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 Pensieri - Anna Maria Canopi "Il Silenzio del Monaco"

   

 

Estratti da la 

 

"Liturgia del Silenzio"  

 

Universale Economica PIEMME

 

di 

Anna Maria Canopi, abbadessa

 

 del Monastero Benedettino 

"Mater Ecclesiae"

 

Isola di San Giulio (Novara)

 

 

  

<<Corde tacito mens bene conscia conservat patientiam...>>

(da un inno per i martiri)

 

Il silenzio diventa forza 

per portare la prova.

Il lamentarsi, il discutere,

il parlare delle difficoltà

fa invece diminuire le forze.

Di fronte alle prove personali,

prima di ribellarsi,

prima di ragionare sulla situazione,

bisogna mettersi in silenzio, 

attendere umilmente

che Dio ci manifesti il suo disegno,

credendo di essere sempre e ancor più

nelle sue mani.

 

 

 <<Nel silenzio e nell’abbandono confidente

è la vostra forza>> (Is 30, 15)

 

 Spesso anche quando non parliamo,

quanto frastuono c’è in noi!

Ci conceda il Signore

 di portare in silenzio

il peso, la molestia della giornata,

riposando in lui,

nella certezza che egli ha cura di noi.

 

Comprendete

— ci dice il Signore —

che << nella conversione e nella calma

sta la vostra salvezza >> (Is 30, 15):

nel vivere cercando il Signore

nella calma,

nel silenzio,

nel raccoglimento,

nella profonda attenzione a lui,

nella fiducia

sta la vostra forza,

non nell’agitarvi...

Il Signore non è nel turbamento.

 

Con il mondo, con il seduttore

non si deve entrare in dialogo.

La risposta più eloquente è il silenzio

che gli nega tutto quello che ha insinuato.

 

 

<<Per lunghi giorni

starai calma con me...>> (Os 3, 3)

 

E’ il tempo del silenzio,

della povertà,

dell’assenza,

dell’umiltà, 

dell’attesa.

E lo scopo di questa 

solitudine silenziosa 

è l’ascolto del Signore

che parla di nuovo al cuore

della sua Sposa:

la Chiesa,

l’anima nostra.

 

 

<<Per lunghi giorni starai calma con me...

così anch’io mi comporterò con te>> (Os 3, 3)

 

Tu starai quieta,

e io pure starò solo, in attesa

— dice il Signore —.

Tu starai calma, sola,

vicino a me,

in silenzio,

e io pure in silenzio,

solo, vicino a te.

E’ la vigilia.

Poi sarà l’unione,

l’alleanza.

E dal silenzio fiorirà la gioia della festa.

 

 

<< La condurrò nel deserto

e parlerò al suo cuore >> (Os 2, 16)

 

E’ una chiamata forte, irresistibile,

a compiere la volontà di Dio.

Far tacere la propria volontà

e aderire silenziosamente a Dio:

questa è la comunione con il Signore

che ci fa essere un solo spirito con lui.

 

 

<< Sileat a facie

Domini omnis terra >> (Ab 2, 20)

 

Deve tacere tutto il mondo

che è in noi:

mondo di confusione, di vanità,

di ansietà, di miseria.

Portiamo questo nostro mondo

al cospetto di Dio,

e mettiamolo in silenzio,

perché giunga all’adorazione.

  

 

<< E’ bene per l’uomo

attendere in silenzio la salvezza >> (Lam 3, 26)

 

E’ bene aspettare la salvezza

nel canto del silenzio, 

nella quieta certezza 

che egli verrà. 

Quel povero che sta in attesa 

siederà solitario e tacerà,

perché su di lui si leverà il Signore. 

Accetterà tutte le prove con pazienza,

senza reagire, in silenzio,

come l’Agnello mansueto,

e si lascerà condurre dove egli vuole,

perché questa è l’attesa del Signore.

 

 

<<Taccia davanti a lui

tutta la terra >> (Ab 2, 20)

 

Sentiamo come nostro compito specifico

questo silenzio

che attraverso la nostra persona

mette in silenzio tutta la terra.

Un silenzio che è umiltà,

che è accettazione del mistero,

accettazione di non capire,

ma di credere

che ogni evento della storia

è guidato da Dio

e porta avanti

il cammino di salvezza

per tutti.

  

 

<< Silenzio alla presenza

del Signore Dio >> (Sof 1, 7)

 

Questo silenzio alla presenza del Signore

in pratica diventa

saper tacere con umiltà vera

davanti ai nostri fratelli.

E un silenzio che deve porre un freno

ai propri impulsi, alle proprie idee,

all’amore di sé, all’orgoglio,

alla presunzione.

Un silenzio che si vive 

col non essere ribelli, diffidenti,

col non mormorare,

non giudicare,

non difendersi, non darsi ragione,

ma riconoscersi poveri

e attendere la salvezza

da un Dio che si è fatto Povero.

 

Quando l’<<io>> parla, Dio tace;

perché quando l’<<io>> parla

non sa più ascoltare,

ma si mette in dialogo con il maligno,

e si lascia pervertire l’orecchio

dalle sue menzogne.

   

Non inganniamoci con falsi silenzi:

il silenzio vero è,

prima di tutto,

quello che fa tacere noi stessi.

Se non facciamo tacere l’<<io>>

possiamo andare

anche nel deserto più deserto,

ma è un’illusione:

ci rimane l’ostacolo maggiore,

quello che ci separa da Dio,

che ci tiene ignoranti,

che non ci lascia conoscere il <<Tu>>.

     

Nei nostri rapporti interpersonali

quante volte salta fuori

questo terribile personaggio l’<<io>>

che si mette in conflitto con gli altri,

e fa tanto chiasso da stordirci,

da non renderci più capaci

di essere presenti al Signore,

di intendere la sua voce,

di gustare le cose dell’alto,

di sperimentare il mistero di Cristo

che è mistero

di umiltà,

di silenzio,

di povertà,

di abnegazione.  

 

 

 

 

Lo sguardo del Signore

si posa sugli umili:

è uno sguardo che mette a nudo

tutto il bene e tutto il male

che c’e nell’uomo.

Davanti alla realtà del male

che è in noi e negli altri,

che cosa possiamo fare,

se non uscire da noi stessi,

entrare nel suo santo tempio

in silenzio, con umiltà,

e spalancare il nostro sguardo

su di lui, il Santo?

Soltanto se ci trova prostrati,

umili,

in silenzio di compunzione

egli ci avvolge

con il suo sguardo di compassione

e ci solleva.

 

 

Il Signore ci renda capaci

di un << servizio umile, semplice,

discreto, silenzioso,

dei fratelli >>.

Silenzioso: un servizio che

non si proclama,

non si esalta,

non si ri-dice,

non si racconta,

non si fa pagare.

Un servizio che diventa sempre più

conosciuto solo da Dio,

e che, giunta la sera,

lascia sempre nell'animo

la sofferta,

sincera convinzione

di essere stati servi inutili.

 

 

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