|
|
PRINCIPI
E NORME PER LA |
COSTITUZIONE
APOSTOLICA
CON
LA QUALE SI PROMULGA L'UFFICIO DIVINO RINNOVATO
A
NORMA
DEL
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
Il canto di lode, che risuona
eternamente nelle sedi celesti, e che Gesù Cristo Sommo Sacerdote
introdusse in questa terra di esilio, la Chiesa lo ha conservato con
costanza e fedeltà nel corso di tanti secoli e lo ha arricchito di una
mirabile varietà di forme.
La Liturgia delle Ore,
infatti, si è sviluppata a poco a poco in modo da divenire la preghiera
della Chiesa locale. Essa si svolgeva in tempi e luoghi stabiliti, sotto
la presidenza del sacerdote. Era come una indispensabile integrazione di
ciò che costituisce la sintesi di tutto il culto divino, cioè del
sacrificio eucaristico, la cui straordinaria ricchezza faceva rifluire
ed estendeva ad ogni ora della vita umana.
A sua volta il libro
dell'Ufficio divino, accresciutosi gradualmente di numerose aggiunte nel
corso dei secoli, divenne un sussidio adatto per quella sacra azione a
cui è destinato. Ma poiché nelle varie epoche furono introdotte
modifiche piuttosto rilevanti nel modo della celebrazione, fra le quali
va ricordata anche la celebrazione individuale dell'Ufficio divino, non
fa meraviglia che il libro stesso, chiamato in seguito Breviario, abbia
subito svariati adattamenti, che ne alteravano a volte la medesima
struttura.
Poiché il Concilio
Tridentino, per mancanza di tempo, non poté portare a termine la
riforma del Breviario, ne affidò l'incarico alla Sede Apostolica. Il
Breviario Romano, che fu promulgato dal Nostro Predecessore san Pio V
nel 1568 introdusse nella preghiera canonica della Chiesa latina, prima
di ogni altra cosa, l'uniformità. Questa allora non esisteva, ma era
tanto auspicata.
1. Come richiedeva la
Costituzione Sacrosanctum
concilium, fu tenuto conto delle condizioni in cui si trovano in
questo nostro tempo i sacerdoti impegnati in attività pastorali.
L'Ufficio è stato disposto e ordinato in modo tale che essendo
preghiera di tutto il popolo di Dio, possano prendervi parte non solo i
chierici, ma anche i religiosi, anzi gli stessi laici. L'introduzione di
svariate forme di celebrazione rende ora la Liturgia delle Ore
adattabile a persone di cultura a livelli diversi, dando la possibilità
ad ognuno di adeguarla alla propria condizione e vocazione.
2. Ma poiché la Liturgia
delle Ore è santificazione della giornata, l'ordinamento dell'orazione
è stato riveduto in modo che le Ore canoniche possano più facilmente
corrispondere alle varie ore del giorno, tenuto conto delle condizioni
in cui si svolge la vita degli uomini del nostro tempo. Perciò è stata
abolita l'Ora di Prima. Le Lodi mattutine e i Vespri, che sono come i
cardini di tutto l'Ufficio, assumono invece una grande importanza, poiché
rivestono il carattere di vere preghiere del mattino e della sera.
L'Ufficio delle letture mentre conserva la caratteristica propria di
preghiera notturna per coloro che celebrano le vigilie, si può adattare
a qualunque ora del giorno. Per quanto riguarda le altre Ore, l'Ora
media è stata ordinata in maniera tale che coloro i quali delle Ore di
Terza, Sesta e Nona ne scelgono una sola, la possano armonizzare con il
momento del giorno in cui la celebrano e nello stesso tempo non debbano
tralasciare nulla del salterio distribuito nelle vane settimane.
3. Perché poi nella
celebrazione dell'Ufficio la mente meglio si accordi con la voce e la
Liturgia delle Ore diventi veramente «fonte di pietà e nutrimento
della preghiera personale»1, nel nuovo Libro delle Ore
l'obbligo giornaliero è alquanto ridotto, ma la varietà dei testi è
stata notevolmente aumentata; vi si offrono molti sussidi per la
meditazione dei salmi, quali sono i titoli, le antifone, le orazioni
salmiche, e vengono proposti momenti di silenzio da osservarsi secondo
l'opportunità.
4. Secondo le norme date dal
Concilio2, il salterio, abolito il ciclo settimanale, è
stato distribuito in quattro settimane ed è stata adottata la nuova
versione latina preparata dalla Commissione per la Neo Volgata della
Bibbia, da Noi costituita. In questa nuova distribuzione dei salmi sono
stati omessi alcuni salmi e versetti dall'espressione alquanto dura,
tenendo presenti specialmente le difficoltà che potrebbero nascere
dalla loro celebrazione in una lingua moderna. Inoltre, alle Lodi
mattutine per accrescerne la ricchezza spirituale, sono stati aggiunti
alcuni cantici desunti dai libri dell'Antico Testamento. Così pure nei
Vespri sono stati introdotti, come gemme preziose, dei cantici desunti
dal Nuovo Testamento.
5. Il tesoro della parola di
Dio si effonde più copioso nel nuovo ciclo delle letture tratte dalla
Sacra Scrittura disposto in modo da concordare con quello delle letture
della Messa. Le pericopi presentano in generale una certa unità di
contenuto e sono state scelte in modo da riproporre nel corso dell'anno
le fasi più importanti della storia della salvezza.
6. Secondo le norme stabilite
dal Concilio Ecumenico, la prescritta lettura quotidiana delle opere dei
santi Padri e degli Scrittori ecclesiastici è stata rinnovata in modo
da proporre i migliori scritti di autori cristiani e specialmente dei
santi Padri. Inoltre, per rendere ancor più largamente disponibili le
ricchezze spirituali di questi Scrittori, sarà preparato un altro
Lezionario facoltativo dal quale si potranno ricavare frutti ancor più
copiosi.
7. Dal testo del libro della
Liturgia delle Ore è stato espunto tutto ciò che non risponde alla
verità storica, e le letture, soprattutto agiografiche, sono state
rivedute in modo da esporre e collocare nella sua vera luce la
fisionomia spirituale dei singoli santi e l'importanza che essi hanno
avuto nella vita della Chiesa.
8. Alle Lodi mattutine sono
state aggiunte le invocazioni, con le quali si esprime la consacrazione
della giornata e si fanno suppliche per l'inizio del lavoro quotidiano.
Ai Vespri, invece, si fa una breve supplica strutturata come preghiera
universale. Al termine poi di queste preghiere è stata ripristinata
l'orazione domenicale. Perciò, tenendo conto della recita che di essa
si fa anche nella Messa, viene ristabilito anche ai nostri giorni l'uso
della Chiesa antica di recitare questa preghiera tre volte al giorno.
Dato a Roma, presso San Pietro il 1 ° novembre,
solennità di Tutti i Santi, dell'anno 1970,
ottavo del Nostro Pontificato.
Paolo
PP. VI
______________
1) SC 90.
2) SC 91.
3)
Cf Lc 18, 1; 21, 36; 1Ts 5, 17; Ef 6, 18. 4) Cf SC 83.
5) Pio XII, Lett. enc. Mediator
Dei, 20.11.1947, n. 2: AAS 39 (1947), p. 552.
6) SC 84.
7) Cf S. AGOSTINO, Enarrationes
in ps. 85, n. 1: CCL 39, 1176.
8) SC 24.
9) Cf Ap 5,13.
PRINCIPI E NORME PER LA
LITURGIA DELLE ORE
Capitolo I
IMPORTANZA DELLA LITURGIA DELLE ORE
O UFFICIO DIVINO NELLA VITA DELLA CHIESA
1. La preghiera pubblica e
comune del popolo di Dio è giustamente ritenuta tra i principali
compiti della Chiesa. Per questo sin dall'inizio i battezzati «erano
assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione
fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera» (At 2, 42). Più
volte gli Atti degli Apostoli attestano la preghiera unanime della
comunità cristiana1.
Le testimonianze della Chiesa
primitiva attestano che anche i singoli fedeli, in ore determinate,
attendevano alla preghiera. In seguito, in varie regioni, si diffuse la
consuetudine di destinare tempi particolari alla preghiera comune, come,
per esempio, l'ultima ora del giorno, quando si fa sera e si accende la
lucerna, oppure la prima ora, quando la notte, al sorgere del sole,
volge al termine.
Con l'andare del tempo si
cominciarono a santificare con la preghiera comune anche altre ore, che
i Padri vedevano adombrate negli Atti degli Apostoli. In questo libro,
infatti, si parla dei discepoli radunati all'ora di terza2.
Il Principe degli apostoli «salì verso mezzogiorno sulla terrazza
a pregare» (10, 9); «Pietro e Giovanni salivano al tempio per la
preghiera verso le tre del pomeriggio» (3, 1); «verso mezzanotte,
Paolo e Sila in preghiera cantavano inni a Dio» (16, 25).
______________
1)
Cf At 1, 14; 4,24; 12, 5.12; cf Ef 5,19-21.
2) Cf At 2, 1-15.
2. Queste preghiere fatte in
comune, a poco a poco, furono ordinate in modo da formare un ciclo ben
definito di Ore: la Liturgia delle Ore o Ufficio divino. Essa,
arricchita anche di letture, è principalmente preghiera di lode e di
supplica, e precisamente preghiera della Chiesa con Cristo e a Cristo.
I. Preghiera di Cristo
Cristo prega il Padre
3. Venendo per rendere gli
uomini partecipi della vita di Dio, il Verbo, che procede dal Padre come
splendore della sua gloria, «il Sommo Sacerdote della nuova ed eterna
alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana, introdusse in questa
terra d'esilio quell'inno che viene cantato da tutta l'eternità nelle
sedi celesti»3.
