. Il cristianesimo, fin dal suo inizio, implica sempre una
compagnia, una trama di rapporti vivificati continuamente dall'ascolto della
Parola, dalla Celebrazione eucaristica e animati dallo Spirito Santo.
Spiritualità e cultura eucaristica
77. I Padri sinodali hanno significativamente
affermato che «i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione
delle relazioni tra l'Eucaristia e la vita quotidiana. La spiritualità
eucaristica non è soltanto partecipazione alla Messa e devozione al Santissimo
Sacramento. Essa abbraccia la vita intera» (216). Questo rilievo riveste per
tutti noi oggi particolare significato. Occorre riconoscere che uno degli
effetti più gravi della secolarizzazione poc'anzi menzionata sta nell'aver
relegato la fede cristiana ai margini dell'esistenza, come se essa fosse inutile
per quanto riguarda lo svolgimento concreto della vita degli uomini. Il
fallimento di questo modo di vivere « come se Dio non ci fosse » è ora davanti a
tutti. Oggi c'è bisogno di riscoprire che Gesù Cristo non è una semplice
convinzione privata o una dottrina astratta, ma una persona reale il cui
inserimento nella storia è capace di rinnovare la vita di tutti. Per questo
l'Eucaristia come fonte e culmine della vita e missione della Chiesa si deve
tradurre in spiritualità, in vita «secondo lo Spirito» (Rm 8,4s; cfr
Gal 5,16.25). È significativo che san Paolo, nel passo della Lettera ai
Romani in cui invita a vivere il nuovo culto spirituale, richiami
contemporaneamente alla necessità del cambiamento del proprio modo di vivere e
di pensare: « Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma
trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di
Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » (12,2). In tal modo, l'Apostolo
delle genti sottolinea il legame tra il vero culto spirituale e la necessità di
un nuovo modo di percepire l'esistenza e di condurre la vita. È parte integrante
della forma eucaristica della vita cristiana il rinnovamento di mentalità, «
affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là
da qualsiasi vento di dottrina » (Ef 4,14).
Eucaristia ed evangelizzazione delle
culture
78. Da quanto affermato consegue che il Mistero
eucaristico ci mette in dialogo con le differenti culture, ma anche in un
certo senso le sfida (217). Occorre riconoscere il carattere
interculturale di questo nuovo culto, di questa logiké latreía. La
presenza di Gesù Cristo e l'effusione dello Spirito Santo sono eventi che
possono stabilmente confrontarsi con ogni realtà culturale, per fermentarla
evangelicamente. Ciò comporta conseguentemente l'impegno di promuovere con
convinzione l'evangelizzazione delle culture, nella consapevolezza che Cristo
stesso è la verità di ogni uomo e di tutta la storia umana. L'Eucaristia diviene
criterio di valorizzazione di tutto ciò che il cristiano incontra nelle varie
espressioni culturali. In questo importante processo possiamo sentire quanto mai
significative le parole di san Paolo che invita nella sua Prima Lettera ai
Tessalonicesi a « esaminare ogni cosa e a tenere ciò che è buono » (cfr
5,21).
Eucaristia e fedeli laici
79. In Cristo, Capo della Chiesa suo Corpo, tutti
i cristiani formano « la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa,
il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui »
(1 Pt 2,9). L'Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di
noi nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione
esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana. Se il
Sacrificio eucaristico alimenta ed accresce in noi quanto ci è già dato nel
Battesimo per il quale tutti siamo chiamati alla santità (218), allora questo
deve emergere e mostrarsi proprio nelle situazioni o stati di vita in cui ogni
cristiano si trova. Si diviene giorno per giorno culto gradito a Dio vivendo la
propria vita come vocazione. A partire dalla convocazione liturgica, è lo stesso
sacramento dell'Eucaristia ad impegnarci nella realtà quotidiana perché tutto
sia fatto a gloria di Dio.
E poiché il mondo è «il campo» (Mt 13,38)
in cui Dio pone i suoi figli come buon seme, i cristiani laici, in forza del
Battesimo e della Cresima, e corroborati dall'Eucaristia, sono chiamati a vivere
la novità radicale portata da Cristo proprio all'interno delle comuni condizioni
della vita.(219) Essi devono coltivare il desiderio che l'Eucaristia incida
sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad essere
testimoni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società
tutta.(220) Un particolare incoraggiamento rivolgo alle famiglie, perché
traggano ispirazione e forza da questo Sacramento. L'amore tra l'uomo e la
donna, l'accoglienza della vita, il compito educativo si rivelano quali ambiti
privilegiati in cui l'Eucaristia può mostrare la sua capacità di trasformare e
portare a pienezza di significato l'esistenza.(221) I Pastori non manchino mai
di sostenere, educare ed incoraggiare i fedeli laici a vivere pienamente la
propria vocazione alla santità dentro quel mondo che Dio ha tanto amato da dare
il suo Figlio perché ne diventasse la salvezza (cfr Gv 3,16).
Eucaristia e spiritualità sacerdotale
80. La forma eucaristica dell'esistenza cristiana
si manifesta indubbiamente in modo particolare nello stato di vita sacerdotale.
La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica. Il seme di una tale
spiritualità si trova già nelle parole che il Vescovo pronuncia nella liturgia
dell'Ordinazione: «Ricevi le offerte del popolo santo per il Sacrificio
eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma
la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».(222) Per dare alla sua
esistenza una sempre più compiuta forma eucaristica, il sacerdote, già nel
periodo di formazione e poi negli anni successivi, deve fare ampio spazio alla
vita spirituale.(223) Egli è chiamato a essere continuamente un autentico
ricercatore di Dio, pur restando al contempo vicino alle preoccupazioni degli
uomini. Una vita spirituale intensa gli permetterà di entrare più profondamente
in comunione con il Signore e l'aiuterà a lasciarsi possedere dall'amore di Dio,
divenendone testimone in ogni circostanza anche difficile e buia. A tale scopo,
insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai sacerdoti «la celebrazione
quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di
fedeli».(224) Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore
oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo
dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e
fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto
promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione.
Eucaristia e vita consacrata
81. Nel contesto della relazione tra l'Eucaristia
e le diverse vocazioni ecclesiali risplende in particolare « la testimonianza
profetica delle consacrate e dei consacrati, che trovano nella Celebrazione
eucaristica e nell'adorazione la forza per la sequela radicale di Cristo
obbediente, povero e casto ».(225) I consacrati e le consacrate, pur svolgendo
molti servizi nel campo della formazione umana e della cura dei poveri,
nell'insegnamento o nell'assistenza dei malati, sanno che lo scopo principale
della loro vita è « la contemplazione delle verità divine e la costante unione
con Dio ».(226) Il contributo essenziale che la Chiesa si aspetta dalla vita
consacrata è molto più in ordine all'essere che al fare. In questo contesto
vorrei richiamare l'importanza della testimonianza verginale proprio in
relazione al mistero dell'Eucaristia. Infatti, oltre al legame con il celibato
sacerdotale, il Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la
verginità consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva
della Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà radicale e
feconda.(227) Nell'Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed
alimento per la sua dedizione totale a Cristo. Dall'Eucaristia inoltre essa trae
conforto e spinta per essere, anche nel nostro tempo, segno dell'amore gratuito
e fecondo che Dio ha verso l'umanità. Infine, mediante la sua specifica
testimonianza, la vita consacrata diviene oggettivamente richiamo e
anticipazione di quelle « nozze dell'Agnello » (Ap 19,7.9), in cui è
posta la meta di tutta la storia della salvezza. In tal senso essa costituisce
un efficace rimando a quell'orizzonte escatologico di cui ogni uomo ha bisogno
per poter orientare le proprie scelte e decisioni di vita.
Eucaristia e trasformazione morale
82. Scoprendo la bellezza della forma eucaristica
dell'esistenza cristiana siamo portati anche a riflettere sulle energie morali
che da tale forma vengono attivate a sostegno dell'autentica libertà propria dei
figli di Dio. Intendo con ciò riprendere una tematica emersa nel Sinodo riguardo
al legame tra forma eucaristica dell'esistenza e trasformazione morale.
