MISSALE ROMANUM

EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI

  RESTITUTUM

AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM

B. JOANNIS Pp. XXIII CURA RECOGNITUM
 

 
               Copertina
               Premessa Generale
               Istruzione Universae Ecclesiae sull’applicazione della
               
Lettera Apostolica Motu Proprio data 
"Summorum
               
Pontificum"
di S.S. Benedetto P.P. XVI
               Introduzione al Rito Straordinario
               Cose utili da sapersi per chi impara a Celebrare
                secondo il
Rito di San Pio V
 
               Documenti
               Rubriche
               Ritus Servandus
               De Defectibus
 

 
         1) Præparatio ad Missam
         2) Ordo Missæ
    
    3) Gratiarum actio post Missam

               
Orazioni
             Preghiere prima della Messa
             Preghiere dopo la Messa

                Appendice
             Tutto il Missale Romanum 1962 in pdf. (online)
             Carteglorie
             Cantus ad Libitum
             Graduale Romanum (online)
             Canto Gregoriano in MP3  (online)
             Ordinario della Messa Latino-Italiano per i Fedeli
   
         Calendario Liturgico Festivo 2012
             Divinum Officium (S. Missæ, Breviarium, Calendarium)
             Video per Imparare a Celebrare la Messa Tridentina
               
(online)
 

DE DEFECTIBUS

IN CELEBRATIONE MISSARUM OCCORRENTIBUS

 

Premessa del Traduttore. Il De Defectibus presente nel Messale edito da Giovanni XXIII è quasi identico a quello delle edizioni precedenti, tuttavia è mutilo di alcuni punti non secondari. Per fornire al Sacerdote una maggior cognizione di causa dunque, trattandosi di un testo non liturgico ma normativo, inquantochè raccoglie quelle norme e prescrizioni che il Sacerdote deve seguire qualora succedano incidenti prima, durante e dopo la Santa Messa, abbiamo reputato opportuno tradurre il De Defectibus classico fino al Messale di S. Pio X, cioè quello completo, e sostituendovi solo ciò che profondamente varia. Le modifiche sostanziali riguardano infatti il digiuno eucaristico e il tempo della celebrazione, già mutati dalle Riforme di SS. Pio XII con il  Motu Proprio “Sacram Communionem”; per quanto concerne il resto l’Edizione del 1962 ha apportato solo delle cesure al testo o delle semplificazioni in caso di alcuni incidenti.

A piè di pagina riporto per conoscenza i passi originali che furono sostituiti da Giovanni XXIII, mentre trascrivo in blu il testo sostituito con le modifiche dell’ultimo Messale.

Se tali norme sono proprie della Messa Tridentina, il Sacerdote che celebrerà secondo la Messa Nuova, troverà certamente risposte sul cosa fare qual’ora succedano “incidenti” nella Celebrazione Eucaristica.

 

I

Il Sacerdote che sta per celebrare adoperi tutta la diligenza affinché non manchi nulla ai requisiti per realizzare1 il Sacramento dell’Eucaristia. Invero un difetto può capitare sia per parte della materia che si consacra, sia per parte della forma che si utilizza, sia per parte del ministro  agente. Qualunque cosa infatti manchi di queste, cioè la materia debita, la forma con l’intenzione, e l’Ordine Sacerdotale in chi opera, il Sacramento non è valido. Esistendo questi difetti, poiché viene meno qualunque altra cosa, manca la realtà del Sacramento. In verità ci sono altri difetti che, occorrendo nella celebrazione della Messa, anche se non impediscono la validità del Sacramento, nondimeno possono avvenire o con peccato o con scandalo.

 

III DIFETTI DELLA MATERIA

 

I difetti da parte della materia possono avvenire, se venisse a mancare qualcosa di ciò che ad essa è richiesto. È richiesto infatti che il pane sia di frumento e il vino di vite: e che la materia da consacrare in questo senso, nell’atto della consacrazione, sia dinnanzi al Sacerdote.

 

III IL DIFETTO DEL PANE

 

Se il pane non fosse di frumento, o, se di frumento, fosse misto ad altro genere di grano, in tale quantità che non rimanga pane di solo frumento, oppure fosse corrotto in qualche altro modo, il Sacramento non è valido.
 

2. Se il pane fosse fabbricato con acqua rosacea2 o di altra distillazione, è  in dubbio che il Sacramento sia realizzato.
 

