|
PROPRIO IN LATINO DELLA S. MESSA tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum e traduzione italiana delle letture secondo la traduzione proposta dalle CEI
10 LUGLIO
SANTISSIMI MARTIRI ROMANI:
SETTE FRATELLI
I Santi Sette Fratelli, figli di Santa Felicita di Roma, sono venerati come martiri alla data del 10 luglio. La Passio di Felicita, composta tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, narra che, ricca vedova romana, fu accusata di pratiche cristiane durante l'impero di Antonino Pio (tra il 138 e il 161 d.C). Dapprima fu interrogata da sola dal prefetto di Roma Publio, senza risultato. Il giorno dopo Publio fece condurre davanti a lei i sette figli (Gennaro, Felice, Filippo, Silano, Alessandro, Vitale e Marziale) che, a causa della loro fermezza nel rifiuto di rinnegare la fede, furono martirizzati uno alla volta con diversi supplizi. Infine anche Felicita fu uccisa.
Secondo vari studiosi il racconto sarebbe improntato alla vicenda
biblica dei sette fratelli Maccabei. A seguito di un riesame di tipo
storico sui testi della Passio, in base agli ultimi studi, le
testimonianze archeologiche, le omelie dei Papi e le traslazioni delle
reliquie sembra invece confermarne l'autenticità e la veridicità
storica. Santa Rufina e santa Seconda sono due martiri realmente esistite in Roma, esse sono ricordate in numerosi e sicuri documenti, come il ‘Martirologio Geronimiano’, gli ‘Itinerari’ romani, la ‘Notizia’ di Guglielmo di Malmesbury, inoltre sono menzionate nel famoso ‘Calendario Marmoreo’ di Napoli ed infine nel ‘Martirologio Romano’ che le celebra ambedue il 10 luglio. L’antica ‘passio’ compilata verso la seconda metà del V secolo, ne colloca il martirio ai tempi di Valeriano e Gallieno, nel 260 ca., e seguendo le narrazioni agiografiche di altre ‘passio’ di celebri coppie di martiri romani, le due sante sono presentate come sorelle e fidanzate con due giovani cristiani. A seguito delle ricorrenti persecuzioni contro i cristiani, i due fidanzati apostatarono e quindi le due ragazze si votarono alla verginità. Ma i due giovani non vollero rinunciare a loro e quindi cercarono di indurle ad apostatare per proseguire il loro fidanzamento; ma di fronte ai dinieghi di Seconda e Rufina, le denunciarono al conte Archesilao, il quale le raggiunse al XIV miglio della Flaminia, mentre nel tentativo di sfuggire ai persecutori, si allontanavano da Roma, e le consegnò al prefetto Giunio Donato, che da antichi documenti risulta essere ‘præfectus urbis’ nel 257. Come per tanti martiri di quell’epoca, le due sorelle furono sottoposte a pressioni, interrogatori e proposte di apostatare e di matrimonio, ma di fronte alla loro resistenza e rifiuto, al prefetto non restò altro che ordinarne la morte. Allora Archesilao le condusse al X miglio della via Cornelia in un fondo chiamato Buxo (oggi Boccea) dove Rufina venne decapitata, mentre Seconda fu bastonata a morte.Il celebre quadro del XVII secolo, dipinto da tre celebri pittori e custodito a Milano nella Pinacoteca di Brera, raffigura la crudele scena del martirio e resta una delle più significative opere artistiche che le raffigura. I corpi come d’uso, vennero abbandonati in pasto alle bestie, ma una certa matrona romana di nome Plautilla ne raccolse i corpi, dopo che le martiri in sogno le avevano indicato il luogo del martirio e invitandola a convertirsi; Plautilla le seppellì nello stesso luogo. La selva luogo del martirio, che