Il Papa Giovanni Paolo II aveva affermato che la vita morale « possiede il
valore di un « culto spirituale » (Rm 12,1; cfr Fil 3,3), attinto
e alimentato da quella inesauribile sorgente di santità e di glorificazione di
Dio che sono i Sacramenti, in specie l'Eucaristia: infatti, partecipando al
Sacrificio della Croce, il cristiano comunica con l'amore di donazione di Cristo
ed è abilitato e impegnato a vivere questa stessa carità in tutti i suoi
atteggiamenti e comportamenti di vita ».(228) In definitiva, « nel « culto »
stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l'essere amati e l'amare a
propria volta gli altri. Un'Eucaristia che non si traduca in amore concretamente
praticato è in se stessa frammentata ».(229)
Questo richiamo alla valenza morale del culto
spirituale non va interpretato in chiave moralistica. È innanzitutto la felice
scoperta del dinamismo dell'amore nel cuore di chi accoglie il dono del Signore,
si abbandona a Lui e trova la vera libertà. La trasformazione morale, implicata
nel nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di
voler corrispondere all'amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella
consapevolezza della propria fragilità. Ciò di cui parliamo ben si rispecchia
nel racconto evangelico relativo a Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Dopo aver
ospitato Gesù nella sua casa, il pubblicano si ritrova completamente
trasformato: decide di dare metà dei suoi averi ai poveri e di restituire
quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato. La tensione morale che nasce
dall'ospitare Gesù nella nostra vita scaturisce dalla gratitudine per aver
sperimentato l'immeritata vicinanza del Signore.
Coerenza eucaristica
83. È importante rilevare ciò che i Padri
sinodali hanno qualificato come coerenza eucaristica, a cui la nostra
esistenza è oggettivamente chiamata. Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai
atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso
richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per
tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro
che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni
a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita
umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul
matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione
del bene comune in tutte le sue forme.(230) Tali valori non sono negoziabili.
Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave
responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro
coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori
fondati nella natura umana.(231) Ciò ha peraltro un nesso obiettivo con
l'Eucaristia (cfr 1 Cor 11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare
costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti
del gregge loro affidato.(232)
Eucaristia, mistero da annunciare
Eucaristia e missione
84. Nell'omelia durante la Celebrazione
eucaristica con cui ho dato inizio solenne al mio ministero sulla Cattedra di
Pietro ho detto: « Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi
dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e
comunicare agli altri l'amicizia con Lui ».(233) Questa affermazione acquista
una più forte intensità se pensiamo al Mistero eucaristico. In effetti, non
possiamo tenere per noi l'amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per
sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è
l'amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l'Eucaristia
non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua
missione: « Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria
».(234) Anche noi dobbiamo poter dire ai nostri fratelli con convinzione: «
Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche
voi siate in comunione con noi! » (1 Gv 1,3). Veramente non c'è niente di
più bello che incontrare e comunicare Cristo a tutti. La stessa istituzione
dell'Eucaristia, del resto, anticipa ciò che costituisce il cuore della missione
di Gesù: Egli è l'inviato del Padre per la redenzione del mondo (cfr Gv
3,16- 17; Rm 8,32). Nell'Ultima Cena Gesù affida ai suoi discepoli il
Sacramento che attualizza il sacrificio da Lui fatto di se stesso in obbedienza
al Padre per la salvezza di tutti noi. Non possiamo accostarci alla Mensa
eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che,
prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini.
Pertanto, è parte costitutiva della forma eucaristica dell'esistenza cristiana
la tensione missionaria.
Eucaristia e testimonianza
85. La prima e fondamentale missione che ci viene
dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimonianza con la nostra vita.
Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime alla nostra
esistenza un dinamismo nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore.
Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di
essere, un Altro appare e si comunica. Si può dire che la testimonianza è il
mezzo con cui la verità dell'amore di Dio raggiunge l'uomo nella storia,
invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale. Nella
testimonianza Dio si espone, per così dire, al rischio della libertà dell'uomo.
Gesù stesso è il testimone fedele e verace (cfr Ap 1,5; 3,14); è venuto
per rendere testimonianza alla verità (cfr Gv 18,37). In quest'ordine di
riflessioni mi preme riprendere un concetto caro ai primi cristiani, ma che
colpisce anche noi, cristiani di oggi: la testimonianza fino al dono di se
stessi, fino al martirio, è sempre stata considerata nella storia della Chiesa
il culmine del nuovo culto spirituale: « Offrite i vostri corpi » (Rm
12,1). Si pensi, ad esempio, al racconto del martirio di san Policarpo di
Smirne, discepolo di san Giovanni: tutta la drammatica vicenda è descritta come
liturgia, anzi come un divenire Eucaristia del martire stesso.(235) Pensiamo
anche alla coscienza eucaristica che Ignazio di Antiochia esprime in vista del
suo martirio: egli si considera « frumento di Dio » e desidera di diventare nel
martirio « pane puro di Cristo ».(236) Il cristiano che offre la sua vita nel
martirio entra nella piena comunione con la Pasqua di Gesù Cristo e così diviene
egli stesso con Lui Eucaristia. Ancora oggi non mancano alla Chiesa martiri in
cui si manifesta in modo supremo l'amore di Dio. Anche quando non ci viene
chiesta la prova del martirio, tuttavia, sappiamo che il culto gradito a Dio
postula intimamente questa disponibilità(237) e trova la sua realizzazione nella
lieta e convinta testimonianza, di fronte al mondo, di una vita cristiana
coerente negli ambiti dove il Signore ci chiama ad annunciarlo.
Cristo Gesù, unico Salvatore
86. Sottolineare il rapporto intrinseco tra
Eucaristia e missione ci fa riscoprire anche il contenuto ultimo del nostro
annuncio. Quanto più nel cuore del popolo cristiano sarà vivo l'amore per
l'Eucaristia, tanto più gli sarà chiaro il compito della missione: portare
Cristo. Non solo un'idea o un'etica a Lui ispirata, ma il dono della sua
stessa Persona. Chi non comunica la verità dell'Amore al fratello non ha ancora
dato abbastanza. L'Eucaristia come sacramento della nostra salvezza ci richiama
così inevitabilmente all'unicità di Cristo e della salvezza da Lui compiuta a
prezzo del suo sangue. Pertanto, dal Mistero eucaristico, creduto e celebrato,
sorge l'esigenza di educare costantemente tutti al lavoro missionario il cui
centro è l'annuncio di Gesù, unico Salvatore.(238) Ciò impedirà di ridurre in
chiave meramente sociologica la decisiva opera di promozione umana sempre
implicata in ogni autentico processo di evangelizzazione.
Libertà di culto
87. In questo contesto, desidero dare voce a
quanto hanno affermato i Padri durante l'Assemblea sinodale riguardo alle gravi
difficoltà che investono la missione di quelle comunità cristiane che vivono in
condizioni di minoranza o addirittura di privazione della libertà
religiosa.(239) Dobbiamo rendere veramente grazie al Signore per tutti i
Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e laici, che si prodigano nell'annunciare
il Vangelo e vivono la loro fede mettendo a repentaglio la propria vita. Non
sono poche le regioni del mondo nelle quali il solo recarsi in Chiesa
costituisce un'eroica testimonianza che espone la vita del soggetto
all'emarginazione e alla violenza. Anche in questa circostanza voglio confermare
la solidarietà di tutta la Chiesa con coloro che soffrono per la mancanza di
libertà di culto. Là dove manca la libertà religiosa, lo sappiamo, manca in
definitiva la libertà più significativa, poiché nella fede l'uomo esprime
l'intima decisione riguardo al senso ultimo della propria esistenza. Preghiamo,
pertanto, che si allarghino gli spazi della libertà religiosa in tutti gli
Stati, affinché i cristiani, come pure i membri delle altre religioni, possano
liberamente vivere le loro convinzioni, personalmente e in comunità.
