PROPRIO DELLA S. MESSA

tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum

e traduzione italiana delle letture secondo

la traduzione proposta dalle CEI


 

8 LUGLIO
SANTA ELISABETTA

REGINA DI PORTOGALLO

 

Nacque a Saragozza, in Aragona (Spagna), nel 1271. Figlia di re, è normale che debba sposare un re. E questo lo decidono naturalmente gli altri, quando Elisabetta (Isabel in portoghese) ha soltanto dodici anni. Suo padre, il re Pietro III di Aragona, la dà in moglie a Dionigi re del Portogallo: Dom Dimìs, come lo chiamano i sudditi. Un re con molti meriti: sviluppa infatti l’economia portoghese, crea una flotta, fonda l’università di Lisbona (che sarà successivamente trasferita a Coimbra). Dionigi è un buon sovrano, ma anche un pessimo marito, sempre impelagato con altre donne e padre via via di altri figli, oltre ai due che gli dà Elisabetta.

E lei, malgrado le continue offese e i tradimenti del marito, gli rimane impeccabilmente fedele, tutta dedita ai figli Alfonso e Costanza, come ai sofferenti per malattie “brutte” in Lisbona. Ma non solo: Elisabetta si prende anche molta cura dei bambini messi al mondo dal marito con altre donne. Un’opera da cristiana autentica. Da grande regina. E l’infedele Dionigi deve pur avvertire la sua superiorità morale; tant’è che più tardi, quando il figlio Alfonso gli si ribella, è l’autorità di Elisabetta a evitare lo scontro armato tra padre e figlio.

Poi quel fatto le procura l’accusa di parteggiare per il figlio Alfonso contro Dionigi, e allora la confinano nella cittadina di Alenquer, a nord di Lisbona. Ma presto il marito la richiama. Ora la vuole vicina, ha bisogno di lei e del suo consiglio. Elisabetta torna, riprende serenamente il suo posto accanto al re. E quando una malattia mortale lo colpisce, è lei a curare in prima persona il marito, fino all’ultimo giorno.

Dopo la morte del re, avvenuta nel 1325, sale al trono suo figlio Alfonso IV, ed Elisabetta non resta a fare la regina madre a Lisbona. Si fa pellegrina e penitente, con l’abito di terziaria francescana, andando fino al santuario di San Giacomo di Compostella a piedi nudi. Poi viene accolta dalle Clarisse nel monastero di Coimbra, fondato da lei, e ne condivide la vita, senza però pronunciare i voti (lo farà poco prima di morire).

Il monastero diventa la sua casa per sempre; ma una volta deve uscirne, perché c’è nuovamente bisogno di lei: deve riconciliare suo figlio Alfonso IV col re Ferdinando di Castiglia che è suo genero (è il marito di Costanza). Elisabetta ha ormai 65 anni, il suo fisico è indebolito dalle dure penitenze, e in piena estate il viaggio è troppo faticoso per lei. Incontra il figlio e la nuora, fa sosta nella cittadina di Estremoz, ma non riesce ad andare più avanti: la stanchezza e le febbri troncano rapidamente la sua vita.

Il suo corpo viene riportato al monastero di Coimbra, e nel 1612 lo si troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico per proclamarla santa. Ma già nei primi tempi dopo la morte c’erano pellegrinaggi alla sua tomba e circolavano voci di miracoli. Finché, nel 1625, papa Urbano VIII celebrerà, infine, la sua solenne canonizzazione a Roma.

Autore: Domenico Agasso

 

 

 

MESSALE

 

INTRÓITUS              

Ps. 118, 75 et 120. Cognóvi, Dómine, quia ǽquitas judícia tua, et in veritáte tua humiliásti me: confíge timóre tuo carnes meas, a mandátis tuis tímui. Ps. ibid., 1. Beáti immaculáti in via: qui ámbulant in lege Dómini. Glória Patri.  

 

So bene,  o Signore, che i tuoi giudizi sono giusti, e con ragione mi hai umiliato; rabbrividisce la mia carne per timore di Te: io temo i Tuoi giudizi. Felice gli uomini di condotta integra che vivono la legge del Signore.

 

ORÁTIO              

Clementíssime Deus, qui beátam Elisabeth regínam, inter céteras egrégias dotes, béllici furóris sedándi prærogatíva decorásti: da nobis, ejus intercessióne; post mortális vitæ, quam supplíciter pétimus, pacem, ad ætérna gáudia perveníre. Per Dóminum nostrum.

 

Dio clementissimo, che fra le altre mirabili doti hai conferito alla beata regina Elisabetta la prerogativa di placare i furori della guerra, concedici per sua intercessione, dopo la pace di questa vita mortale che da Te imploriamo, di giungere alle gioie eterne. Per il nostro Signore.

 

EPISTOLA               

Léctio libri Sapiéntiæ. Prov. 31, 10-31.