era denominata ‘nigra’, in ricordo delle due martiri Seconda e Rufina e del successivo martirio nello stesso luogo dei santi Marcellino e Pietro, venne poi chiamata ‘Silva Candida’. Sulla loro tomba, già nel secolo IV fu eretta una basilica ad opera di papa Giulio I (341-353), poi restaurata da papa Adriano I (772-795), mentre papa Leone IV (847-855) l’arricchì di doni. Dal secolo V tutta la regione della villa imperiale ‘Lorium’ che comprendeva la basilica delle due martiri, ebbe un proprio vescovo, il quale nel 501 si sottoscriveva “episcopus Silvae Candidae” e più tardi come “episcopus Sanctae Rufinae”. Al tempo di papa Callisto II (1119-1124) la diocesi venne unita a quella suburbicaria di Porto e si chiamò di Porto e Santa Rufina. Papa Anastasio IV (1153-1154) fece trasferire i loro corpi nel Battistero Lateranense nell’altare di sinistra dell’atrio, di fronte a quello dei ss. Cipriano e Giustina, dove riposano tuttora; mentre l’antica basilica sulla via Cornelia andò in rovina e ancora oggi non si riescono ad identificarne i resti con precisione. (Antonio Borrelli)
MESSALE
INTRÓITUS Ps. 112, 1 et 9. Laudáte, pueri, Dóminum, laudáte nomen Dómini: qui habitáre facit stérilem in domo, matrem filiórum lætántem. Ps. ibid., 2. Sit nomen Dómini benedíctum: ex hoc nunc, ei usque in sǽculum. Glória Patri.
Lodate il Signore, o fanciulli; lodate il nome! Egli fa che la donna sterilesia allietata nella sua casa da una corona di figli. Sia benedetto il nome del Signore, da questo momento per tutti i secoli.
ORÁTIO Præsta, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, qui gloriósos Martyres fortes in sua confessióne cognóvimus, pios apud te in nostra intercessióne sentiámus. Per Dóminum nostrum.
Fa’, te ne preghiamo o Dio onnipotente, che, come vediamo i gloriosi Martiri intrepidi nella confessione della fede, così li sentiamo ferventi nell’intercessione in nostro favore presso di te. Per il nostro Signore.
EPISTOLA Léctio libri Sapiéntiæ. Prov. 31, 10-31.
Mulíerem fortem quis invéniet? Procul et de últimis fínibus prétium ejus.
Confídit in ea cor viri sui, et spóliis non indigébit. Reddet ei bonum,
et non malum, ómnibus diébus vitæ suæ. Quæsívit lanam et linum, et
operáta est consílio mánuum suárum. Facta est quasi navis institóris, de
longe portans panem suum. Et de nocte surréxit, dedítque prædam
domésticis suis, et cibária ancíllis suis. Considerávit agrum, et emit
eum: de fructu mánuum suárum plantávit víneam. Accínxit fortitúdine
lumbos suos, et roborávit bráchium suum. Gustávit, et vidit, quia bona
est negotiátio ejus: non exstinguétur in nocte lucérna ejus.
Manum suam misit ad fórtia, et dígiti ejus apprehendérunt fusum. Manum
suam apéruit ínopi, et palmas suas exténdit ad páuperem. Non timébit
dómui suæ a frigóribus nivis: omnes enim doméstici ejus vestíti sunt
duplícibus. Stragulátam vestem fecit sibi: byssus et púrpura induméntum
ejus. Nóbilis in portis vir ejus, quando séderit cum senatóribus terræ.
Síndonem fecit et véndidit, et cíngulum trádidit Chananǽo. Fortitúdo et
decor induméntum ejus, et ridébit in die novíssimo. Os suum apéruit
sapiéntiæ, et lex cleméntiæ in lingua ejus. Considerávit sémitas domus
suæ, et panem otiósa non comédit. Surrexérunt fílii ejus, et beatíssimam
prædicavérunt: vir ejus, et laudávit eam, Multæ fíliæ congregavérunt
divítias: tu supergréssa es univérsas. Fallax grátia, et vana est
pulchritúdo: múlier timens Dóminum, ipsa laudábitur.