Eucaristia, mistero da offrire
al mondo
Eucaristia, pane spezzato per la vita del
mondo
88. « Il pane che io darò è la mia carne per la
vita del mondo » (Gv 6,51). Con queste parole il Signore rivela il vero
significato del dono della propria vita per tutti gli uomini. Esse ci mostrano
anche l'intima compassione che Egli ha per ogni persona. In effetti, tante volte
i Vangeli ci riportano i sentimenti di Gesù nei confronti degli uomini, in
special modo dei sofferenti e dei peccatori (cfr Mt 20,34; Mc
6,34; Lc 19,41). Egli esprime attraverso un sentimento profondamente
umano l'intenzione salvifica di Dio per ogni uomo, affinché raggiunga la vita
vera. Ogni Celebrazione eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che Gesù
ha fatto della propria vita sulla Croce per noi e per il mondo intero. Al tempo
stesso, nell'Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per
ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio
della carità nei confronti del prossimo, che « consiste appunto nel fatto che io
amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco.
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro
che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento.
Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e
con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo ».(240) In tal
modo riconosco, nelle persone che avvicino, fratelli e sorelle per i quali il
Signore ha dato la sua vita amandoli « fino alla fine » (Gv 13,1). Di
conseguenza, le nostre comunità, quando celebrano l'Eucaristia, devono prendere
sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto
l'Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi « pane spezzato » per gli
altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Pensando alla
moltiplicazione dei pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che Cristo ancora
oggi continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona: «
Date loro voi stessi da mangiare » (Mt 14,16). Davvero la vocazione di
ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita
del mondo.
Le implicazioni sociali del Mistero
eucaristico
89. L'unione con Cristo che si realizza nel
Sacramento ci abilita anche ad una novità di rapporti sociali: « la « mistica »
del Sacramento ha un carattere sociale ». Infatti, « l'unione con Cristo è allo
stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso
avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti
quelli che sono diventati o diventeranno suoi ».(241) A questo proposito è
necessario esplicitare la relazione tra Mistero eucaristico e impegno sociale.
L'Eucaristia è sacramento di comunione tra fratelli e sorelle che accettano di
riconciliarsi in Cristo, il quale ha fatto di ebrei e pagani un popolo solo,
abbattendo il muro di inimicizia che li separava (cfr Ef 2,14). Solo
questa costante tensione alla riconciliazione consente di comunicare degnamente
al Corpo e al Sangue di Cristo (cfr Mt 5,23-24).(242) Attraverso il
memoriale del suo sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i fratelli e, in
particolare, sollecita coloro che sono in conflitto ad affrettare la loro
riconciliazione aprendosi al dialogo e all'impegno per la giustizia. È fuori
dubbio che condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della
giustizia, la riconciliazione e il perdono.(243) Da questa consapevolezza nasce
la volontà di trasformare anche le strutture ingiuste per ristabilire il
rispetto della dignità dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. È
attraverso lo svolgimento concreto di questa responsabilità che l'Eucaristia
diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione. Come ho avuto modo
di affermare, non è compito proprio della Chiesa quello di prendere nelle sue
mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile;
tuttavia, essa non può e non deve neanche restare ai margini della lotta per la
giustizia. La Chiesa « deve inserirsi in essa per via dell'argomentazione
razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia,
che sempre richiede anche rinunzie, non può affermarsi e prosperare ».(244)
Nella prospettiva della responsabilità sociale di
tutti i cristiani i Padri sinodali hanno ricordato che il sacrificio di Cristo è
mistero di liberazione che ci interpella e provoca continuamente. Rivolgo
pertanto un appello a tutti i fedeli ad essere realmente operatori di pace e di
giustizia: « Chi partecipa all'Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a costruire
la pace nel nostro mondo segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo
particolare, dal terrorismo, dalla corruzione economica e dallo sfruttamento
sessuale ».(245) Tutti problemi, questi, che a loro volta generano altri
fenomeni avvilenti che destano viva preoccupazione. Noi sappiamo che queste
situazioni non possono essere affrontate in modo superficiale. Proprio in forza
del Mistero che celebriamo, occorre denunciare le circostanze che sono in
contrasto con la dignità dell'uomo, per il quale Cristo ha versato il suo
sangue, affermando così l'alto valore di ogni singola persona.
Il cibo della verità e l'indigenza
dell'uomo
90. Non possiamo rimanere inattivi di fronte a
certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo
scarto tra ricchi e poveri a livello mondiale. Dobbiamo denunciare chi dilapida
le ricchezze della terra, provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo
(cfr Gc 5,4). Ad esempio, è impossibile tacere di fronte alle « immagini
sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati – in diverse parti del
mondo – raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di
tutto bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle? Non
sono i loro bambini venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità
degli altri? ».(246) Il Signore Gesù, Pane di vita eterna, ci sprona e ci rende
attenti alle situazioni di indigenza in cui versa ancora gran parte
dell'umanità: sono situazioni la cui causa implica spesso una chiara ed
inquietante responsabilità degli uomini. Infatti, « sulla base di dati
statistici disponibili si può affermare che meno della metà delle immense somme
globalmente destinate agli armamenti sarebbe più che sufficiente per togliere
stabilmente dall'indigenza lo sterminato esercito dei poveri. La coscienza umana
ne è interpellata. Alle popolazioni che vivono sotto la soglia della povertà,
più a causa di situazioni dipendenti dai rapporti internazionali politici,
commerciali e culturali, che non a motivo di circostanze incontrollabili, il
nostro comune impegno nella verità può e deve dare nuova speranza ».(247)
Il cibo della verità ci spinge a denunciare le
situazioni indegne dell'uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa
dell'ingiustizia e dello sfruttamento, e ci dona nuova forza e coraggio per
lavorare senza sosta all'edificazione della civiltà dell'amore. Dall'inizio i
cristiani si sono preoccupati di condividere i loro beni (cfr At 4,32) e
di aiutare i poveri (cfr Rm 15,26). L'elemosina che si raccoglie nelle
assemblee liturgiche ne è un vivo ricordo, ma è anche una necessità assai
attuale. Le istituzioni ecclesiali di beneficenza, in particolare la Caritas
a vari livelli, svolgono il prezioso servizio di aiutare le persone in
necessità, soprattutto i più poveri. Traendo ispirazione dall'Eucaristia, che è
il sacramento della carità, esse ne divengono l'espressione concreta; meritano
perciò ogni plauso ed incoraggiamento per il loro impegno solidale nel mondo.
La dottrina sociale della Chiesa
91. Il mistero dell'Eucaristia ci abilita e ci
spinge ad un impegno coraggioso nelle strutture di questo mondo per portarvi
quella novità di rapporti che ha nel dono di Dio la sua fonte inesauribile. La
preghiera, che ripetiamo in ogni santa Messa: « Dacci oggi il nostro pane
quotidiano », ci obbliga a fare tutto il possibile, in collaborazione con le
istituzioni internazionali, statali, private, perché cessi o perlomeno
diminuisca nel mondo lo scandalo della fame e della sottoalimentazione di cui
soffrono tanti milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il
cristiano laico in particolare, formato alla scuola dell'Eucaristia, è chiamato
ad assumere direttamente la propria responsabilità politica e sociale. Perché
egli possa svolgere adeguatamente i suoi compiti occorre prepararlo attraverso
una concreta educazione alla carità e alla giustizia. Per questo, come è stato
richiesto dal Sinodo, è necessario che nelle Diocesi e nelle comunità cristiane
venga fatta conoscere e promossa la dottrina sociale della Chiesa.(248) In
questo prezioso patrimonio, proveniente dalla più antica tradizione ecclesiale,
troviamo gli elementi che orientano con profonda sapienza il comportamento dei
cristiani di fronte alle questioni sociali scottanti. Questa dottrina, maturata
durante tutta la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo ed
equilibrio, aiutando così ad evitare fuorvianti compromessi o vacue utopie.
