PROPRIO IN LATINO DELLA S. MESSA

tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum

e traduzione italiana delle letture secondo

la traduzione proposta dalle CEI
 

 

14 LUGLIO

 

SAN BONAVENTURA
 

Vescovo e Dottore della Chiesa

 

Il Calendario liturgico edito dal beato Giovani XXIII pone la festa di san Bonaventura il 14 luglio, il giorno prima rispetto al Calendario Liturgico di Paolo VI.

 

Giovanni Fidanza era nato a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Bam­bino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato: « Oh bona Ventura »: gli rimase per nome, ed egli fu davvero una « buona Ventura » per la Chiesa. Volle farsi francescano, studiò filosofia e teologia a Parigi e vi fu a lungo professore. Eletto superiore generale del suo ordine, l’organizzò e diresse saggiamente, tanto da esserne chiamato: «secondo fondatore e padre»; infatti, Francesco non aveva lasciato alcuna precisa costituzione. Per averlo vicino a Roma, il Papa lo nominò vescovo di Albano e cardinale, incaricandolo di preparare il Concilio Ecumenico di Lione II per l’unione dei cristiani Latini e Greci. La sua teologia, agostiniana di mente e di spirito, e fortemente cristocentrica, lo rendeva capace di capire profondamente la teologia orientale. Aperto il Concilio il 7 maggio 1274, si giunse il 28 giugno a un accordo per l’unione (purtroppo rotto in seguito); ma il 15 luglio Bonaventura moriva, assistito dal papa Gregorio X. Pochi mesi prima era morto san Tommaso d’Aquino, di cui era amicissimo.

Bonaventura era uomo di azione e di governo, pratico e speculativo, ricco di equilibrato sentimento e simpaticamente «umano». Vedeva un fondamentale accordo fra le arti, le scienze, la filosofia, la teologia, la storia. Raramente scienza e fede s’erano viste tanto armonizzate in un uomo, e soprattutto così animate dall’amore; era un grande contemplativo, un mistico. Per questo è stato onorato dei titolo di «Dottore serafico».
 

 La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo

Dall'opuscolo «Itinerario della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo

(Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera omnia, 5, 312-313).

Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. E' il propiziatorio collocato sopra l'arca di Dio (cfr. Es 26, 34). E' «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, 9). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23, 43).
Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.
E' questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.

Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.

Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione. Lo può percepire solo colui che dice: L'anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! (cfr. Gb 7, 15).

Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» (Es 33, 20). Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo: «Questo ci basta» (Gv 14, 8); ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» (2 Cor 12, 9); rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 72, 26). «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen» (Sal 105, 48).
  

MESSALE

 

INTRÓITUS      

Eccli. 15, 5. In médio Ecclésiæ apéruit os ejus: et implévit eum Dóminus spíritu sapiéntiæ et intelléctus: stolam glóriæ índuit eum. Ps. 91,2. Bonum est confitéri Dómino: et psállere nómini tuo, Altíssime. Glória Patri.

 

Nel seno della Chiesa il Signore gli ha dischiuso la bocca, lo riempì di sapienza e d’intelligenza ; lo rivestì di un manto di gloria. È buona cosa rendere al tuo nome, o altissimo.

 

ORÁTIO      

Deus, qui pópulo tuo ætérnæ salútis beátum Bonaventúram minístrum tribuísti: præsta, quǽsumus; ut, quem Doctórem vitæ habúimus in terris, intercessórem habére mereámur in coelis. Per Dóminum.

 

O Dio che hai dato al tuo popolo, quale ministro di eterna salvezza, il beato Bonaventura, fa’ che possiamo avere intercessione in cielo chi ci fu maestro di vita in terra. Per il nostro Signore.

 

EPISTOLA      

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Timotheum. 2. Tim. 4, 1-8.