Da allora, nel cuore di
Cristo, la lode di Dio risuona con parole umane di adorazione,
propiziazione e intercessione. Tutte queste preghiere, il Capo della
nuova umanità e Mediatore tra Dio e gli uomini, le presenta al Padre a
nome e per il bene di tutti.
4. Lo stesso Figlio di Dio,
«che con il Padre suo è una cosa sola» (cf Gv 10, 30), e che entrando
nel mondo disse: «Ecco, o Dio, io vengo a fare la tua volontà» (Eb
10, 9; cf Gv 6, 38), ha voluto anche lasciarci testimonianza della sua
preghiera. Spessissimo, infatti, i Vangeli ce lo presentano in
preghiera: quando viene rivelata dal Padre la sua missione4,
antecedentemente alla chiamata degli apostoli5, quando rende
grazie a Dio nella moltiplicazione dei pani6, nella
trasfigurazione sul monte7, quando risana il sordomuto8
e risuscita Lazzaro9, prima di provocare la confessione di
Pietro10, quando insegna
______________
3)
SC 83.
4)
Lc 3, 21-22.
5)
Lc 6, 12.
6)
Mt 14, 19; 15, 36; Mc 6, 41; 8, 7; Lc 9, 16; Gv 6, 11.
7)
Lc 9, 28-29.
8)
Mc 7, 34.
9)
Gv 11, 41 ss.
10) Lc 9, 18.
ai discepoli a pregare11,
quando i discepoli ritornano dall'aver compiuto la loro missione12,
quando benedice i fanciulli13
e prega per Pietro14.
La sua attività quotidiana
era strettamente congiunta con la preghiera, anzi quasi derivava da
essa. Così quando si ritirava nel deserto o sul monte a pregare15,
alzandosi al mattino presto16, o quando, dalla sera alla
quarta veglia17, passava la nottata intera in orazione a Dio18.
Egli, come giustamente si
pensa, partecipò anche alle preghiere pubbliche, quali erano quelle che
si facevano nelle sinagoghe dove entrò nel giorno di sabato «secondo
il suo solito»19, e nel tempio che chiamò casa di preghiera20.
Non tralasciò quelle private, che si recitavano abitualmente ogni
giorno dai pii israeliti.
Pronunziava anche le
tradizionali preghiere di benedizione a Dio, proprie delle riunioni
conviviali, come è espressamente riferito in relazione con la
moltiplicazione dei pani21 e poi nella sua ultima Cena22,
nel castello di Emmaus23, ugualmente quando con i suoi
discepoli recitò l'inno nel cenacolo24. Fino al termine
della sua vita, avvicinandosi già la Passione25, nell'ultima
Cena26, nell'agonia27 e sulla croce28,
il Maestro divino
______________
11)
Lc 11, 1.
12)
Mt 11, 25 ss; 4 10,21 ss.
13)
Mt 19, 13.
14)
Lc 22, 32.
15)
Mc 1, 35; 6, 46; Lc 5, 16; cf Mt 4, 1 par.; Mt 14, 23.
16)
Mc 1, 35.
17)
Mt 14, 23.25; Mc 6, 46.48.
18)
Lc 6, 12.
19)
Lc 4, 16.
20)
Mt 21,13 par.
21)
Mt 14, 19 par.; Mt 15, 36 par.
22)
Mt 26, 26 par.
23)
Lc 24, 30.
24)
Mt 26, 30 par.
25)
Gv 12, 27 s.
26)
Gv 17, 1-26.
27)
Mt 26, 36-44 par.
28)
Lc 23, 34.46; Mt 27, 46; Mc 15, 34.
dimostrò che la preghiera
animava il suo ministero messianico e il suo esodo pasquale.
Egli, infatti, «nei giorni
della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e
lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua
pietà» (Eb 5, 7) e, compiuta l'oblazione di sé sull'ara della croce,
rese «perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10, 14);
infine, risuscitato da morte, vive per sempre e prega per noi29.
II. Preghiera della Chiesa
Il precetto della preghiera
5.
Gesù ha ordinato anche a noi di fare ciò che egli stesso fece. «Pregate»,
disse spesso, «domandate», «chiedete»30, «nel mio nome»31;
insegnò anche la maniera di pregare nell'orazione che si chiama
domenicale32 e dichiarò necessaria la preghiera33,
e precisamente quella umile34, vigilante35,
perseverante, fiduciosa nella bontà del Padre36, pura
nell'intenzione e rispondente alla natura di Dio37.
A loro volta gli apostoli,
che qua e là nelle lettere ci tramandano preghiere, specialmente di
lode e di rendimento di grazie, ci raccomandano anch'essi la
perseveranza e l'assiduita38 della preghiera nello Spirito
Santo39, rivolta a Dio40, per mezzo di Cristo41.
Ci parlano della sua grande efficacia per la
______________
29)
Cf Eb7, 25.
30)
Mt 5, 44; 7, 7; 26,41; Mc 13, 33; 14, 38; Lc 6, 28; 10, 2; 11, 9-22
40.46.
31)
Gv 14, 13 s; 15,16; 16, 23 s.26.
32)
Mt 6, 9-13; Lc 11, 2-4
33)
Lc 18, 1.
34)
Lc 18, 9-14.
35)
Lc 21, 36; Mc 13, 33.
36)
Lc 11, 5-13; 18, 1-8; Gv 14, 13; 16, 23
37)
Mt 6, 5-8; 23, 14; Lc 20, 47; Gv 4, 23
38)
Rm 8, 15.26; 1 Cor 12, 3; Gal 4, 6; Gd 20
39) 2 Cor 1,20; Col 3, 17
40) Eb 13, 15.
41)
Rm 12, 12; 1 Cor 7,5; Ef 6, 18; Col
4, 2; 1Ts 5, 17; 1Tm 5,5; 1Pt 4, 7.
santificazione42 e
non mancano di ricordare la preghiera di lode43, di
ringraziamento44, di domanda45 e di intercessione
per tutti46.
La Chiesa continua la preghiera di Cristo
6. Poiché l'uomo viene
interamente da Dio, deve riconoscere e professare questa sovranità del
suo Creatore. È quanto gli uomini di sentimenti religiosi, vissuti in
ogni tempo, hanno effettivamente fatto con la preghiera.
La preghiera diretta a Dio
però deve essere connessa con Cristo, Signore di tutti gli uomini,
unico Mediatore47, e il solo per il quale abbiamo accesso a
Dio48. Cristo, infatti, unisce a sé tutta l'umanità49,
in modo tale da stabilire un rapporto intimo tra la sua preghiera e la
preghiera di tutto il genere umano. In Cristo, appunto, e in lui solo,
la religione umana consegue il suo valore salvifico e il suo fine.
7. Tuttavia un vincolo
speciale e strettissimo intercorre tra Cristo e quegli uomini che egli
per mezzo del sacramento della rigenerazione unisce a sé come membra
del suo Corpo, che è la Chiesa. Così effettivamente dal Capo si
diffondono all'intero Corpo tutti i beni che sono del Figlio: cioè la
comunicazione dello Spirito, la verità, la vita e la partecipazione
alla sua filiazione divina, che si manifestava in ogni sua preghiera
quando dimorava presso di noi.
Anche il sacerdozio di Cristo
è condiviso da tutto il Corpo della Chiesa, così che i battezzati
mediante la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo vengono
consacrati in edificio spirituale e sacerdozio santo50 e sono
abilitati a esercitare il
______________
42)
1Tm 4,5; Gc 5, 15 s; 1Gv 3, 22; 5, 14 s.
43)
Ef 5, 19s;Eb 13, 15; Ap 19,5.
44) Col 3, 17; Fil 4, 6; 1Ts
5, 17; 1Tm 2, 1.
45)
Rm 8, 26; Fil 4, 6.
46)
Rm 15, 30; 1Tm 2, 1 s; Ef 6, 18; 1Ts 5, 25; Gc 5,14.16.
47)
1Tm 2, 5; Eb 8, 6; 9, 15; 12, 24.
48)
Rm 5, 2;Ef 2, 18; 3, 12.
49)
Cf SC 83.
50)
Cf LG 10.
culto del Nuovo Testamento,
culto che non deriva dalle nostre forze, ma dal merito e dal dono di
Cristo. «Nessun dono maggiore Dio potrebbe fare agli uomini che
costituire loro capo il suo Verbo, per mezzo del quale ha creato tutte
le cose, e a lui unirli come membra, così che egli fosse Figlio di Dio
e Figlio dell'uomo, un solo Dio con il Padre, un solo uomo con gli
uomini. Così, quando pregando parliamo con Dio, non per questo
separiamo il Figlio dal Padre e quando il Corpo del Figlio prega non
separa da sé il proprio Capo, ma è lui stesso unico salvatore del suo
Corpo, il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, che prega per noi,
prega in noi ed è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote,
prega in noi come nostro Capo, è pregato da noi come nostro Dio.
Riconosciamo dunque in lui le nostre voci e le sue voci in noi»51.
In questo dunque sta la
dignità della preghiera cristiana, che essa partecipa dell'amore del
Figlio Unigenito per il Padre e di quell'orazione, che egli durante la
sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per
la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta
la Chiesa e in tutti i suoi membri.
L'azione dello Spirito Santo
8. L'unità della Chiesa
orante è opera dello Spirito Santo, che è lo stesso in Cristo52,
in tutta la Chiesa e nei singoli battezzati. Lo stesso «Spirito viene
in aiuto alla nostra debolezza» e «intercede con insistenza per noi,
con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26); egli stesso, in quanto Spirito
del Figlio, infonde in noi «lo spirito da figli adottivi, per mezzo del
quale gridiamo: Abbà, Padre!»