Santificazione del mondo e salvaguardia del
creato
92. Infine, per sviluppare una spiritualità
eucaristica profonda, capace di incidere significativamente anche nel tessuto
sociale, è necessario che il popolo cristiano, che rende grazie per mezzo
dell'Eucaristia, abbia coscienza di farlo in nome dell'intera creazione,
aspirando così alla santificazione del mondo e lavorando intensamente a tal
fine.(249) L'Eucaristia stessa getta una luce potente sulla storia umana e su
tutto il cosmo. In questa prospettiva sacramentale impariamo, giorno per giorno,
che ogni evento ecclesiale possiede il carattere di segno, attraverso il quale
Dio comunica se stesso e ci interpella. In tal maniera, la forma eucaristica
dell'esistenza può davvero favorire un autentico cambiamento di mentalità nel
modo con cui leggiamo la storia ed il mondo. La liturgia stessa ci educa a tutto
questo, quando, durante la presentazione dei doni, il sacerdote rivolge a Dio
una preghiera di benedizione e di richiesta in relazione al pane e al vino, «
frutto della terra », « della vite » e del « lavoro dell'uomo ». Con queste
parole, oltre che coinvolgere nell'offerta a Dio tutta l'attività e la fatica
umana, il rito ci spinge a considerare la terra come creazione di Dio, che
produce per noi ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro sostentamento. Essa non
è una realtà neutrale, mera materia da utilizzare indifferentemente secondo
l'umano istinto. Piuttosto si colloca all'interno del disegno buono di Dio, per
il quale tutti noi siamo chiamati ad essere figli e figlie nell'unico Figlio di
Dio, Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-12). Le giuste preoccupazioni per le
condizioni ecologiche in cui versa il creato in tante parti del mondo trovano
conforto nella prospettiva della speranza cristiana, che ci impegna ad operare
responsabilmente per la salvaguardia del creato.(250) Nel rapporto tra
l'Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l'unità del disegno di Dio e siamo
portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la « nuova creazione
», inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo. Ad essa noi
partecipiamo già ora in forza del Battesimo (cfr Col 2,12s) e così alla
nostra vita cristiana, nutrita dall'Eucaristia, si apre la prospettiva del mondo
nuovo, del nuovo cielo e della nuova terra, dove la nuova Gerusalemme scende dal
cielo, da Dio, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap
21,2).
Utilità di un Compendio eucaristico
93. Al termine di queste riflessioni, in cui ho
voluto soffermarmi sugli orientamenti emersi nel Sinodo, desidero accogliere
anche la richiesta che i Padri hanno avanzato per aiutare il popolo cristiano a
credere, celebrare e vivere sempre meglio il Mistero eucaristico. A cura dei
competenti Dicasteri sarà pubblicato un Compendio, che raccoglierà testi
del Catechismo della Chiesa Cattolica, orazioni, spiegazioni delle Preghiere
Eucaristiche del Messale e quant'altro possa rivelarsi utile per la corretta
comprensione, celebrazione e adorazione del Sacramento dell'altare.(251) Mi
auguro che questo strumento possa contribuire a fare sì che il memoriale della
Pasqua del Signore diventi ogni giorno di più fonte e culmine della vita e della
missione della Chiesa. Ciò stimolerà ogni fedele a fare della propria vita un
vero culto spirituale.
CONCLUSIONE
94. Cari fratelli e sorelle, l'Eucaristia è
all'origine di ogni forma di santità ed ognuno di noi è chiamato a pienezza di
vita nello Spirito Santo. Quanti santi hanno reso autentica la propria vita
grazie alla loro pietà eucaristica! Da sant'Ignazio d'Antiochia a sant'Agostino,
da sant'Antonio Abate a san Benedetto, da san Francesco d'Assisi a san Tommaso
d'Aquino, da santa Chiara d'Assisi a santa Caterina da Siena, da san Pasquale
Baylon a san Pier Giuliano Eymard, da sant'Alfonso M. de' Liguori al beato
Charles de Foucauld, da san Giovanni Maria Vianney a santa Teresa di Lisieux, da
san Pio da Pietrelcina alla beata Teresa di Calcutta, dal beato Piergiorgio
Frassati al beato Ivan Mertz, per fare solo alcuni dei tantissimi nomi, la
santità ha sempre trovato il suo centro nel Sacramento dell'Eucaristia.
È perciò necessario che nella Chiesa questo
santissimo Mistero sia veramente creduto, devotamente celebrato e intensamente
vissuto. Il dono che Gesù fa di sé nel Sacramento memoriale della sua passione
ci attesta che la riuscita della nostra vita sta nella partecipazione alla vita
trinitaria, che in Lui ci è offerta in modo definitivo ed efficace. La
celebrazione e l'adorazione dell'Eucaristia permettono di accostarci all'amore
di Dio e di aderirvi personalmente fino all'unione con l'amato Signore.
L'offerta della nostra vita, la comunione con tutta la comunità dei credenti e
la solidarietà con ogni uomo sono aspetti imprescindibili della « logiké
latreía », del culto spirituale, santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1),
in cui tutta la nostra concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio.
Invito pertanto tutti i pastori a porre la massima attenzione nella promozione
di una spiritualità cristiana autenticamente eucaristica. I presbiteri, i
diaconi e tutti coloro che svolgono un ministero eucaristico possano sempre
trarre da questi stessi servizi, adempiuti con cura e costante preparazione,
forza e stimolo per il proprio personale e comunitario cammino di
santificazione. Esorto tutti i laici, le famiglie in particolare, a trovare
continuamente nel Sacramento dell'amore di Cristo l'energia per trasformare la
propria vita in un segno autentico della presenza del Signore risorto. Chiedo a
tutti i consacrati e consacrate di mostrare con la propria esistenza eucaristica
lo splendore e la bellezza di appartenere totalmente al Signore.
95. All'inizio del quarto secolo il culto
cristiano era ancora proibito dalle autorità imperiali. Alcuni cristiani del
Nord Africa, che si sentivano impegnati alla celebrazione del Giorno del
Signore, sfidarono la proibizione. Furono martirizzati mentre dichiaravano che
non era loro possibile vivere senza l'Eucaristia, cibo del Signore: sine
dominico non possumus.(252) Questi martiri di Abitine, uniti a tanti Santi e
Beati che hanno fatto dell'Eucaristia il centro della loro vita, intercedano per
noi e ci insegnino la fedeltà all'incontro con Cristo risorto. Anche noi non
possiamo vivere senza partecipare al Sacramento della nostra salvezza e
desideriamo essere iuxta dominicam viventes, tradurre cioè nella vita
quello che celebriamo nel Giorno del Signore. Questo giorno, in effetti, è il
giorno della nostra definitiva liberazione. C'è da meravigliarsi se desideriamo
che ogni giorno sia vissuto secondo la novità introdotta da Cristo con il
mistero dell'Eucaristia?