 

Mulíerem fortem quis invéniet? Procul et de últimis fínibus prétium ejus. Confídit in ea cor viri sui, et spóliis non indigébit. Reddet ei bonum, et non malum, ómnibus diébus vitæ suæ. Quæsívit lanam et linum, et operáta est consílio mánuum suárum. Facta est quasi navis institóris, de longe portans panem suum. Et de nocte surréxit, dedítque prædam domésticis suis, et cibária ancíllis suis. Considerávit agrum, et emit eum: de fructu mánuum suárum plantávit víneam. Accínxit fortitúdine lumbos suos, et roborávit bráchium suum. Gustávit, et vidit, quia bona est negotiátio ejus: non exstinguétur in nocte lucérna ejus. Manum suam misit ad fórtia, et dígiti ejus apprehendérunt fusum. Manum suam apéruit ínopi, et palmas suas exténdit ad páuperem. Non timébit dómui suæ a frigóribus nivis: omnes enim doméstici ejus vestíti sunt duplícibus. Stragulátam vestem fecit sibi: byssus et púrpura induméntum ejus. Nóbilis in portis vir ejus, quando séderit cum senatóribus terræ. Síndonem fecit et véndidit, et cíngulum trádidit Chananǽo. Fortitúdo et decor induméntum ejus, et ridébit in die novíssimo. Os suum apéruit sapiéntiæ, et lex cleméntiæ in lingua ejus. Considerávit sémitas domus suæ, et panem otiósa non comédit. Surrexérunt fílii ejus, et beatíssimam prædicavérunt: vir ejus, et laudávit eam, Multæ fíliæ congregavérunt divítias: tu supergréssa es univérsas. Fallax grátia, et vana est pulchritúdo: múlier timens Dóminum, ipsa laudábitur. Date ei de fructu mánuum suárum: et laudent eam in portis ópera ejus.

M. - Deo grátias.             

 

Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani del paese. Confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell'avvenire. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c'è dottrina di bontà. Sorveglia l'andamento della casa; il pane che mangia non è frutto di pigrizia. I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo marito a farne l'elogio: "Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!". Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città.

M. - Deo grátias.            

 

 

GRADUALE             

Ps. 44, 3 et 5. Diffúsa est grátia in labiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum. Propter veritátem et mansuetúdinem et justítiam: et de ducet te mirabíliter déxtera tua.  

 

Ps. 44, 3 et 5. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò Dio ti ha benedetta in eterno. Per la causa della verità, della clemenza e della giustizia la tua destra ti spingerà ad opere mirabili.

 

ALLELÚIA           

Allelúja, allelúja. Ibid., 5. Spécie tua et pulchritúdine tua inténde, próspere procéde et regna. Allelúja.        

 

Allelúja, allelúja. Nello splendore della tua bellezza incedi, avanza trionfante e regna. Allelúja.        

 

EVANGÉLIUM            

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 13, 44-52.

 

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis parábolam hanc: Símile est regnum coelórum thesáuro abscóndito in agro: quem qui invénit homo, abscóndit, et præ gáudio illíus vadit, et vendit univérsa, quæ habet, et emit agrum illum. Iterum símile est regnum coelórum homini negotiatóri, quærénti bonas margarítas. Invénta autem una pretiósa margaríta, ábiit, et véndidit ómnia, quæ hábuit, et emit eam. Iterum símile est regnum coelórum sagénæ, missæ in mare et ex omni génere píscium cóngreganti. Quam, cum impléta esset educéntes, et secus litus sedéntes, elegérunt bonos in vasa, malos autem foras misérunt. Sic erit in consummatióne sǽculi: exíbunt Angeli, et separábunt malos de médio justórum, et mittent eos in camínum ignis: ibi erit fletus et stridor déntium. Intellexístis hæc ómnia? Dicunt ei: Etiam. Ait illis: Ideo omnis scriba doctus in regno coelórum símilis est hómini patrifamílias, qui profert de thesáuro suo nova et vétera.

M. – Laus tibi Christe.    

 

In quel tempo Gesù disse una parabola ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

M. – Laus tibi Christe.    

     

 

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM            

Ps. 44, 3. Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum, et in sǽculum sǽculi, allelúja.   

 

Ps. 44, 3. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò dio ti ha benedetta in eterno e per tutti i secoli.

 

SECRÉTA            

Accépta tibi sit, Dómine, sacrátæ plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum nostrum.  

 

Ti siano gradite, o Signore, l’offerta del tuo popolo fedele in onore dei tuoi santi, per i meriti dei quali sa di aver ricevuto soccorso nelle prove. Per il nostro Signore.

 

PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ      

 

COMMÚNIO           

Ps. 44, 8. Dilexísti justítiam, et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo lætítiæ præ consórtibus tuis.  

 

Ps. 44, 8. Tu ami la giustizia e detesti l’empietà ; perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza delle tue compagne.

 

POSTCOMMÚNIO            

Satiásti, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quǽsumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.

 

O signore, Tu che hai saziato la tua famiglia con doni sacri, confortaci sempre con l’intercessione della Santa di cui celebriamo la festa. Per il nostro Signore.

  

Sommario Liturgia


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