(Rm 8, 15; cf Gal 4, 6; 1Cor 12, 3; Ef 5,
18; Gd 20). Non vi può essere dunque
nessuna preghiera cristiana senza l'azione dello Spirito Santo, che
unificando tutta la Chiesa, per mezzo del Figlio la conduce al Padre.
______________
51) S. AGOSTINO, Enarrationes
in ps. 85, n. 1: CCL 39, 1176.
52) Cf Lc 10, 21, quando Gesù
«esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode,
Padre"...».
Carattere comunitario della preghiera
9. L'esempio e il comando del
Signore e degli apostoli di pregare sempre e assiduamente non si devono
considerare come una norma puramente giuridica, ma appartengono
all'intima essenza della Chiesa medesima, che è comunità e deve quindi
manifestare il suo carattere comunitario anche nella preghiera. Per
questo negli Atti degli Apostoli, quando per la prima volta si fa parola
della comunità dei fedeli, questa appare riunita in preghiera «con
alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui»
(At 1, 14). «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva
un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32): questa unanimità si fondava
sulla parola di Dio, sulla comunione fraterna, sulla preghiera e sulla
Eucaristia53.
Sebbene la preghiera fatta
nella propria stanza e a porte chiuse54 sia sempre necessaria
e da raccomandarsi55, e venga anch'essa compiuta dai membri
della Chiesa per Cristo nello Spirito Santo, tuttavia all'orazione della
comunità compete una dignità speciale, perché Cristo stesso ha detto:
«dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»
(Mt 18, 20).
III. La Liturgia delle Ore
Consacrazione del tempo
10. Cristo ha comandato: «Bisogna pregare sempre senza stancarsi» (Lc
18, 1). Perciò la Chiesa, obbedendo fedelmente a questo comando, non
cessa mai d'innalzare preghiere e ci esorta con queste parole: «Per
mezzo di lui (Gesù) offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio»
(Eb 13, 15). A questo precetto la Chiesa ottempera non soltanto
celebrando l'Eucaristia, ma anche in altri modi, e specialmente con la
Liturgia delle Ore, la quale, tra le altre azioni liturgiche, ha
______________
53)
Cf At 2, 42gr.
54) Cf Mt 6,6.
55) Cf SC 12.
come sua caratteristica per
antica tradizione cristiana di santificare tutto il corso del giorno e
della notte56.
11. Poiché, dunque, la santificazione del giorno e di tutta l'attività
umana rientra nelle finalità della Liturgia delle Ore, il suo
ordinamento è stato rinnovato in modo da far corrispondere, per quanto
era possibile, la celebrazione delle Ore al loro vero tempo, sempre
tenendo conto, però, delle condizioni della vita odierna57.
Perciò «sia per santificare
veramente il giorno sia per recitare con frutto spirituale le stesse
Ore, conviene che nella recita delle Ore si osservi il tempo, che
corrisponde più da vicino al tempo vero di ciascuna Ora canonica»58.
Rapporto tra Liturgia delle Ore ed Eucaristia
12. La Liturgia delle Ore estende59 alle diverse ore del
giorno le prerogative del mistero eucaristico, «centro e culmine di
tutta la vita della comunità cristiana»60: la lode e il
rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, le
suppliche e la pregustazione della gloria celeste. La celebrazione
dell'Eucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la Liturgia
delle Ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le
disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dell'Eucaristia,
quali sono la fede, la speranza, la carità, la devozione e il desiderio
dell'abnegazione di sé.
Esercizio dell'ufficio sacerdotale di Cristo nella liturgia delle
Ore
13. «L'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di
Dio»61, Cristo la compie nello Spirito Santo per mezzo
______________
56)
Cf SC 83-84.
57)
Cf SC 88.
58) Cf SC 94.
59) Cf PO 5.
60) CD 30.
61) SC 5.
della sua Chiesa non soltanto
quando si celebra l'Eucaristia e si amministrano i sacramenti, ma anche,
a preferenza di altri modi, quando si celebra la Liturgia delle Ore62.
In essa egli stesso è presente quando si raduna l'assemblea, quando si
proclama la parola di Dio, «quando la Chiesa supplica e salmeggia»63
Santificazione dell'uomo
14. Nella Liturgia delle Ore si compie la santificazione dell'uomo64
e si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello
scambio o dialogo fra Dio e gli uomini nel quale «Dio parla al suo
popolo... il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la
preghiera»65. Senza dubbio i partecipanti possono ottenere
dalla Liturgia delle Ore una santificazione larghissima per mezzo della
parola salvifica di Dio che ha grande importanza in essa. Dalla Sacra
Scrittura si scelgono, infatti, le letture. Da essa viene la Parola
divina dei salmi che si cantano davanti a Dio. Di afflato e ispirazione
biblica sono permeate le altre preci, orazioni e canti66.
Non solo dunque quando si
legge tutto ciò che è «stato scritto per nostra istruzione» (Rm 15,
4), ma anche quando la Chiesa prega o canta, si alimenta la fede dei
partecipanti, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un
ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia67.
Lode offerta a Dio in unione con la Chiesa celeste
15. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa, esercitando l'ufficio
sacerdotale del suo Capo, offre a Dio «incessantemente»68,
il sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo
______________
62)
Cf SC 83, 98.
63)
SC 7.
64)
Cf SC 10.
65)
SC 33.
66)
Cf SC 24.
67)
Cf SC 33.
68) 1Ts 5, 17.
nome69. Questa
preghiera è «la voce della stessa Sposa che parla allo Sposo, anzi è
la preghiera che Cristo, unito al suo Corpo, eleva al Padre»70.
«Tutti coloro, pertanto, che
compiono questa preghiera, adempiono da una parte l'obbligo proprio
della Chiesa e dall'altra partecipano al sommo onore della Sposa di
Cristo perché, celebrando le lodi di Dio, stanno dinanzi al suo trono a
nome della Madre Chiesa»71.
16. La Chiesa, dando lode a Dio nelle Ore, si associa a quel carme di
lode che viene eternamente cantato nelle sedi celesti72;
pregusta, nel medesimo tempo, quella lode celeste descritta da Giovanni
nell'Apocalisse, lode che ininterrottamente risuona davanti al trono di
Dio e dell'Agnello. La stretta unione di noi con la Chiesa celeste si realizza quando «in comune esultanza celebriamo la lode della maestà
divina, e noi tutti, di ogni tribù, lingua, popolo e nazione,
riscattati con il sangue di Cristo (cf Ap 5, 9) e radunati in un'unica
Chiesa, con un unico canto di lode celebriamo Dio uno e trino»73.
Questa liturgia celeste i profeti quasi la previdero nella vittoria del
giorno senza notte, della luce senza tenebre: «Il sole non sarà più
la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna.
Ma il Signore sarà per te luce eterna» (Is 60, 19; cf Ap 21, 23.25).
«Sarà un unico giorno. Il Signore lo conosce. Non ci sarà né giorno
né notte. Verso sera risplenderà la luce» (Zc 14, 7). Già, veramente
per noi «è arrivata la fine dei tempi (cf 1Cor 10, 11), e la
rinnovazione del mondo è irrevocabilmente fissata e in certo modo è
realmente anticipata in questo mondo»74. Così, per mezzo
della fede, noi siamo anche ammaestrati sul significato della nostra
vita temporale, per attendere insieme con tutte le creature la
rivelazione dei figli di Dio75.
______________
69)
Cf Eb 13, 15.
70)
SC 84.
71)
SC 85.
72)
Cf SC 83.
73)
LG 50; cf SC 8, 104.
74)
LG 48.
75)
Cf Rm 8, 19.
Nella Liturgia delle Ore noi
proclamiamo questa fede, esprimiamo e alimentiamo questa speranza,
partecipiamo in qualche modo al gaudio della lode perenne e del giorno
che non conosce tramonto.
Supplica e intercessione
17. Ma, oltre alla lode di Dio, la Chiesa nella liturgia esprime i voti
e i desideri di tutti i cristiani, anzi supplica Cristo, e, per mezzo di
lui, il Padre per la salvezza di tutto il mondo76. Questa
voce non è soltanto della Chiesa, ma anche di Cristo, poiché le
preghiere vengono fatte a nome di Cristo, cioè «per il nostro Signore
Gesù Cristo», e così la Chiesa continua a fare quelle preghiere e
suppliche che Cristo offrì nei giorni della sua vita terrena77,
e che perciò godono di una efficacia particolare.
E così, non solo con la
carità, con l'esempio e con le opere di penitenza, ma anche con
l'orazione la comunità ecclesiale esercita la sua funzione materna di
portare le anime a Cristo78. Questo compito spetta
specialmente a coloro che per un mandato speciale sono chiamati a
celebrare la Liturgia delle Ore: cioè ai vescovi e ai sacerdoti, che in
forza del loro ufficio pregano per il loro popolo e per tutto il popolo
di Dio79, e agli altri ministri sacri come pure ai religiosi80.
Culmine e fonte dell'azione pastorale
18. Coloro che partecipano alla Liturgia delle Ore danno incremento al
popolo di Dio81 in virtù di una misteriosa fecondità
apostolica; il lavoro apostolico, infatti, è ordinato «a che tutti,
diventati figli di Dio, mediante la fede e il battesimo, si
______________
76) Cf SC 83.
77) Cf Eb 5, 7.
78) Cf PO 6.
79) Cf LG 41.
80) Cf sotto, n. 24.