96. Maria Santissima, Vergine immacolata, arca
della nuova ed eterna alleanza, ci accompagni in questo cammino incontro al
Signore che viene. In Lei troviamo realizzata l'essenza della Chiesa nel modo
più perfetto. La Chiesa vede in Maria, « Donna eucaristica » – come l'ha
chiamata il Servo di Dio Giovanni Paolo II (253) –, la propria icona meglio
riuscita e la contempla come modello insostituibile di vita eucaristica. Per
questo, alla presenza del « verum Corpus natum de Maria Virgine »
sull'altare, il sacerdote, a nome dell'assemblea liturgica, afferma con le
parole del canone: « Ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre
Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo » (254). Il suo santo
nome è invocato e venerato anche nei canoni delle tradizioni orientali
cristiane. I fedeli, per parte loro, « raccomandano a Maria, Madre della Chiesa,
la loro esistenza ed il loro lavoro. Sforzandosi di avere gli stessi sentimenti
di Maria, aiutano tutta la comunità a vivere in offerta viva, gradita al Padre
».(255) Lei è la Tota pulchra, la Tutta bella, poiché in Lei risplende il
fulgore della gloria di Dio. La bellezza della liturgia celeste, che deve
riflettersi anche nelle nostre assemblee, trova in Lei uno specchio fedele. Da
Lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi persone eucaristiche ed ecclesiali
per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci "immacolati" al
cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (cfr Col
1,21; Ef 1,4).(256)
97. Per intercessione della Beata Vergine Maria,
lo Spirito Santo accenda in noi lo stesso ardore che sperimentarono i discepoli
di Emmaus (cfr Lc 24,13-35) e rinnovi nella nostra vita lo stupore
eucaristico per lo splendore e la bellezza che rifulgono nel rito liturgico,
segno efficace della stessa bellezza infinita del mistero santo di Dio. Quei
discepoli si alzarono e ritornarono in fretta a Gerusalemme per condividere la
gioia con i fratelli e le sorelle nella fede. La vera gioia infatti è
riconoscere che il Signore rimane tra noi, compagno fedele del nostro cammino.
L'Eucaristia ci fa scoprire che Cristo, morto e risorto, si mostra nostro
contemporaneo nel mistero della Chiesa, suo Corpo. Di questo mistero d'amore
siamo resi testimoni. Auguriamoci vicendevolmente di andare colmi di gioia e di
meraviglia all'incontro con la santa Eucaristia, per sperimentare e annunciare
agli altri la verità della parola con cui Gesù si è congedato dai suoi
discepoli: « Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo » (Mt
28,20).
Dato a Roma, presso San Pietro, il 22 febbraio
2007, festa della Cattedra di San Pietro Apostolo, secondo del mio Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
(1) Cfr S. Tommaso D'Aquino,
Summa Theologiae III, q. 73, a. 3.
(2) S. Agostino, In
Iohannis Evangelium Tractatus, 26.5: PL 35, 1609.
(3) Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della
Congregazione per la Dottrina della fede (10
febbraio 2006) : AAS 98 (2006), 255.
(4) Cfr Benedetto XVI,
Discorso ai Membri del Consiglio Ordinario della
Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (1
giugno 2006): L'Osservatore Romano, 2 giugno 2006, p. 5.
(5) Cfr Propositio 2.
(6) Mi riferisco qui
alla necessità di una ermeneutica della continuità anche in riferimento ad una
corretta lettura dello sviluppo liturgico dopo il Concilio Vaticano II: cfr
Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana
(22 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 44-45.
(7) Cfr AAS 97 (2005),
337-352.
(8) Cfr
Anno dell'Eucaristia: suggerimenti e proposte
(15 ottobre 2004): L'Osservatore Romano, 15 ottobre 2004, Supplemento.
(9) Cfr AAS 95
(2003), 433-475. Si ricordi anche l'Istr. della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Redemptionis Sacramentum
(25 marzo 2004): AAS 96 (2004), 549-601,
voluta espressamente da Giovanni Paolo II.
(10) Solo per ricordare
i principali: Conc. Ecum. di Trento, Doctrina et canones de ss. Missae
sacrificio, DS 1738-1759; Leone XIII, Lett. enc. Mirae caritatis
(28 maggio 1902): ASS (1903), 115-136; Pio XII, Lett. enc.
Mediator Dei
(20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 521-595; Paolo
VI, Lett. enc.
Mysterium fidei (3
settembre 1965): AAS 57 (1965), 753-774; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia
(17 aprile 2003): AAS 95 (2003), 433-475; Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Eucharisticum mysterium (25
maggio 1967): AAS 59 (1967), 539-573; Istr. Liturgiam authenticam
(28 marzo 2001): AAS 93 (2001), 685-726.
(11) Cfr Propositio 1.
(12) N. 14: AAS 98
(2006), 229.
(13)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1327.
(14) Propositio 16.
(15) Benedetto XVI,
Omelia in occasione dell'insediamento sulla Cattedra
Romana (7 maggio 2005): AAS 97 (2005),
752.
(16) Cfr Propositio 4.
(17) De Trinitate, VIII,
8, 12: CCL 50, 287.
(18) Lett. enc.
Deus caritas est (25
dicembre 2005), 12: AAS 98 (2006), 228.
(19) Cfr Propositio 3.
(20) Breviario Romano,
Inno all'Ufficio delle Letture della solennità del Corpus Domini.
(21) Benedetto XVI,
Lett. enc.
Deus caritas est, (25
dicembre 2005), 13: AAS 98 (2006), 228.
(22) Cfr Benedetto XVI,
Omelia sulla Spianata di Marienfeld
(21 Agosto 2005): AAS 97 (2005), 891-892.
(23) Cfr Propositio 3.
(24) Cfr Messale Romano,
Preghiera Eucaristica IV.
(25) Catechesi XXIII,
7: PG 33, 1114 s.
(26) Cfr Sul Sacerdozio,
VI, 4: PG 48, 681.
(27) Ibidem, III, 4:
PG 48, 642.
(28) Propositio 22.
(29) Cfr Propositio
42: « Questo incontro eucaristico si realizza nello Spirito Santo che ci
trasforma e santifica. Egli risveglia nel discepolo la volontà decisa di
annunciare agli altri, con audacia, quanto si è ascoltato e vissuto, per
condurre anche loro allo stesso incontro con Cristo. In questo modo, il
discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una missione senza frontiere ».
(30) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 3; ad
esempio, si veda S. Giovanni Crisostomo, Catechesi 3,13-19: SC
50,174-177.
(31) Giovanni Paolo II,
Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
1: AAS 95 (2003), 433.
(32) Ibidem, 21:
AAS 95 (2003), 447.
(33) Cfr Giovanni Paolo
II, Lett. enc.
Redemptor hominis
(4 marzo 1979), 20: AAS 71 (1979), 309-316;
Lett. ap.
Dominicae Cenae (24
febbraio 1980), 4: AAS 72 (1980), 119-121.
(34) Cfr Propositio 5.
(35) S. Tommaso D'Aquino,
Summa Theologiae, III, q. 80, a 4.
(36) N. 38: AAS 95
(2003), 458.
(37) Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 23.
(38) Congregazione per
la Dottrina della fede, Lettera su alcuni aspetti della Chiesa intesa come
comunione
Communionis Notio
(28 maggio 1992), 11: AAS 85 (1993), 844-845.
(39) Propositio 5: «
Il termine “cattolico” esprime l'universalità proveniente dall'unità che
l'Eucaristia, celebrata in ogni Chiesa, favorisce ed edifica. Le Chiese
particolari nella Chiesa universale hanno così, nell'Eucaristia, il compito di
rendere visibile la loro propria unità e la loro diversità. Questo legame di
amore fraterno lascia trasparire la comunione trinitaria. I concili e i sinodi
esprimono nella storia quest'aspetto fraterno della Chiesa ».
(40) Cfr ibidem.
(41) Decr. sul
ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis,
5.
(42) Cfr Propositio
14.
(43) Cost. dogm. sulla
Chiesa
Lumen gentium, 1.
(44) De Orat. Dom., 23:
PL 4, 553.
(45) Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48;
cfr anche ibidem 9.
(46) Cfr Propositio
13.
(47) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 7.
(48) Cfr ibidem, 11;
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa
Ad gentes, 9.13;
(49) Cfr Giovanni Paolo
II, Lett. ap.
Dominicae Cenae (24
febbraio 1980),7: AAS 72 (1980), 124-127; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul
ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis,
5.
(50) Cfr Codice dei Canoni
delle Chiese Orientali, can. 710.
(51) Cfr Rito
dell'iniziazione cristiana degli adulti, introd. gen. nn. 34-36.
(52) Cfr Rito del
Battesimo dei bambini, introd. nn. 18-19.
(53) Cfr Propositio
15.