3. Se avesse iniziato a corrompersi ma non è corrotto del tutto; similmente se non sia azzimo secondo il costume della Chiesa Latina, il Sacramento è valido, ma chi agisce3 pecca gravemente.


4. Se il Celebrante prima della consacrazione si accorgesse che l’Ostia fosse corrotta, o che non fosse di frumento, rimossa quell’Ostia ne prenda un’altra, e fatta l’oblazione almeno mentalmente, prosegua dal punto ove aveva cessato.
 

5. Se si sarà accorto di ciò dopo la consacrazione o anche dopo aver consumato quell’Ostia, presa un’altra faccia l’oblazione, come sopra, e inizi dalla consacrazione, naturalmente dalle parole: Qui pridie quam pateretur; e se non ha consumato quell’Ostia precedente, la consumi dopo l’assunzione del Corpo e del Sangue o la dia da consumare ad un altro, oppure la conservi con riverenza in qualche luogo. Ma se l’avrà consumata, ciò nonostante mangi anche l’altra che ha consacrato; perché è precetto circa la perfezione del Sacramento esser di maggior importanza ciò che è assunto a digiuno.
 

6. Se ciò succedesse dopo l’assunzione del Sangue, si deve nuovamente preparare un nuovo pane e un nuovo vino con acqua; e, fatta prima l’oblazione come sopra, il Sacerdote consacri, iniziando dalle parole Qui pridie; subito assuma entrambi e prosegua la Messa, perché il Sacramento non rimanga imperfetto e perché sia conservato il debito ordine.
 

7. Se l’Ostia consacrata si perdesse, o per qualche caso, o a causa di vento o miracolo, oppure presa da qualche animale, e non si potesse trovare: allora sia consacrata un’altra iniziando da questo punto: Qui pridie quam pateretur, fatta prima la sua oblazione come sopra4.

 

IV IL DIFETTO DEL VINO

 

Se il vino si fosse fatto del tutto aceto, o del tutto putrido, o spremuto da uve acerbe o non mature, o gli si fosse mescolata tanta acqua che il vino si fosse alterato: non si realizza il Sacramento.
 

2. Se il vino avrà cominciato ad inacidire o ad alterarsi, o ad essere un po’ acre, o in quel tempo fosse mosto spremuto dall’uva, o se non gli sarà stata mescolata l’acqua, oppure gli sarà mescolata acqua rosacea o di altra distillazione, il Sacramento è valido, ma chi agisce pecca gravemente.
 

3. Se il Celebrante prima della consacrazione del Sangue, ma dopo la consacrazione del Corpo, s’accorgesse che o il vino, o l’acqua, o entrambi mancassero nel Calice: deve subito versare il vino con l’acqua e, fatta l’oblazione come sopra, consacrare, iniziando dalle parole: Simili modo, etc.
 

4. Se dopo le parole della consacrazione si accorgesse che il vino non fosse stato posto, ma soltanto l’acqua; versata l’acqua in qualche vaso, ponga di nuovo il vino con l’acqua nel Calice, e consacri, riprendendo dalle predette parole: Simili modo, etc.
 

5. Se di questo s’accorgesse dopo la consumazione del Corpo, o così dell’acqua, ponga un’altra Ostia da consacrare nuovamente, ed il vino con l’acqua nel Calice, offra entrambi, consacri e li consumi, nonostante non sia digiuno. Se invece la Messa fosse celebrata in un luogo pubblico ove fossero presenti più persone, per evitare lo scandalo potrà porre il vino con acqua e, fatta l’oblazione come sopra, consacrare e subito consumare, e proseguire il resto5.
 

6. Se qualcuno comprendesse prima della consacrazione, o dopo la consacrazione, che tutto il vino fosse aceto, o alterato per altre cose: si osservi lo stesso di cui sopra,come se fosse trovato non esser posto il vino o esservi la sola acqua nel Calice.
 

7. Ma se il Celebrante prima della consacrazione del Calice si accorgesse che non è stata versata l’acqua: subito la metta e proferisca le parole della consacrazione. Se di questo s’accorgesse dopo la consacrazione del Calice, non la metta in nessun modo, poiché non è di necessità per il Sacramento.
 

