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MISSALE ROMANUM EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI RESTITUTUM AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM
B. JOANNIS Pp.
XXIII
CURA
RECOGNITUM
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![]() ![]() ![]() Lettera Apostolica Motu Proprio data "Summorum Pontificum" di S.S. Benedetto P.P. XVI ![]() ![]() secondo il Rito di San Pio V ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Orazioni ![]() ![]() Appendice ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() (online) |
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RITUS SANCTI PII V |
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[Aspersio]
-Antiphona ad Introitum in Cantus -Orationes sub Infimum Gradum Altaris -Incensatio altaris et Sacerdotis -Antiphona ad Introitus, Kyrie e Gloria
-Graduale, (Tratto), (secondo Alleluia) -Evangelium (senza Diacono)-
-Evangelium
(col Diacono)
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Il RITUS SAnCTI PII V è composto da una Præparatio ad Missam che raccoglie Preghiere e Riti che non sono mai facoltative, tra cui l’Aspersio. [Aspersio]
Il manipolo e la pianeta per il Celebrante si preparano allo scanno nel presbiterio dove successivamente l’aspersione verrà indossato dal Sacerdote. In Sacrestia si preparano il piviale, il secchiello con l’acqua benedetta e l’aspersorio e il libro col rito dell’aspersione; se non ci fosse il piviale, il celebrante compie il rito con la stola incrociata sul petto.
Questo Rito,
in memoria del Battesimo, non sostituisce l’Atto
Penitenziale, né alcuna parte della Santa Messa. |
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Quando vi giunge, stando ai piedi dei gradini dell’Altare, scopre il capo, porge la berretta al Ministrante, e si inchina profondamente all’Altare. Se ci fosse il Tabernacolo col Santissimo Sacramento, fa la genuflessione. Quindi sale al centro dell’Altare, dove sistema il calice, estrae il corporale dalla borsa, posiziona quest’ultima verticalmente a sinistra con l’apertura verso il Cornu Epistolae, dispiega il corporale e vi pone sopra il calice velato. Allora si sposta al lato destro, detto dell’Epistola, ed apre il Messale alla pagina dell’Introito della Messa del giorno, quindi ritornando al centro, facendo prima inchino di capo alla Croce, si volge girandosi verso destra e scende fino ai piedi dei gradini, dove, guardando all’Altare, recita le Orazioni prescritte.
Nella S. Messa cantata o solenne, il Messale è aperto sull’Altare, mentre il calice e le altre cose necessarie sono preparate sulla credenza, coperta dai drappi del colore del giorno o del Tempo con una tovaglia, già prima che il Sacerdote vada all’Altare. Egli stesso entra con il Diacono ed il Suddiacono: quando arriverà davanti l’ultimo gradino dell’Altare, lì, tra il Diacono alla sua destra ed il Suddiacono alla sua sinistra, consegnata a quest’ultimo la sua berretta, prima di salire all’Altare recita con loro le Orazioni prescritte.
Antiphona ad
Introitum in Cantus
Nelle Messe cantate e solenni, viene iniziato subito il canto dell’Antifona dell’Introito. Il canto, eseguito dalla schola e dal popolo se è in grado, accompagna le preci ai piedi dell’Altare e l’atto penitenziale, che in tal caso sono dette sottovoce tra il Sacerdote e i ministranti (e, se ci sono, Diacono e Suddiacono). Si utilizza il canto gregoriano riportato nel Liber Usualis o nel Graduale Romanum (l’edizione pubblicata secondo le nuove disposizioni liturgiche del Missale Romanum 1962), oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia) che riportano in musica il medesimo testo previsto dal Proprio. Terminato l’Introito, la schola alternata con i fedeli in piedi, canta il Kyrie e di seguito se previsto il Gloria.
Orationes sub Infimum Gradum Altaris
Il Sacerdote, rivestito dei paramenti si pone di fronte all’Altare, orientato verso la Croce ai piedi dell’ultimo gradino, e fatta la debita reverenza si segna con il segno della Croce e dice a voce distinta:
(l’Amen non è una risposta del popolo. Il popolo e i Ministranti sono inginocchiati)
Il Sacerdote non saluta nessuno, inizia subito con la recita del Salmo Iudica me, che si omette solo nelle S. Messe dalla I Domenica di Passione fino al Giovedí Santo incluso, nonché nelle S. Messe dei defunti, nelle quali si dice solo l’antifona: Introibo ad altáre Dei... etc. ed omettendo il Salmo, il Sacerdote immediatamente aggiunge Adjutorum nostrum... etc. come sotto.
Con le mani giunti dinnanzi al petto inizia l’Antiphona dicendo a voce sommessa.
Introíbo ad altáre Dei.
Il Ministrante risponde:
Ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
In alternanza con il Ministrante (o con il popolo in caso di Messa dialogata e se non si esegue l’introito in canto) dice:
V/. Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta: ab hómine iniquo, et dolóso érue me.
