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Il titolo del libro è una
forma di superlativo ebraico, come a dire: “Il Cantico sublime”. Di
tratta di un testo per più ragioni singolare nella Bibbia. E’ un poema
lirico, o forse una raccolta di poemi, che nel suo senso ovvio canta
l’amore di due giovani, a volte con un’arditezza di linguaggio che
sconcerta chi non conosce la mentalità e i modi di esprimersi degli
Orientali. La questione più importante è l’interpretazione di fondo del
Cantico come libro sacro. C’è chi pensa che molto opportunamente il
libro di Dio celebra l’amore umano che, se è spesso degradato e
profanato, ha una sua sacralità, che risale all’opera della creazione
divina; altri ritiene che, sebbene il materiale originario del poema
riguardi l’amore umano, il redattore ispirato lo ha inteso come simbolo
dell’amore di Dio per il suo popolo. La tradizione ebraica e cristiana
sostiene l’interpretazione allegorica: il Cantico tratta direttamente,
in senso letterario traslato, una realtà superiore. I profeti presentano
l’alleanza di Dio con Israele come un matrimonio d’amore (cfr. Os c. 2;
Ger 3, 1-3; Ez c. 23, ecc.) che il Cantico traduce in ardenti
espressioni. Lo sposo del poema è dunque Dio e la sposa Israele; e
poiché l’amore di Dio per il suo popolo eletto si prolunga nell’amore di
Cristo per la sua Chiesa, lo sposo è Cristo e la sposa è la Chiesa. Per
altri, la sposa è la Vergine Maria o l’anima cristiana. Il bellissimo
poema è attribuito a Salomone (sec. X a.C.); sebbene ciò non sia del
tutto impossibile, si pensa che l’attribuzione sia dovuta a un artificio
letterario (cfr. introd. a Qo e Sap) e che l’autore sia piuttosto un
ignoto poeta, che scriveva tra il sec. VI e IV a.C., forse utilizzando
materiale molto antico, che potrebbe risalire ai tempi di Salomone.
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