8. Se la materia da preparare, a ragione di un difetto o del pane o del vino, non la si potesse avere: qualora ciò fosse prima della consacrazione non si deve procedere ulteriormente; se dopo la consacrazione, del Corpo o anche del vino, sia scoperto un difetto dell’una specie già consacrata l’altra, se dunque in nessun modo la si potesse ottenere, si procederà e terminerà la Messa  omettendo le parole e i gesti riguardanti la specie mancante. Ma se aspettando un po’ si potesse avere: si aspetti, perché il sacrificio non rimanga imperfetto.

 

V I DIFETTI NELLA FORMA

 

I difetti da parte della forma possono verificarsi se manca qualcosa da ciò che è richiesto all’integrità delle parole nella stessa consacrazione. Infatti le parole della consacrazione, che sono la forma del Sacramento, sono queste: Hoc est enim Corpus meum. E: Hic est enim Calix Sanguinis mei, novi et æterni testamenti: mysterium fidei, qui pro vobis e pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Ma se qualcuno diminuisse qualcosa, o mutasse qualcosa dalla forma della consacrazione del Corpo e del Sangue, e in questo cambiamento di parole le nuove parole non significassero la stessa cosa, il Sacramento non è valido. Se inoltre fosse aggiunto qualcosa, che non muti il significato, il Sacramento  è certamente valido ma peccando in modo massimamente grave.


2. Se il Celebrante non ricordasse d’aver detto quelle cose che comunemente si dicono nella consacrazione, non deve turbarsi per questo. Se tuttavia egli constatasse per certo d’aver omesso qualcosa di quelle che sono per la validità del Sacramento, cioè la forma della consacrazione o una parte: riprenda la stessa forma, e prosegua per ordine gli altri riti. Ma se dubitasse con forte probabilità d’aver omesso qualcosa di essenziale:
ripeta almeno la forma sotto una tacita condizione. E se non sono di necessità al Sacramento, non le riprenda ma proceda ulteriormente.

 

VI I DIFETTI NEL MINISTERO

 

I difetti da parte del Ministro possono accadere quanto a quelle cose che in lui sono richieste. Esse poi sono: innanzitutto l’intenzione, poi la disposizione dell’anima, la disposizione corporale, la disposizione delle vesti, la disposizione nello stesso ministero quanto a quelle cose che in esso possono accadere.

 

VII IL DIFETTO NELL'INTENZIONE

 

Se qualcuno non volesse compiere la consacrazione, ma fare qualcosa ingannevolmente; parimenti se alcune Ostie per dimenticanza rimanessero sull’Altare, o qualche parte di vino o qualche Ostia fosse nascosta non intendendo il Ministro consacrare se non quelle che vede; altresì se avesse davanti undici Ostie e ne volesse consacrare solo dieci non determinando quali delle dieci intendesse: in questi casi non consacra perché è richiesta l’intenzione. Altrimenti, se pensando certamente che fossero dieci, però vuole consacrare tutte quelle che ha dinanzi, allora tutte saranno consacrate: e perciò qualunque Sacerdote deve avere sempre tale intenzione, cioè di consacrare tutte quelle Ostie che ha posto davanti a sé per consacrarle.
 

2. Se il Sacerdote reputando di tenere un’Ostia, dopo la consacrazione avrà trovato essercene due unite, alla consumazione le assuma entrambe insieme. Se scoprisse dopo la consumazione del Corpo e del Sangue o anche dopo l’abluzione, di averne lasciate altre consacrate, le consumi tutte, sia piccole sia grandi, perché appartengono allo stesso sacrificio.
 

3. Ma se fosse rimasta un’Ostia consacrata integra, sia riposta nel Tabernacolo con le altre: se ciò non si potesse fare, la si lasci sull’Altare, decentemente coperta col corporale, al successivo Sacerdote che lì celebrerà, da consumare insieme all’altra che egli consacrerà; o se non si potrà fare nessuna di queste due cose, la conservi decentemente nello stesso Calice o Patena, fino a quando o sia riposta in un Tabernacolo o sia consumata da un altro; se non si avesse qualche modo perché sia onestamente conservata, egli stesso la può consumare.
 

4. Se l’intenzione non fosse attuale nella stessa consacrazione per una distrazione di mente, ma virtuale perché accedendo all’Altare il Sacerdote intende fare ciò che fa la Chiesa, il Sacramento è valido, anche se il Sacerdote deve curare d’adoperare un’intenzione attuale.

