PAOLO VESCOVO
SERVO
DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA
DECRETO SUL MINISTERO E LA VITA DEI PRESBITERI
PRESBYTERORUM ORDINIS
PROEMIO
1. Più di una volta questo sacro Sinodo ha ricordato a tutti l'alta
dignità dell'ordine dei presbiteri nella Chiesa (1). Ma poiché questo
ordine ha un compito estremamente importante e sempre più arduo da
svolgere nell'ambito del rinnovamento della Chiesa di Cristo, è parsa di
somma utilità una trattazione più completa e più approfondita sui
presbiteri. Quanto verrà qui detto va applicato a tutti i presbiteri -
specialmente a quelli che si dedicano alla cura d'anime - fatti i
dovuti adattamenti nel caso dei presbiteri religiosi.
I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che
ricevono dai vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro,
sacerdote e re; essi partecipano al suo ministero, per il quale la
Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in popolo di Dio, corpo
di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questo sacro Sinodo, dunque,
affinché il ministero dei presbiteri, nelle attuali circostanze
pastorali e umane, spesso radicalmente nuove, possa trovare sostegno più
valido, e affinché si provveda più adeguatamente alla loro vita,
dichiara e stabilisce quanto segue.
CAPITOLO I
IL PRESBITERATO NELLA MISSIONE DELLA
CHIESA
Natura del presbiterato
2. Nostro Signore Gesù, « che il Padre santificò e inviò nel mondo »
(Gv 10,36), ha reso partecipe tutto il suo corpo mistico di
quella unzione dello Spirito che egli ha ricevuto (2): in esso, infatti,
tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio ostie
spirituali per mezzo di Gesù Cristo, e annunziano le grandezze di colui
che li ha chiamati dalle tenebre nella sua luce meravigliosa (3). Non vi
è dunque nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il
corpo, ma ciascuno di essi deve santificare Gesù nel suo cuore (4) e
rendere testimonianza di Gesù con spirito di profezia (5).
Ma lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo
solo, di cui però « non tutte le membra hanno la stessa funzione » (Rm
12,4), promosse alcuni di loro come ministri, in modo che nel seno della
società dei fedeli avessero la sacra potestà dell'ordine per offrire il
sacrificio e perdonare i peccati (6), e che in nome di Cristo
svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale.
Pertanto, dopo aver inviato gli apostoli come egli stesso era stato
inviato dal Padre (7), Cristo per mezzo degli stessi apostoli rese
partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori
(8), cioè i vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado
subordinato ai presbiteri (9) questi sono dunque costituiti nell'ordine
del presbiterato per essere cooperatori(10) dell'ordine episcopale, per
il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo.
La funzione dei presbiteri, in quanto strettamente vincolata
all'ordine episcopale, partecipa della autorità con la quale Cristo
stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo. Per questo
motivo il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti
dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare
sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell'unzione dello
Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a
Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, capo della
Chiesa (11).
Dato che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione
degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere
ministri di Cristo Gesù fra le nazioni mediante il sacro ministero del
Vangelo, affinché le nazioni diventino un'offerta gradita, santificata
nello Spirito Santo (12). È infatti proprio per mezzo dell'annuncio
apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato,
in modo che tutti coloro che appartengono a questo popolo, dato che sono
santificati nello Spirito Santo, possano offrire se stessi come « ostia
viva, santa, accettabile da Dio» (Rm 12,1). Ma è attraverso il
ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene
reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore;
questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta
la Chiesa, viene offerto nell'eucaristia in modo incruento e
sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore (13).
A ciò tende e in ciò trova la sua perfetta realizzazione il ministero
dei presbiteri. Effettivamente, il loro servizio, che comincia con
l'annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia
dal sacrificio di Cristo, e ha come scopo che « tutta la città redenta,
cioè la riunione e società dei santi, offra a Dio un sacrificio
universale per mezzo del sommo Sacerdote, il quale ha anche offerto se
stesso per noi con la sua passione, per farci diventare corpo di così
eccelso capo » (14).
Pertanto, il fine cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la
loro vita è la gloria di Dio Padre in Cristo. E tale gloria si dà quando
gli uomini accolgono con consapevolezza, con libertà e con gratitudine
l'opera di Dio realizzata in Cristo e la manifestano in tutta la loro
vita. Perciò i presbiteri, sia che si dedichino alla preghiera e
all'adorazione, sia che predichino la parola, sia che offrano il
sacrificio eucaristico e amministrino gli altri sacramenti, sia che
svolgano altri ministeri ancora in servizio degli uomini, sempre
contribuiscono all'aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo ad
arricchire gli uomini della vita divina. E tutte queste cose - le quali
scaturiscono dalla pasqua di Cristo - troveranno pieno compimento nella
venuta gloriosa dello stesso Signore, allorché egli consegnerà il regno
a colui che è Dio e Padre (15).
I presbiteri nel popolo di Dio
3. I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in
favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per
offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati (16) vivono quindi in
mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli. Così infatti
si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo inviato dal Padre
agli uomini, il quale dimorò presso di noi e volle in ogni cosa essere
uguale ai suoi fratelli, eccettuato il peccato (17). È un esempio, il
suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle
genti, « segregato per il Vangelo di Dio» (Rm 1,1), dichiara di
essersi fatto tutto a tutti, allo scopo di salvare tutti (18). Così i
presbiteri del Nuovo Testamento, in forza della propria chiamata e della
propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo
di Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da
qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera per la quale
li ha assunti il Signore (19). Da una parte, essi non potrebbero essere
ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita
diversa da quella terrena; ma d'altra parte, non potrebbero nemmeno
servire gli uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro
ambiente (20). Per il loro stesso ministero sono tenuti, con speciale
motivo, a non conformarsi con il secolo presente ma allo stesso tempo
sono tenuti a vivere in questo secolo (21) in mezzo agli uomini, a
conoscere bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a cercare di
ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché anch'esse
ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo pastore
(22). Per raggiungere questo scopo risultano di grande giovamento quelle
virtù che sono giustamente molto apprezzate nella società umana, come la
bontà, la sincerità, la fermezza d'animo e la costanza, la continua cura
per la giustizia, la gentilezza e tutte le altre virtù che raccomanda
l'apostolo Paolo quando dice: «Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è
onesto, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è
degno di amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù,
qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero » (Fil
4,8) (23).
CAPITOLO II
IL MINISTERO DEI PRESBITERI
I. Funzioni dei presbiteri
I presbiteri ministri della parola di Dio
4. Il popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola
del Dio vivente (24) che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra
dei sacerdoti (25). Dato infatti che nessuno può essere salvo se prima
non ha creduto (26), i presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei
vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di
Dio (27) seguendo il mandato del Signore: « Andate nel mondo intero e
predicate il Vangelo a ogni creatura » (28) e possono così costituire e
incrementare il popolo di Dio. Difatti, in virtù della parola
salvatrice, la fede si accende nel cuore dei non credenti si nutre nel
cuore dei credenti, e con la fede ha inizio e cresce la comunità dei
credenti, secondo quanto ha scritto l'Apostolo: « La fede è possibile
per l'ascolto, e l'ascolto è possibile per la parola di Cristo » (Rm
10,17). Pertanto i presbiteri sono debitori verso tutti, nel senso che a
tutti devono comunicare la verità del Vangelo (29) di cui il Signore li
fa beneficiare. Quindi, sia che offrano in mezzo alla gente la
testimonianza di una vita esemplare, che induca a dar gloria a Dio (30)
sia che annuncino il mistero di Cristo ai non credenti con la
predicazione esplicita; sia che svolgano la catechesi cristiana o
illustrino la dottrina della Chiesa; sia che si applichino a esaminare i
problemi del loro tempo alla luce di Cristo: in tutti questi casi il
loro compito non è di insegnare una propria sapienza, bensì di insegnare
la parola di Dio e di invitare tutti insistentemente alla conversione e
alla santità (31). Inoltre se la predicazione sacerdotale, che nelle
circostanze attuali del mondo è spesso assai difficile, vuole avere più
efficaci risultati sulle menti di coloro che ascoltano, non può
limitarsi ad esporre la parola di Dio in termini generali e astratti, ma
deve applicare la perenne verità del Vangelo alle circostanze concrete
della vita.
In tal modo il ministero della parola viene esercitato sotto forme
diverse, in rapporto alle diverse necessità degli ascoltatori e secondo
i diversi carismi dei predicatori. Nelle regioni o negli ambienti non
cristiani, per mezzo del messaggio evangelico gli uomini vengono
attratti alla fede e ai sacramenti della salvezza (32); e nella comunità
dei cristiani, soprattutto per quanto riguarda coloro che mostrano di
non capire o non credere abbastanza ciò che praticano, la predicazione
della parola è necessaria per lo stesso ministero dei sacramenti,
trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con
la parola (33). Ciò vale soprattutto nel caso della liturgia della
parola nella celebrazione della messa, in cui si realizza un'unità
inscindibile fra l'annuncio della morte e risurrezione del Signore, la
risposta del popolo che ascolta e l'offerta con la quale Cristo ha
confermato nel suo sangue la Nuova Alleanza; offerta cui si uniscono i
fedeli sia con i loro voti e preghiere sia con la ricezione del
sacramento (34).
I presbiteri ministri della santificazione con i sacramenti e
l'eucaristia
5. Dio, il quale solo è santo e santificatore, ha voluto assumere
degli uomini come soci e collaboratori, perché servano umilmente
nell'opera di santificazione. Per questo i presbiteri sono consacrati da
Dio, mediante il vescovo, in modo che, resi partecipi in maniera
speciale del sacerdozio di Cristo, nelle sacre celebrazioni agiscano
come ministri di colui che ininterrottamente esercita la sua funzione
sacerdotale in favore nostro nella liturgia, per mezzo del suo Spirito
(35). Essi infatti, con il battesimo, introducono gli uomini nel popolo
di Dio; con il sacramento della penitenza riconciliano i peccatori con
Dio e con la Chiesa; con l'olio degli infermi alleviano le sofferenze
degli ammalati; e soprattutto con la celebrazione della messa offrono
sacramentalmente il sacrificio di Cristo. Ma ogni volta che celebrano
uno di questi sacramenti i presbiteri - come già ai tempi della Chiesa
primitiva attesta S. Ignazio martire (36) - sono gerarchicamente
collegati sotto molti aspetti al vescovo, e in tal modo lo rendono in un
certo senso presente in ciascuna adunanza dei fedeli (37).
Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le
opere d'apostolato, sono strettamente uniti alla sacra eucaristia e ad
essa sono ordinati (38). Infatti, nella santissima eucaristia è
racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa (39), cioè lo stesso
Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne
vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali
sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi,
il proprio lavoro e tutte le cose create. Per questo l'eucaristia si
presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione, cosicché i
catecumeni sono introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già
segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, ricevendo
l'eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel corpo di Cristo.
L'assemblea eucaristica è dunque il centro della comunità dei
cristiani presieduta dal presbitero. I presbiteri insegnano dunque ai
fedeli a offrire la vittima divina a Dio Padre nel sacrificio della
messa, e a fare, in unione con questa vittima, l'offerta della propria
vita. Nello spirito di Cristo pastore insegnano altresì a sottomettere
con cuore contrito i propri peccati alla Chiesa nel sacramento della
penitenza, per potersi così convertire ogni giorno di più al Signore,
ricordando le sue parole: « Fate penitenza perché si avvicina il regno
dei cieli » ( Mt 4,17). Insegnano inoltre ai fedeli a partecipare
così intensamente alle celebrazioni liturgiche, da poter arrivare anche
in esse alla preghiera sincera; li spingono ad avere per tutta la vita
uno spirito di orazione sempre più attivo e perfetto, in rapporto alle
grazie e ai bisogni di ciascuno; e invitano tutti a compiere i doveri
del proprio stato, inducendo quelli che hanno fatto maggiori progressi a
seguire i consigli del Vangelo, nel modo che meglio convenga a ciascuno.