Date ei de fructu mánuum suárum: et laudent eam in portis ópera ejus.
Una donna perfetta chi
potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida
il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà
felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura
lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi
di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora
è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue
domestiche. Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani
pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle
sue braccia. È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di
notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena
il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al
povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di
casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono
le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con
gli anziani del paese. Confeziona tele di lino e le vende e fornisce
cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride
dell'avvenire. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c'è
dottrina di bontà. Sorveglia l'andamento della casa; il pane che mangia
non è frutto di pigrizia. I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo
marito a farne l'elogio: "Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti,
ma tu le hai superate tutte!". Fallace è la grazia e vana è la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare. Datele del frutto delle sue mani e
le sue stesse opere la lodino alle porte della città.
GRADUALE Ps. 123, 7-8. Anima nostra, sicut passer, erépta est de láqueo venántium. Láqueus contrítus est, et nos liberáti sumus: adjutórium nostrum in nómine Dómini, qui fecit coelum et terram.
Ps. 123, 7-8. La nostra anima e sfuggita come passero nella mano del cacciatore. La rete si è spezzata e noi abbiamo riacquistato la libertà: il nostro aiuto aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra.
ALLELÚIA Allelúja, allelúja. Hæc est vera fratérnitas, quæ vicit mundi crímina: Christum secuta est, ínclita tenens regna coeléstia. Allelúja.
Allelúja, allelúja. Questa è la vera fratellanza che trionfò delle iniquità del mondo : avendo seguito il cristo, possiede i gloriosi regni celesti. Allelúja. EVANGÉLIUM Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 12, 46-50.
In illo témpore: Loquente Jesu ad turbas, ecce, Mater ejus et fratres
stabant foris, quæréntes loqui ei. Dixit autem ei quidam: Ecce, mater
tua et fratres tui foris stant, quæréntes te. At ipse respóndens dicénti
sibi, ait: Quæ est mater mea et qui sunt fratres mei? Et exténdens manum
in discípulos suos, dixit: Ecce mater mea et fratres mei. Quicúmque enim
fécerit voluntátem Patris mei, qui in coelis est: ipse meus frater et
soror et mater est.
Mentre egli parlava
ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in
disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua
madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti". Ed egli, rispondendo a
chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".
Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed
ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è
nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre".
ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM Ps. 123, 7. Anima nostra, sicut passer, erépta est de láqueo venántium: láqueus contrítus est, et nos liberáti sumus.
Ps. 123, 7. Come passero la nostra anima è sfuggita al laccio dei cacciatori; spezzato il laccio, noi acquistammo la libertà.
SECRÉTA Sacrifíciis præséntibus, quǽsumus, Dómine, inténde placátus: et, intercedéntibus Sanctis tuis, devotióni nostræ profíciant et salúti. Per Dóminum nostrum.
Volgi placato lo sguardo, o Signore a questo sacrificio, affinché, per intercessione dei tuoi Santi, giovi alla nostra devozione ed alla nostra salvezza.
PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
COMMÚNIO Matth. 12, 50. Quicumque fecerit voluntátem Patris mei, qui in cælis est: ipse meus frater et soror et mater est, dicit Dóminus. Chiunque fa la volontà del Padre moi che è nei cieli, quello è moi fratelli e sorella e madre, dice il Signore.
POSTCOMMÚNIO Quǽsumus, omnípotens Deus: ut, intercedéntibus Sanctis tuis, illíus salutáris capiámus efféctum; cujus per heec mystéria pignus accépimus. Per Dóminum.
Ti
preghiamo Dio onnipotente, affinché, per intercessione dei tuoi Santi,
otteniamo realmente quella salvezza di cui questi misteri sono pegno.
Per il nostro Signore. |
|
|
www.maranatha.it | |