 

VIIII DIFETTI NELLA DISPOSIZIONE DELL'ANIMA

 

Se6 celebrasse qualcuno che fosse sospeso, scomunicato, degradato, irregolare, o per altre cose canonicamente impedito, realizza certamente il Sacramento ma pecca in modo massimamente grave, tanto a causa della Comunione, che assume indegnamente, quanto a causa dell’esercizio dell’Ordine, che gli era impedito.
 

2. Se qualcuno, avendo abbondanza di confessori, celebrasse in peccato mortale, pecca gravemente.
 

3. Se qualcuno invece in caso di necessità, non avendo abbondanza di confessori, celebrasse in peccato mortale senza contrizione, pecca gravemente. Diversamente, se è contrito, deve confessarsi appena potrà.
 

4. Se il Sacerdote ricordasse nella stessa celebrazione della Messa di essere in peccato mortale, faccia l’atto di contrizione col proposito di confessarsi e di soddisfare.
 

5. Se ricordasse di essere scomunicato o sospeso, o che il luogo fosse interdetto, similmente faccia l’atto di contrizione col proposito di chiedere l’assoluzione. Tuttavia prima della consacrazione, nei casi sopradetti, se non fosse temuto scandalo, deve interrompere la Messa iniziata.

 

IX I DIFETTI NELLA DISPOSIZIONE DEL CORPO

 

Se7  il Sacerdote non fosse digiuno prima della Messa per almeno tre ore da cibi solidi e bevande alcoliche, e almeno per un’ora da bevande non alcoliche, non può celebrare. Ma l’acqua non rompe il digiuno.
 

2. Gli8  infermi, nonostante non giacessero a letto, possono assumere prima della Messa senza limiti di tempo, bevande non alcoliche e vere e proprie medicine, sia liquide sia solide.
 

3. Se9 residui di cibo rimanenti nella bocca fossero inghiottiti, non impediscono la Comunione, poiché non sono ingoiati a modo di cibo ma a modo di saliva. Lo stesso è detto se, lavandosi la bocca, fosse inghiottita senza intenzione una stilla d’acqua.
 

4. Se celebrasse più Messe in un giorno, come per la Natività del Signore, in ciascuna Messa faccia l’abluzione in qualche vaso pulito, e soltanto all’ultima beva l’abluzione10.
 

5. Se prima è avvenuta una polluzione notturna, causata da un precedente pensiero che fosse causa di peccato mortale, oppure avvenne per il troppo mangiare o bere, ci si deve astenere dalla Comunione e dalla celebrazione, se non si vedesse un altro confessore. Se fosse dubbio che nel precedente pensiero ci sia stato peccato mortale, è consigliato che ci si astenga eccetto in caso di necessità. Ma se fosse certo che in quel pensiero non ci sia stato peccato mortale o che non ci sia stato alcun pensiero, ma la polluzione fosse avvenuta per cause naturali o per inganno diabolico, può comunicare e celebrare, a meno che da quell’eccitazione di corpo non venisse tanta perturbazione della mente che fosse opportuno astenersene.

 

X I DIFETTI CHE CAPITANO
NELLO STESSO MINISTRO

 

Possono anche accadere dei difetti nello stesso ministero, se mancasse qualcosa dei requisiti per esso: come qualora si celebrasse in un luogo non sacro o non deputatovi dal Vescovo, o in un Altare non consacrato o non coperto da tre tovaglie; se non ci fossero le candele di cera; se non fosse il tempo debito di celebrare, il quale comunemente è da un’ora avanti l’aurora ad un’ora dopo mezzogiorno (tranne nel caso in cui non fosse stabilito un altro tempo per qualche Messa o l’Ordinario del luogo avrà permesso qualche Messa anche nelle ore vespertine)11; se il celebrante non abbia detto almeno il Mattutino con le Lodi; se omettesse qualcosa delle vesti sacerdotali; se le vesti sacerdotali e le tovaglie non fossero state benedette dal Vescovo o da un altro avente questa potestà, se non fosse presente un Chierico o un altro serviente Messa, oppure ci fosse qualcuno che non può servire, come una donna; se non ci fosse il Calice con la Patena conveniente, la cui coppa dev’essere d’oro o d’argento o di stagno12, non di bronzo o di vetro; se i Corporali non fossero puliti, i quali devono essere di lino, ma non di seta, ornati nel mezzo, e benedetti dal Vescovo o da un altro avente questa potestà, come è detto sopra; se celebrasse col capo coperto senza dispensa; se non ci fosse il Messale è lecito sapere a memoria la Messa che intende dire.
 