Quindi istruiscono i fedeli in modo che possano cantare in cuor loro al
Signore Gesù Cristo (40).
Le lodi e il ringraziamento che rivolgono a Dio nella celebrazione
eucaristica, i presbiteri li estendono alle diverse ore del giorno con
il divino ufficio, mediante il quale pregano Iddio in nome della Chiesa
e in favore di tutto il mondo.
La casa di preghiera - in cui l'eucaristia è celebrata e conservata;
in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio
nostro Salvatore, offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene
venerata a sostegno e consolazione dei fedeli - dev'essere nitida e
adatta alla preghiera e alle celebrazioni liturgiche (41). In essa i
pastori e i fedeli sono invitati a rispondere con riconoscenza al dono
di colui che di continuo infonde la vita divina, mediante la sua
umanità, nelle membra del suo corpo (42). Abbiano cura i presbiteri di
coltivare adeguatamente la scienza e l'arte liturgica, affinché per
mezzo del loro ministero liturgico le comunità cristiane ad essi
affidate elevino una lode sempre più perfetta a Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo.
I presbiteri, guide ed educatori del popolo di Dio
6. Esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di
autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono
la famiglia di Dio come fraternità viva e unita e la conducono al Padre
per mezzo di Cristo nello Spirito Santo (43). Per questo ministero, così
come per le altre funzioni, viene conferita al presbitero una potestà
spirituale, che è appunto concessa ai fini dell'edificazione (44),
Nell'edificare la Chiesa i presbiteri devono avere con tutti dei
rapporti improntati alla più delicata bontà, seguendo l'esempio del
Signore. E nel trattare gli uomini non devono regolarsi in base ai loro
gusti (45) bensì in base alle esigenze della dottrina e della vita
cristiana, istruendoli e anche ammonendoli come figli carissimi (46)
secondo le parole dell'Apostolo: «Insisti a tempo e fuor di tempo:
rimprovera, supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina » (2 Tm
4,2) (47).
Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella
fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno
dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria
vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e
attiva, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati.(48)
Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più
fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità
cristiana (49). Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno
aiutarli a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi - siano
essi di grande o di minore portata - quali siano le esigenze naturali e
la volontà di Dio(50). I cristiani inoltre devono essere educati a non
vivere egoisticamente ma secondo le esigenze della nuova legge della
carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la
misura di grazia che ha ricevuto e che in tal modo tutti assolvano
cristianamente propri compiti nella comunità umana. Ma, anche se sono
tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i
poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi
particolarmente unito (51) e la cui evangelizzazione è presentata come
segno dell'opera messianica (52). Anche i giovani vanno seguiti con cura
particolare, e così pure i coniugi e i genitori; è auspicabile che tali
persone si riuniscano amichevolmente in gruppo, per potersi aiutare a
vicenda a vivere più pienamente come cristiani nelle circostanze spesso
difficili in cui si trovano. Ricordino inoltre i presbiteri che i
religiosi tutti - sia uomini che donne - costituiscono una parte
insignita di speciale dignità nella casa del Signore e meritano quindi
particolare attenzione, affinché progrediscano sempre nella perfezione
spirituale per il bene di tutta la Chiesa. Infine, abbiano cura
specialmente dei malati e dei moribondi, visitandoli e confortandoli nel
Signore (53).
Ma la funzione di pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli:
essa va estesa alla formazione di un'autentica comunità cristiana. Per
fomentare opportunamente lo spirito comunitario, bisogna mirare non solo
alla Chiesa locale ma anche alla Chiesa universale. A sua volta la
comunità locale non deve limitarsi a prendersi cura dei propri fedeli,
ma è tenuta anche a sentire lo zelo missionario, che spinge ad aprire a
tutti gli uomini la strada che conduce a Cristo.
In primo luogo poi alla comunità incombe il dovere di occuparsi dei
catecumeni e dei neofiti, che vanno educati gradualmente alla conoscenza
e alla pratica della vita cristiana.
D'altra parte non è possibile che si formi una comunità cristiana se
non assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra
eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi
educazione tendente a formare lo spirito di comunità (54). A sua volta
la celebrazione eucaristica, per essere piena e sincera, deve spingere
sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, sia all'azione
missionaria e alle varie forme di testimonianza cristiana.
Inoltre, mediante la carità, la preghiera, l'esempio e le opere di
penitenza, la comunità ecclesiale esercita una vera azione materna nei
confronti delle anime da avvicinare a Cristo. Essa infatti viene ad
essere, per chi ancora non crede, uno strumento efficace per indicare o
per agevolare il cammino che porta a Cristo e alla sua Chiesa; e per chi
già crede è stimolo, alimento e sostegno per la lotta spirituale.
Infine, nell'edificare la comunità cristiana i presbiteri non si
mettono mai al servizio di una ideologia o umana fazione, bensì, come
araldi del Vangelo e pastori della Chiesa, si dedicano pienamente
all'incremento spirituale del corpo di Cristo.
II. Rapporti dei presbiteri con gli altri
Il vescovo e i presbiteri
7. Tutti i presbiteri, in unione con i vescovi, partecipano del
medesimo e unico sacerdozio e ministero di Cristo, in modo tale che la
stessa unità di consacrazione e di missione esige la comunione
gerarchica dei presbiteri con l'ordine dei vescovi (55) manifestata
ottimamente nel caso della concelebrazione liturgica, questa unione con
i vescovi è affermata esplicitamente nella celebrazione eucaristica
(56).
I vescovi pertanto, grazie al dono dello Spirito Santo che è concesso
ai presbiteri nella sacra ordinazione, hanno in essi dei necessari
collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire,
santificare e governare il popolo di Dio (57). Il che è vigorosamente
affermato fin dai primi tempi della Chiesa nei documenti liturgici, là
dove essi implorano solennemente da Dio per colui che viene ordinato
sacerdote l'infusione dello « spirito della grazia e del consiglio,
affinché aiuti e governi il popolo con cuore puro » (58) proprio come lo
spirito di Mosè nel deserto fu trasmesso a settanta uomini prudenti (59)
«con l'aiuto dei quali egli poté governare agevolmente la moltitudine
innumerevole del popolo » (60).
Per questa comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero,
i vescovi considerino dunque i presbiteri come fratelli e amici (61), e
stia loro a cuore, in tutto ciò che possono, il loro benessere materiale
e soprattutto spirituale. È ai vescovi, infatti, che incombe in primo
luogo la grave responsabilità della santità dei loro sacerdoti (62):
essi devono pertanto prendersi cura con la massima serietà della
formazione permanente del proprio presbiterio (63). Siano pronti ad
ascoltarne il parere, anzi, siano loro stessi a consultarlo e a
esaminare assieme i problemi riguardanti le necessità del lavoro
pastorale e il bene della diocesi. E perché ciò sia possibile nella
pratica, è bene che esista - nel modo più confacente alle circostanze e
ai bisogni di oggi (64) nella forma e secondo norme giuridiche da
stabilire (65) - una commissione o senato di sacerdoti in rappresentanza
del presbiterio, il quale con i suoi consigli possa aiutare
efficacemente il vescovo nel governo della diocesi.
I presbiteri, dal canto loro, avendo presente la pienezza del
sacramento dell'ordine di cui godono i vescovi, venerino in essi
l'autorità di Cristo supremo pastore. Siano dunque uniti al loro vescovo
con sincera carità e obbedienza (66). Questa obbedienza sacerdotale,
pervasa dallo spirito di collaborazione, si fonda sulla stessa
partecipazione del ministero episcopale, conferita ai presbiteri
attraverso il sacramento dell'ordine e la missione canonica (67).
L'unione tra i presbiteri e i vescovi è particolarmente necessaria ai
nostri giorni, dato che oggi, per diversi motivi, le imprese apostoliche
debbono non solo rivestire forme molteplici, ma anche trascendere i
limiti di una parrocchia o di una diocesi. Nessun presbitero è quindi in
condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e
per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri
presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa.
Unione fraterna tra i presbiteri
8. Tutti i presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato
mediante l'ordinazione, sono uniti tra di loro da un'intima fraternità
sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio
nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo.
Infatti, anche se si occupano di mansioni differenti, sempre esercitano
un unico ministero sacerdotale in favore degli uomini. Tutti i
presbiteri, cioè, hanno la missione di contribuire a una medesima opera,
sia che esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia
che si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che
esercitino un mestiere manuale, condividendo la condizione operaia - nel
caso ciò risulti conveniente e riceva l'approvazione dell'autorità
competente - , sia infine che svolgano altre opere d'apostolato od
ordinate all'apostolato. È chiaro che tutti lavorano per la stessa
causa, cioè per l'edificazione del corpo di Cristo, la quale esige
molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in questi tempi.
Pertanto è oltremodo necessario che tutti i presbiteri, sia diocesani
che religiosi, si aiutino a vicenda in modo da essere sempre cooperatori
della verità (68).
Di conseguenza ciascuno è unito agli altri membri di questo
presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e
di fraternità: il che viene rappresentato liturgicamente fin dai tempi
più antichi nella cerimonia in cui i presbiteri assistenti
all'ordinazione sono invitati a imporre le mani, assieme al vescovo che
ordina, sul capo del nuovo eletto, o anche quando concelebrano unanimi
la sacra eucaristia. Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai
confratelli col vincolo della carità, della preghiera e della
collaborazione nelle forme più diverse, manifestando così quella unità
con cui Cristo volle che i suoi fossero una sola cosa, affinché il mondo
sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre (69).
Per tali motivi, i più anziani devono veramente trattare come
fratelli i più giovani, aiutandoli nelle prime attività e responsabilità
del ministero, sforzandosi di comprendere la loro mentalità, anche se
differente, e guardando con simpatia le loro iniziative. I giovani, a
loro volta, abbiano rispetto per l'età e l'esperienza degli anziani,
sappiano studiare assieme ad essi i problemi riguardanti la cura d'anime
e collaborino volentieri.
Animati da spirito fraterno, i presbiteri non trascurino l'ospitalità
(70) pratichino la beneficenza e la comunità di beni (71) avendo
speciale cura di quanti sono infermi, afflitti, sovraccarichi di lavoro,
soli o in esilio, nonché di coloro che soffrono la persecuzione (72). È
bene che si riuniscano volentieri per trascorrere assieme serenamente
qualche momento di distensione e riposo, ricordando le parole con cui il
Signore stesso invitava gli apostoli stremati dalla fatica: « Venite in
un luogo deserto a riposare un poco» (Mc 6,31). Inoltre, per far
sì che i presbiteri possano reciprocamente aiutarsi a fomentare la vita
spirituale e intellettuale, collaborare più efficacemente nel ministero,
ed eventualmente evitare i pericoli della solitudine, sia incoraggiata
fra di essi una certa vita comune o una qualche comunità di vita, che
può naturalmente assumere forme diverse, in rapporto ai differenti
bisogni personali o pastorali: può trattarsi, cioè, di coabitazione, là
dove è possibile, oppure di una mensa comune, o almeno di frequenti e
periodici raduni. Vanno anche tenute in grande considerazione e
diligentemente incoraggiate le associazioni che, in base a statuti
riconosciuti dall'autorità ecclesiastica competente, fomentano - grazie
ad un modo di vita convenientemente ordinato e approvato e all'aiuto
fraterno - la santità dei sacerdoti nell'esercizio del loro ministero, e
mirano in tal modo al servizio di tutto l'ordine dei presbiteri.
Infine sappiano i presbiteri che, a causa della partecipazione al
medesimo sacerdozio, essi sono specialmente responsabili nei confronti
di coloro che soffrono qualche difficoltà; procurino dunque di aiutarli
a tempo, anche con un delicato ammonimento, quando ce ne fosse bisogno.
E per quanto riguarda coloro che fossero caduti in qualche mancanza, li
trattino sempre con carità fraterna e comprensione, preghino per loro
incessantemente e si mostrino in ogni occasione veri fratelli e amici.