V/. Emítte lucem tuam et veritátem tuam: ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua.
R/. Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
V/. Confitébor tibi in cíthara, Deus, Deus meus; quare tristis es, ánima mea, et quare contúrbas me?
R/. Spera in Deo, quóniam adhuc confitébor illi: salutare vúltus mei, et Deus meus.
Glória Patri et Fílio et Spirítui Sancto.
R/. Sicut erat in princípio et nunc et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen.
Il Sacerdote ripete l’antifona:
Introíbo ad altáre Dei.
R/. Ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.
Actus Pænitentialis
Il Sacerdote si segna dicendo:
Adiutórium
nostrum
R/. Qui fécit cœlum et terram.
Il Sacerdote, congiunte le mani, si inchina profondamente e récita il
Confíteor:
V/. Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michǽli Archángelo, beáto Ioánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Páulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo, et ópere: (si batte il petto per tre volte) mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Virginem, beátum Michǽlem Archángelum, beátum Ioánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Páulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum Deum nostrum.
Misereátur tui omnípotens Deus, et dimíssis peccátis tuis, perdúcat te ad vitam ætérnam.
Amen.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michǽli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sánctis et tibi, pater: quia peccávi nimis cogitatíone, verbo et ópere: (ci si batte il petto per tre volte) mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michǽlem Archángelum, beátum Joánnem Baptistám, Sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, ómnes Sanctos, et te, pater, oráre pro me ad Dóminum Deum nostrum.
Misereátur vestri omnípotens Deus, et dimíssis peccátis vestris perdúcat vos ad vitam ætérnam.
Il popolo risponde:
Amen.
V/.
Osténde
nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
V/.
Dómine,
exáudi oratiónem meam.
V/.
Dóminus
vobiscum.
Orémus.
Il Celebrante sale all’altare
Il Sacerdote salendo all'Altare, dice in segreto:
Il Celebrante bacia l’altare dove sono poste
le reliquie Quindi, congiunte le mani sopra l'Altare, inchinato, dice sottovoce:
Dopodiché secondo l’opportunità incensa, altrimenti va subito al Messale per leggere l’Introito __________________________________________________
Incensatio altaris et Sacerdotis
Il Diacono - o il Ministrante - un po' inchinato verso il Sacerdote, gli porge il turibolo con la navicella, gli consegna il cucchiaino, bacia la mano ed il cucchiaino e dice:
Benedícite, pater reverénde.
Il Sacerdote benedice l'incenso, dicendo:
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Antiphona ad Introitus
Il Sacerdote, quindi, presso il Messale si segna e legge a voce alta l'antifona dell'Introito. [L'Introito fa parte del Proprio della S. Messa che qui non è riportato].
Nella Messa cantata o solenne il Sacerdote legge a bassa voce l’Introito che è stato già eseguito dalla Schola e di seguito il Kyrie.
Leggendo la dossologia (Gloria Patri) che di solito intermezza l’Introito – essa manca nel Tempo di Passione e nelle Messe dei defunti – il Sacerdote e i Ministri fanno inchino di capo verso la Croce.
La Melodia del Kyrie, come del Gloria, del Credo, del Sanctus e dell’Agnus Dei, sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, il quale assegna una melodia per ogni tempo o grado di festa liturgica; oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente tre volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore in considerazione dell'indole della composizione musicale. Nella Messa cantata il Kyrie e cantato tra schola e popolo mentre il Sacerdote incensa, poi egli lo alterna a bassa voce coi ministri rimanendo in cornu Epistulae dopo aver letto l’Introito.
Nella Messa letta il Kyrie è alternato tra Sacerdote e popolo, tornato egli al centro dell’Altare.
[NB: Come si vede, il Confiteor e il Kyrie sono due cose distinte, posti in diverse parti della Messa, ed entrambi sempre presenti]
V/.
Kyrie,
eléison.
V/.
Kyrie,
eléison.
V/.
Christe,
eléison.
V/.
Kyrie,
eléison. V/. Kyrie, eléison.
Lo si canta o si recita nelle domeniche e nelle feste di qualsivoglia classe [incluse quelle che secondo il RITUS PAULI VI avrebbero il grado di cosiddette “memorie”]. Non si dice il Gloria dalla I Domenica di Avvento fino alla Vigilia di Natale inclusa, dalla Domenica di Settuagesima fino al mercoledì della Settimana Santa incluso, nelle Messe feriali (cioè nelle quali non ricorra la festa di un Santo) e nelle Messe dei defunti.