2. Se, mentre il Sacerdote celebra, fosse violata la chiesa prima del Canone, s’interrompa la Messa; se dopo il Canone, non si interrompa. Se si temesse un’incursione di nemici, o un’alluvione, o il crollo del luogo ove si celebra, prima della consacrazione s’interrompa la Messa, ma dopo la consacrazione il Sacerdote potrà affrettare la consumazione del Sacramento, omesse tutte le altre cose.
 

3. Se il Sacerdote prima della consacrazione stesse male, o cadesse in una sincope o morisse, si tralasci la Messa. Se ciò accadesse dopo la consacrazione del solo Corpo prima della consacrazione del Sangue, o consacrati entrambi, la Messa sia completata da un altro Sacerdote da quel punto in cui fu interrotta, in caso di necessità anche se non fosse digiuno. Se quello non è morto ma è infermo, al punto però che possa comunicarsi e non ci fosse un’altra Ostia consacrata, il Sacerdote che supplisce alla Messa divida l’Ostia e ne dia una parte all’infermo, ed egli consumi l’altra. E se il Sacerdote morì pronunziata in parte la forma del Corpo, poiché non è fatta la consacrazione, non è necessario che la Messa sia supplita da un altro. Ma se morì pronunziata in parte la forma del Sangue, allora l’altro prosegua la Messa, e sopra lo stesso Calice ripeta la forma intera da questo punto: Simili modo, postquam coenatum est; oppure può proferire sopra un altro Calice preparato la forma intera, e assumere prima l’Ostia del primo Sacerdote e il Calice consacrato da sé, poi il Calice rimasto semiconsacrato.
 

4. Se qualcuno, fuori da un caso di tale necessità, non consumasse l’intero Sacramento, pecca in modo sommamente grave.
 

5. Se una mosca o un ragno o qualche altra cosa cadesse nel Calice prima della consacrazione, si versi il vino in un luogo decente e se e ponga dell’altro nel Calice, si mescoli un poco d’acqua, si offra come sopra e si prosegua la Messa; se dopo la consacrazione cadesse una mosca o qualcosa in questo modo, e venisse la nausea al Sacerdote, la estragga e la lavi con del vino, finita la Messa la bruci, e ciò che resta della combustione e del lavaggio sia gettato nel sacrario. Ma se non gli venisse la nausea né temesse pericolo, la beva col Sangue.
 

6. Se qualcosa di velenoso cadesse nel Calice, o ciò provocasse vomito, il vino consacrato è da riporre in un altro Calice, e si devono approntare e nuovamente consacrare altro vino con acqua; e finita la Messa, il vino consacrato è da riporre in un altro Calice pieno d’acqua perché si dissolvano le specie e tale acqua sia gettata nel sacrario13.
 

7. Se qualcosa di avvelenato toccasse l’Ostia consacrata, allora si consacri un’altra e la consumi nel modo in cui è stato detto, e quella sia messa in un Calice pieno d’acqua, com’è detto sopra per il Sangue al n. 614.
 

8. Se consumando il Sangue il fragmentum rimanesse nel Calice, lo si porti fuori col dito sul labbro del Calice e lo si consumi prima della purificazione; oppure si versi dell’acqua15 e si assuma.
 

9. Quando l’Ostia prima della consacrazione fosse trovata spezzata, se al popolo ciò non apparisse chiaramente si consacri tale Ostia: ma se potesse esserci scandalo per il popolo, ne sia presa ed offerta un’altra. Se prima dell’oblazione l’Ostia apparisse spezzata, sia presa un’altra integra, se si potrà fare senza scandalo o lungo ritardo.
 

10. Se a causa di freddo o negligenza l’Ostia consacrata cadesse nel Calice, nulla è da ripetersi, ma il Sacerdote prosegua la Messa facendo le cerimonie e i gesti consueti con la restante parte dell’Ostia che non fosse bagnata, se comodamente lo si possa. Ma se tutta l’Ostia si sarà bagnata, non la si estrarrà, ma si dica tutto omettendo i gesti, e si consumino insieme Corpo e Sangue, segnandosi col Calice e dicendo: Corpus et Sanguis Domini nostri, etc.
 