81) Cf PC 7.
riuniscano in assemblea,
lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del
Signore»82. Vivendo in tal modo i fedeli esprimono e
manifestano agli altri «il mistero di Cristo e la genuina natura della
Chiesa, che ha la caratteristica di essere... visibile, ma dotata di
realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione,
presente nel mondo e tuttavia pellegrina»83. A loro volta,
le letture e le preghiere della Liturgia delle Ore costituiscono una
genuina fonte di vita cristiana. Tale vita si nutre alla mensa della
Sacra Scrittura e con le parole dei santi, ma è rinvigorita dalla
preghiera. Solo il Signore, infatti, senza il quale non possiamo far
nulla84, da noi pregato, può dare efficacia e sviluppo alle
nostre opere85, così che ogni giorno veniamo edificati per
diventare tempio di Dio, per mezzo dello Spirito86, fino alla
misura che conviene alla piena maturità di Cristo87 e nello
stesso tempo irrobustiamo le nostre forze per evangelizzare il Cristo a
coloro che sono fuori88.
La mente concordi con la voce
19. Perché questa preghiera
sia propria di ciascuno di coloro che vi prendono parte e sia parimenti
fonte di pietà e di molteplice grazia divina, e nutrimento
dell'orazione personale e dell'azione apostolica, è necessario che la
mente stessa si trovi in accordo con la voce89 mediante una
celebrazione degna, attenta e fervorosa.
Tutti cooperino
diligentemente con la grazia divina per non riceverla invano. Cercando
Cristo, e penetrando sempre più intimamente con l'orazione nel suo
mistero90, lodino Dio e innalzino suppliche con quel medesimo
animo con il quale pregava lo stesso divino Redentore.
______________
82)
SC 10.
83)
SC 2.
84)
Cf Gv 15, 5.
85)
Cf SC 86.
86)
Cf Ef 2, 21-22.
87)
Cf Ef 4, 13.
88)
Cf SC 2.
89)
Cf SC 90; RB 19.
90) Cf PO 14; OT 8.
IV. Coloro che celebrano la Liturgia delle Ore
a) Celebrazione in comune
20. La Liturgia delle Ore,
come tutte le altre azioni liturgiche, non è un'azione privata, ma
appartiene a tutto il Corpo della Chiesa, lo manifesta e influisce in
esso91. La sua celebrazione ecclesiale è posta nella sua più
piena luce - e per questo è sommamente consigliata - quando la compie
la Chiesa locale con il proprio vescovo, circondato dai presbiteri e dai
ministri92; «in essa è veramente presente e opera la Chiesa
di Cristo, una, santa, cattolica, apostolica»93.
Questa celebrazione, anche
quando, in assenza del vescovo, è fatta dal Capitolo dei canonici o da
altri sacerdoti, si svolga sempre rispettando la corrispondenza delle
Ore al loro vero tempo, e per quanto è possibile, con la partecipazione
del popolo. La medesima cosa si dica dei Capitoli collegiali.
21. Le altre assemblee di
fedeli curino anch'esse, e possibilmente in chiesa, la celebrazione
comunitaria delle Ore principali. Fra queste assemblee hanno un posto
preminente le parrocchie, vere cellule della diocesi, organizzate
localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo. Esse
«rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la
terra»94.
22. Se dunque i fedeli
vengono convocati per la Liturgia delle Ore e si radunano insieme,
unendo i loro cuori e le loro voci, manifestano la Chiesa che celebra il
mistero di Cristo95.
23. È compito di coloro che
sono insigniti dell'Ordine sacro o che hanno ricevuto una particolare
missione canonica96 indire
______________
91)
Cf SC 26.
92)
Cf SC 41.
93)
CD11.
94)
SC 42; AA 10.
95)
Cf SC 26, 84.
96)
Cf AG 17.
e dirigere la preghiera della
comunità: «pongano ogni loro impegno perché tutti quelli che sono
affidati alle loro cure, siano concordi nella preghiera»97.
Curino pertanto che i fedeli
siano invitati e siano istruiti con opportuna catechesi a celebrare in
comune, specialmente nei giorni di domenica e di festa, le parti
principali della Liturgia delle Ore98. Insegnino loro ad
attingere da questa partecipazione un autentico spirito di preghiera99,
e perciò con una idonea formazione li guidino a comprendere i salmi in
senso cristiano, in modo da condurli a poco a poco a gustare e a
praticare sempre più la preghiera della Chiesa 100.
24. Le comunità dei
canonici, dei monaci, delle monache e degli altri religiosi che, in
forza della loro Regola o delle loro Costituzioni, celebrano, con il
rito comune o con un rito particolare, integralmente o parzialmente, la
Liturgia delle Ore, rappresentano in modo speciale la Chiesa orante:
esse esprimono, infatti, più pienamente il modello della Chiesa che
senza interruzione e con voce concorde loda Dio, e assolvono il compito
di «collaborare» innanzitutto con la preghiera, «all'edificazione e
all'incremento di tutto il Corpo mistico di Cristo e al bene delle
Chiese particolari»101. Questo va detto soprattutto per
coloro che fanno vita contemplativa.
25. I sacri ministri e tutti
i chierici, che non sono per altro titolo obbligati alla celebrazione
comune, se convivono o si riuniscono insieme, procurino di celebrare in
comune almeno qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente le
Lodi al mattino e alla sera i Vespri102.
26. Anche ai religiosi dei
due sessi che non sono obbligati alla celebrazione comune, e ai membri
di qualsiasi istituto di
______________
97)
CD 15.
98)
Cf SC 100.
99) Cf PO 5.
100) Cf sotto, nn. 100-109.
101)
CD 33; cf PC 6, 7, 15; AG 15
102) Cf SC 99.
perfezione si raccomanda
vivamente di riunirsi fra loro o con il popolo, per celebrare la
Liturgia delle Ore, tutta o in parte.
27. Anche i laici riuniti in
convegno, sono invitati ad assolvere la missione della Chiesa103,
celebrando qualche parte della Liturgia delle Ore, qualunque sia il
motivo per cui si radunano o quello della preghiera o dell'apostolato o
altro. È necessario, infatti, che imparino ad adorare Dio Padre in
spirito e verità104 anzitutto nell'azione liturgica, e si
ricordino che mediante il culto pubblico e la preghiera raggiungono
tutti gli uomini e possono contribuire non poco alla salvezza di tutto
rimondo105.
È cosa lodevole, infine, che
la famiglia, santuario domestico della Chiesa, oltre alle comuni
preghiere celebri anche, secondo l'opportunità, qualche parte della
Liturgia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella Chiesa106.
b) Il mandato di celebrare la Liturgia delle Ore
28. La Liturgia delle Ore è
affidata in modo particolare ai ministri sacri. Per questo incombe loro
l'obbligo personale di celebrarla, anche se assente il popolo, sia pure
con i necessari adattamenti.
La Chiesa, infatti, li deputa
alla Liturgia delle Ore perché il compito di tutta la comunità sia
adempiuto in modo sicuro e costante almeno per mezzo loro, e la
preghiera di Cristo continui incessantemente nella Chiesa107.
Il vescovo rappresenta Cristo
in forma eminente e visibile. È il grande sacerdote del suo gregge. Da
lui deriva e dipende, in certo modo, la vita dei suoi fedeli in Cristo108.
Fra i membri della sua Chiesa, il vescovo deve essere il primo nella
preghiera.
______________
103)
Cf SC 100.
104)
Cf Gv 4, 23.
105)
Cf GE 2; AA 16.
106) Cf AA 11.
107) Cf PO 13.
108)
Cf SC 41; LG 21.
Quando poi egli celebra la
Liturgia delle Ore, lo fa sempre a nome e beneficio della Chiesa, che
gli è affidata109. I sacerdoti, uniti al vescovo e a tutto
il presbiterio, rappresentano anch'essi in grado speciale la persona di
Cristo sacerdote110, partecipano al medesimo compito,
pregando Dio per tutto il popolo loro affidato, anzi per tutto il mondo111.
Tutti costoro compiono il ministero del buon pastore che prega per i
suoi perché abbiano la vita e perciò siano perfetti nell'unità112.
Nella Liturgia delle Ore,
proposta loro dalla Chiesa, non solo trovino la fonte della pietà e il
nutrimento dell'orazione personale113, ma, anche
quell'abbondanza di contemplazione da cui attingere alimento e stimolo
per l'azione pastorale e missionaria a conforto di tutta la Chiesa di
Dio114.
29. I vescovi, dunque, i
sacerdoti e i diaconi aspiranti al sacerdozio, che hanno ricevuto dalla
Chiesa il mandato (cf n. 17) di celebrare la Liturgia delle Ore, hanno
l'obbligo di assolvere ogni giorno tutte le Ore (cf CIC, cc. 276 § 3;
1174 § 1), osservando, per quanto è possibile, il loro vero tempo.
Diano prima di tutto la dovuta importanza alle Ore che sono come il
cardine della Liturgia oraria, cioè alle Lodi mattutine e ai Vespri.
Non tralascino mai queste Ore se non per un motivo grave.
Celebrino anche fedelmente
l'Ufficio delle letture, che è in gran parte celebrazione liturgica
della parola di Dio; in tal modo adempiranno ogni giorno il loro compito
particolare di accogliere in sé la parola di Dio, per diventare
discepoli più perfetti del Signore e gustare più profondamente le
insondabili ricchezze di Cristo115.
Per santificare meglio
l'intero giorno, abbiano inoltre a cuore la recita dell'Ora media e di
Compieta, con la quale, prima
______________
109)
Cf LG 26; CD15.
110) Cf PO 13.
111) Cf PO 5.
112)
Cf Gv 10, 11; 17, 20.23.