La Melodia gregoriana è assegnata dal Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, oppure la schola lo può cantare in polifonia secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Alternato tra schola e popolo nella Messa cantata, il Sacerdote, dopo averlo intonato, lo recita privatamente stando accanto a lui, se ci sono, Diacono e Suddiacono; finita la lettura del Gloria va a sedersi al suo scanno (Diacono e Suddiacono o gli Accoliti gli sollevano la Pianeta nel sedersi perché non si rovini) indossa la berretta, e attende la fine del canto. Quando il canto giunge a parole per le quali è previsto inchino, il Sacerdote e i chierici seduti tolgono la berretta e fanno inchino. All’ultimo verso torna all’Altare (sempre facendo debita riverenza prima di salire i gradini).
Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis.
(chiniamo il capo)
Iesu Christe. (chiniamo il capo)
súscipe deprecatiónem nostram.
(chiniamo il capo)
Iesu Christe.
Il Sacerdote, baciato l'Altare in mezzo, si volge ai fedeli e dice (allargando e congiungendo le mani):
Dóminus vobíscum [Pax vobis se celebra il Vescovo].
Il popolo risponde: Et cum spíritu tuo.
Il Sacerdote stendendo e congiungendo le mani, dice inchinando il capo:
Oremus. .....
Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto sempre alla Croce ed ha un grado di profondità maggiore rispetto alle precedenti riverenze indicate.
V/. Per ómnia sǽcula sæculórum.
Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l'orazione con l'acclamazione:
Amen.
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Inizia la Parte Didattica chiamata anche “Messa dei Catecumeni”; in questo contesto venivano istruiti sulla Sacra Scrittura e su i Divini Misteri, e perché essi potevano assistere solo a questa parte, non essendo battezzati essi non potevano infatti né offire, ne comunicarsi, e perciò, un tempo si rimandavano pubblicamente prima di incominciare la Pars Sacrificalis o Liturgia Eucaristica detta anche “Messa de Fedeli”. La “Messa dei Catecumeni” e “Messa dei Fedeli” si trovano unite in tutte le liturgie fin dalla più remota antichità, anzi fin dai tempi Apostolici, in modo da formare una cosa sola: la Santa MESSA. Le letture sono dentro il Messale stesso, esiste un Evangeliario, ma si usa solo per le messe solenni. Le letture domenicali si ripetono di anno in anno. Non ci sono cicli di letture alternative. Domenica dopo domenica il Sacerdote, anno dopo anno ripetendo le stesse letture proponendo lo stesso Vangelo (letture collocate un base ad una splendente mistagogia ricca di secoli di esperienza) accompagnava il fedele in un cammino pedagogico semplice e nello stesso tempo tutto orientato alla conoscenza del Signore Gesù vero Dio e vero Uomo, proprio Salvatore, Re dell’Universo! Le Letture così con gli anni dovevano diventare familiari, al punto di essere assimilate a memoria.
Le letture non si proclamano mai dall’ ambone ma dall’altare : a destra l’Epistola, a sinistra il Vangelo.
Vengono lette in latino per rispettare una omogeneità linguistico-liturgica, ma con il Motu Proprio: “Summorum Pontificum” il Santo Padre Benedetto XVI ha dato l’opportunità che le letture possano essere lette anche o direttamente in Italiano.
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Il Sacerdote dall’altare legge l’Epistola (o solo il Suddiacono se Messa Solenne).
Rimanendo all’Altare si pone al lato destro e legge stando verso l’altare. Vi è sempre una sola lettura eccetto che nelle Quattro Tempora (Messe con una struttura particolare), nelle Vigiliae e nelle Rogazioni. Il Sacerdote, poste le mani sul Messale, o sull'Altare, ma in modo che le palme tocchino il Messale, oppure (se ritiene) tenendo il Messale, legge a voce alta.
Nella Messa Solenne è il Suddiacono a leggere l’Epistola, e si sposta, accompagnato dal cerimoniere, ai piedi dei gradini dal lato dell’Epistola e rivolto verso l’Altare, tenendo in mano il libro.
All’ultima frase il Sacerdote o il Suddiacono alzano il tono della voce a mo di conclusione senza aggiungere nessuna acclamazione, perché la fine della lettura si intende dal tono di lettura (o dalle note, quando il Suddiacono canta l’Epistola).
Tutti rispondono:
Deo grátias. Quando il Suddiacono termina la lettura, ascende all’Altare per il lato destro e si inginocchia ai piedi del Sacerdote ricevendone la benedizione.
Il Graduale è cantato dopo la lettura dell'Epistola. Esso viene poi seguito dall'Alleluia, ma nelle Messe che hanno più letture del normale, come nel periodo detto delle Quattro Tempora, sono separati da altre letture, o se vi sono più di tre letture possono esserci più di un Graduale.
Si canta o si legge nel periodo di Quaresima e Passione.
Si canta o si legge nel periodo di Pasqua ad eccezione dell'ottava di Pasqua.