11. Se in inverno il Sangue si congelasse nel Calice, si avvolga il Calice con panni riscaldati; se ciò non fosse efficace, si ponga in acqua bollente vicino all’Altare, ma in modo che il Calice non vi entri, finché non torni a stato liquido.
 

12. Se per negligenza qualcosa del Sangue di Cristo cadesse: si versi sulla goccia di Sangue caduta un po’ d’acqua e si asterga con il purificatoio; e se cadesse sul Corporale o la tovaglia o qualche luogo, siano lavati gettando l’acqua nel sacrario16.
 

13. Ma se avvenisse che tutto il Sangue fosse stato versato dopo la consacrazione, se ne rimanesse qualcosa o almeno un poco, si consumi quello e del restante versato si faccia come è detto. Ma se non ne rimanesse proprio niente, si ponga di nuovo vino e acqua e si consacri da questo punto: Simili modo, postquam coenatum est, etc. ma fatta prima l’oblazione del Calice come sopra.
 

14. Qualora il Sacerdote vomitasse l’Eucarestia, si raccolga e si ponga in un luogo decente, finché le specie si corrompano, e poi siano gettate nel sacrario17.
 

15. Se l’Ostia consacrata o qualche suo frammento cadesse a terra, sia presa con riverenza e il luogo in cui è caduta sia pulito con e un po’ d’acqua e pulito col purificatoio. Se cadesse su vestiti non è necessario pulirle. Se cadesse sopra una veste di donna, che sia essa stessa a prenderla e pulirla18.
 

16. Possono anche avvenire dei difetti nello stesso ministero se il Sacerdote non conoscesse i riti e le cerimonie da osservare in esso, delle quali, in tutte le Rubriche di cui sopra19 si è detto abbondantemente.
 

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1 Nota del Traduttore: Il testo usa, riferito all’Eucarestia, sempre e solo il verbo «conficere», che in italiano si traduce con “fare, realizzare, fabbricare, compiere etc”, anche se non appropriatamente all’oggetto in questione. Non lo traduciamo con il termine “celebrare” perché questo verbo si riferisce più all’agire rituale del Sacerdote che al mistero della Transustanziazione, sulla cui validità o meno verte il senso del nostro testo.

2 N.d.T.: Il testo latino dice «aqua rosacea». Per acqua rosacea si intende ogni tipo di acqua che non sia materia pura (per esempio, acqua aromatizzata alla rosa, o con altra essenza, acqua minerale effervescente, acqua sporca,  etc…)

3 N.d.T.: il testo dice «conficiens», lasciando dubbio se si riferisce al Sacerdote consacrante oppure a chi precedentemente ha confezionato la materia. Infatti il verbo «conficere» è usato tanto per il pane e vino preparati quanto per il Sacramento consacrato. È presumibile pensare che pecchi certamente solo il Sacerdote.

4 N.d.T.: L’edizione di Giovanni XXIII aggiunge (unica aggiunta): «8. Nei casi di cui sopra 5-7 sia omessa l’elevazione del Sacramento, e si faccia tutto evitando, per quanto possibile, lo scandalo o lo stupore dei fedeli».

5 N.d.T.: Anche qui l’edizione di Giovanni XXIII aggiunge, come prima per il pane: «6. Nei casi di cui sopra 3-5 sia omessa l’elevazione del Sacramento, e si faccia tutto evitando, per quanto possibile, lo scandalo o lo stupore dei fedeli».

6 N.d.T.: Tutto il capitolo VIII è ridotto da Giovanni XXIII a un punto solo, eliminando le distinzioni casistiche della problematica. Ovviamente qui sono riportate per intero.

7 N.d.T.: Questo paragrafo è aggiornato secondo le disposizioni di SS. Pio XII contenute nel Motu Proprio “Sacram Communionem” del 1957, vedi Pius PP. XII, Sacram Communionem, Motu proprio, 1957, in AAS 49 (1957) n. 4, pp. 177-178.  Il testo precedente alla riforma diceva: «Se qualcuno non fosse digiuno dalla mezzanotte, anche dopo aver bevuto sola acqua, o altra bevanda o cibo anche a scopo di medicina, e per piccola che fosse la quantità, non può comunicare né celebrare».

