Il
giudizio di Dio sul suo popolo
L’allegoria
della vigna richiama il tema delle nozze
di Iahvè con Israele, tema che ricorrerà sovente nella letteratura
biblica. Talora Israele è designato come vigna
(Ger 2,21; Ez 15,1-8; 17,3-10; 19, 10-14; Sal
79,9-17), talora come la sposa
vezzeggiata e poi ripudiata per la sua infedeltà (Ez
16; Mt 22,2-14; 25,1-13).
In
questo canto di Isaia le due
linee si mescolano perfettamente attraverso quasi una sovrapposizione di
immagini. L’intervento del profeta richiama il ruolo dell’amico
dello sposo.
L’immagine
della vigna
Le
attenzioni di cui la vigna è circondata (v. 2; vedi anche vangelo) sono
quelle che Dio prodiga alla sua sposa (Ez 16,1-14; Ef 5, 25-33).
Il giudizio che Dio porta sulla vigna si svolge in pubblico, come
esigeva la Legge in caso di adulterio. Infine la condanna della vigna
alla sterilità è la maledizione inflitta alla sposa infedele (Ez 16,35-43; Os 2,4-15).
L’immagine
della vigna, come d’altronde quella della sposa, diventano quasi un esempio
della storia della salvezza, dell’agire di Dio nei confronti del
suo popolo e del mondo intero.
Il
dialogo di Dio con gli uomini si rivela in forma drammatica, ma alla
fine è sempre l’amore che trionfa sul rifiuto e sulla infedeltà
dell’uomo.
Ecco
perché salta subito agli occhi la differenza tra la prima lettura e il
vangelo: mentre secondo il profeta, Dio abbatte la vigna che non produce
frutti, nella parabola essa è consegnata ad altri «vignaioli che gli
consegneranno i frutti a suo tempo». Viene indicato, così, il compito
della Chiesa dopo la morte di Gesù. La Chiesa è il nuovo popolo che ha
la missione di «portare frutti». Per questo essa ha preso il posto
di Israele e l’ha preso a Pasqua quando «la pietra che i costruttori
hanno scartata, è diventata testata d’angolo». Questa pietra è
Gesù che, respinto e crocifisso, è ora risorto, e diventa il
fondamento stabile su cui ogni costruzione futura dovrà poggiare.
Come
si vede, l’insegnamento è quello della parabola precedente (cf
domenica XXVI), ma qui la prospettiva si allarga in chiave cristologica.
Si comprendono meglio le opere che sono richieste: opere che esigono la
morte, che passano attraverso l’accettazione del mistero di Cristo
morto e risorto.
Elezione
e riprovazione
Il
vecchio Simeone aveva previsto che Gesù sarebbe stato un «segno di
contraddizione», e che era posto «per la rovina e la risurrezione di
molti» (Lc 2,34). La
parabola di oggi è una interpretazione di questa profezia e un
annuncio della vicenda pasquale di Gesù. Il popolo «eletto» rifiuta
Gesù come messia, continuando la tradizione di rifiutare i profeti,
perché il loro messaggio non coincide con le sue attese e i suoi
interessi di potenza. Ma nonostante ciò l’iniziativa di Dio giunge
a compimento, proponendo il Rifiutato come Signore vivente ad un’altra
«nazione». Israele rifiuta Gesù, Dio ripudia il suo popolo, ma la
storia della salvezza continua, in un modo nuovo.
L’immagine
della storia di Israele e il suo misterioso destino richiamano anche
noi, oggi, al mistero di una elezione che per colpa dell’uomo si
cambia in riprovazione, mentre emergono e si fanno avanti nuovi eletti,
nuovi predestinati. Nessuno di noi cristiani si sente al di fuori di
questo tremendo e insondabile mistero perché la vicenda del popolo
eletto si può ripetere nella storia e nella coscienza di ciascuno di
noi, in quanto l’elezione da parte di Dio esige sempre una fedele
risposta personale.
Le
Chiese morte del futuro
Certo
noi abbiamo la promessa che il «nuovo popolo» non sarà riprovato e
che le potenze del male non prevarranno contro la Chiesa, ma è sempre
impressionante pensare come parecchie delle fiorentissime comunità
cristiane dei primi secoli (le Chiese di Africa e dell’Asia Minore)
sono state cancellate dalla faccia della terra e di esse non rimane che
il nome ed il ricordo. Che cosa sarà delle comunità cristiane
dell’Occidente fra qualche secolo? Saranno Chiese fiorenti, comunità
fervorose e vivaci, o la fiaccola della fede e dell’elezione passerà
nelle mani delle nuove Chiese africane, asiatiche o dell’America
Latina? Si parlerà delle Chiese delle nostre attuali città come noi
ora parliamo della Chiesa di Pergamo, di Filadelfia o di Ippona? Cioè
come di Chiese del passato, il cui ricordo sopravvive solo nella memoria
e nei monumenti?