Nelle
Messe Tridentine è il Celebrante che legge sempre il
Graduale (o il Tratto o il secondo Alleluia), sia nella
Messa bassa che in quella Cantata e/o Solenne (che leggerà a
bassa voce). Nella Messa cantata essi vengono eseguiti dalla schola e dal popolo, se è in grado, (mentre il Sacerdote li recita, come abbiamo già scritto privatamente a bassa voce). Si utilizza il canto in canto gregoriano riportato nel Liber Usualis o nel Graduale Romanum (l’edizione pubblicata secondo le nuove disposizioni liturgiche del Missale Romanum Vetus Ordo del 1961), oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia)
Si può cantare in gregoriano (Liber Usualis o Graduale Romanum) o in polifonia secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Durante esso il popolo e, nella Messa Cantata, il Sacerdote che l’avrà già recitato privatamente, stanno seduti.
L’Alleluia è sempre intercalato da un versetto, detto alleluiatico.
Ultimata la recita o il canto dell'Alleluia, il Sacerdote si accinge alla lettura o al canto del Vangelo. Se la S. Messa viene celebrata con l'assistenza del Diacono, è quest'ultimo che canta il Vangelo.
La Sequenza è un inno liturgico, che è cantato o recitato dopo l’Alleluia (Pasqua, Pentecoste, Corpus Domini, Sette Dolori B.V.M. del 15 settembre) o dopo il Tratto (Sette Dolori B.V.M. del tempo di Passione e Messe dei Defunti), quindi subito prima della proclamazione del Vangelo.
Prima della Riforma Tridentina c'erano molte Sequenze, San Pio V ne mantenne solo cinque: * Victimae paschali laudes, di Wipone, nella notte di Pasqua e per l'Ottava di Pasqua; * Veni Sancte Spiritus, attribuita a Papa Innocenzo III, per la Pentecoste; * Lauda Sion Salvatorem, di San Tommaso d'Aquino, per il Corpus Domini; * Stabat Mater, di Iacopone da Todi, per la memoria di Maria Addolorata; * Dies irae, di Tommaso da Celano, per le Messe dei defunti.
Il Sacerdote, posto in mezzo all'Altare aspetta che il Ministrante trasporti il Messale all’estremità (cornu) del lato sinistro dell’Altare, detto del Vangelo: rimanendo al centro congiunge le mani sul petto, alza gli occhi e, riabbassandoli, profondamente inchinato, a voce bassa dice:
Il Celebrante invoca la benedizione di dio Munda cor meum, ac lábia mea, omnípotens Deus, qui lábia Isaiæ prophétæ cálculo mundásti igníto; ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
V/. Dóminus sit in corde meo et in lábiis meis: ut dígne et competénter annúntiem Evangélium suum. Amen.
lo seguono i Ministranti coi ceri e l’incenso (se li utilizza): si sposta voltandosi questa volta verso sinistra e senza guardare i fedeli, e, volto verso il Messale, dice o canta a mani giunte davanti al petto con voce chiara:
Glória tibi, Dómine.
Se si utilizzasse l’incenso il Sacerdote incensa il Messale con due colpi di turibolo per tre volte. Questa incensazione si omette nella Messa dei defunti.
Il Sacerdote legge rivolto al Messale, che è sempre sull’altare. Non lo leggerà mai dall’ambone né dall’altare rivolto verso il popolo ma sempre verso il Messale posto inclinato, questa volta verso sinistra a 45 gradi a sinistra dell’altare: cornu evangeli. All’ultima frase della Sequenza il Sacerdote alza il tono della voce a mo di conclusione senza aggiungere nessuna acclamazione.
Il popolo risponde: Laus tibi Christe.
Per evangélica dicta deleántur nostra delícta.
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Evangelium Al canto del Graduale e dell’Alleluia, Prete, Diacono e Suddiacono vanno all’altare. Il Diacono sale con il Sacerdote che legge il testo riportato sul Messale e tornano come di solito alla sedilia. Finito il canto del Graduale il sacerdote con i sacri ministri va all’Altare e ascende. Il diacono in plano riceve l’Evangeliario mentre il Suddiacono ascende i gradini preleva il messale e con le solite riverenze lo pone sul lato del Vangelo. Il diacono sale all’altare e depone l’evangeliario sull’Altare e vi rimane per ministrare con il Suddiacono la navicella per l’infusione dell’incenso nel turibolo recato dal ministro dal lato destro dell’Altare. Il diacono si inginocchia sul gradino mentre il sacerdote rimane al centro dell’altare sulla predella.
Il Diacono invoca la benedizione di dio
Munda cor meum, ac lábia mea, omnípotens Deus, qui lábia Isaiæ prophétæ cálculo mundásti igníto; ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
Il Celebrante da la benedizione al Diacono
Il Diacono dice:
Iube, dómne, benedícere.
Il Sacerdote risponde :
Dóminus
sit in corde tuo et in lábiis tuis: ut dígne et competénter
annúnties Evangélium suum: in nómine Patris, et Fílii,
Nella Messa solenne i ministranti si dispongono in plano ed attendono il Diacono con l’Evangeliario per poi recarsi al luogo adatta per il canto della Sequenza evangelica.