8 N.d.T.: Anche questo paragrafo è trascritto aggiornato. Le vecchie disposizioni scrivevano qui: «2. Se prima della mezzanotte avrà assunto bevanda o cibo, anche se in seguito non avrà dormito o non avrà digerito, non pecca: ma a causa della perturbazione di mente, dalla quale la devozione è tolta, è consigliato di astenersi [dal celebrar Messa].»

9 N.d.T.: Il punto 3 nel Messale di Giovanni XXIII scrive: «3. I Sacerdoti che stessero in salute per adempiere ciò, sono premurosamente invitati ad osservare la veneranda e antica forma del digiuno eucaristico prima della Messa».

Nel testo conservo l’originale perché utile da sapersi.

10 N.d.T.: Alternativa in base alla nuova norma, anche se non se ne scrive nulla qui: il Sacerdote che prevede di celebrare un’altra Messa entro le tre ore, all’abluzione del Calice e delle mani beve solo l’acqua di detta abluzione, ma non vi adopera vino se non all’ultima Messa.

11 N.d.T.: Il testo originale scriveva «il quale comunemente è dall’aurora a mezzogiorno», pur specificando il Can. 821 del Codex Iuris Canonici 1917 che esattamente la Messa non si potesse cominciare prima di un’ora avanti all’aurora, né oltre un’ora dopo mezzogiorno, eccetto la Messa parrocchiale o conventuale della notte di Natale. Il Motu Proprio “Sacram Communionem” ha consentito agli Ordinari dei luoghi di permettere la celebrazione anche nelle ore pomeridiane qualora lo domandasse il bene spirituale di una parte notevole di fedeli: non prima delle sedici né dopo le ventuno.

12 N.d.T.: S’intende l’esterno della coppa, poiché l’interno dev’essere sempre dorato, cfr. Missale Romanum, Ritus servandus in celebratione Missae I,1

13 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece: « il vino riposto sia serbato per lungo tempo in un panno di lino o stoppa finché si sarà disseccato, e allora la stoppa sia bruciata, e la combustione gettata nel sacrario ».

14 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece: «e quella sia conservata nel Tabernacolo, in luogo separato, finché le specie siano corrotte, e corrotte infine si mettano nel sacrario»

15 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece un po’ di vino anziché di acqua.

16 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva: Se per negligenza qualcosa del Sangue di Cristo cadesse se almeno a terra o su tavola, sia lambito con la lingua, e il luogo raschiato e la raschiatura bruciata, e la cenere sia riposta nel sacrario. Se fosse caduta sulla pietra dell’Altare, il Sacerdote sorbisca la goccia, il luogo sia ben lavato e l’abluzione gettata nel sacrario. Se la stilla fosse venuta al lino dell’Altare o ad altro lino: se fino al terzo, le tovaglie siano lavate tre volte dove la stilla è caduta, Calice posto sotto, e l’acqua dell’abluzione sia gettata nel sacrario. Ma se cadde solo sul Corporale o sulle vesti sacerdotali, si deve similmente lavare e gettare l’abluzione nel sacrario. Se nel panno posto sotto i piedi o tappeto, si lavi bene come sopra.

17 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva: Qualora il Sacerdote vomitasse l’Eucarestia, se le specie apparissero integre le assuma con riverenza a meno che venisse la nausea; ma allora le specie consacrate siano separate cautamente e riposte in qualche luogo sacro, finché le specie si corrompano, e poi siano gettate nel sacrario. Ma se le specie non apparissero, si bruci il vomito e le ceneri si mettano nel sacrario.

18 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva Se l’Ostia consacrata o qualche suo frammento cadesse a terra, sia presa con riverenza e il luogo in cui è caduta sia pulito e un po’ raschiato, e la polvere o raschiatura di tal fatta sia messa nel sacrario. Se cadde fuori dal Corporale sulla tovaglia, o in qualunque luogo su fatto di lino, la tovaglia o la superficie lintea sia diligentemente lavata, e lo stesso lavaggio sia versato nel sacrario.

19 N.d.T.: Il testo dice «di cui sopra» perché il trattato “De defectibus” nel Messale si trova immediatamente dopo al “Ritus servandus in celebratione Missae”.

 

 


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