I presbiteri e i laici
9. I sacerdoti del Nuovo Testamento, anche se in virtù del sacramento
dell'ordine svolgono la funzione eccelsa e insopprimibile di padre e di
maestro nel popolo di Dio e per il popolo di Dio, sono tuttavia
discepoli del Signore, come gli altri fedeli, chiamati alla
partecipazione del suo regno per la grazia di Dio (73). In mezzo a tutti
coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i
presbiteri sono fratelli (74) membra dello stesso e unico corpo di
Cristo, la cui edificazione è compito di tutti (75).
Perciò i presbiteri nello svolgimento della propria funzione di
presiedere la comunità devono agire in modo tale che, non mirando ai
propri interessi ma solo al servizio di Gesù Cristo (76) uniscano i loro
sforzi a quelli dei fedeli laici, comportandosi in mezzo a loro come il
Maestro il quale fra gli uomini « non venne ad essere servito, ma a
servire e a dar la propria vita per la redenzione della moltitudine» (Mt
20,28). I presbiteri devono riconoscere e promuovere sinceramente la
dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell'ambito della
missione della Chiesa.
Abbiano inoltre il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta
a tutti nella città terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere dei
laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro aspirazioni e
giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi
dell'attività umana, in modo da poter assieme riconoscere i segni dei
tempi. Provando gli spiriti per sapere se sono da Dio (77), essi devono
scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto
molteplici forme sono concessi ai laici, devono riconoscerli con gioia e
fomentarli con diligenza. Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente
tra i fedeli, meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi
a una vita spirituale più profonda. Allo stesso modo, non esitino ad
affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando
loro libertà d'azione e un conveniente margine di autonomia, anzi
invitandoli opportunamente a intraprendere con piena libertà anche delle
iniziative per proprio conto (78).
Infine, i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti
all'unità della carità, « amandosi l'un l'altro con la carità fraterna,
prevenendosi a vicenda nella deferenza» (Rm 12,10). A loro spetta
quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella
comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo. Essi sono i difensori del
bene comune, che tutelano in nome del vescovo, e sono allo stesso tempo
strenui assertori della verità, evitando che i fedeli siano sconvolti da
qualsiasi vento di dottrina (79). In modo speciale devono aver cura di
quanti hanno abbandonato la frequenza dei sacramenti o forse addirittura
la fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di andare alla loro
ricerca.
Avendo presenti le disposizioni sull'ecumenismo (80) non trascurino i
fratelli che non godono della piena comunione ecclesiastica con noi.
Devono infine considerare come oggetto della propria cura quanti non
conoscono Cristo loro salvatore. I fedeli, dal canto loro, abbiano
coscienza del debito che hanno nei confronti dei presbiteri, e li
trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri;
condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è
possibile, di essere loro di aiuto con la preghiera e con l'azione, in
modo che essi possano superare più agevolmente le eventuali difficoltà e
assolvere con maggiore efficacia i propri compiti (81).
III. Distribuzione dei presbiteri e vocazioni sacerdotali
Sollecitudine di tutte le Chiese
10. Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto
nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta,
bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli
ultimi confini della terra » (At 1,8), dato che qualunque ministero
sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione
affidata da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di
cui i presbiteri sono resi realmente partecipi, si dirige
necessariamente a tutti i popoli e a tutti i tempi, né può subire limite
alcuno di stirpe, nazione o età, come già veniva prefigurato in modo
arcano con Melchisedec (82). Ricordino quindi i presbiteri che a essi
incombe la sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i presbiteri di
quelle diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si mostrino
disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il
consenso o l'invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o
attività che soffrano di scarsezza di clero.
Inoltre, le norme sull'incardinazione e l'escardinazione vanno
riviste in modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in
vigore, sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì dove
ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una
distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche l'attuazione di
peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in
certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo scopo potrà
essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi
o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno
essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la
Chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e
rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.
Comunque, per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere
mandati soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono
ancora bene la lingua e le usanze; è meglio che vadano a gruppi di
almeno due o tre, come i discepoli del Signore (83), in modo da aiutarsi
a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura della loro vita
spirituale e della loro salute fisica e mentale; inoltre, nei limiti del
possibile, è bene che si scelgano il luogo e le condizioni di lavoro che
meglio si adattano alle possibilità personali di ciascuno di essi.
D'altra parte, è altrettanto necessario che coloro i quali entrano in
una nuova nazione cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma
anche gli speciali caratteri psico-sociologici di quel popolo al cui
servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con esso nel
modo più pieno, così da seguire l'esempio dell'apostolo Paolo, il quale
poté dire di sé: « Io infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono
fatto servitore di tutti, per guadagnarne il più gran numero. Con i
Giudei mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei... » (1 Cor
9,19-20).
Le vocazioni sacerdotali
11. Il Pastore e vescovo delle nostre anime (84) costituì la sua
Chiesa in tal modo che il popolo da lui scelto e acquistato a prezzo del
suo sangue (85) dovesse avere sempre, fino alla fine del mondo, i propri
sacerdoti, e quindi i cristiani non venissero mai a trovarsi come pecore
senza pastore (86). Conoscendo questa sua volontà, gli apostoli, per
suggerimento dello Spirito Santo, considerarono proprio dovere scegliere
dei ministri « i quali fossero capaci di insegnare anche ad altri » (2
Tm 2,2). Questa è appunto una funzione che fa parte della stessa
missione sacerdotale, in virtù della quale il presbiterio partecipa
della sollecitudine per la Chiesa intera, affinché nel popolo di Dio qui
sulla terra non manchino mai gli operai. Ma siccome « vi è comunità di
interessi fra il capitano della nave e i passeggeri» (87) a tutto il
popolo cristiano va insegnato che è suo dovere collaborare in vari modi
- con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi a sua
disposizione (88) a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti
di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. In primo
luogo, quindi, abbiano i presbiteri la massima preoccupazione per far
comprendere ai fedeli - con il ministero della parola e con la propria
testimonianza di una vita, in cui si rifletta chiaramente lo spirito di
servizio e la vera gioia pasquale - l'eccellenza e la necessità del
sacerdozio. Senza badare a fatiche o difficoltà, aiutino quanti
considerano veramente idonei a un così elevato ministero siano essi
giovani o adulti, affinché abbiano modo di prepararsi convenientemente e
possano quindi essere eventualmente chiamati dai vescovi, sempre
naturalmente nel pieno rispetto della loro libertà sia esterna che
interna. A questo scopo è oltremodo utile una attenta e prudente
direzione spirituale.
Quanto poi ai genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui
spetta in un modo o nell'altro l'educazione dei bambini e dei giovani,
essi devono istruirli in modo tale che, conoscendo la sollecitudine del
Signore per il suo gregge e avendo presenti i bisogni della Chiesa,
siano pronti a rispondere con generosità alla chiamata del Signore
dicendogli con il profeta: « Eccomi qui, manda me » (Is 6,8). Ma
si badi che questa voce del Signore che chiama non va affatto attesa
come se dovesse giungere all'orecchio del futuro presbitero in qualche
modo straordinario (89). Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata
attraverso quei segni di cui si serve ogni giorno il Signore per far
capire la sua volontà ai cristiani che sanno ascoltare; e ai presbiteri
spetta di studiare attentamente questi segni.
Ad essi pertanto si raccomandano caldamente le opere per le
vocazioni, sia quelle diocesane che quelle nazionali (90). Nella
predicazione, nella catechesi, nella stampa, si offra un'informazione
precisa sulle necessità della Chiesa locale e della Chiesa universale e
siano messi in luce il significato e l'importanza del ministero
sacerdotale, facendo vedere che esso comporta pesanti responsabilità, ma
allo stesso tempo anche gioie ineffabili; soprattutto si dica che
attraverso esso, come insegnano i Padri della Chiesa, si può dare a
Cristo la più eccelsa testimonianza d'amore (91).
CAPITOLO III
VITA DEI PRESBITERI
I. Chiamata dei presbiteri alla perfezione
Il dovere di tendere alla perfezione
12. Con il sacramento dell'ordine i presbiteri si configurano a
Cristo sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed
edificare tutto il su corpo che è la Chiesa, in qualità di cooperatori
de: l'ordine episcopale. Già fin dalla consacrazione del battesimo,
essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il segno e il dono di una
vocazione e di una grazi così grande che, pur nell'umana debolezza (92)
possono tendere alla perfezione, anzi debbono tendervi secondo quanto ha
detto il Signore: « Siate dunque perfetti così come il Padre vostro
celeste è perfetto » (Mt 5,48). Ma i sacerdoti sono specialmente
obbligati a tendere a questa perfezione, poiché essi - che hanno
ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l'ordinazione - vengono
elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote,
per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha restaurato con
divina efficacia l'intera comunità umana (93). Dato quindi che ogni
sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene il posto di Cristo in
persona, fruisce anche di una grazia speciale, in virtù della quale,
mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo
di Dio, egli può avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui
del quale è rappresentante, e la debolezza dell'umana natura trova
sostegno nella santità di lui, il quale è diventato per noi il pontefice
« santo, innocente, incontaminato, segregato dai peccatori» (Eb
7,26).
Cristo, che il Padre santificò e consacrò inviandolo al mondo (94) «
offerse se stesso in favore nostro per redimerci da ogni iniquità e far
di noi un popolo non più immondo, che gli appartenga e cerchi di
compiere il bene », e così, passando attraverso la sofferenza, entrò
nella sua gloria (95) allo stesso modo i presbiteri, consacrati con
l'unzione dello Spirito Santo e inviati da Cristo, mortificano in se
stessi le opere della carne e si dedicano interamente al servizio degli
uomini; in tal modo possono progredire nella santità della quale sono
stati dotati in Cristo (96), fino ad arrivare all'uomo perfetto.
Pertanto, esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia
(97), essi vengono consolidati nella vita dello Spirito, a condizione
però che siano docili agli insegnamenti dello Spirito di Cristo che li
vivifica e li conduce. I presbiteri, infatti, sono ordinati alla
perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che svolgono
quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero, che esercitano
in stretta unione con il vescovo e tra di loro. Ma la stessa santità dei
presbiteri, a sua volta, contribuisce non poco al compimento efficace
del loro ministero: infatti, se è vero che la grazia di Dio può
realizzare l'opera della salvezza anche attraverso ministri indegni, ciò
nondimeno Dio, ordinariamente preferisce manifestare le sue grandezze
attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla
direzione dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla
propria intima unione con Cristo e santità di vita: « Ormai non sono più
io che vivo, bensì è Cristo che vive in me » (Gal 2,20).
Perciò questo sacro Sinodo, per il raggiungimento dei suoi fini
pastorali di rinnovamento interno della Chiesa, di diffusione del
Vangelo in tutto il mondo e di dialogo con il mondo moderno, esorta
vivamente tutti i sacerdoti ad impiegare i mezzi efficaci che la Chiesa
ha raccomandato (98) in modo da tendere a quella santità sempre maggiore
che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più validi al
servizio di tutto il popolo di Dio.
L'esercizio della funzione sacerdotale esige e favorisce la
santità
13. I presbiteri raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se
nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con impegno
sincero e instancabile.
Essendo ministri della parola di Dio, essi leggono ed ascoltano ogni
giorno questa stessa parola che devono insegnare agli altri: e se si
sforzano anche di riceverla in se stessi, allora diventano discepoli del
Signore sempre più perfetti, secondo quanto dice l'apostolo Paolo a
Timoteo: « Occupati di queste cose, dedicati ad esse interamente,
affinché siano palesi a tutti i tuoi progressi. Vigila su te stesso e
sul tuo insegnamento, persevera in tali cose, poiché così facendo
salverai te stesso e quelli che ti ascoltano » (1 Tm 4,15-16).