Et cum spíritu tuo.
Glória tibi, Dómine.
All’ultima frase della Sequenza Evangelica il Diacono non aggiunge nessuna acclamazione.
Il popolo risponde: Laus tibi Christe. Finito il canto della Sequenza evangelica, il Diacono non bacia il Messale e non dice: per evangélica dicta...
Finita la lettura del Vangelo il Suddiacono porta l’Evangeliario, che ha sostenuto dinnanzi al Diacono durante il canto, al sacerdote perché lo baci; il Diacono, dopo che il sacerdote ha baciato la pagina di Vangelo che è stata proclamata, incensa il sacerdote che è rimasto sulla predella voltato; mentre gli Accoliti ricollocano i ceri alla credenza, il Suddiacono porta l'Evangeliario alla credenza: L’incensazione del Sacerdote dopo il Vangelo non si compie nelle Messe dei Defunti. __________________________________________________
Secondo le
disposizioni del Messale del 1962, ultimata la lettura o il
canto del Vangelo, il Sacerdote depone il Manipolo sul
Messale e riceve la berretta; si reca sul pulpito (se c’è o
se è agibile) o sta dal lato del Vangelo rivolto al popolo
dal lato del Vangelo per tenere l'Omelia, la quale verterà
sui passi della Sacra Scrittura appena letti. Al termine,
riconsegna al Ministrante la berretta e reindossa il
manipolo.
Fatta l’omelia il Sacerdote, stando in mezzo all'Altare e ad esso rivolto, allargando, elevando e ricongiungendo con movimento circolare le mani, intona o recita con il popolo il Credo.
La Melodia del Credo sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dalla Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Alternato tra schola e popolo nella Messa cantata, il Sacerdote, dopo averlo intonato, lo recita privatamente stando accanto a lui, se ci sono, Diacono e Suddiacono; finita la lettura del Credo va a sedersi al suo scranno (Diacono e Suddiacono o gli Accoliti gli sollevano la Pianeta nel sedersi perché non si rovini) indossa la berretta, e attende la fine del canto. Quando il canto giunge a parole per le quali è previsto inchino, il Sacerdote e i chierici tolgono la berretta e fanno inchino. All’ultimo verso torna all’Altare (sempre facendo debita riverenza prima di salire i gradini).
Credo in unum Deum
(china il capo alla croce) (si china la testa)
Iesum Christum, Fílium Dei unigénitum.
Deum verum de Deo vero.
(si china la testa)
adorátur et conglorificátur: qui locútus est per Prophétas.
(facciamo il segno di croce)
Nella Messa Solenne, durante il Credo, quando ci si rialza dalla genuflessione rituale, il Diacono prende la borsa dalla credenza, sale all’Altare, estrae il corporale spiegandolo e distendendolo al centro, e pone la borsa ritta sul lato sinistro, con l’apertura rivolta ala lato dell’Epistola.
Ultimato il canto del Credo termina la Parte Didattica.
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Per mezzo di questo Sacrificio - se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti - noi possiamo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio. Il Signore, concedendo la grazia e il dono della penitenza, perdona i peccati veniali, e purifica i fedeli defunti in Cristo, non ancora del tutto purificati.
La Parte Sacrificale è composta di tre parti, che corrispondono alle tre parti del rito del sacrificio (per es. degli agnelli) che si svolgeva al Tempio di Gerusalemme unico luogo al Mondo dove si poteva celebrare questo rito antichissimo in espiazione dei propri peccati.
Il Sacrificio perché fosse accettato da Dio, doveva essere
1) Offerto (offertorium), 2) Ucciso (immolatio victimæ), 3) Consumato (communio).
NB: Perché i fedeli adempiano al precetto, devono assistere alla Messa
almeno dall’Offertorio, quando il Sacerdote scopre il Calice.
Il Sacerdote dà subito inizio all'Offertorio, [non è prevista dal Vetus Ordo alcuna Oratio Universalis, nè tanto meno alcuna processione offertoriale fatta dai fedeli] salutando il popolo, il quale siede dopo che il Sacerdote ha detto Oremus.
Antiphona ad Offertorium
Se la S. Messa è cantata, si esegue l’Antifona di Offertorio, che il Sacerdote reciterà privatamente. L'Antifona dell'Offertorio fa parte del Proprio della S. Messa (che qui non è riportato). Si esegue in canto gregoriano che è riportato nel Graduale Romanum (1961) o nel Liber Usualis, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia) che riportano in musica il testo stesso previsto dal Proprio.
Il Sacerdote, baciato l'Altare in mezzo e congiunte le mani davanti al petto, si volge verso i fedeli, e allargando e congiungendo le mani dice:
Dóminus vobíscum.
R/. Et cum spíritu tuo.