113)
Cf SC 90.
114) Cf LG 41.
115) Cf DV 25; PO 13.
del riposo notturno portano a
compimento l'«Opus Dei» e si raccomandano a Dio.
30. È sommamente conveniente
che i diaconi permanenti, ai quali anche si riferisce il mandato della
Chiesa, recitino ogni giorno la parte della Liturgia delle Ore,
stabilita dalla Conferenza dei Vescovi116.
31. a) I Capitoli cattedrali
e collegiali devono celebrare in coro quelle parti della Liturgia delle
Ore che sono loro prescritte dal diritto comune o particolare.
I singoli membri di questi
Capitoli, oltre alle Ore che tutti i ministri sacri sono tenuti a
recitare, devono recitare da soli quelle Ore che si celebrano nel loro
Capitolo117,
b) Le comunità religiose
obbligate alla Liturgia delle Ore e i loro singoli membri, celebrino le
Ore a norma del loro diritto particolare, salvo quanto è prescritto al
n. 29 per coloro che hanno ricevuto l'Ordine sacro.
Le comunità obbligate al
coro celebrino ogni giorno, in coro, tutto l'Ufficio118; i
membri che non hanno preso parte al coro recitino le Ore a norma del
loro diritto particolare, salvo sempre quanto è prescritto al n. 29.
32. Si raccomanda a tutte le
altre comunità religiose e ai loro singoli membri di celebrare, secondo
le circostanze in cui si trovano, alcune parti della Liturgia delle Ore:
essa è preghiera della Chiesa e fa di tutti, dovunque dispersi, un
cuore solo e un'anima sola119. La stessa esortazione è
rivolta anche ai laici120.
c) Struttura della celebrazione
33. La Liturgia delle Ore è
regolata da leggi proprie. Riunisce insieme, in una forma particolare,
elementi che si trovano anche
______________
116) Cf CIC, e. 276 §§ 2 e
3; SDO 27.
117)
Cf IOe 78b.
118)
Cf SC 95.
119)
Cf At 4, 32.
120) Cf SC 100.
in altre celebrazioni. Essa
è così disposta: l'inno sempre all'inizio, poi la salmodia, quindi una
lettura lunga o breve della Sacra Scrittura e infine la preghiera. Sia
nella celebrazione in comune che nella recita individuale, rimane la
struttura essenziale di questa liturgia: colloquio tra Dio e l'uomo.
Tuttavia, la celebrazione in comune manifesta più chiaramente la natura
ecclesiale della Liturgia delle Ore e favorisce la partecipazione attiva
di tutti, secondo la condizione di ciascuno. Lo fa mediante le
acclamazioni, il dialogo, la salmodia alternata e altri elementi
congeneri. Tiene poi meglio conto delle diverse forme espressive121.
Perciò, tutte le volte che si rende possibile, la celebrazione comune
con la frequenza e la partecipazione attiva dei fedeli è da preferirsi
alla celebrazione individuale e quasi privata122. È bene
inoltre che l'Ufficio in coro e in comune, sia cantato, secondo
l'opportunità, sempre rispettando la natura e la funzione delle singole
parti.
Così si realizzerà la
raccomandazione dell'Apostolo: «La parola di Cristo dimori tra voi
abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza cantando a
Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali» (Col
3, 16; cf Ef 5, 19-20).
Capitolo II
LA SANTIFICAZIONE DEL GIORNO
I. Introduzione di tutto l'Ufficio
34.
Tutto l'Ufficio, di
regola, è introdotto dall'Invitatorio. Questo consta del versetto «Signore,
apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode», e del salmo
94, con il quale i fedeli sono invitati ogni giorno a cantare le lodi di
Dio e ad
______________
121)
Cf SC 26, 28-30.
122)
Cf SC 27.
ascoltare la sua voce, e
infine vengono esortati ad aspettare il «riposo del Signore»1.
Se si ritiene opportuno,
invece del salmo 94, si possono dire i salmi 99, o 66, o 23.
È conveniente che il salmo
invitatorio si dica come descritto a suo luogo, in forma responsoriale,
cioè con la sua antifona che, subito proposta e ripetuta, è di nuovo
ripresa dopo ogni strofa.
35. L'Invitatorio ha luogo al principio di tutto il corso della
preghiera quotidiana, si premette cioè o alle Lodi mattutine o
all'Ufficio delle letture, a seconda che si inizi il ciclo giornaliero
con l'una o l'altra azione liturgica. Se si ritiene opportuno, tuttavia,
il salmo con la sua antifona si può omettere quando dovrebbe precedere
le Lodi.
36. Il modo di variare l'antifona all'Invitatorio, secondo la diversità
dei giorni liturgici, è indicato a suo luogo.
II. Lodi mattutine e Vespri
37. «Le Lodi, come preghiera del mattino, e i Vespri come preghiera
della sera, che secondo la venerabile tradizione di tutta la Chiesa,
sono il duplice cardine dell'Ufficio quotidiano, devono essere ritenute
le Ore principali e come tali celebrate»2.
38. Le Lodi mattutine sono
destinate e ordinate a santificare il tempo mattutino come appare da
molti dei loro elementi. Tale caratteristica mattutina è espressa assai
bene da queste parole di san Basilio Magno: «Il Mattutino è fatto per
consacrare a Dio i primi moti della nostra mente e del nostro spirito in
modo da non intraprendere nulla prima di esserci rinfrancati col
pensiero di Dio, come sta scritto: "Mi sono ricordato di Dio e ne
ho avuto letizia" (Sal 76, 4); né il corpo si applichi al lavoro
prima di aver fatto ciò che è stato detto: "Ti prego, Signore. Al
mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t'invoco e sto in
attesa" (Sal 5, 4-5)»3.
______________
1)
Cf Eb 3,7-4, 16.
2)
SC 89a, 100.
3) S. Basilio
M., Regulae fusius
tractatae, Resp. 37, 3: PG 31, 1014.
Quest'ora inoltre, che si
celebra allo spuntar della nuova luce del giorno, ricorda la
risurrezione del Signore Gesù, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv
1, 9) e «sole di giustizia» (Ml 4, 2), «che sorge dall'alto» (Lc 1,
78). Perciò ben si comprende la raccomandazione di san Cipriano: «Bisogna
pregare al mattino, per celebrare con la preghiera mattutina la
risurrezione del Signore»4.
39. I Vespri si celebrano
quando si fa sera e il giorno ormai declina, «per rendere grazie di ciò
che nel medesimo giorno ci è stato donato o con rettitudine abbiamo
compiuto»5. Con l'orazione che innalziamo, «come incenso
davanti al Signore», e nella quale «l'elevarsi delle nostre mani»
diventa «sacrificio della sera»6 ricordiamo anche la nostra
redenzione. E questo «si può anche intendere, con un significato più
spirituale, dell'autentico sacrificio vespertino: sia di quello che il
Signore e Salvatore affidò, nell'ora serale, agli apostoli durante la
Cena, quando inaugurò i santi misteri della Chiesa, sia di quello
stesso del giorno dopo, quando, con l'elevazione delle sue mani in
croce, offrì al Padre per la salvezza del mondo intero se stesso, quale
sacrificio della sera, cioè come sacrificio della fine dei secoli»7.
Per orientare, infine, la
nostra speranza alla luce che non conosce tramonto, «noi preghiamo e
chiediamo che di nuovo venga su di noi la luce, e invochiamo la venuta
di Cristo che ci porterà la grazia della luce eterna»8.
Finalmente in questa Ora, in
armonia con le Chiese orientali, cantiamo: «O luce gioiosa della santa
gloria dell'eterno Padre celeste, Gesù Cristo; giunti al tramonto del
sole, vedendo il lume della sera, celebriamo il Padre, e il Figlio e lo
Spirito Santo Dio...».
40. Si devono quindi tenere
in grandissima considerazione le Lodi mattutine e i Vespri come
preghiera della comunità cristiana:
______________
4) S. Cipriano,
De oratione dominica, 35:
PL 4, 561.
5) S. BASILIO M., Regulae..., cit.: PG 31, 1015.
6) Cf Sal 140, 2.
7) cassiano,
De institutione coenob., III,
cap. 3: PL 49, 124-125.
8) S. CIPRIANO, De oratione dominica, 35: PL 4, 560.
la loro celebrazione pubblica
e comune sia incoraggiata specialmente presso coloro che fanno vita in
comune. Anzi, la loro recita sia raccomandata anche ai singoli fedeli
che non possono partecipare alla celebrazione comune.
41. Le Lodi mattutine e i
Vespri incominciano col versetto d'introduzione: «O Dio, vieni a
salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto», al quale segue il «Gloria
al Padre» con il «Come era nel principio» e l'«Alleluia» (che si
omette durante il Tempo di Quaresima). Tutte queste formule, però, alle
Lodi si omettono quando immediatamente prima si è eseguito
l'Invitatorio.
42. Quindi si dice subito
l'inno adatto. L'inno è disposto in modo da conferire quasi a ciascuna
Ora o festa il proprio carattere e permettere, specialmente nella
celebrazione con il popolo, un inizio più facile e più festoso.
43. Dopo l'inno segue la
salmodia, a norma dei nn. 121-125. La salmodia delle Lodi consta di un
salmo mattutino, di un cantico desunto dall'Antico Testamento e di un
altro salmo laudativo, secondo la tradizione della Chiesa. La salmodia
dei Vespri consta di due salmi, o di due parti di un salmo più lungo,
adatti a questa Ora e alla celebrazione con il popolo, e di un cantico
desunto dalle lettere degli apostoli o dall'Apocalisse.