(54) Cfr Propositio
7; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
36: AAS 95 (2003), 457-458.
(55) Cfr Giovanni Paolo
II, Esort. ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia
(2 dicembre 1984), 18: AAS 77 (1985), 224-228.
(56) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica,
1385.
(57) Si pensi qui al
Confiteor o alle parole del sacerdote e dell'assemblea prima di accostarsi
all'altare: « Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì
soltanto una parola ed io sarò salvato! ». Non è senza significato che la
liturgia preveda anche per il sacerdote alcune preghiere molto belle,
consegnateci dalla tradizione, che richiamano al bisogno di essere perdonati,
come ad esempio quella pronunciata sottovoce, prima di invitare i fedeli alla
comunione sacramentale: « per il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue
liberami da ogni colpa e da ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e
non sia mai separato da te ».
(58) Cfr S. Giovanni
Damasceno, Sulla retta fede, IV, 9: PG 94, 1124C; s. Gregorio
Nazianzeno, Discorso 39, 17: PG 36, 356A; Conc. Ecum. di Trento,
Doctrina de sacramento paenitentiae, cap. 2: DS 1672.
(59) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia
(2 dicembre 1984), 30: AAS 77 (1985), 256-257.
(60) Cfr Propositio 7.
(61) Cfr Giovanni Paolo
II, Motu proprio
Misericordia Dei (7
aprile 2002): AAS 94 (2002), 452-459.
(62) Insieme ai Padri
sinodali ricordo che le celebrazioni penitenziali non sacramentali, menzionate
nel rituale del sacramento della Riconciliazione, possono essere utili per
incrementare lo spirito di conversione e di comunione nelle comunità cristiane,
preparando così i cuori alla celebrazione del sacramento: cfr Propositio
7.
(63) Cfr
Codice di Diritto Canonico,
can. 508.
(64) Paolo VI, Cost.
ap.
Indulgentiarum doctrina
(1 gennaio 1967), Normae, n.1: AAS 59 (1967), 21.
(65) Ibidem, 9: AAS
59 (1967), 18-19.
(66) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica,
1499-1531.
(67) Ibidem, 1524.
(68) Cfr Propositio
44.
(69) Cfr Sinodo dei Vescovi,
II Assemblea Generale, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis
temporibus (30 novembre 1971): AAS 63 (1971), 898-942.
(70) Cfr Giovanni Paolo
II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992), 42-69: AAS 84 (1992), 729-778.
(71) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 10;
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera circa alcune questioni
riguardanti il ministro dell'Eucaristia
Sacerdotium ministeriale
(6 agosto 1983): AAS 75 (1983), 1001- 1009.
(72)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1548.
(73) Ibidem, 1552.
(74) Cfr In Iohannis
Evangelium Tractatus 123,5: PL 35, 1967.
(75) Cfr Propositio
11.
(76) Cfr Decr. sul
ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis,
16.
(77) Cfr Giovanni
XXIII, Lett. enc.
Sacerdotii nostri primordia
(1 agosto 1959): AAS 51 (1959), 545-579;
Paolo VI, Lett. enc.
Sacerdotalis coelibatus
(24 giugno 1967): AAS 59 (1967), 657-697; Giovanni
Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992), 29: AAS 84 (1992),
703-705; Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana
(22 dicembre 2006): L'Osservatore Romano, 23 dicembre 2006, p. 6.
(78) Cfr Propositio
11.
(79) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, 6; Codice
di Diritto Canonico, can. 241, § 1 e can. 1029; Codice dei Canoni delle
Chiese Orientali, can. 342, § 1 e can. 758; Giovanni Paolo II, Esort. ap.
postsinodale
Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992) 11.34.50: AAS 84 (1992),
673-675; 712-714; 746-748; Congregazione per il Clero, Direttorio per il
ministero e la vita dei presbiteri Dives Ecclesiae (31 marzo 1994), 58:
LEV, 1994, pp. 56-58; Congregazione per l'educazione cattolica, Istruzione circa
i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze
omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri (4
novembre 2005): AAS 97 (2005), 1007-1013.
(80) Cfr Propositio
12; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992) 41: AAS 84 (1992),
726-729.
(81) Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 29.
(82) Cfr Propositio
38.
(83) Cfr Giovanni Paolo II,
Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 57:
AAS 74 (1982), 149-150.
(84) Lett. ap. Mulieris
dignitatem (15 agosto 1988), 26: AAS 80 (1988), 1715-1716.
(85) Catechismo della
Chiesa Cattolica, 1617.
(86) Cfr Propositio 8.
(87) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11.
(88) Cfr Propositio 8.
(89) Cfr Giovanni Paolo II,
Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS 80 (1988),
1653-1729; Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della
Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel
mondo (31 maggio 2004): AAS 96 (2004), 671-687.
(90) Cfr Propositio 9.
(91) Cfr Catechismo della
Chiesa Cattolica, 1640.
(92) Cfr Giovanni Paolo
II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84:
AAS 74 (1982), 184-186; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai
Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da
parte di fedeli divorziati risposati
Annus Internationalis Familiae
(14 settembre 1994): AAS 86 (1994),
974-979.
(93) Cfr Pontificio Consiglio
per i Testi legislativi, Istruzione sulle norme da osservarsi nei tribunali
ecclesiastici nelle cause matrimoniali Dignitas connubii (25 gennaio
2005), Città del Vaticano, 2005.
(94) Cfr Propositio
40.
(95) Benedetto XVI, Discorso
al Tribunale della Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'anno
giudiziario (28 gennaio 2006): AAS 98 (2006), 138.
(96) Cfr Propositio
40.
(97) Cfr ibidem.
(98) Cfr ibidem.
(99) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48.
(100) Cfr Propositio
3.
(101) Vorrei qui richiamare
le parole piene di speranza e di conforto che troviamo nella Preghiera
eucaristica II: « ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati
nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua
clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto ».
(102) Cfr Benedetto XVI,
Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 15-16.
(103) Cost. dogm. sulla
Chiesa
Lumen gentium, 58.
(104) Propositio 4.
(105) Relatio post
disceptationem, 4: L'Osservatore Romano, 14 ottobre 2005, p. 5.
(106) Cfr Sermo 1, 7;
11, 10; 22, 7; 29, 76: Sermones dominicales ad fidem codicum nunc denuo
editi, Grottaferrata 1977, pp.135, 209 s., 292 s., 337; Benedetto XVI,
Messaggio ai Movimenti Ecclesiali e alle Nuove Comunità (22 maggio 2006): AAS
98 (2006), 463.
(107) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.
(108) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla divina rivelazione Dei Verbum, 2.4.
(109) Propositio 33.
(110) Sermo 227, 1:
PL 38, 1099.
(111) S. Agostino, In
Iohannis Evangelium Tractatus 21, 8: PL 35, 1568.
(112) Ibidem, 28,1:
PL 35, 1622.
(113) Cfr Propositio
30. Anche la santa Messa che la Chiesa celebra durante la settimana, ed a cui i
fedeli sono invitati a partecipare, trova la sua forma propria nel giorno del
Signore, il giorno della risurrezione di Cristo; Propositio 43.
(114) Cfr Propositio
2.
(115) Cfr Propositio
25
(116) Cfr Propositio
19. La Propositio 25 specifica: « Un'autentica azione liturgica esprime
la sacralità del Mistero eucaristico. Questa dovrebbe trasparire nelle parole e
nelle azioni del sacerdote celebrante, mentre egli intercede presso Dio Padre
sia con i fedeli sia per loro ».
(117) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 22; Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 41; Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum (25 marzo
2004),19-25: AAS 96 (2004), 555-557.
(118) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Decr. sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus,
14; Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 41.
(119) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 22.
(120) Cfr ibidem.
(121) Cfr Propositio
25.
(122) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 112-130.
(123) Cfr Propositio
27.
(124) Cfr ibidem.
(125) Per tutto quanto
riguarda questi aspetti occorre attenersi fedelmente a quanto indicato nell'Ordinamento
Generale del Messale Romano, 319-351.