Orémus.
Il celebrante presenta le oblata
Detta l'Antifona, il Sacerdote (se il calice è già sull’Altare, altrimenti viene portato dal Suddiacono che nel frattempo ha indossato il velo omerale sopra la tunicella) solleva il velo del calice e lo porge al Ministrante che lo piega e lo poggia sulla destra; prende la patena con l'ostia magna, porta dal Diacono se c’è, e tenendole alzate con entrambe le mani, elevati gli occhi a Dio e subito riabbassandoli dicendo:
L’ostia non starà sulla patena se non dopo il Pater.
[Il corporale è diviso
in nove quadrati, 3 x 3. Il Sacerdote porrà l’ostia sul quadrato
centrale della fila orizzontale a sé più vicina; mentre in seguito, dopo
la preparazione del calice, poserà questo sempre al centro ma di fronte
all’ostia, come nella figura qui sotto].
Il Celebrante benedice l’acqua che unisce al
vino nel calice
Il Sacerdote, sollevata la palla dal calice, si reca con questo in mano all’estremità destra dell’Altare (cornu Epistulæ), astergendo il calice col purificatoio; lì il Ministrante, gli porge il vino da versare; il Sacerdote (eccetto che nelle Messe dei defunti) benedice senza dir nulla l’acqua che gli viene offerta e ne versa alcune gocce (pari ad un quinto del vino) nel calice dicendo sotto voce:
Deus, qui humánæ substántiæ dignitátem mirabíliter condidísti, et mirabílius reformásti: da nobis per huius aquæ et vini mystérium, eius divinitátis esse consórtes, qui humanitátis nostræ fieri dignátus est párticeps, Iesus Christus Fílius tuus Dóminus noster: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Nella Messa solenne sarà il Diacono a versare il vino nel calice (già asterso dal Suddiacono) mentre quest’ultimo, fatta benedire l’acqua dal Sacerdote, la infonderà nel calice tenuto dal Diacono, il quale, una volta fatto tutto ciò lo consegna al Sacerdote. Si può far così solo allorquando il Suddiacono abbia ricevuto gli Ordini Maggiori.
Il Celebrante offre il calice con il vino
Il Sacerdote, stando in mezzo all'Altare, prende il calice, con la destra sul nodo sotto la coppa con gesto delicato e senza impugnarlo e con la sinistra alla base in modo da evidenziare il gesto dell’offerta; il calice si tiene elevato, poi alza gli occhi a Dio, e lo offre dicendo:
Il Celebrante s’inchina umilmente e invoca lo
Spirito Santo
Congiunte le mani sopra l'Altare in modo che i mignoli siano a contatto con il bordo dell’altare, un po' inchinato, dice sottovoce:
Veni,
sanctificátor omnípotens, ætérne Deus,
(benedice con la mano destra l'ostia e il calice insieme, mentre
tiene la sinistra poggiata sull'Altare) et
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Incensatio
Ora il Sacerdote, se utilizza l’incenso, può incensare la materia del Sacrificio posta sull'Altare, quindi la Croce e lo stesso Altare, secondo l’Ordo incensationis.
Il Sacerdote, congiunte le mani sul petto e stando al centro benedice l'incenso che gli viene porto, dicendo:
Il Celebrante
benedice l’incenso
Per
intercessiónem beáti Michǽlis Archángeli, stantis a dextris altáris
incénsi, et ómnium electórum suórum, incénsum istud dignétur Dóminus
bene
Il Celebrante incensa il pane e il vino
Ricevuto il turibolo dal Diacono - o dal Ministrante - incensa le offerte tracciando con il turibolo fumigante tre croci e dicendo:
Prosegue tracciando tre cerchi (due in senso antiorario e uno in senso orario):
et descéndat super nos misericórdia tua.
Il Celebrante incensa l’altare
Mentre restituisce il turibolo dice:
Nella Messa dei defunti qui si incensano soltanto le offerte, l’Altare e il Sacerdote.
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Lavábo inter innocéntes manus meas: et circúmdabo altáre tuum, Dómine: Ut áudiam vocem laudis, et enárrem univérsa mirabília tua. Dómine, diléxi decórem domus tuæ, et locum habitatiónis glóriæ tuæ. Ne perdas cum ímpiis, Deus, ánimam meam, et cum viris sánguinum vitam meam:
In
quorum mánibus iniquitátes sunt: déxtera eórum repléta est munéribus.
Pes meus stetit in dirécto: in ecclésiis benedícam te, Dómine. Si inchina rivolto verso la Croce durante il Gloria e poi torna al centro Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio, et nunc et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen.
Nelle S. Messe dalla I Domenica di Passione fino al Giovedì Santo incluso, e nelle S. Messe dei defunti, si omette il Gloria Patri.
Offerta alla Santissima Trinità
Questa preghiera riassume il significato e l’importanza della Santa Messa.