44. Terminata la salmodia, si
ha la lettura o breve o lunga.
45. La lettura breve è
scelta secondo la qualità del giorno o del tempo o della celebrazione;
si deve leggere e ascoltare come vera proclamazione della parola di Dio.
Essa ha lo scopo di proporre con forza e incisività qualche sentenza
sacra e di fare approfondire l'insegnamento di certi brani più brevi ai
quali, nella lettura continua della Scrittura, si presta forse meno
attenzione. Le lezioni brevi variano secondo i giorni del ciclo
salmodico.
46. A scelta, e specialmente
nella celebrazione con il popolo, si può fare una lettura biblica più
lunga, o dall'Ufficio delle letture, o dal Lezionario della Messa, e
specialmente dai testi che, per un motivo o un altro, non si fossero
potuti proclamare. Nulla inoltre vieta che talvolta si scelga anche
un'altra lettura più adatta, a norma dei nn. 248-249, 251.
47. Nella celebrazione con il popolo, se si ritiene opportuno, si può
aggiungere una breve omelia per illustrare la predetta lettura.
48. Dopo la lettura o
l'omelia, secondo l'opportunità, si può fare una pausa di silenzio.
49. Per rispondere alla parola di Dio, viene proposto un canto
responsoriale o responsorio breve, che eventualmente si può anche
omettere. Al suo posto si possono eseguire altri canti che abbiano il
medesimo carattere e svolgano la medesima funzione, purché siano
debitamente approvati a tale scopo dalla Conferenza Episcopale.
50. Quindi si esegue solennemente il cantico evangelico con la sua
antifona, e cioè alle Lodi mattutine il cantico di Zaccaria Benedictus,
ai Vespri il cantico della beata Vergine Maria, Magnificat.
Questi cantici, convalidati
dalla tradizione secolare e popolare della Chiesa Romana, esprimono la
lode e il rendimento di grazie per la redenzione.
L'antifona al Benedictus e al Magnificat è
proposta secondo la qualità del giorno, del tempo o della celebrazione.
51. Terminato il cantico,
alle Lodi mattutine si dicono le invocazioni per consacrare al Signore
il giorno e il lavoro, ai Vespri invece le intercessioni (cf nn.
179-193).
52. Dopo le predette
invocazioni o intercessioni si dice da tutti il «Padre nostro».
53. Recitato il «Padre
nostro» si dice immediatamente l'orazione conclusiva che, per le ferie
ordinarie, si trova nel salterio, per gli altri giorni nel Proprio.
54. Quindi, se presiede un
sacerdote o un diacono, questi congeda il popolo con il saluto: «Il
Signore sia con voi» e la benedizione, come nella Messa, seguita
dall'invito: «Andate in pace», R. «Rendiamo grazie a Dio».
Altrimenti la celebrazione si
conclude con «Il Signore ci benedica ecc.».
III. L'Ufficio delle letture
55. L'Ufficio delle letture
ha lo scopo di proporre al popolo di Dio, e specialmente a quelli che
sono consacrati al Signore in modo particolare, una meditazione più
sostanziosa della Sacra Scrittura e le migliori pagine degli autori
spirituali. Sebbene, infatti, la Messa quotidiana offra un ciclo di
letture della Sacra Scrittura più abbondante, quel tesoro della
rivelazione e della tradizione contenuto nell'Ufficio delle letture sarà
di grande profitto per lo spirito. Soprattutto i sacerdoti devono
cercare questa ricchezza per poter dispensare a tutti la parola di Dio,
che essi stessi hanno ricevuto, e per fare della dottrina, che
insegnano, il «nutrimento per il popolo di Dio»9.
56. Quanto si legge della
Sacra Scrittura deve essere accompagnato dalla preghiera, perché in tal
modo si stabilisce un vero colloquio fra Dio e l'uomo. Infatti quando
preghiamo parliamo a lui e quando leggiamo i divini oracoli ascoltiamo
lui10. Per questo motivo l'Ufficio delle letture consta anche
di salmi, dell'inno, dell'orazione e di altre formule, in modo da avere
il carattere di vera preghiera.
57. L'Ufficio delle letture, a norma della Costituzione Sacrosanctum
concilium, «pur conservando il carattere di preghiera notturna per
il coro, deve essere adattato in modo che si possa recitare in qualsiasi
ora del giorno, e avere un minor numero di salmi e letture più lunghe»11.
58. Coloro pertanto che in
forza del loro diritto particolare devono conservare a questo Ufficio il
carattere di lode notturna, come pure coloro che lodevolmente lo
desiderano, sia che lo recitino di notte, sia che lo recitino di buon
mattino e prima delle Lodi mattutine, nel Tempo ordinario scelgano
l'inno da quella serie destinata a questo scopo12.
______________
9) Pontificale
Romano, Ordinazione del vescovo, n. 14.
10) S. ambrogio,
De officiis ministrorum, 1,20,88:
PL 16, 50; DV 25.
11) SC 89c.
12) L'edizione italiana della
Liturgia delle Ore presenta solo inni in latino con specifico
riferimento alla notte. Sono però adatti alla celebrazione anche quelli
in italiano.
Inoltre, per le domeniche,
per le solennità e per alcune feste si dovrà tener presente quanto è
detto per le celebrazioni vigiliari ai nn. 70-73.
59. Ferma restando la
disposizione precedente, l'Ufficio delle letture si può recitare in
qualsiasi ora del giorno, e anche nelle ore notturne del giorno
precedente, dopo aver recitato i Vespri.
60. Se l'Ufficio delle
letture si dice prima delle Lodi mattutine, allora vi si premette
l'Invitatorio, come si è detto sopra (nn. 34-36). Altrimenti si
comincia con il versetto «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria», «Come
era nel principio» e, fuori del Tempo di Quaresima, l'«Alleluia».
61. Quindi si dice l'inno.
Questo, nel Tempo ordinario si sceglie o dalla serie notturna, come è
indicato sopra al n. 58 o dalla serie diurna, come richiede la
corrispondenza del tempo.
62. Segue la salmodia che
consta di tre salmi (o parti, se i salmi occorrenti sono più lunghi).
Nel Triduo pasquale, nei giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale,
come pure nelle solennità e nelle feste, i salmi sono propri con le
loro proprie antifone. Nelle domeniche e nelle ferie, invece, i salmi
con le loro antifone si prendono dal salterio corrente. Così pure si
prendono dal salterio corrente nelle memorie dei santi, a meno che non
vi siano salmi o antifone proprie (cf n. 218 ss).
63. Tra la salmodia e le
letture si dice, di solito, il versetto; con esso l'orazione passa dalla
salmodia all'ascolto delle letture.
64. Si fanno due letture: la prima è biblica, l'altra o è tratta
dalle opere dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici, o è agiografica.
65. Dopo ogni lettura si dice
il responsorio (cf nn. 169-172).
66. Normalmente si deve
adottare la lettura biblica riportata nel Proprio del Tempo, secondo le
norme che verranno indicate sotto, nn. 140-155. Tuttavia nelle solennità
e nelle feste la lettura biblica si prende dal Proprio o dal Comune.
67. La seconda lettura con il suo responsorio si prende o dal Libro
della Liturgia delle Ore o dal Lezionario facoltativo, di cui si parla
sotto al n. 161. Normalmente è quella riportata nel Proprio del Tempo.
Nelle solennità e nelle
feste dei santi si usa la lettura agiografica propria; in mancanza di
essa si legge la seconda lettura dal rispettivo Comune dei santi. Anche
nelle memorie dei santi, la cui celebrazione non è impedita, in luogo
della seconda lettura occorrente si prende quella agiografica (cf nn.
166, 235).
68. Nelle domeniche fuori della Quaresima, nei giorni tra le ottave di
Pasqua e di Natale, nelle solennità e nelle feste, dopo la seconda
lettura con il suo responsorio si dice l'inno Te
Deum, che però si omette nelle memorie e nelle ferie. L'ultima
parte dell'inno, cioè dal versetto Salvum
fac populum tuum («Salva il tuo popolo, Signore») sino alla fine,
si può omettere.
69. L'Ufficio delle letture normalmente si conclude con l'orazione
propria del giorno e, almeno nella recita comune, con l'acclamazione «Benediciamo
il Signore». R. «Rendiamo grazie a Dio».
IV. Celebrazioni vigiliari
70. La Veglia pasquale viene
celebrata da tutta la Chiesa nel modo descritto nei rispettivi libri
liturgici. «La Veglia di questa notte ha un'importanza così grande -
dice sant'Agostino che da sola potrebbe appropriarsi come nome proprio,
il nome comune anche alle altre veglie»13. «Celebriamo,
vegliando, quella notte, in cui il Signore è risorto e nella sua carne
ha inaugurato per noi quella vita... nella quale non vi sarà più né
morte alcuna, né sonno...; per questo colui al quale, risorto, cantiamo
vegliando un po' più a lungo, ci concederà di regnare con lui, nella
vita senza fine»14.
71. Sul modello della Veglia
pasquale, si introdusse nelle diverse Chiese la consuetudine di iniziare
con una veglia altre solennità: tra queste primeggiano il Natale del
Signore e la
______________
13) Sermo Guelferbytanus, 5: PLS 2, 550.
14) L. cit.: PLS 2, 552.
Pentecoste. È un uso che
merita di essere conservato e promosso secondo la tradizione propria di
ciascuna Chiesa. Se in qualche luogo si ritenesse conveniente dotare di
veglia altre solennità o pellegrinaggi, si osservino le norme generali
proposte per le celebrazioni della parola di Dio.
