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Profeta nel regno di Giuda
per quasi cinquant’anni, a partire dalla seconda metà del sec. VIII a.C.,
Isaia – probabilmente un gerosolimitano di nobili origini – è tra i
massimi personaggi e scrittori della Bibbia. Fedelissimo alla sua
grandiosa vocazione profetica (c. 6) in un tempo di decadenza religiosa
e morale e nel corso di tragiche vicende che rischiavano di trascinare
Israele fuori del cammino nella sua alleanza con Dio, egli richiamò
tenacemente gli impegni dei re e del popolo con il Signore, proclamando
la necessità della fede a quanti erano inclini a risolvere i problemi
del popolo eletto con mezzi esclusivamente umani, specialmente facendo
ricorso a illusorie alleanza politiche.
Il suo libro appare composto di
varie parti. La prima (cc. 1-35) è conclusa da una appendice storica (cc.
36-39); la seconda (cc. 40-55) riflette la situazione degli esuli giudei
in Babilonia prima della caduta di questa città (539 a.C.); la terza (cc.
56-66) allude ai primi tempi della restaurazione ebraica dopo il ritorno
dall’esilio (a. 538). I cc. 24-27 e 34-35 hanno una intonazione
apocalittica e sembrano supporre un’epoca non molto distante dalla fine
dell’esilio.
La seconda (detta anche Deuteroisaia) e la terza (Tritoisaia)
parte vengono comunemente attribuite ad autori da ricercare tra i
discepoli del profeta (cfr. 8, 16), fedeli alla memoria e al messaggio
del loro maestro. Verso il 200 a.C. il libro già aveva l’attuale
estensione. E’ praticamente impossibile sintetizzare la sterminata
ricchezza di questo libro, che ha meritato al suo autore il titolo di
“profeta evangelista” per l’abbondanza e l’importanza fondamentale dei
suoi annunci messianici (per es. 7,14; 8, 8; 9, 5-6; 11, 1-9) e
soprattutto per il singolare apporto alla rivelazione dell’Antico
Testamento costituito dalla dottrina sul “Servo di Dio” che espia,
innocente, i peccati del mondo (c. 53). Agli splendori profetici di
aggiungono quelli letterari; è difficile trovare, non soltanto nella
Bibbia, pagine così frementi e robuste come quelle di questa eccezionale
“voce di Dio”.
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