Infatti, cercando il miglior modo di trasmettere agli altri ciò che
hanno contemplato (99), assaporeranno più intimamente « le insondabili
ricchezze di Cristo » (Ef 3,8) e la multiforme sapienza di Dio
(100). Non dimenticando mai che è il Signore ad aprire i cuori (101) e
che l'efficacia non proviene da essi ma dalla potenza di Dio (103),
all'atto stesso di predicare la parola si uniranno più intimamente con
Cristo maestro e saranno guidati dal suo Spirito. Uniti così a Cristo,
partecipano della carità di Dio, il cui mistero, nascosto nei secoli è
stato rivelato in Cristo.
Nella loro qualità di ministri della liturgia, e soprattutto nel
sacrificio della messa, i presbiteri rappresentano in modo speciale
Cristo in persona, il quale si è offerto come vittima per santificare
gli uomini; sono pertanto invitati a imitare ciò che compiono, nel senso
che, celebrando il mistero della morte del Signore, devono cercare di
mortificare le proprie membra dai vizi e dalle concupiscenze (104) Nel
mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro
funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della
nostra redenzione (105) e quindi se ne raccomanda caldamente la
celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua
Chiesa (106), anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli.
Così i presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si
offrono ogni giorno totalmente a Dio, e nutrendosi del Corpo di Cristo
partecipano dal fondo di se stessi alla carità di colui che si dà come
cibo ai fedeli. Allo stesso modo, quando amministrano i sacramenti si
uniscono all'intenzione e alla carità di Cristo; il che realizzano in
modo particolare nell'esercizio del sacramento della penitenza, se si
mostrano sempre e pienamente disposti ad amministrarla ogniqualvolta i
fedeli ne facciano ragionevolmente richiesta. Nella recitazione
dell'ufficio divino essi danno voce alla Chiesa, la quale persevera in
preghiera in nome di tutto il genere umano assieme a Cristo, che è «
sempre vivente per intercedere in favore nostro » (Eb 7,25).
Reggendo e pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono spinti dalla
carità del buon Pastore a dare la loro vita per il gregge pronti anche
al supremo sacrificio (107), seguendo l'esempio di quei sacerdoti che
anche ai nostri tempi non hanno esitato a dare la vita; e poiché sono
educatori nella fede, avendo anch'essi «fiducia nell'accesso dei santi
al sangue di Cristo» (Eb 10,19), si rivolgono a Dio «con cuore
sincero nella pienezza della fede » (Eb 10,22); fanno mostra di
una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli (108) in modo da
poter consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione, con la
medesima consolazione con cui loro stessi sono consolati da Dio (109).
Nella loro qualità di reggitori della comunità praticano l'ascetica
propria del pastore d'anime, rinunciando ai propri interessi e mirando
non a ciò che fa loro comodo, bensì a ciò che è utile a molti, in modo
che siano salvi (110) in un continuo progresso nel compimento più
perfetto del lavoro pastorale e, all'occorrenza, pronti anche ad
adottare nuovi sistemi pastorali, sotto la guida dello Spirito d'amore,
che soffia dove vuole (111).
Unità di vita nello svolgimento del ministero
14. Nel mondo d'oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono
tanti e i problemi che li preoccupano - e che spesso richiedono una
soluzione urgente - sono assai disparati; di conseguenza in molte
occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si
disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri, immersi e agitati
da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono
domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore
con le esigenze dell'azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere
questa unità di vita non bastano né l'organizzazione puramente esteriore
delle attività pastorali, né la sola pratica degli esercizi di pietà,
quantunque siano di grande utilità. L'unità di vita può essere raggiunta
invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero
l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà
di colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera (112).
In effetti Cristo, per continuare a realizzare incessantemente questa
stessa volontà del Padre nel mondo per mezzo della Chiesa, opera
attraverso i suoi ministri. Egli pertanto rimane sempre il principio e
la fonte della unità di vita dei presbiteri. Per raggiungerla, essi
dovranno perciò unirsi a lui nella scoperta della volontà del Padre e
nel dono di sé per il gregge loro affidato (113). Così, rappresentando
il buon Pastore, nell'esercizio stesso della carità pastorale (114)
troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà la
unità nella loro vita e attività. D'altra parte, questa carità pastorale
scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta
quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicché
lo spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene
realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti non
penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera.
E per poter anche concretizzare nella pratica l'unità di vita,
considerino ogni loro iniziativa alla luce della volontà di Dio (115)
vedendo cioè se tale iniziativa va d'accordo con le norme della missione
evangelica della Chiesa. Infatti la fedeltà a Cristo non può essere
separata dalla fedeltà alla sua Chiesa. Per questo, la carità pastorale
esige che i presbiteri, se non vogliono correre invano (116) lavorino
sempre in stretta unione con i vescovi e gli altri fratelli nel
sacerdozio. Se procederanno con questo criterio, troveranno l'unità
della propria vita nella unità stessa della missione della Chiesa, e
così saranno uniti al loro Signore, e per mezzo di lui al Padre nello
Spirito Santo, per poter essere colmati di consolazione e di gioia
(117).
II. Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri
Umiltà e obbedienza
15. Tra le virtù che più sono necessarie nel ministero dei
presbiteri, va ricordata quella disposizione di animo per cui sempre
sono pronti a cercare non la soddisfazione dei propri desideri, ma il
compimento della volontà di colui che li ha inviati (118). Infatti
l'opera divina per la quale sono stati scelti dallo Spirito Santo (119)
trascende ogni forza umana e qualsiasi umana sapienza: « Dio ha scelto
le cose deboli del mondo per confondere quelle forti » (1 Cor
1,27). Consapevole quindi della propria debolezza, il vero ministro di
Cristo lavora con umiltà, cercando di sapere ciò che è grato a Dio (120)
come se avesse mani e piedi legati dallo Spirito (121) si fa condurre in
ogni cosa dalla volontà di colui che vuole che tutti gli uomini siano
salvi; e questa volontà la può scoprire e seguire nel corso della vita
quotidiana, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati da Dio
in ragione della funzione che deve svolgere e dei molteplici avvenimenti
della vita.
D'altra parte, il ministero sacerdotale, dato che è il ministero
della Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione
gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto che i
presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza facciano
dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo
e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni e i consigli
del sommo Pontefice, del loro vescovo e degli altri superiori, e dando
volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro affidato (122),
anche se umile e povero. Perché con questo atteggiamento custodiscono e
rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero,
specialmente con quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili
della sua Chiesa, e lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il
quale cresce « per ogni articolazione di servizio » (123). Questa
obbedienza, che porta a una più matura libertà di figli di Dio, esige
per sua natura che i presbiteri nello svolgimento della loro missione,
mentre sono indotti dalla carità a cercare prudentemente vie nuove per
un maggior bene della Chiesa, facciano sapere con fiducia le loro
iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del proprio gregge,
disposti sempre a sottomettersi al giudizio di coloro che esercitano una
funzione superiore nel governo della Chiesa di Dio.
Con questa umiltà e obbedienza responsabile e volontaria i presbiteri
si conformano sull'esempio di Cristo, e arrivano ad avere in sé gli
stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale « annientò se stesso
prendendo la condizione di servo..., fatto obbediente fino alla morte »
(Fil 2,7-8) e con questa obbedienza ha vinto e redento la
disobbedienza di Adamo, come testimonia l'Apostolo: « Come infatti per
la disobbedienza di uno solo i molti furono costituiti peccatori, così
per l'obbedienza di quel solo, i molti saranno costituiti giusti» (Rm
5,19).
Il celibato
16. La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli,
raccomandata da Cristo Signore (124) nel corso dei secoli e anche ai
nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da non
pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come
particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti segno e
allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché fonte speciale
di fecondità spirituale nel mondo (125). Essa non è certamente richiesta
dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa
alla prassi della Chiesa primitiva (126) e alla tradizione delle Chiese
orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi
scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli
eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel
raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare
quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese
orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il
presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella
santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la
propria vita per il gregge loro affidato (127).
Il celibato, comunque, ha per molte ragioni un rapporto di
convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta
dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della
morte suscita nel mondo con il suo Spirito, e che deriva la propria
origine « non dal sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo,
ma da Dio» (Gv 1,13). Ora, con la verginità o il celibato
osservato per il regno dei cieli (128), i presbiteri si consacrano a Dio
con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un
cuore non diviso (129) si dedicano più liberamente in lui e per lui al
servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo
regno e la sua opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si
dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo.
In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di
volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani
con lo sposo unico e di presentarli a Cristo come vergine casta (130)
evocando così quell'arcano sposalizio istituito da Dio, e che si
manifesterà pienamente nel futuro per il quale la Chiesa ha come suo
unico sposo Cristo (131). Essi inoltre diventano segno vivente di quel
mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i
figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio (132).
Per questi motivi - fondati sul mistero di Cristo e della sua
missione - il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in
seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che
si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad
approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che
sono destinati al presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito che
il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della nuova legge,
viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro
che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell'ordine,
anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il sacro
Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente
abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando
nella grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a
perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono
meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così
esplicitamente esaltato (133) e avendo anche presenti i grandi misteri
che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto
più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante
persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri
implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a
chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e
naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non trascurino
quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa
e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.
Questo sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti - e non solo essi, ma
anche tutti i fedeli - di avere a cuore il dono prezioso del celibato
sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinché lo conceda sempre
abbondantemente alla sua Chiesa.
La povertà
17. Grazie ai rapporti d'amicizia e di fraternità fra di loro e con
gli altri uomini, i presbiteri sono in grado di imparare ad avere stima
per i valori umani e ad apprezzare i beni creati come doni di Dio.
Vivendo in mezzo al mondo devono però avere sempre presente che, come ha
detto il Signore nostro Maestro, essi non appartengono al mondo (134).
Perciò, usando del mondo come se non se usassero (135) possono giungere
a quella libertà che riscatta da ogni disordinata preoccupazione e rende
docili all'ascolto della voce di Dio nella vita di tutti i giorni. Da
questa libertà e docilità nasce il discernimento spirituale, che
consente di mettersi nel giusto rapporto con il mondo e le realtà
terrene. Tale rapporto è estremamente importante nel caso dei
presbiteri, dato che la missione della Chiesa si svolge in mezzo al
mondo e i beni creati sono del tutto necessari per lo sviluppo personale
dell'uomo. Siano perciò riconoscenti per tutte le cose che concede loro
il Padre perché possano ben condurre la loro esistenza. È però
indispensabile che sappiano esaminare attentamente alla luce della fede
tutto ciò che si trova sul loro cammino, in modo da sentirsi spinti a
usare rettamente dei beni in conformità con la volontà di Dio,
respingendo quanto possa nuocere alla loro missione.
I sacerdoti infatti, dato che il Signore è la loro «parte ed eredità»
(Num 18,20), debbono usare dei beni temporali solo per quei fini ai
quali essi possono essere destinati d'accordo con la dottrina di Cristo
Signore e gli ordinamenti della Chiesa.
Quanto ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono
amministrarli come esige la natura stessa di tali cose, a norma delle
leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l'aiuto di competenti laici;
devono sempre impiegarli per quegli scopi che giustificano l'esistenza
di beni temporali della Chiesa, vale a dire: l'organizzazione del culto
divino, il dignitoso mantenimento del clero, il sostenimento delle opere
di apostolato e di carità, specialmente in favore dei poveri (136).
Quanto poi ai beni che si procurano in occasione dell'esercizio di
qualche ufficio ecclesiastico, i presbiteri, come pure i vescovi, salvi
restando eventuali diritti particolari (137) devono impiegarli anzitutto
per il proprio onesto mantenimento e per l'assolvimento dei doveri del
proprio stato; il rimanente potrà essere destinato per il bene della
Chiesa e per le opere di carità. Non trattino dunque l'ufficio
ecclesiastico come occasione di guadagno, né impieghino il reddito che
ne deriva per aumentare il proprio patrimonio personale (138). I
sacerdoti, quindi, senza affezionarsi in modo alcuno alle ricchezze
(139) debbono evitare ogni bramosia ed astenersi da qualsiasi tipo di
commercio.