Il
processo di secolarizzazione e di secolarismo, che in molti casi ha già
ridotto la Chiesa in stato di diaspora e di presenza poco significativa,
cancellerà dalle nostre regioni ogni vestigio di tradizione e di
cultura cristiana, o sarà l’occasione per la riscoperta di un nuovo
modo di essere cristiani e di vivere il Vangelo?
|
Il
pastore sia accorto nel tacere, tempestivo nel parlare
Dalla
«Regola pastorale» di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 4 PL 77,
30-31)
Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire
ciò ch'è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve
essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell'errore, così un
silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano
evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore
degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch'è giusto e, al dire di
Cristo ch`è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con
amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all'arrivo del lupo,
nascondendosi nel silenzio.
Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti
cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56, 10), e fa udire ancora il suo
lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun
baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al
combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13, 5). Salire sulle brecce
significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per
la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore
vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi.
Cos'è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un
voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per
la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa
d'Israele. Per questo al popolo che ricadeva nuovamente nell'infedeltà
fu detto: «I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e
insulse, non hanno svelato le tue iniquità, per cambiare la tua sorte»
(Lam 2, 14). Nella Sacra Scrittura col nome di profeti son chiamati
talvolta quei maestri che, mentre fanno vedere la caducità delle cose
presenti, manifestano quelle future.
La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perché, per timore
di riprendere le colpe, lusingano invano i colpevoli con le promesse di
sicurezza, e non svelano l'iniquità dei peccatori, ai quali mai
rivolgono una parola di riprensione.
Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la
colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l'ha commessa. Per
questo Paolo dice: «Perché sia in grado di esortare con la sua sana
dottrina e di confutare coloro che contraddicono» (Tt 1, 9). E anche il
profeta Malachia asserisce: «Le labbra del sacerdote devono custodire
la scienza e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è
messaggero del Signore degli eserciti» (Ml 2, 7).
Per questo il Signore ammonisce per bocca di Isaia: «Grida a
squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce» (Is 58,
1).
Chiunque accede al sacerdozio si assume l'incarico di araldo, e avanza
gridando prima dell'arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto
terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della
predicazione, egli, araldo muto qual'è, come farà sentire la sua
voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma
di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva
riempito.
|
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Est
13,9.10-11
Tutte le cose sono in tuo potere, Signore,
e nessuno può resistere al tuo volere.
Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse;
tu sei il Signore di tutto l'universo.
Est 4,17
In
voluntáte tua, Dómine,
univérsa
sunt pósita,
et non est
qui possit resístere voluntáti tuæ.
Tu enim
fecísti ómnia, cælum et terram,
et univérsa
quæ cæli ámbitu continéntur;
Dóminus universórum tu es.
Colletta
O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore...
Omnípotens sempitérne Deus, qui abundántia pietátis tuæ et mérita súpplicum
excédis et vota, effúnde super nos misericórdiam tuam, ut dimíttas quæ
consciéntia métuit, et adícias quod orátio non præsúmit. Per Dóminum...
Oppure:
Padre giusto e misericordioso, che vegli incessantemente sulla tua Chiesa, non abbandonare la vigna che la tua destra ha piantato: continua a coltivarla e ad arricchirla di scelti germogli, perché innestata in Cristo, vera vite, porti frutti abbondanti di vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Is
5,1-7
La
vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele.
Dal libro del
profeta
Isaia
Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.
La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d’Israele;
gli abitanti di Giuda
sono la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 79
La vigna del Signore è
la casa d'Israele.
Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli.
Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Seconda
Lettura
Fil
4,6-9
Mettete in pratica queste cose e il Dio della pace sarà con voi.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate
presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e
ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori
e le vostre menti in Cristo Gesù.
In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello
che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è
onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei
vostri pensieri.
Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me,
mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Canto
al Vangelo
Gv
15,16
Alleluia,
alleluia.
Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga.
Alleluia.
Vangelo
Mt
21,33-43
Darà in affitto la vigna ad altri contadini.
Dal
vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del
popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e
vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il
torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne
andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai
contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno
lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di
nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso
modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per
mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui
è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo
cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei
contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in
affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a
suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un
popolo che ne produca i frutti».
Sulle
Offerte
Accogli, Signore, il sacrificio che tu stesso ci hai comandato d'offrirti e,mentre esercitiamo il nostro ufficio sacerdotale, compi in noi la tua opera di salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Súscipe,
quæsumus, Dómine, sacrifícia tuis institúta præcéptis, et sacris mystériis,
quæ débitæ servitútis celebrámus offício, sanctificatiónem tuæ nobis
redemptiónis dignánter adímple. Per Christum..
Antifona
alla Comunione Lam
3,25
Il Signore è buono con chi spera in lui,
con l'anima che lo cerca.
Bonus est
Dóminus sperántibus in eum,
ánimæ quærénti illum.
Oppure:
Cf
1 Cor 10,17
Un
solo è il pane,
e noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo,
perché partecipiamo tutti
dell'unico
pane e dell'unico calice.
Unus panis
et unum corpus multi sumus,
omnes qui
de uno pane et de uno cálice participámus.
Oppure:
Mt
21,42
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo.
Dopo
la Comunione
La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio. Egli vive e regna, nei secoli dei secoli.
Concéde
nobis, omnípotens Deus, ut de percéptis sacraméntis inebriémur atque
pascámur, quátenus in id quod súmimus transeámus. Per Christum..
|