 

Caríssime: Testíficor coram Deo, et Jesu Christo, qui judicatúrus est vi vos et mórtuos, per advéntum ipsíus et regnum ejus: prǽdica verbum, insta opportúne, importune: árgue, óbsecra, íncrepa in omni patiéntia, et doctrína. Erit enim tempus, cum sanam doctrínam non sustinébunt, sed ad sua desidéria, coacervábunt sibi magistros, pruriéntes áuribus, et a veritáte quidem audítum avértent, ad fábulas autem converténtur. Tu vero vígila, in ómnibus labóra, opus fac Evangelístæ, ministérium tuum ímpie. Sóbrius esto. Ego enim jam delíbor, et tempus resolutiónis meæ instat. Bonum certámen certávi, cursum consummávi, fidem servávi. In réliquo repósita est mihi coróna justítiæ, quam reddet mihi Dóminus in illa die, justus judex: non solum autem mihi, sed et iis, qui díligunt advéntum ejus.
M. - Deo grátias. 

 

Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero. Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.
M. - Deo grátias. 

 

GRADUALE      

Ps. 36, 30-31. Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium. Lex Dei ejus in corde ipsíus: et non supplantabúntur gressus ejus.

 

Ps. 36, 30-31. Il giusto parla con sapienza, la sua lingua proferisce cose giuste. Egli conserva in cuore la legge del suo Dio e i suoi passi non vacillano.

 

ALLELÚIA     

Allelúja, allelúja. Ps. 109, 4. Jurávit Dóminus, et non poenitébit eum: Tu es sacérdos in ætérnum, secúndum órdinem Melchísedech.Allelúja.   

 

Allelúja, allelúja. Ps. 109, 4. Il Signore ha giurato e non si pente tu sei sacerdote per sempre alla maniere di Melchisedech. Allelúja.  

 

EVANGÉLIUM      

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 5, 13-19.

 

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Vos estis sal terræ. Quod si sal evanúerit, in quo saliétur? Ad níhilum valet ultra, nisi ut mittátur foras, et conculcétur ab homínibus. Vos estis lux mundi. Non potest cívitas abscóndi supra montem pósita. Neque accéndunt lucérnam, et ponunt eam sub módio, sed super candelábrum, ut lúceat ómnibus qui in domo sunt. Sic lúceat lux vestra coram homínibus, ut vídeant ópera vestra bona, et gloríficent Patrem vestrum, qui in coelis est. Nolíte putáre, quóniam veni sólvere legem aut prophétas: non veni sólvere, sed adimplére. Amen, quippe dico vobis, donec tránseat coelum et terra, jota unum aut unus apex non præteríbit a lege, donec ómnia fiant. Qui ergo solvent unum de mandátis istis mínimis, et docúerit sic hómines, mínimus vocábitur in regno coelórum: qui autem fécerit et docúerit, hic magnus vocábitur in regno coelórum. M. - Laus tibi Christe.    

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte,  né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
M. - Laus tibi Christe.

 

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM      

Ps. 88, 25. Veritas mea et misericórdia mea cum ipso: et in nómine meo exaltábitur cornu ejus.

 

Ps. 88, 25. La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui e nel mio nome egli crescerà in potenza.

 

SECRÉTA      

Sancti Bonaventúræ Confessóris tui atque Pontíficis, quǽsumus, Dómine, ánnua sollémnitas pietáti tuæ nos reddat accéptos: ut, per hæc piæ placatiónis offícia, et illum beáta retribútio comitétur, et nobis grátiæ tuæ dona concíliet. Per Dóminum.

 

L’annuale festa del tuo santo Confessore e Vescovo Bonaventura ci renda a Te graditi, o Signore, in modo che, per mezzo di questo santo sacrificio espiatorio, mentre assicura a lui un aumento di gloria, attiri sopra di noi i doni della tua grazia. Per il nostro Signore.

 

PREFAZIO COMUNE     

 

COMMÚNIO      

Luc. 12, 42. Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam: ut det illis in témpore trítici mensúram.

 

Luc. 12, 42. Egli è il servitore fedele e avvenuto che il Signore ha messo a capo della sua famiglia perchè distribuisca a ciascuno il pane necessario nel tempo opportuno.

 

POSTCOMMÚNIO      

Deus, fidélium remunerátor animárum: præsta; ut beáti Bonaventúræ Confessóris tui, atque Pontíficis, cujus venerándam celebrámus festivitátem, précibus indulgéntiam consequámur. Per Dóminum.

 

O Dio rimuneratore delle anime fedeli, per le preghiere del beato Bonaventura tuo Confessore e Vescovo, di cui celebriamo la festa gloriosa, accordaci il perdono. Per il nostro Signore.

 

 

Sommario Liturgia


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