72. I Padri e gli autori
spirituali spessissimo hanno esortato i fedeli, specialmente coloro che
fanno vita contemplativa, alla preghiera notturna, con la quale si
esprime e si incita all'attesa del Signore che ritornerà: «A
mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!» (Mt
25, 6); «Vigilate, dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa
ritornerà, se alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o al
mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati»
(Mc 13, 35-36). Sono dunque degni di lode tutti coloro che conservano
all'Ufficio delle letture il suo carattere notturno.
73. Poiché inoltre nel rito
romano, specialmente per riguardo a coloro che attendono al lavoro
apostolico, l'Ufficio delle letture è sempre piuttosto breve, coloro
che desiderano protrarlo, secondo la tradizione, con la celebrazione
vigiliare della domenica, delle solennità e delle feste, si regolino
nel modo seguente: si celebri anzitutto l'Ufficio delle letture come è
nel libro della Liturgia delle Ore fino alle letture incluse. Dopo le
due letture e prima del Te Deum si aggiungano i cantici che sono indicati a questo scopo
nell'Appendice del libro stesso; quindi si legga il Vangelo, seguito
eventualmente dall'omelia; poi si canta il Te
Deum e si dice l'orazione. Il Vangelo, nelle solennità e nelle
feste si prenda dal Lezionario della Messa; nelle domeniche, invece,
dalla serie di pericopi pasquali, riportate nell'Appendice del libro
della Liturgia delle Ore.
V. Terza, Sesta e Nona o Ora media
74. Secondo una tradizione
antichissima, i cristiani erano soliti pregare per devozione privata in
diversi momenti nel corso della giornata, anche durante il lavoro, per
imitare la Chiesa apostolica. Questa tradizione si è espressa in modi
diversi e, con l'andare del tempo, si è concretata in celebrazioni
liturgiche.
75. L'uso liturgico, tanto
dell'Oriente che dell'Occidente, ha conservato Terza, Sesta e Nona,
specialmente perché a queste Ore si collegava il ricordo degli eventi
della Passione del Signore e della prima propagazione del Vangelo.
76. Il Concilio Vaticano II
ha stabilito di mantenere per il coro le Ore minori di Terza, Sesta e
Nona15. L'uso liturgico di dire tutte e tre queste Ore sia
mantenuto, salvo il diritto particolare, da coloro che fanno vita
contemplativa; lo si consiglia anche a tutti, specialmente a coloro che
partecipano a un ritiro spirituale o a un convegno pastorale.
77. Fuori del coro, salvo il
diritto particolare, si può scegliere una delle tre Ore che più si
adatta al momento della giornata, in modo che sia conservata la
tradizione di pregare nel corso della giornata nel mezzo del lavoro.
78. L'ordinamento di Terza,
Sesta e Nona è perciò strutturato in modo da tener conto sia di coloro
che dicono soltanto un'Ora, cioè l'«Ora media», sia di coloro che
devono o desiderano dire tutte e tre le Ore.
79. Terza, Sesta e Nona o
l'Ora media iniziano con il versetto d'introduzione «O Dio, vieni a
salvarmi», il «Gloria al Padre» «Come era nel principio» e l'«Alleluia»
(che si omette nel Tempo di Quaresima). Quindi si dice l'inno adatto
all'Ora. Segue la salmodia, quindi la lettura breve, seguita dal
versetto. L'Ora si conclude con l'orazione e, almeno nella recita in
comune, con l'acclamazione «Benediciamo il Signore». R. «Rendiamo
grazie a Dio».
80. Gli inni e le orazioni
variano secondo le Ore, così da rispondere, come vuole anche la
tradizione, al tempo vero e così santificare in modo più confacente le
ore del giorno. Pertanto chi dice soltanto un'Ora deve scegliere quegli
elementi che corrispondono all'Ora stessa.
Inoltre le letture brevi e le
orazioni variano secondo la qualità del giorno, del tempo o della
celebrazione.
81. Viene proposta una
duplice salmodia: una ordinaria, l'altra complementare. Chi dice un'Ora
soltanto usi la salmodia ordinaria. Chi invece dice più Ore, in una
prenda la salmodia ordinaria, nelle altre quella complementare.
______________
15) Cf SC 89e.
82. La salmodia ordinaria
consta di tre salmi (o parti, se si tratta di salmi più lunghi) desunti
dal testo del salterio: questi si dicono con le loro antifone, salvo che
a suo luogo sia detto altrimenti.
Nelle solennità, nel Triduo
pasquale e nei giorni fra l'ottava di Pasqua, si dicono le antifone
proprie con tre salmi scelti dalla salmodia complementare, a meno che
non si debbano usare salmi particolari, o la celebrazione della solennità
ricorra in domenica: in questo caso si prendono i salmi della domenica
della prima settimana.
83. La salmodia complementare
consta di gruppi di tre salmi scelti ordinariamente tra quelli che son
chiamati «graduali».
VI. Compieta
84. Compieta è l'ultima
preghiera del giorno, da recitarsi prima del riposo notturno,
eventualmente anche dopo la mezzanotte.
85. Compieta inizia, come le
altre Ore, con il versetto «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria al
Padre», «Come era nel principio» e l'«Alleluia» (che si omette nel
Tempo di Quaresima).
86. Quindi segue,
lodevolmente, l'esame di coscienza. Nella celebrazione in comune,
l'esame si compie in silenzio o si inserisce in un atto penitenziale
servendosi delle formule del Messale Romano.
87. Quindi si dice l'inno
adatto.
88. La salmodia, alla
domenica, dopo i I Vespri, consta dei salmi 4 e 133; dopo i II Vespri,
del salmo 90. Per gli altri giorni sono stati scelti salmi adatti a
ravvivare specialmente la fiducia in Dio. È però consentito
sostituirli con i salmi della domenica. Così saranno agevolati coloro
che volessero recitare Compieta a memoria.
89. Dopo la salmodia, si fa
la lettura breve, seguita dal responsorio «Signore, nelle tue mani»;
quindi si dice il cantico evangelico Nunc
dimittis («Ora lascia, o Signore») con la sua antifona. Esso è
quasi il vertice di tutta l'Ora.
90. L'orazione conclusiva si
dice come è indicato nel salterio.
91. Dopo l'orazione segue,
anche nella recita individuale, la benedizione: «II Signore ci conceda
una notte serena».
92. Infine si dice una delle
antifone della beata Vergine Maria. Durante il Tempo pasquale si dirà
sempre l'antifona Regina caeli.
Oltre le antifone contenute
nel libro della Liturgia delle Ore, ne possono essere approvate altre
dalle Conferenze Episcopali16.
VII. Modo di unire le Ore dell'Ufficio con la Messa o tra di loro
quando si ritiene opportuno
93. In casi particolari, se
le circostanze lo richiedono, nella celebrazione pubblica o comune si può
fare un'unione più stretta tra la Messa e un'Ora dell'Ufficio, secondo
le norme che seguono, purché la Messa e l'Ora siano dell'unico e
medesimo Ufficio. Si deve però evitare che ciò vada a detrimento
dell'azione pastorale, specialmente in domenica.
94. Quando le Lodi mattutine,
celebrate in coro o in comune, precedono immediatamente la Messa,
l'azione liturgica può incominciare o dal versetto iniziale e dall'inno
delle Lodi, specialmente nei giorni feriali, o dal canto dell'introito
con la processione d'ingresso e il saluto del celebrante, specialmente
nei giorni festivi, omettendo, nel caso, uno dei due riti iniziali.
Quindi si prosegue con la salmodia delle Lodi, come al solito, fino alla
lettura breve esclusa. Dopo la salmodia, omesso l'atto penitenziale, e,
secondo l'opportunità, il «Signore, pietà», segue, a norma delle
rubriche, il «Gloria a Dio nell'alto dei cicli» e il celebrante dice
l'orazione della Messa. Poi si continua con la liturgia della Parola nel
modo consueto. L'orazione universale si fa al momento e nella forma
consueta della Messa. Tuttavia, nei giorni feriali, nella Messa del
mattino,
______________
16) Cf SC 38. L'edizione
italiana ne contiene già alcune in più di quella latina.
invece del formulario
quotidiano della preghiera universale si possono dire le invocazioni
delle Lodi. Dopo la comunione con il suo proprio canto, si canta il Benedictus con la rispettiva antifona delle Lodi, quindi si dice
l'orazione dopo la comunione e tutto il resto come al solito.
95. Se l'Ora media (cioè Terza, Sesta o Nona, secondo quello che
richiede la corrispondenza delle Ore) celebrata pubblicamente precede
immediatamente la Messa, l'azione liturgica può ugualmente incominciare
o dal versetto iniziale e dall'inno dell'Ora, specialmente nei giorni
feriali, o dal canto dell'introito con la processione d'ingresso e il
saluto del celebrante, specialmente nei giorni festivi, omettendo, nel
caso, uno dei due riti iniziali.
Quindi si prosegue con la
salmodia dell'Ora nel modo solito, fino alla lettura breve esclusa. Dopo
la salmodia, omesso l'atto penitenziale e, secondo l'opportunità, il «Signore,
pietà» si dice, secondo le rubriche, il «Gloria a Dio nell'alto dei
cicli», e il celebrante dice l'orazione della Messa.
96. I Vespri, che precedono
immediatamente la Messa, si possono unire a essa allo stesso modo delle
Lodi mattutine. Tuttavia i Vespri delle solennità o delle domeniche o
delle feste del Signore che cadono in domenica, si possono celebrare
soltanto terminata la Messa del giorno precedente o del sabato.