Súscipe, sancta Trínitas, hanc oblatiónem, quam tibi offérimus ob memóriam passiónis, resurrectiónis, et ascensiónis Iesu Christi Dómini nostri: et in honórem beátæ Mariæ semper Vírginis, et beáti Ioánnis Baptistæ, et sanctórum Apostolórum Petri et Pauli, et istórum, et ómnium Sanctórum: ut illis profíciat ad honórem, nobis autem ad salútem; et illi pro nobis intercédere dignéntur in coélis, quorum memóriam ágimus in terris. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.
Dopo aver completato l'Offertorio, con la preghiera alla S. Trinità, il Sacerdote invita i fedeli a pregare per il Sacrificio che egli si accinge ad offrire (Orate Fratres), e i fedeli.
Il Celebrante invita i fedeli Il Sacerdote bacia l'Altare, si volge verso i fedeli – sempre verso destra – allarga e congiunge le mani, e a voce alta dice:
ut meum ac vestrum sacrifícium acceptábile fiat apud Deum Patrem omnipoténtem.
Il Ministrante e i fedeli, appena il Sacerdote è tornato verso l’Altare rispondono: Suscípiat Dóminus sacrifícium de mánibus tuis ad laudem et glóriam nóminis sui, ad utilitátem quoque nostram totiúsque Ecclesiæ suæ sanctæ.
Amen.
A questo punto il Sacerdote recita in segreto le Secrete (una o piú orazioni), che fanno parte del Proprio della SS. Messa, concludendo a voce alta, eventualmente a modo di canto: per omnia sǽcula sæculórum. I fedeli rispondono: Amen.
Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto alla Croce.
...Per omnia sǽcula sæculórum.
Dopo aver recitato le Secrete, il Sacerdote si appresta a dare inizio al Prefazio, ma dando il saluto ai fedeli rimane rivolto verso l'Altare. I fedeli si alzano, rispondono anche in canto alle esortazioni del Sacerdote, e restano in piedi fino alla fine del Sanctus.
Siamo nel cuore della S. Messa . Il Celebrante intona il prefazio e comincia la grande preghiera sacerdotale del Canone: è la preghiera per eccellenza della Chiesa, l’oblazione del Santo Sacrificio.
Il Sacerdote, in mezzo all'Altare, con le mani allargate e poggiate su di esso, dice a voce alta:
V/.
Dóminus vobiscum.
V/.
Sursum corda.
V/.
Grátias agámus Dómino Deo nostro. Il Sacerdote allarga le mani, con le palme che si guardano, e le tiene così fino alla fine del Prefazio. Quando arriva al Sanctus, congiunge le mani sul petto e prosegue a voce più bassa. Quando dice Benedictus qui venit, si rialza e si segna.
Communis
Si recita in tutte le Messe che non hanno un Prefazio proprio.
Vere dignum et iustum est, ǽquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus: per Christum Dóminum nostrum.
Per quem maiestátem tuam láudant Angeli, adórant Dominatiónes, trémunt Potestátes. Cæli cœlorúmque Virtútes, ac beáta Séraphim, sócia exsultatióne concélebrant.
Cum quibus et nostras voces ut admítti iúbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:
Il Sacerdote congiunge le mani, si inchina e dice il Sanctus.
Oppure questo viene eseguito dalla schola che può eseguirlo in alternanza con i fedeli mentre il Sacerdote lo recita privatamente affiancato, se vi sono, da Diacono e Suddiacono. La Melodia del Sanctus, sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia.
All’inizio del Sanctus il Ministrante suona tre colpi di campanello.
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt coéli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Il Sacerdote si segna - e anche i fedeli. Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
Completato il canto del Sanctus, i fedeli si inginocchiano e, in
assoluto silenzio, a mani giunte, in atteggiamento dimesso, si
predispongono ad un totale raccoglimento, mentre sull'Altare del
Sacrificio si compie l'ineffabile Mistero della Transustanziazione.
Quando si compie la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e
nel Sangue di nostro Signore Gesú Cristo, si sente suonare il
campanello: i fedeli alzano gli occhi a contemplare l'Ostia e il Calice
e súbito li riabbassano adorando il S. Sacramento
Canon Romanus
È consuetudine alla fine del Prefazio, che gli accòliti accendano almeno due candelabri, che spegneranno dopo la Comunione. Il Sacerdote, finito il Prefazio, allarga, eleva un po’ e congiunge le mani, alza gli occhi al cielo, li riabbassa sùbito, e profondamente inchinato, con le mani sopra l’Altare, dice a voce molto bassa (tutto il Canone è detto sottovoce):
Te ígitur, clementíssime Pater, per Iesum Christum Filium tuum Dóminum nostrum, súpplices rogámus, ac pétimus bacia l'Altare e, congiunte le mani davanti al petto
uti accépta hábeas, et benedícas
hæc
sacrifícia illibáta.
per la Chiesa
allargate le mani In primis, quæ tibi offérimus pro Ecclésia tua sancta cathólica: quam pacificáre, custodíre, adunáre et régere dignéris toto orbe terrárum: una cum fámulo tuo (inchina il capo al nome del Papa e, quando è presente, del Vescovo) Papa nostro N.…, et Antístite nostro N.… (a Roma: una cum fámulo tuo Papa nostro N.…) et ómnibus orthodóxis, atque cathólicæ, et apostólicæ fidei cultóribus.