(126) Cfr Ordinamento
Generale del Messale Romano, 39-41; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra
liturgia Sacrosanctum Concilium, 112-118.
(127) Sermo 34,1:
PL 38, 210.
(128) Cfr Propositio
25: « Come tutte le espressioni artistiche anche il canto deve essere
intimamente armonizzato con la liturgia, partecipare efficacemente al suo fine,
ossia deve esprimere la fede, la preghiera, lo stupore, l'amore verso Gesù
presente nell'Eucaristia ».
(129) Cfr Propositio
29.
(130) Cfr Propositio
36.
(131) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 116;
Ordinamento Generale del Messale Romano, 41.
(132) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 28; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 56; Sacra Congregazione dei Riti, Istr.
Eucharisticum Mysterium (25 maggio 1967), 3: AAS 57 (1967), 540-543.
(133) Cfr Propositio
18.
(134) Ibidem.
(135) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 29.
(136) Cfr Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Fides et Ratio (14 settembre 1998), 13: AAS 91 (1999),
15-16.
(137) S. Gerolamo, Comm.
in Is., Prol.: PL 24, 17; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.
sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25.
(138) Cfr Propositio
31.
(139) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 29; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 7.33.52.
(140) Propositio 19.
(141) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 52.
(142) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 21.
(143) A tale scopo il Sinodo
ha esortato ad elaborare sussidi pastorali, basati sul lezionario triennale, che
aiutino a legare in modo intrinseco la proclamazione delle letture previste con
la dottrina della fede: cfr Propositio 19.
(144) Cfr Propositio
20.
(145) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 78.
(146) Cfr ibidem,
78-79.
(147) Cfr Propositio
22.
(148) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 79d.
(149) Ibidem, 79c.
(150) Tenendo conto di
consuetudini antiche e venerabili e dei desideri espressi dai Padri sinodali, ho
chiesto ai competenti Dicasteri di studiare la possibilità di collocare lo
scambio della pace in altro momento, ad esempio prima della presentazione dei
doni all'altare. Tale scelta, peraltro, non mancherebbe di suscitare un
significativo richiamo all'ammonimento del Signore sulla necessaria
riconciliazione previa ad ogni offerta a Dio (cfr Mt 5,23s): cfr
Propositio 23.
(151) Cfr Congregazione per
il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis
Sacramentum (25 marzo 2004), 80-96: AAS 96 (2004), 574-577.
(152) Cfr Propositio
34.
(153) Cfr Propositio
35.
(154) Cfr Propositio
24.
(155) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 14-20; 30s; 48s;
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 36-42: AAS 96 (2004),
561-564.
(156) N. 48.
(157) Ibidem.
(158) Cfr Congregazione per
il Clero e altri Dicasteri della Curia Romana, Istr. su alcune questioni circa
la collaborazione dei laici nel ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio
(15 agosto 1997): AAS 89 (1997), 852-877.
(159) Cfr Propositio
33.
(160) Ordinamento Generale
del Messale Romano, 92.
(161) Cfr ibidem, 94.
(162) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 24;
Ordinamento Generale del Messale Romano, nn. 95-111; Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum
(25 marzo 2004), 43-47: AAS 96 (2004), 564-566; Propositio 33: «
Questi ministeri devono essere introdotti secondo uno specifico mandato e
secondo le reali esigenze della comunità che celebra. Le persone incaricate di
questi servizi liturgici laicali devono essere scelte accuratamente, ben
preparate e accompagnate con una formazione permanente. La loro nomina deve
essere a tempo. Queste persone devono essere conosciute dalla comunità e devono
ricevere da essa anche un grato riconoscimento ».
(163) Cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 37-42.
(164) Cfr Ordinamento
Generale del Messale Romano, 386-399.
(165) AAS 87 (1995),
288-314.
(166) Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 55-71: AAS 88 (1996), 34-47;
Esort. ap. postsinodale Ecclesia in America (22 gennaio 1999),
16.40.64.70-72: AAS 91 (1999), 752-753; 775-776; 799; 805-809; Esort. ap.
postsinodale Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), 21s.: AAS 92
(2000), 482-487; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Oceania (22 novembre
2001), 16: AAS 94 (2002), 382-384; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in
Europa (28 giugno 2003), 58-60: AAS 95 (2003), 685-686.
(167) Cfr Propositio
26.
(168) Cfr Propositio
35; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
11.
(169) Cfr Catechismo della
Chiesa Cattolica, 1388; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 55.
(170) Cfr Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia
(17 aprile 2003), 34: AAS 95 (2003), 456.
(171) Quali, ad esempio, S.
Tommaso d'Aquino, Summa. Theologiae, III, q. 80, a. 1,2; S. Teresa di
Gesù, Cammino di perfezione, cap. 35. La dottrina è stata autorevolmente
confermata dal Concilio di Trento, sess. XIII, c. VIII.
(172) Cfr Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 8: AAS 87 (1995),
925-926.
(173) Cfr Propositio
41; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio,
8, 15; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 46:
AAS 87 (1995), 948; Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
45-46: AAS 95 (2003), 463-464; Codice di Diritto Canonico, can.
844 §§ 3-4; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671 §§ 3-4;
Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application
des principes et des normes sur l'œcuménisme (25 marzo 1993), 125, 129- 131:
AAS 85 (1993), 1087, 1088-1089.
(174) Cfr NN. 1398-1401.
(175) Cfr N. 293.
(176) Cfr Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle Comunicazioni Sociali
nel 20(o) Anniversario della « Communio et Progressio » Aetatis novae (22
febbraio 1992): AAS 84 (1992), 447-468.
(177) Cfr Propositio
29.
(178) Cfr Propositio
44.
(179) Cfr Propositio
48.
(180) Tale conoscenza può
essere effettuata anche negli anni di formazione dei candidati al sacerdozio in
seminario attraverso opportune iniziative: cfr Propositio 45.
(181) Cfr Propositio
37.
(182) Cfr Cost. sulla sacra
liturgia Sacrosanctum Concilium, 36 e 54.
(183) Propositio 36.
(184) Cfr ibidem.
(185) Cfr Propositio
32.
(186) Cfr Propositio
14.
(187) Propositio 19.
(188) Cfr Propositio
14.
(189) Cfr Benedetto XVI,
Omelia ai primi Vespri di Pentecoste (3 giugno 2006): AAS 98 (2006), 509.
(190) Cfr Propositio
34.
(191) Enarrationes in
Psalmos 98,9: CCL XXXIX, 1385; cfr Benedetto XVI, Discorso alla Curia
Romana (22 Dicembre 2005): AAS 98 (2006), 44-45.
(192) Cfr Propositio
6.
(193) Benedetto XVI, Discorso
alla Curia Romana (22 Dicembre 2005): AAS 98 (2006), 45.
(194) Cfr Propositio
6; Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Direttorio su pietà popolare e liturgia (17 dicembre 2001), nn. 164-165,
Città del Vaticano 2002, pp.137-139; Sacra Congregazione dei Riti, Istr.
Eucharisticum Mysterium (25 maggio 1967): AAS 57 (1967), 539-573.
(195) Cfr Relatio post
disceptationem, 11: L'Osservatore Romano, 14 ottobre 2005, p. 5.
(196) Cfr Propositio
28.
(197) Cfr n. 314.
(198) VII, 10, 16: PL
32, 742.
(199) Benedetto XVI, Omelia
sulla Spianata di Marienfeld, (21 agosto 2005): AAS 97 (2005), 892; cfr
Omelia nella Veglia di Pentecoste (3 giugno 2006): AAS 98 (2006), 505.
(200) Cfr Relatio post
disceptationem, 6, 47: L'Osservatore Romano, 14 ottobre 2005, pp.
5-6; Propositio 43.
(201) De civitate Dei,
X, 6: PL 41, 284.
(202) Cfr Catechismo della
Chiesa Cattolica, 1368.