97. Quando invece l'Ora media, cioè Terza, Sesta o Nona, o Vespri
seguono la Messa, allora si celebra la Messa come al solito fino
all'orazione dopo la comunione compresa. Detta l'orazione dopo la
comunione incomincia senz'altro la salmodia di quell'Ora. Nell'Ora
media, terminata la salmodia, subito, omessa la lettura breve, si dice
l'orazione e la formula di congedo, come nella Messa. Ai Vespri, finita
la salmodia e omessa la lettura, si aggiunge subito il cantico Magnificat
con la sua antifona e, tralasciate le intercessioni e il «Padre
nostro», si dice l'orazione conclusiva e si benedice il popolo.
98. Eccetto il caso della notte di Natale, di regola si esclude
l'unione della Messa con l'Ufficio delle letture, perché la Messa
stessa ha il suo ciclo di letture, che va tenuto distinto dall'altro.
Tuttavia, se qualche volta in qualche singolo caso fosse necessario
farlo, allora, subito dopo la seconda lettura
dell'Ufficio con il suo
responsorio, omesso tutto il resto, ha inizio la Messa dall'inno «Gloria
a Dio nell'alto dei cicli», se si deve dire, altrimenti dall'orazione.
99. Se l'Ufficio delle letture si dice immediatamente prima di un'altra
Ora dell'Ufficio, all'inizio dell'Ufficio delle letture si può
premettere l'inno adatto a quell'Ora; al termine dell'Ufficio delle
letture si omette l'orazione e la conclusione, e, nell'Ora che segue, si
tralascia il versetto iniziale con il «Gloria al Padre».
Capitolo III
I DIVERSI ELEMENTI DELLA LITURGIA DELLE ORE
I. I salmi e il loro rapporto con la preghiera cristiana
100. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa prega in gran parte con quei
bellissimi canti, che i sacri autori, sotto l'ispirazione dello Spirito
Santo, hanno composto nell'Antico Testamento. Per la loro stessa
origine, infatti, essi hanno una capacità tale da elevare la mente
degli uomini a Dio, da suscitare in essi pii e santi affetti, da
aiutarli mirabilmente a render grazie a Dio nelle circostanze prospere,
da recare consolazione e fermezza d'animo nelle avversità.
101. I salmi, tuttavia, non
offrono che un'immagine imperfetta di quella pienezza dei tempi che
apparve in Cristo Signore e dalla quale trae il suo vigore la preghiera
della Chiesa. Pertanto può talvolta accadere che, pur concordando tutti
i cristiani nella somma stima dei salmi, trovino tuttavia qualche
difficoltà, nello stesso tempo in cui cercano di far propri nella
preghiera quei canti venerandi.
102. Ma lo Spirito Santo, sotto la cui ispirazione i salmisti hanno
cantato, assiste sempre con la sua grazia coloro che eseguono tali inni
con fede e buona volontà. È tuttavia necessario che ciascuno, secondo
le sue possibilità, si procuri «una maggiore formazione biblica,
specialmente riguardo ai salmi»1. Inoltre si deve arrivare
ad assimilare bene il modo e il metodo migliore per pregarli come si
conviene.
103. I salmi non sono
letture, né preghiere scritte in prosa, ma poemi di lode. Quindi anche
se talvolta fossero stati eseguiti come letture, tuttavia, in ragione
del loro genere letterario, giustamente furono detti dagli ebrei «Tehillim»,
cioè «cantici di lode» e dai greci «psalmoi» cioè «cantici da
eseguire al suono del salterio». In verità, infatti, tutti i salmi
hanno un certo carattere musicale, che ne determina la forma di
esecuzione più consona. Per cui anche se il salmo viene recitato senza
canto, anzi da uno solo e in silenzio, deve sempre conservare il suo
carattere musicale: esso offre certo un testo di preghiera alla mente
dei fedeli, tuttavia tende più a muovere il cuore di quanti lo cantano,
lo ascoltano e magari lo eseguono con «il salterio e la cetra».
104. Chi dunque vuole salmeggiare con spirito di intelligenza deve
percorrere i salmi versetto per versetto e rimanere sempre pronto nel
suo cuore alla risposta. Così vuole lo Spirito, che ha ispirato il
salmista e che assisterà ogni uomo di sentimenti religiosi aperto ad
accogliere la sua grazia. Per
questo la salmodia, anche se eseguita con tutto quel rispetto che si
deve alla maestà di Dio, deve prorompere dalla gioia del cuore e
ispirarsi all'amore, come si addice a una poesia sacra e a un canto
divino, e massimamente alla libertà dei figli di Dio.
105. Spesso le espressioni del salmo ci offriranno il modo di pregare più
facilmente e con maggior fervore, sia quando rendiamo grazie
a Dio e lo glorifichiamo
in esultanza, sia quando lo supplichiamo dal profondo delle nostre
sofferenze. Tuttavia - soprattutto se il salmo non si rivolge
direttamente a Dio - può sorgere talvolta qualche difficoltà. Il
salmista, infatti, nella sua qualità di poeta spesso parla al popolo
rievocando la storia d'Israele; talvolta interpella altri, e fra questi
magari anche creature prive di ragione. Talora introduce a parlare anche
Dio stesso e gli uomini, e anche, come nel salmo 2, i nemici di Dio. È
chiaro quindi che il salmo non è preghiera
______________
1) SC 90.
dello stesso tipo di una
orazione o colletta composta dalla Chiesa.
Inoltre il carattere poetico
e musicale dei salmi comporta che talvolta siano piuttosto cantati
davanti a Dio anziché svolgersi in discorso diretto a lui, come avverte
san Benedetto: «Consideriamo come ci
si deve comportare alla presenza di Dio e dei suoi angeli, e
partecipiamo alla salmodia in modo che il nostro spirito preghi
all'unisono con la nostra voce»2.
106. Chi recita i salmi apre il suo cuore a quei sentimenti che i salmi
ispirano secondo il loro genere letterario: di lamentazione, di fiducia,
di rendimento di grazie. Questi generi letterari giustamente sono tenuti
in grande considerazione dagli esegeti.
107. Chi recita i salmi, aderendo al significato delle parole, presta
attenzione all'importanza del testo per la vita umana dei credenti.
Si sa, infatti, che ogni
salmo fu composto in circostanze particolari, alle quali intendono
riferirsi i titoli premessi a ciascuno di essi nel salterio ebraico. Ma
in verità qualunque sia la sua origine storica, ogni salmo ha un
proprio significato, che anche ai nostri tempi non possiamo trascurare.
Sebbene quei carmi siano stati composti molti secoli fa presso popoli
orientali, essi esprimono assai bene i dolori e la speranza, la miseria
e la fiducia degli uomini di ogni tempo e regione, e cantano
specialmente la fede in Dio, la rivelazione e la redenzione.
108. Chi recita i salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a
nome proprio quanto a nome di tutto il Corpo di Cristo, anzi nella
persona di Cristo stesso. Se ciascuno tiene presente questa dottrina,
svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia potrebbe avvertire per la
differenza del suo stato d'animo da quello espresso nel salmo, come
accade quando chi è triste e nell'angoscia incontra un salmo di
giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di
lamentazione. Nella preghiera puramente privata si può evitare questa
dissonanza, perché vi è modo di scegliere il salmo più adatto al
proprio stato d'animo. Nell'Ufficio divino, invece, si ha un determinato
______________
2) RB 19.
ciclo di salmi valevole per
tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di
tutta la Chiesa, anche quando si tratta di un orante che celebra qualche
Ora da solo. Chi salmeggia a nome della Chiesa può sempre trovare un
motivo di gioia o tristezza, perché anche in questo fatto conserva il
suo significato l'espressione dell'Apostolo: «Rallegratevi con quelli
che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,
15) e così la fragilità umana, ferita dall'amor proprio, viene
risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda
con la voce che salmeggia3.
109. Chi recita i salmi a
nome della Chiesa, deve badare al senso pieno dei salmi, specialmente al
senso messianico, per il quale la Chiesa ha adottato il salterio. Tale
senso messianico è diventato pienamente chiaro nel Nuovo Testamento,
anzi fu posto in piena luce dallo stesso Cristo Signore, quando disse
agli apostoli: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me
nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi» (Lc 24, 44). Di ciò è
esempio notissimo quel dialogo, riferito da Matteo, circa il Messia,
Figlio di David e suo Signore4 in cui il salmo 109 è
riferito al Messia.
Seguendo questa via, i santi
Padri accolsero e spiegarono tutto il salterio come profezia di Cristo e
sulla Chiesa; e con lo stesso criterio i salmi sono stati scelti nella
sacra liturgia. Sebbene talvolta si proponessero alcune interpretazioni
alquanto complicate, tuttavia generalmente sia i Padri che la liturgia
con ragione vedevano nei salmi Cristo che si rivolge al Padre, o il
Padre che parla al Figlio; anzi riconoscevano la voce della Chiesa,
degli apostoli e dei martiri.
Questo metodo di
interpretazione fiorì anche nel Medioevo, quando coloro che
salmeggiavano trovavano in molti codici, scritti in quell'epoca, il
titolo preposto a ciascun salmo e così si apriva loro il senso
cristologico dei salmi.
L'interpretazione
cristologica non si limita soltanto a quei salmi che sono considerati
messianici, ma si estende a molti altri, nei quali senza dubbio si
tratta di semplici adattamenti, convalidati tuttavia dalla tradizione
della Chiesa.
______________
3) Cf RB 19.
4) Mt 22, 44 ss.
Soprattutto nella salmodia
dei giorni festivi, i salmi sono stati scelti in base a un certo
orientamento cristologico, ad illustrare il quale per lo più vengono
proposte delle antifone tratte dagli stessi salmi.
Pag.
1 di 2 ------> Pag. 2 |
|
|
www.maranatha.it |