Anzi, essi sono invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con
cui possono conformarsi a Cristo in un modo più evidente ed essere più
disponibili per il sacro ministero. Cristo infatti da ricco è diventato
per noi povero, affinché la sua povertà ci facesse ricchi (140). Gli
apostoli, dal canto loro, hanno testimoniato con l'esempio personale che
il dono di Dio, che è gratuito (141), va trasmesso gratuitamente e hanno
saputo abituarsi tanto all'abbondanza come alla miseria (142). Ma anche
un certo uso comune delle cose - sul modello di quella comunità di beni
che vanta la storia della Chiesa primitiva - contribuisce in misura
notevolissima a spianare la via alla carità pastorale (143); inoltre,
con questo tenore di vita i presbiteri possono mettere lodevolmente in
pratica lo spirito di povertà raccomandato da Cristo.
Mossi perciò dallo Spirito del Signore, che consacrò il Salvatore con
l'unzione e lo mandò ad evangelizzare i poveri (144). i presbiteri -
come pure i vescovi - cerchino di evitare tutto ciò che possa in
qualsiasi modo indurre i poveri ad allontanarsi, e più ancora degli
altri discepoli del Signore vedano di eliminare nelle proprie cose ogni
ombra di vanità. Sistemino la propria abitazione in modo tale che
nessuno possa ritenerla inaccessibile, né debba, anche se di condizione
molto umile, trovarsi a disagio in essa.
III. Sussidi per la vita dei presbiteri
Mezzi per favorire la vita spirituale
18. Per poter alimentare in ogni circostanza della propria vita
l'unione con Cristo, i presbiteri, oltre all'esercizio consapevole del
ministero, dispongono dei mezzi sia comuni che specifici, sia
tradizionali che nuovi, che lo Spirito Santo non ha mai cessato di
suscitare in mezzo al popolo di Dio, e la Chiesa raccomanda - anzi
talvolta prescrive addirittura - per la santificazione dei suoi membri
(145). Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un posto di
rilievo quegli atti per cui i fedeli si nutrono del Verbo divino alla
duplice mensa della sacra Scrittura e dell'eucaristia (146) a nessuno
sfugge, del resto, l'importanza di un frequente uso di quei mezzi ai
fini della santificazione propria dei presbiteri.
Essi, che sono i ministri della grazia sacramentale, si uniscono
intimamente a Cristo salvatore e pastore attraverso la fruttuosa
recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale
frequente, giacché essa - che va preparata con un quotidiano esame di
coscienza - favorisce in sommo grado la necessaria conversione del cuore
all'amore del Padre delle misericordie. Alla luce della fede, che si
alimenta della lettura della Bibbia, essi possono cercare diligentemente
di scoprire nelle diverse vicende della vita i segni della volontà di
Dio e gli appelli della sua grazia, divenendo così sempre più pronti a
corrispondere a ogni esigenza della missione cui si sono dedicati nello
Spirito Santo. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo possono
trovare sempre nella Madonna, che sotto la guida dello Spirito Santo si
consacrò pienamente al mistero della redenzione dell'umanità (147). Essa
è la madre del sommo ed eterno Sacerdote, la regina degli apostoli, il
sostegno del loro ministero: essi devono quindi venerarla e amarla con
devozione e culto filiale.
Inoltre, se vogliono compiere con fedeltà il proprio ministero,
abbiano a cuore il dialogo quotidiano con Cristo, andandolo a visitare
nel tabernacolo e praticando il culto personale della sacra eucaristia.
Siano anche disposti a dedicare volentieri del tempo al ritiro
spirituale e abbiano in grande stima la direzione spirituale. In modi
assai diversi - soprattutto con l'orazione mentale, di così provata
efficacia, e con le varie forme di preghiera che ciascuno preferisce -
possono i presbiteri ricercare e implorare da Dio quell'autentico
spirito di adorazione che unisce a Cristo, mediatore della Nuova
Alleanza. Animati da questo spirito, sia essi che i loro fedeli potranno
rivolgersi a Dio come figli adottivi, dicendo: «Abba, Padre mio! » (Rm
8,15).
Studio e scienza pastorale
19. Nel sacro rito dell'ordinazione il vescovo ricorda ai presbiteri
che devono essere « maturi nella scienza » e che la loro dottrina dovrà
risultare come «una spirituale medicina per il popolo di Dio» (148).
Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch'essa sacra, in
quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto
sacro. Essa va pertanto tratta in primo luogo dalla lettura e dalla
meditazione della sacra Scrittura (149) ma suo fruttuoso alimento è
anche lo studio dei santi Padri e dottori e degli altri documenti della
tradizione. In secondo luogo, per poter dare una risposta esauriente ai
problemi sollevati dagli uomini d'oggi, è necessario che i presbiteri
conoscano a fondo i documenti del magistero - specie quelli dei Concili
e dei romani Pontefici - e che consultino le opere dei migliori teologi,
la cui scienza è riconosciuta.
Ma ai nostri giorni la cultura umana e anche le scienze sacre
avanzano a un ritmo prima sconosciuto; è bene quindi che i presbiteri si
preoccupino di perfezionare sempre adeguatamente la propria scienza
teologica e la propria cultura, in modo da essere in condizione di
sostenere con buoni risultati il dialogo con gli uomini del loro tempo.
D'altra parte, però, ci si deve preoccupare di agevolare ai
presbiteri il compito di approfondire i propri studi e di apprendere i
migliori metodi di evangelizzazione e apostolato; in questo senso,
possono risultare di grande aiuto - adattandoli logicamente alle
situazioni locali - l'istituzione di corsi o congressi, la fondazione di
centri destinati agli studi pastorali, la creazione di biblioteche e
un'intelligente direzione degli studi da parte di persone capaci. I
vescovi devono studiare altresì da soli o a livello interdiocesano - il
sistema migliore per far in modo che tutti i loro presbiteri -
soprattutto qualche anno dopo l'ordinazione (150) - possano frequentare
periodicamente dei corsi di perfezionamento nelle scienze teologiche e
nei metodi pastorali; questi corsi dovranno servire anche a rafforzare
la vita spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze
apostoliche con i confratelli (151). Mediante tutti questi sussidi e
altri del genere, si abbia una cura particolare dei parroci di nomina
recente e di tutti coloro che iniziano una nuova attività pastorale o
sono trasferiti a un'altra diocesi o nazione.
Infine, i vescovi devono anche procurare che alcuni presbiteri si
dedichino allo studio approfondito delle scienze divine, in modo che non
vengano mai a mancare dei professori competenti per le scuole
ecclesiastiche, e specialisti in grado di orientare gli altri sacerdoti
e i fedeli verso una maggiore istruzione religiosa; inoltre, con questo
lavoro di ricerca si stimola quel sano progresso delle scienze sacre che
è del tutto necessario alla Chiesa.
Equa retribuzione
20. I presbiteri si dedicano pienamente al servizio di Dio nello
svolgimento delle funzioni che sono state loro assegnate; è logico
pertanto che siano equamente retribuiti, dato che « l'operaio ha diritto
alla sua paga » (Lc 10,7), e « il Signore ha disposto che coloro
ai quali annunciano il Vangelo vivano del Vangelo» (1 Cor 9,14).
In base a ciò, se non si provvede in un altro modo a retribuire
equamente i presbiteri, sono i fedeli stessi che vi devono pensare, dato
che è per il loro bene che essi lavorano; i fedeli, cioè, sono tenuti da
vero obbligo a procurare che non manchino ai presbiteri i mezzi per
condurre una vita onesta e dignitosa. Spetta ai vescovi ricordare ai
fedeli questo loro grave obbligo, e provvedere - ognuno per la propria
diocesi, o meglio ancora riunendosi in gruppi interessati a uno stesso
territorio - all'istituzione di norme che garantiscano un mantenimento
dignitoso per quanti svolgono o hanno svolto una funzione al servizio
del popolo di Dio. Quanto poi al tipo di retribuzione che deve essere
assegnata a ciascuno, bisogna considerare sia la natura stessa della
funzione sia le diverse circostanze di luogo e di tempo. Comunque è bene
che tale retribuzione sia fondamentalmente la stessa per tutti coloro
che si trovano nelle stesse condizioni, e che soddisfi veramente i loro
bisogni ed esigenze: il che significa che deve anche consentire ai
presbiteri di retribuire il personale che presta servizio presso di loro
e di soccorrere personalmente in qualche modo i bisognosi, dato che
questo ministero a favore dei poveri è stato tenuto in grande
considerazione da parte della Chiesa fin dalle origini.
Nello stabilire la quantità della retribuzione per i presbiteri,
occorre pensare che essa deve consentire anche un tempo sufficiente di
ferie ogni anno; e i vescovi hanno il dovere di controllare se i
presbiteri dispongono di questo necessario riposo.
Comunque, il rilievo maggiore va dato all'ufficio che svolgono i
sacri ministri. Per questo, il sistema noto sotto il nome di sistema
beneficiale deve essere abbandonato, o almeno riformato a fondo, in modo
che la parte beneficiale - ossia il diritto al reddito di cui è dotato
l'ufficio ecclesiastico - sia trattata come cosa secondaria, e venga
messo in primo piano, invece, l'ufficio stesso. D'ora in avanti,
inoltre, per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico
conferito in modo stabile per un fine spirituale.
Fondo comune e previdenza sociale
21. Deve essere sempre tenuto presente l'esempio dei fedeli della
primitiva Chiesa di Gerusalemme, dove « tutto era ad essi comune » (At
4,32) e « veniva diviso fra tutti in base ai bisogni di ciascuno » (At
4,35). In conseguenza, è estremamente conveniente che per il
mantenimento del clero esista una istituzione diocesana, amministrata
dal vescovo con la collaborazione di sacerdoti delegati, e anche di
laici esperti in economia, se ce ne fosse bisogno. È anche auspicabile
che, nei limiti del possibile, venga costituita in ogni diocesi o
regione una cassa comune da cui possono attingere i vescovi per far
fronte ai propri impegni nei riguardi delle persone che prestano
servizio a favore della Chiesa, e per affrontare i diversi bisogni della
diocesi (153). Con questa cassa comune, inoltre, le diocesi più dotate
potranno venire incontro a quelle più povere, in modo da bilanciare con
la propria abbondanza la loro scarsezza. È bene che anche questa cassa
comune sia formata soprattutto in base alle offerte dei fedeli; ma vi
potranno affluire pure i beni derivanti da altre fonti, che il diritto
dovrà precisare.
Oltre a ciò, nelle nazioni in cui la previdenza sociale a favore del
clero non è ancora sufficientemente organizzata, le conferenze
episcopali vi devono provvedere, sempre nel massimo rispetto delle leggi
ecclesiastiche e civili. Fra le varie soluzioni possibili vi sono, ad
esempio, gli istituti di previdenza di ambito diocesano che operano per
proprio conto o uniti in federazione; gli istituti che operano in una
zona comprendente varie diocesi; e infine organismi che coprono tutto il
territorio nazionale. In ogni caso, queste istituzioni devono
provvedere, sotto la vigilanza della gerarchia, sia alla prevenzione e
all'assistenza sanitaria, sia al decoroso mantenimento dei presbiteri
che patiscono malattia, invalidità o vecchiaia. I sacerdoti, dal canto
loro, devono appoggiare l'istituzione che sia stata creata, spinti da un
senso di solidarietà verso i confratelli, che li porta a condividere le
loro pene e abbiano anche presente che in tal modo si risparmieranno
eccessive preoccupazioni per il futuro (154), potendosi invece dedicare
con spirito evangelico alla pratica della povertà e alla salvezza delle
anime.