(203) Cfr S. Ireneo,
Contro le eresie IV, 20, 7: PG 7, 1037.
(204) Epistola ai
Magnesiani, 9,1: PG 5, 670.
(205) Cfr I Apologia
67, 1-6; 66: PG 6, 430 s. 427. 430.
(206) Cfr Propositio
30.
(207) Cfr AAS 90
(1998), 713-766.
(208) Propositio 30.
(209) Omelia (19 marzo 2006):
AAS 98 (2006), 324.
(210) Opportunamente nota al
riguardo il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 258: «
All'uomo, legato alla necessità del lavoro, il riposo apre la prospettiva di una
libertà più piena, quella del sabato eterno (cfr Eb 4,9-10). Il riposo
consente agli uomini di ricordare e di rivivere le opere di Dio, dalla Creazione
alla Redenzione, di riconoscersi essi stessi come opera sua (cfr Ef
2,10), di rendere grazie della propria vita e della propria sussistenza a Lui,
che ne è l'autore ».
(211) Cfr Propositio
10.
(212) Cfr ibidem.
(213) Cfr Benedetto XVI,
Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale del Canada – Quebec in visita ad
limina Apostolorum (11 maggio 2006): L'Osservatore Romano, 12 maggio
2006, p. 5.
(214) N. 10: AAS 71
(1979), 414-415.
(215) Benedetto XVI, Udienza
generale del 29 marzo 2006: L'Osservatore Romano, 30 marzo 2006, p. 4.
(216) Propositio 39.
(217) Cfr Relatio post
disceptationem, 30: L'Osservatore Romano, 14 ottobre 2005, p. 6.
(218) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 39-42.
(219) Cfr Giovanni Paolo II,
Esort. ap. postsinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 14.16:
AAS 81 (1989) , 409-413; 416-418.
(220)Cfr Propositio
39.
(221) Cfr ibidem.
(222) Pontificale Romano.
Ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei Diaconi, Rito dell'ordinazione
del presbitero, n. 150.
(223) Cfr Giovanni
Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992), 19-33; 70-81: AAS 84
(1992), 686-712; 778-800.
(224) Propositio 38
(225) Propositio 39.
Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Vita consecrata (25 marzo
1996), 95: AAS 88 (1996), 470-471.
(226) Codice di Diritto
Canonico, can. 663, § 1.
(227) Cfr Giovanni Paolo II,
Esort. ap. postsinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 34: AAS
88 (1996), 407-408.
(228) Lett. enc. Veritatis
splendor (6 agosto 1993), 107: AAS 85 (1993), 1216-1217.
(229) Benedetto XVI,
Lett. enc.
Deus caritas est (25
dicembre 2005), 14: AAS 98 (2006), 229.
(230) Cfr Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995): AAS 87 (1995),
401-522; Benedetto XVI, Discorso alla Pontificia Accademia per la vita (27
febbraio 2006): AAS 98 (2006), 264-265.
(231) Cfr Congregazione per
la dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti
l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre
2002): AAS 96 (2004), 359-370.
(232) Cfr Propositio
46.
(233) AAS 97 (2005),
711.
(234) Propositio 42.
(235) Cfr Il martirio di
Policarpo, XV,1: PG 5, 1039. 1042.
(236) S. Ignazio di
Antiochia, Ai Romani, IV,1: PG 5, 690.
(237) Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 42.
(238) Cfr Propositio
42; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. sull'unicità e
l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa Dominus Iesus (6
agosto 2000), 13-15: AAS 92 (2000), 754-755.
(239) Cfr Propositio
42
(240) Benedetto XVI,
Lett. enc.
Deus caritas est (25
dicembre 2005), 18: AAS 98 (2006), 232.
(241) Ibidem, n. 14.
(242) Non senza commozione
durante l'Assemblea sinodale abbiamo ascoltato testimonianze assai significative
sull'efficacia del sacramento nell'opera di pacificazione. Al riguardo nella
Propositio 49 si afferma: « Grazie alle Celebrazioni eucaristiche, popoli in
conflitto hanno potuto radunarsi attorno alla Parola di Dio, ascoltare il suo
annuncio profetico della riconciliazione tramite il perdono gratuito, ricevere
la grazia della conversione che permette la comunione allo stesso pane ed allo
stesso calice ».
(243) Cfr Propositio
48.
(244) Benedetto XVI,
Lett. enc.
Deus caritas est
(25 dicembre 2005), 28: AAS 98 (2006), 239.
(245) Propositio 48.
(246) Benedetto XVI, Discorso
al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede (9 gennaio 2006): AAS
98 (2006), 127.
(247) Ibidem.
(248) Cfr Propositio
48. Utilissimo a questo proposito si rivela il Compendio della dottrina
sociale della Chiesa.
(249) Cfr Propositio
43.
(250) Cfr Propositio
47.
(251) Cfr Propositio
17.
(252) Martyrium Saturnini,
Dativi et aliorum plurimorum, 7,9,10: PL 8, 707.709-710.
(253) Cfr Giovanni
Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
53: AAS 95 (2003), 469.
(254) Preghiera
Eucaristica I (Canone Romano).
(255) Propositio 50.
(256) Cfr Benedetto XVI,
Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 15.
[1]
Cfr Jenseits von Gut und Böse, IV, 168.
[2]
X, 69.
[3]
Cfr R. Descartes, Œuvres, a cura di V. Cousin, vol. 12, Parigi 1824, pp.
95ss.
[4]
II, 5: SCh 381, 196.
[5]
Ibid., 198.
[6]
Cfr Metafisica, XII, 7.
[7]
Cfr Pseudo Dionigi Areopagita che, nel suo Sui nomi divini, IV, 12-14:
PG 3, 709-713, chiama Dio nello stesso tempo eros e agape.
[8]
Cfr Il Convito, XIV-XV, 189c-192d.
[9]
Sallustio, De coniuratione Catilinae, XX, 4.
[10]
Cfr sant'Agostino, Confessiones, III, 6, 11: CCL 27, 32.
[11]
De Trinitate, VIII, 8, 12: CCL 50, 287.
[12]
Cfr I Apologia, 67: PG 6, 429.
[13]
Cfr Apologeticum 39, 7: PL 1, 468.
[14]
Ep. ad Rom., Inscr: PG 5, 801.
[15]
Cfr sant'Ambrogio, De officiis ministrorum, II, 28, 140: PL 16,
141.
[16]
Cfr Ep. 83: J. Bidez, L'Empereur Julien. Œuvres complètes,
Parigi 19602, t. I, 2a, p. 145.
[17]
Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei
Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 194: Città del
Vaticano 2004, 2a, 205-206.
[18]
De Civitate Dei, IV, 4: CCL 47, 102.
[19]
Cfr Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 36.
[20]
Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei
Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 197: Città del
Vaticano 2004, 2a, 209.
[21]
Giovanni Paolo II, Esort. ap. post sinodale Christifideles laici (30
dicembre 1988), 42: AAS 81 (1989), 472.
[22]
Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune
questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita
politica (24 novembre 2002), 1: L'Osservatore Romano, 17 gennaio
2003, p. 6.
[23]
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1939.
[24]
Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 8.
[25]
Ibid., 14.
[26]
Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei
Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 195: Città del
Vaticano 2004, 2a, 206-208.
[27]
Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post sinodale Christifideles laici (30
dicembre 1988), 41: AAS 81 (1989), 470-472.
[28]
Cfr n. 32: AAS 80 (1988), 556.
[29]
N. 43: AAS 87 (1995), 946.
[30]
Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei
Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 196: Città del
Vaticano 2004, 2a, 208.
[31]
Cfr Pontificale Romanum, De ordinatione episcopi, 43.
[32]
Cfr can. 394; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 203.
[33]
Cfr nn. 193-198, 204-210.
[34]
Cfr Ibid., 194, 205-206.
[35]
Sermo 52, 16: PL 38, 360.
[36]
Cfr Sulpicio Severo, Vita Sancti Martini, 3, 1-3: SCh 133,
256-258.
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