Infine, i responsabili facciano in modo che gli istituti di
previdenza di diverse nazioni che operano in uno stesso settore siano
collegati fra di loro, perché così si consolideranno e si estenderanno.
CONCLUSIONE ED ESORTAZIONE
22. Questo sacro Sinodo ha presenti le grandi gioie di cui è ricca la
vita sacerdotale; ma ciò non significa che dimentichi le difficoltà che
i presbite devono affrontare nelle circostanze della vita di oggi. Non
ignora la profonda trasformazione che tempi hanno operato nelle
strutture economiche sociali e nel costume; e si rende conto che c'è sta
un profondo mutamento nella gerarchia dei valori che viene comunemente
adottata. Per questo i ministri della Chiesa, e talvolta gli stessi
fedeli, si sentono quasi estranei nei confronti del mondo di oggi si
domandano angosciosamente quali sono i mezzi le parole adatte per poter
comunicare con esso. non c'è dubbio che i nuovi ostacoli per la fede,
l'apparente inutilità degli sforzi che si son fatti finora il crudo
isolamento in cui vengono a trovarsi possono costituire un serio
pericolo di scoraggiamento.
Ma sta di fatto che Dio ha amato tanto il mondo - così come esso
oggi si presenta all'amore e al ministero dei presbiteri della Chiesa -
da dare per esso il Figlio suo unigenito (155). Ed effettivamente questo
mondo - vincolato certamente a tanti peccati ma nello stesso tempo
dotato di risorse non irrilevanti - fornisce alla Chiesa pietre vive
(156) che tutte insieme servono a edificare l'abitazione di Dio nello
Spirito (157). E lo stesso Spirito Santo, mentre spinge la Chiesa ad
aprire vie nuove per arrivare al mondo, di oggi, suggerisce e incoraggia
gli opportuni aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale.
I presbiteri non devono perdere di vista che nel loro lavoro non sono
mai soli, perché hanno come sostegno l'onnipotenza di Dio. Abbiano fede
in Cristo che li chiamò a partecipare del suo sacerdozio: e con questa
fede si dedichino con tutta l'anima fiduciosamente al loro ministero,
nella consapevolezza che Dio è tanto potente da aumentare in essi la
carità (158). E non dimentichino che hanno al loro fianco i propri
confratelli nel sacerdozio, anzi, tutti i fedeli del mondo. C'è infatti
una cooperazione di tutti i presbiteri per la realizzazione del disegno
di salvezza di Dio, che e il mistero di Cristo, ossia il mistero
nascosto da secoli in Dio (159) e questo disegno non viene condotto a
termine se non a poco a poco, attraverso la collaborazione organica di
diversi ministeri che tendono tutti all'edificazione del corpo di
Cristo, fin tanto che non venga raggiunta la misura della sua età
matura. Tutto ciò, ripetiamo, è nascosto con Cristo in Dio (160) e
quindi è con la fede soprattutto che può essere avvertito.
Effettivamente, è nella fede che devono camminare le guide del popolo di
Dio, seguendo l'esempio del fedele Abramo, il quale per la fede «obbedì
all'ordine di dirigersi verso il luogo che avrebbe ricevuto in eredità:
e si mosse senza sapere dove sarebbe andato a finire » (Eb 11,8).
In verità, l'economia dei misteri di Dio può essere paragonata all'uomo
che semina nel campo e di cui dice il Signore: « che dorma o che si
alzi, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce senza che lui se
ne accorga» (Mc 4,27).
Del resto, Gesù ha detto: « Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo » (Gv
16,33); ma con queste parole non ha voluto promettere alla sua Chiesa
una perfetta vittoria prima della fine dei tempi. Il sacro Sinodo si
rallegra nel vedere che la terra seminata con il seme del Vangelo dà ora
molti frutti in diversi luoghi, grazie all'azione dello Spirito del
Signore, il quale riempie l'orbe della terra e ha fatto nascere nel
cuore di molti sacerdoti e di molti fedeli uno spirito autenticamente
missionario.
Per tutto ciò il Sinodo ringrazia con il cuore colmo di affetto i
presbiteri di tutto il mondo: « A colui poi che, mediante la potenza che
opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che
possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in
Cristo Gesù» (Ef 3,20-21).
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute
ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica
conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito
Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato
così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Roma, presso San Pietro 7 dicembre 1965.
Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica
Seguono le
firme dei Padri.
Firme dei Padri
Io PAOLO Vescovo della Chiesa
Cattolica
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Ioannis et Pauli Presbyter Cardinalis
SPELLMAN, Archiepiscopus Neo-Eboracensis.
† Ego IACOBUS titulo Ss. Bonifacii et Alexii Presbyter Cardinalis DE
BARROS CÂMARA, Archiepiscopus S. Sebastiani Fluminis Ianuarii.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Ioannis ante Portam Latinam Presbyter
Cardinalis FRINGS, Archiepiscopus Coloniensis.
† Ego ERNESTUS titulo S. Sabinae Presbyter Cardinalis RUFFINI,
Archiepiscopus Panormitanus.
† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis
CAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.
Ego PETRUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis CIRIACI.
† Ego MAURITIUS titulo S. Mariae de Pace Presbyter Cardinalis FELTIN,
Archiepiscopus Parisiensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis
SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.
† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis
WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.
† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y
CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.
† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y
PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.
† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter
Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.
† Ego IOSEPHUS HUMBERTUS titulo Ss. Andreae et Gregorii ad Clivum
Scauri Presbyter Cardinalis QUINTERO, Archiepiscopus Caracensis.
† Ego ALOISIUS titulo S. Mariae Novae Presbyter Cardinalis CONCHA,
Archiepiscopus Bogotensis.
Ego IOSEPHUS titulo S. Priscae Presbyter Cardinalis DA COSTA NUNES.
Ego HILDEBRANDUS titulo S. Sebastiani ad Catacumbas Presbyter
Cardinalis ANTONIUTTI.
Ego EPHRAEM titulo S. Crucis in Hierusalem Presbyter Cardinalis
FORNI.
† Ego IOANNES titulo S. Mariae de Aracoeli Presbyter Cardinalis
LANDAZURI RICKETTS, Archiepiscopus Limanus, Primas Peruviae.
† Ego RADULFUS titulo S. Bernardi ad Thermas Presbyter Cardinalis
SILVA HENRIQUEZ, Archiepiscopus S. Iacobi in Chile.
† Ego LEO IOSEPHUS titulo S. Petri ad Vincula Presbyter Cardinalis
SUENENS, Archiepiscopus Mechliniensis-Bruxellensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI,
Archiepiscopus Maior Ucrainorum.
† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER,
Archiepiscopus Paderbornensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis
BERAN, Archiepiscopus Pragensis.
† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum
Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas
Canadiae.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN,
Archiepiscopus Rothomagensis.
† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN,
Archiepiscopus Civitatis Capitis.
† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL,
Archiepiscopus Algeriensis.
† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis
FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in via Ostiensi Presbyter
Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.
Ego CAROLUS S. Mariae in Porticu Diaconus Cardinalis JOURNET.
† Ego ALBERTUS GORI, Patriarcha Hierosolymitanus Latinorum.
† Ego PAULUS II CHEIKHO, Patriarcha Babylonensis Chaldaeorum.
† Ego IGNATIUS PETRUS XVI BATANIAN, Patriarcha Ciliciae Armenorum.
† Ego IOSEPHUS VIEIRA ALVERNAZ, Patriarcha Indiarum Orientalium.
† Ego IOANNES CAROLUS MCQUAID, Archiepiscopus Dublinensis, Primas
Hiberniae.
† Ego ANDREAS ROHRACHER, Archiepiscopus Salisburgensis, Primas
Germaniae.
† Ego DEMETRIUS MOSCATO, Archiepiscopus Primas Salernitanus et
Administrator Perpetuus Acernensis.
† Ego HUGO CAMOZZO, Archiepiscopus Pisanus et Primas Sardiniae et
Corsicae.
† Ego ALEXANDER TOKI , Archiepiscopus Antibarensis et Primas Serbiae.
† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas
Mexici.
† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas
Hispaniarum.
† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.
† Ego ERNESTUS SENA DE OLIVEIRA, Archiepiscopus Conimbricensis.
Sequuntur ceterae subsignationes.
Ita est.
† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius
NOTE
(1) CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium: AAS 56 (1964), pp. 97ss; Cost dogm.
sulla Chiesa
Lumen Gentium: AAS 57 (1965), pp. 5ss; Decr. sulla missione
pastorale dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus; Decr. sulla formazione sacerdotale
Optatam totius: AAS 58 (1966), pp. 713ss.
(2) Cf. Mt 3,16; Lc 4,18; At 4,27;
10,38.
(3) Cf. 1 Pt 2,5 e 9.
(4) Cf. 1 Pt 3,15.
(5) Cf. Ap 19,10; CONC. VAT. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 35: AAS 57 (1965), pp. 40-41 [pag. 201].
(6) Cf. CONC. DI TRENTO, Sess. XXIII, cap. I e can. 1:
Dz 957 e 961 (1764 e 1771).
(7) Cf. Gv 20,21; CONC. VAT. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 18: AAS 57 (1965), pp. 21-22 [pag. 155].
(8) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].
(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].
(10) Cf. Pontificale romanum, Ordinazione dei
Presbiteri, Prefazio. Queste parole si trovano già nel Sacramentarium
veronense: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1956, p. 122; parimenti nel Missale
Francorum: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1957, p. 9; anche nel Liber
Sacramentorum Romanae Ecclesiae: ed. L. C. Möhlberg, Romae 1960, p. 25;
inoltre nel Pontificale romanum-germanicum: ed. Vogel-Elze, Città del
Vaticano 1963, vol. I, p. 34.
(11) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 10: AAS 57 (1965), pp. 14-15 [pag. 137ss].
(12) Cf. Rm 15,16.
(13) Cf. 1 Cor 11,26.
(14) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 10,6: PL 41,
284.
(15) Cf. 1 Cor 15,24.
(16) Cf. Eb 5,1.
(17) Cf. Eb 2,17; 4,15.
(18) Cf. 1 Cor 9,19-23Vlg.
(19) Cf. At 13,2.
(20) “Questo studio di perfezionamento spirituale e
morale è stimolato anche esteriormente dalle condizioni in cui la Chiesa
svolge la sua vita. Non può essa rimanere immobile e indifferente
davanti ai mutamenti del mondo circostante. Per mille vie questo
influisce e mette condizioni sul comportamento pratico della Chiesa.
Essa, come ognuno sa, non è separata dal mondo; ma vive in esso. Perciò
i membri della Chiesa ne subiscono l’influsso, ne respirano la cultura,
ne accettano le leggi, ne assorbono i costumi. Questo immanente contatto
della Chiesa con la società temporale genera per essa una continua
situazione problematica, oggi laboriosissima. (...) Ecco come san Paolo
medesimo educava i cristiani della prima generazione: Non unitevi a un
giogo sconveniente cogli infedeli; poiché che cosa ha a che fare la
giustizia coll’iniquità? e che comunanza v’è tra la luce e le
tenebre?... che rapporto tra il fedele e l’infedele? (2 Cor
6,14-15). La pedagogia cristiana dovrà ricordare sempre all’alunno dei
tempi nostri questa sua privilegiata condizione e questo suo conseguente
dovere di vivere nel mondo ma non del mondo, secondo il voto stesso
sopra ricordato di Gesù a riguardo dei suoi discepoli: Non chiedo che tu
li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del
mondo, come Io non sono del mondo (Gv 17,15-16). E la Chiesa fa
proprio tale voto. Ma questa distinzione non è separazione. Anzi non è
indifferenza, non è timore, non è disprezzo. Quando la Chiesa si
distingue dall’umanità non si oppone ad essa, anzi si congiunge”: PAOLO
VI, Encicl.
Ecclesiam Suam, 6 ag. 1964: AAS 56 (1964), pp. 627 e 638.
(21) Cf. Rm 12,2.
(22) Cf. Gv 10,14-16.
(23) Cf. S. POLICARPO, Epist. ad Philippenses,
VI, 1: “I presbiteri siano inclini alla compassione, misericordiosi
verso tutti, riconducano gli erranti, visitino tutti gli infermi, non
trascurando la vedova o l’orfano o il povero; sempre invece solleciti
del bene davanti a Dio e agli uomini, astenendosi da ogni ira,
preferenza di persone, giudizio ingiusto, stando lontano da ogni
avarizia, non pensando facilmente male di qualcuno, non troppo severi
nel giudizio, sapendo che noi tutti siamo debitori del peccato”: ed. F.
X. Funk, Patres Apostolici, I, p. 273.
(24) Cf. 1 Pt 1,23Vlg; At 6,7; 12,24.
“(Gli Apostoli) hanno predicato la parola di verità e generato la
Chiese”: S. AGOSTINO, Enarr. in Ps., 44,23: PL 36, 508.
(25) Cf. Ml 2,7; 1 Tm 4,11-13; 2 Tm
4,5; Tt 1,9.
(26) Cf. Mc 16,16.
(27) Cf. 2 Cor 11,7. Anche per i Presbiteri vale
quello che è detto dei Vescovi, in quanto sono cooperatori dei Vescovi.
Cf. Statuta Ecclesiae Antiqua, c. 3 (ed. Ch. Munier, Paris 1960, p. 79);
Decretum Gratiani, C. 6, D. 88 (ed. Friedberg, I, 307); CONC. DI TRENTO,
Sess. V, Decr. 2, n. 9 (Conc. Oec. Decreta, ed. Herder, Romae 1962, p.
645); Sess. XXIV, Decr. De reform., c. 4 (p. 739); CONC. VAT. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 25: AAS 57 (1965), pp. 29-31 [pag. 175ss].
(28) Cf. Constitutiones Apostolorum, II, 26, 7:
“(I Presbiteri) siano maestri della scienza divina, poiché il Signore
stesso ci ha inviati dicendo: Andate e ammaestrate...”: ed. F. X. Funk,
Didascalia et Constitutiones Apostolorum, I, Paderborn 1905, p.
105. - Sacramentarium leonianum e gli altri Sacramentari fino al
Pontificale Romano, Prefazio nell’Ordinazione dei Presbiteri: “Con
questa provvidenza, Signore, li hai aggregati associandoli come Maestri
della fede agli Apostoli del tuo Figlio, e con questi validi predicatori
(o: con queste valide predicazioni) essi riempirono tutto il mondo. -
Liber Ordinum Liturgiae Mozarabicae, Prefazio per ordinare un
Presbitero: Maestro delle genti e capo dei suoi fedeli, mantenga intatta
la fede cattolica, e annunzi a tutti la vera salvezza”: ed. M. Férotin,
Le Liber Ordinum en usage dans l’Eglise Wisigothique et Mozarabe
d’Espagne: Monumenta Ecclesiae Liturgica, vol. V, Paris 1904, col. 55,
lin. 4-6.
(29) Cf. Gal 2,5.
(30) Cf. 1 Pt 2,12.
(31) Cf. il Rito dell’Ordinazione del Presbitero nella
Chiesa Alessandrina dei Giacobiti: “Raduna il tuo popolo alla parola
della dottrina, come una nutrice che cura i suoi figli”: H. Denzinger,
Ritus Orientalium, Tom. II, Würzburg 1863, p. 14.
(32) Cf. Mt 28,19; Mc 16,16; TERTULLIANO,
De baptismo, 14,2 (Corpus Christianorum, Serie latina, I, p. 289,
11-13); S. ATANASIO, Adv. Arianos, 2,42: PG 26, 237A-B; S.
GIROLAMO, In Mt. 28,19: PL 26, 226D: “Prima ammaestrano
tutte le nazioni, poi dopo averle ammaestrate le immergono nell’acqua.
Non può infatti essere che un corpo riceva il sacramento del battesimo,
se prima l’anima non ha ricevuto la verità della fede”; S. TOMMASO,
Expositio primae Decretalis, § 1: “Il nostro Salvatore, mandando i
discepoli a predicare, ingiunse loro tre cose: primo di insegnare la
fede; secondo di amministrare i sacramenti ai credenti”: ed. Marietti,
Opuscula Theologica, Taurini-Romae 1954, 1138.
(33) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, n. 35,2: AAS 56 (1964), p. 109 [pag.
37ss].
(34) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, nn. 33, 35, 48, 52: pp. 108-109, 113,
114 [pag. 197ss, 201ss, 233ss, 347].
(35) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, n. 7, pp. 100-101 [pag. 21]; PIO XII,
Encicl. Mystici Corporis, 29 giu. 1943: AAS 35 (1943), p. 230 [in parte
Dz 3813].
(36) S. IGNAZIO M., Smyrn., 8, 1-2: ed. F. X.
Funk, p. 240; Comstitutiones Apostolorum, VIII, 12. 3: ed. F. X.
Funk, p. 496; VIII, 29, 2: ibid., p. 532.
(37) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].
(38) “L’Eucaristia è come il compimento spirituale della
vita e il fine di tutti i sacramenti”: S. TOMMASO, Summa Theol.,
III, q. 73, a. 3c; cf. Summa Theol., III, q. 65, a. 3.
(39) Cf. S. TOMMASO, Summa Theol., III, q. 65, a.
3, ad 1; q. 79, a. 1c e ad 1.
(40) Cf. Ef 5,19-20.
(41) Cf. S. GIROLAMO, Epist., 114, 2: “...i sacri
calici e i santi paramenti ed il resto che riguarda la Passione del
Signore... sono da venerare con lo stesso onore del suo Corpo e Sangue,
per l’attinenza al Corpo e al Sangue del Signore”: PL 22, 934. Cf. CONC.
VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, nn. 122-127: AAS 56 (1964), pp. 130-132
[pag. 81ss].
(42) “Durante il giorno i fedeli non omettano di fare la
visita al santissimo Sacramento, che dev’essere custodito in luogo
distintissimo, col massimo onore, nelle chiese, secondo le leggi
liturgiche, perché la visita è prova di gratitudine, segno d’amore e
debito di riconoscenza a Cristo Signore là presente”: PAOLO VI, Encicl.
Mysterium Fidei, 3 sett. 1965: AAS 57 (1965), p. 771.
(43) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), pp. 33-36 [pag. 185ss].
(44) Cf. 2 Cor 10,8; 13,10.
(45) Cf. Gal 1,10.
(46) Cf. 1 Cor 4,14.
(47) Cf. Didascalia, II, 34, 3; II, 46, 6; II,
47, 1; Constitutiones Apostolorum, II,47,1: ed. F. X. Funk,
Didascalia et Constitutiones, I, pp. 116, 142 e 143.
(48) Cf. Gal 4,3; 5,1 e 13.
(49) Cf. S. GIROLAMO, Epist., 58, 7: “Che utilità
c’è se le pareti risplendono di gemme e Cristo è in pericolo nei poveri
per la fame?”: PL 22, 584.
(50) Cf. 1 Pt 4,10ss.
(51) Cf. Mt 25,34-45.
(52) Cf. Lc 4,18.
(53) Potrebbero essere citate altre categorie, per es.
gli emigranti, i nomadi ecc. Di essi si parla in: CONC. VAT. II, Decr.
sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa,
Christus Dominus, n. 18: AAS 58 (1966), p. 682 [pag. 369].
(54) Cf. Didascalia, II, 59, 1-3: “Nell’insegnare
comanda ed esorta il popolo a frequentare la chiesa e a non mancare
assolutamente mai, ma a recarvisi sempre e a non angustiarla,
sottraendosi ad essa e rendendo più esiguo il corpo di Cristo... Poiché
siete membra di Cristo, non separatevi dalla chiesa, quando non
partecipate all’assemblea. Avendo come capo Cristo, presente e in
comunione con voi secondo la sua promessa, non trascuratelo né alienate
il salvatore dalle sue membra, né lacerate e smembrate il suo corpo...”:
ed. F. X. Funk, I, p. 170; PAOLO VI,
Discorso tenuto ad Orvieto al clero italiano partecipante alla XIII
settimana “di aggiornamento pastorale”, 6 sett. 1963: AAS 55
(1963), pp. 750ss.
(55) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), p. 35 [pag. 185ss].
(56) Cf. la cosiddetta Constitutio Ecclesiastica
Apostolorum, XVIII: i Presbiteri sono sýmmystai (concelebranti) e
synepímachoi (alleati) dei Vescovi: ed. T. Schermann, Die allgemeine
Kirchenordnung, I, Paderborn 1914, p. 26; A. HARNACK, Die Quellen der
sog. apostolischen Kirchenordnung, T. u. U., II, 5, p. 13, n. 18 e 19;
PSEUDO GIROLAMO, De Septem Ordinibus Ecclesiae: “... con la benedizione
diventano con i Vescovi partecipi dei misteri”: ed. A. W. Kalff,
Würzburg 1937, p. 45; S. ISIDORO DI SIVIGLIA, De Ecclesiasticis
Officiis, II, c. VII: “Sono a capo della Chiesa di Cristo e sono
partecipi con i vescovi nella consacrazione del divino corpo e sangue,
come pure nella catechesi del popolo e nel dovere di predicare”: PL 83,
787.
(57) Cf. Didascalia, II, 28, 4: ed. F. X. Funk,
p.108; Constitutiones Apostolorum, II, 28, 4; II, 34, 3: ibid. pp. 109 e
117.
(58) Cf. Didascalia, VIII, 16,4: ed. F. X. Funk,
I, p. 523; cf. Epitome Const. Apost., VI: ibid. II, p. 80, 3-4;
Testamentum Domini: “...da’ a lui lo spirito di grazia, di consiglio e
di coraggio, lo spirito del presbiterato... per coadiuvare e governare
il tuo popolo con l’opera, con il timore, con il cuore puro”: trad.
[latina] di I. E. Rahmani, Moguntiae 1899, p. 69. Anche nella Trad.
Apost.: ed. B. Botte, La Tradition Apostolique de Saint Hippolyte,
Münster i. W. 1963, p. 20.
(59) Cf. Nm 11,16-25.
(60) Pontificale romano, Ordinazione dei
Presbiteri, Prefazio; le stesse parole sono già nel Sacramentarium
leonianum, Sacramentarium gelasianum e Sacramentarium
gregorianum. Espressioni simili si trovano nelle Liturgie Orientali:
cf. Trad. Apost.: “...volgi lo sguardo a questo tuo servo e infondigli
lo spirito di grazia e di consiglio del presbitero, perché aiuti e
governi il tuo popolo con cuore puro, come hai guardato al tuo popolo
eletto e hai comandato a Mosè di scegliere degli anziani, che hai
riempito del tuo spirito, che tu hai donato al tuo servo”: dall’antica
versione latina Veronese: ed. B. Botte, La Tradition Apostolique de S.
Hippolyte. Essai de reconstruction, Münster i. W. 1963, p. 20; Const.
Apost., VIII, 16, 4: ed. F.X. Funk, 1, p. 522, 16-17; Epit. Const.
Apost., VI: ed. F. X. Funk, II, p. 80, 5-7; Testamentum Domini:
trad. I. E. Rahmani, Moguntiae 1899, p. 69; Euchologion Serapionis,
XXVII: ed. F. X. Funk, Didascalia et Constitutiones, II, p. 190, lin.
1-7; Ritus Ordinationis in ritu Maronitarum: trad. H. Denzinger,
Ritus Orientalium, II, Würzburg 1863, p. 161. Tra i Padri si possono
citare: TEODORO DI MOPSUESTIA, In 1 Tim. 3,8: ed. Swete, II, pp.
119-121; TEODORETO, Quaestiones in Numeros, XVIII: PG 80,
369C-372B.
(61) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 28: AAS 57 (1965), p. 35 [pag. 185ss].
(62) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Sacerdotii Nostri primordia, 1° ag. 1959: AAS 51 (1959), p. 576;
S. PIO X, Esortazione al clero
Haerent animo, 4 ag. 1908: S. Pii X Acta, vol. IV (1908), pp.
237ss.
(63) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale
dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus, nn. 15 e 16[pag. 365ss].
(64) Nel diritto vigente c’è già il Capitolo Cattedrale
come senato e consiglio del Vescovo (cf. CIC, c. 391) [nel nuovo codice
l’espressione è stata eliminata: cf.
can. 503],
oppure, se manca, il Consiglio dei consultori diocesani (CIC, cc.
423-428). Si desidera che queste istituzioni siano riformate, per meglio
provvedere alle odierne situazioni e necessità. E evidente che tale
Consiglio Presbiterale differisce dal Consiglio Pastorale di cui parla
il Decr.
Christus Dominus sulla missione pastorale dei Vescovi nella
Chiesa, del CONC. VAT. II, 28 ott. 1965, n. 27 [pag. 379ss], del quale
fanno parte anche laici, e al quale spetta soltanto studiare quanto
concerne le opere pastorali [cf. nel nuovo Codice
can. 495-501
e
511-514].
Sui Presbiteri come consiglieri del Vescovo si possono vedere la
Didascalia, II, 28, 4: ed. F. X. Funk, I, p. 108; poi Const. Apost., II,
28, 4: ed. F. X. Funk, I, p. 109; S. IGNAZIO M., Magn. 6,1: ed.
F. X. Funk, p. 194; Trall., 3,1: ed. F. X. Funk, p. 204; ORIGENE,
Contra Celsum, III, 30: i Presbiteri sono consiglieri, cioè
boúleytai: PG 11, 957D-960A.
(65) S. IGNAZIO M., Magn., 6, 1: “Esorto a
sforzarvi di compiere tutto nella concordia di Dio, sotto la presidenza
del vescovo rappresentante di Dio e dei presbiteri rappresentanti il
senato apostolico e dei diaconi, a me carissimi, ai quali è stato
affidato il ministero di Gesù Cristo, che era presso il Padre prima del
tempo e alla fine apparve”: ed. F. X. Funk, p. 195; S. IGNAZIO M.,
Trall., 3, 1: “Similmente tutti rispettino i diaconi come Gesù
Cristo, così come rispettano anche il vescovo, che è la figura del
Padre, i presbiteri come il senato di Dio e la comunità degli apostoli.
Senza di loro non si può parlare di chiesa”: ibid., p. 204; S. GIROLAMO,
In Isaiam, II, 3: PL 24, 61D: “Anche noi abbiamo nella
Chiesa il nostro senato, la classe dei presbiteri”.
(66) Cf. PAOLO VI,
Discorso ai parroci e ai quaresimalisti di Roma, pronunciato nella
Cappella Sistina il 1° marzo 1965: AAS 57 (1965), p. 326.
(67) Cf. Const. Apost. VIII, 47, 39: “I
presbiteri... non facciano nulla senza consultare il vescovo, perché è a
lui che è stato affidato il popolo di Dio e a lui sarà chiesto conto
delle loro anime”: ed. F. X. Funk, p. 577.
(68) Cf. 3 Gv 8.
(69) Cf. Gv 17,23.
(70) Cf. Eb 13,1-2.
(71) Cf. Eb 13,16.
(72) Cf. Mt 5,10.
(73) Cf. 1 Ts 2,12; Col 1,13.
(74) Cf. Mt 23,8. “Se vogliamo essere pastori,
padri e maestri degli uomini, bisogna che ci comportiamo come loro
fratelli”: PAOLO VI, Encicl.
Ecclesiam suam, 6 ag. 1964: AAS 56 (1964), p. 647.
(75) Cf. Ef 4,7 e 16; Const. Apost., VIII, 1, 20:
“Ma nemmeno si esalti il vescovo sopra i diaconi o i presbiteri, né i
presbiteri sopra il popolo: poiché la comunità è composta di entrambe le
categorie”: ed. F. X. Funk, I, p. 467.
(76) Cf. Fil 2,21.
(77) Cf. 1 Gv 4,1.
(78) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].
(79) Cf. Ef 4,14.
(80) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo
Unitatis redintegratio: AAS 57 (1965), pp. 90ss.
(81) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].
(82) Cf. Eb 7,3.
(83) Cf. Lc 10,1.
(84) Cf. 1 Pt 2,25.
(85) Cf. At 20,28.
(86) Cf. Mt 9,36.
(87) Pontificale romano, Ordinazione dei
Presbiteri.
(88) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione
sacerdotale
Optatam totius, n. 2 [pag. 441ss].
(89) “La voce di Dio che chiama si esprime in due modi
diversi, meravigliosi e convergenti: uno interiore, quello della grazia,
quello dello Spirito Santo, quello ineffabile del fascino interiore che
la “voce silenziosa” e potente del Signore esercita nelle insondabili
profondità dell’anima umana; e uno esteriore, umano, sensibile, sociale,
giuridico, concreto, quello del ministro qualificato della Parola di
Dio, quello dell’Apostolo, quello della Gerarchia, strumento
indispensabile, istituito e voluto da Cristo, come veicolo incaricato di
tradurre in linguaggio sperimentabile il messaggio del Verbo e del
precetto divino. Così insegna con San Paolo la dottrina cattolica: Come
potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi... La fede dipende
dalla predicazione (Rm 10,14 e 17)”: PAOLO VI, Discorso
pronunciato il 5 maggio 1965: L’Osservatore Romano, 6 maggio 1965, p. 1.
(90) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione
sacerdotale
Optatam totius, n. 2 [pag. 441ss].
(91) Questo insegnano i Padri quando spiegano le parole
di Cristo a Pietro: “Mi vuoi bene?... Pasci le mie pecorelle” (Gv
21,17); così S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De sacerdotio, II, 2: PG 48,
633; S. GREGORIO MAGNO, Reg. Past. Liber, P. I, c. 5: PL 77, 19A.
(92) Cf. 2 Cor 12,9.
(93) Cf. PIO XI, Encicl.
Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 10.
(94) Cf. Gv 10,36.
(95) Cf. Lc 24,26.
(96) Cf. Ef 4,13.
(97) Cf. 2 Cor 3,8-9.
(98) Cf. tra l’altro: S. PIO X, Esortazione al clero,
Haerent animo, 4 ag. 1908: S. Pii X Acta, vol. IV (1908), p.
237ss. PIO XI, Encicl.
Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 5ss.
PIO XII, Esort. Ap.
Menti Nostrae, 23 sett. 1950: AAS 42 (1950), p. 657ss. GIOVANNI
XXIII, Encicl.
Sacerdotii Nostri primordia, 1o ag. 1959: AAS 51 (1959), p.
545ss.
(99) Cf. S. TOMMASO, Summa Theol., II-II, q. 188,
a. 7.
(100) Cf. Ef 3,9-10.
(101) Cf. At 16,14.
(102) Cf. 2 Cor 4,7.
(103) Cf. Ef 3,9.
(104) Cf. Pontificale romano, Nell’ordinazione
dei Presbiteri.
(105) Cf. Messale romano, orazione sopra le
offerte della domenica IX dopo Pentecoste [nel Messale di Paolo VI,
domenica II per annum].
(106) “Ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un
sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della
Chiesa, la quale, nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire se
medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo
intero l’unica e infinita virtù redentrice del Sacrificio della Croce.
Poiché ogni Messa celebrata viene offerta non solo per la salvezza di
alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo. (...) Ci
raccomandiamo dunque con paterna insistenza ai Sacerdoti, in modo
particolare Nostro gaudio e Nostra corona nel Signore,
affinché...celebrino la Messa ogni giorno degnamente e con devozione”:
PAOLO VI, Encicl.
Mysterium Fidei, 3 sett. 1965: AAS 57 (1965), pp. 761-762. Cf.
CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia,
Sacrosanctum Concilium, nn. 25 e 27: AAS 56 (1964), p. 107 [pag.
33].
(107) Cf. Gv 10,11.
(108) Cf. 2 Cor 1,7.
(109) Cf. 2 Cor 1,4.
(110) Cf. 1 Cor 10,33.
(111) Cf. Gv 3,8.
(112) Cf. Gv 4,34.
(113) Cf. 1 Gv 3,16.
(114) “Sia dovere d’amore pascere il gregge del
Signore”: S. AGOSTINO, Tract. in Io., 123,5: PL 35, 1967.
(115) Cf. Rm 12,2.
(116) Cf. Gal 2,2.
(117) Cf. 2 Cor 7,4.
(118) Cf. Gv 4,34; 5,30; 6,38.
(119) Cf. At 13,2.
(120) Cf. Ef 5,10.
(121) Cf. At 20,22.
(122) Cf. 2 Cor 12,15.
(123) Cf. Ef 4,11-16.
(124) Cf. Mt 19,12.
(125) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 42: AAS 57 (1965), pp. 47-49 [pag. 219ss].
(126) Cf. 1 Tm 3,2-5; Tt 1,6.
(127) Cf. PIO XI, Encicl.
Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 28.
(128) Cf. Mt 19,12.
(129) Cf. 1 Cor 7,32-34.
(130) Cf. 2 Cor 11,2.
(131) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, nn. 42 e 44: AAS 57 (1965), pp. 47-49 e 50-51
[pag. 219ss e 227ss]; Decr. sul rinnovamento della vita religiosa
Perfectae caritatis, n. 12 [pag. 423ss].
(132) Cf. Lc 20,35-36; PIO XI, Encicl.
Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), pp. 24-28;
PIO XII, Encicl. Sacra Virginitas, 25 marzo 1954: AAS 46 (1954), pp.
169-172.
(133) Cf. Mt 19,11.
(134) Cf. Gv 17,14-16.
(135) Cf. 1 Cor 7,31.
(136) SIN. DI ANTIOCHIA, can. 25: MANSI 2, 1327-1328;
Decretum Gratiani, c. 23, c. 12, q. 1: ed. Friedberg, I, pp.
684-685.
(137) Questo va inteso soprattutto dei diritti e delle
consuetudini vigenti nelle Chiese Orientali.
(138) SIN. DI PARIGI dell’829, cap. 15: MGH, Legum
sectio III, Concilia, t. 2, p. 622; CONC. DI TRENTO, Sess. XXV,
Decr. de reform., cap. I: Conc. Oec. Decreta, ed. Herder,
Romae 1962, pp. 760-761.
(139) Cf. Sal 62,11.
(140) Cf. 2 Cor 8,9.
(141) Cf. At 8,18-25.
(142) Cf. Fil 4,12.
(143) Cf. At 2,42-47.
(144) Cf. Lc 4,18.
(145) Cf. CIC, can. 125ss [nel nuovo Codice
can. 273ss].
(146) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul rinnovamento della
vita religiosa,
Perfectae caritatis, n. 7 [pag. 419]; Cost. dogm. sulla divina
Rivelazione,
Dei Verbum, n. 21 [pag. 543].
(147) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 65: AAS 57 (1965), pp. 64-65 [pag. 261ss].
(148) Pontificale romano, Ordinazione dei
Presbiteri.
(149) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla divina
Rivelazione
Dei Verbum, n. 25 [pag. 547ss].
(150) Questo corso non è quel corso pastorale da seguire
subito dopo l’ordinazione di cui si parla nel Decreto sulla formazione
sacerdotale
Optatam totius, n. 22 [pag. 473s].
(151) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale
dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus, n. 17 [pag. 367ss].
(152) Cf. Mt 10,10; 1 Cor 9,7; 1 Tm
5,18.
(153) Cf. 2 Cor 8,14.
(154) Cf. Fil 4,14.
(155) Cf. Gv 3,16.
(156) Cf. 1 Pt 2,5.
(157) Cf. Ef 2,22.
(158) Cf. Pontificale romano, Ordinazione dei
Presbiteri.
(159) Cf. Ef 3,9.
(160) Cf. Col 3,3. |