Meménto, Dómine, famulórum,
famularúmque tuárum
N.… et
N.…
congiunge le mani e prega un po’ per coloro per i quali intende pregare;
quindi stende le mani
et ómnium circumstántium, quorum tibi fides cógnita est, et nota
devótio, pro quibus tibi offérimus: vel qui tibi offerunt hoc
sacrifícium láudis, pro se, suísque ómnibus: pro redemptióne animárum
suárum, pro spe salútis, et incolumitátis suæ: tibíque reddunt vota sua
ætérno Deo, vivo et vero.
In Comunione con i Santi e i Padri nella Fede
Communicántes, et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: * __________________________________________________
Communicántes, et diem sacratíssimum (nella S. Messa di mezzanotte si dice: et noctem sacratíssimam) celebrántes, quo (qua) beátæ Maríæ intemeráta virgínitas huic modo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in prímis eiúsdem gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *
Communicántes dell’Epifania Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo Unigénitus tuus, in tua tecum glória coætérnus, in veritáte carnis nostræ visibíliter corporális appáruit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *
Communicántes, et diem sacratíssimum (in Missa de Sabbato Sancto dicitur: et noctem sacratíssimam) celebrántes Resurrectiónis Dómini nostri Iesu Christi secúndum carnem: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *
Communicántes dell’Ascensione Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo Dóminus noster, unigénitus Fílius tuus, unítam sibi fragilitátis nostræ substántiam in glóriæ tuæ déxtera collocávit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *
Communicántes di Pentecoste e dell’Ottava Communicántes, et diem sacratíssimum Pentecóstes celebrántes, quo Spíritus Sanctus Apóstolis innúmeris linguis appáruit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: * __________________________________________________
Tiene estese sulle offerte le mani [le quali si tengono tra loro per i pollici incrociati]
Il Sacerdote presenta a Dio
Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quǽsumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum iúbeas grege numerári. Congiunge le mani Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
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Hanc ígitur di Pasqua e di Pentecoste
Hanc
ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quam
tibi offérimus pro his quoque, quos regeneráre dignátus es ex aqua et
Spíritu Sancto, tríbuens eis remissiónem ómnium peccatórum, quǽsumus,
Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas,
atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum iúbeas
grege numerári. __________________________________________________
il Sacerdote prega che le oblata si convertano nel Corpo e nel Sangue
di Cristo
Il Sacerdote in Persona Christi
Qui
pridie quam paterétur
prende l'ostia
accépit panem in sanctas ac venerábiles manus suas
alza gli occhi al cielo
et elevátis óculis in coélum, ad te Deum Patrem suum omnipoténtem,
china
il capo
tibi grátias ágens, fa un segno di croce sull'ostia
bene
Le Parole Consacratorie per il Pane
HOC EST ENIM CORPUS MEUM.
Dette queste parole, subito genuflette e adora l’Ostia consacrata: si rialza, La eleva per mostrarLa ai fedeli, La ripone sul corporale, e, genuflesso La adora ancora. Non disgiunge piú gli indici dai pollici di ciascuna mano fino all’abluzione delle dita, tranne che non debba prendere l’Ostia (per i vari oggetti userà le restanti dita o l’interspazio tra indice e medio). Quindi, rimossa la palla, prende il calice.
Símili
modo póstquam cenátum est con
ambo le mani prende il calice (il nodo del Calice nell’incavo tra
l’indice e il medio della mano destra, la base del calice poggia sul
medio della sinistra)
accípiens et hunc præclárum cálicem in sanctas ac venerábiles manus suas:
item,
china
il capo
tibi grátias ágens
tenendo con la sinistra il calice, vi traccia sopra un segno di croce
bene
Il Sacerdote poggia gli avambracci sull’altare come se si facesse tutt'uno con l’altare e dice le parole della consacrazione sul calice: accuratamente, senza interruzione e sempre in segreto, tenendolo un po’ elevato.
Le Parole Consacratorie per il Vino
HIC
EST ENIM
CALIX
SÁNGUINIS MEI,
Hæc quotiescúmque fecéritis, in mei memóriam faciétis. genuflesso adora il Calice: si rialza, Lo eleva per mostrarLo ai fedeli, Lo depone, Lo copre, e, genuflesso Lo adora ancora. Quindi, allargate le mani.
Supra
quæ propítio ac seréno
vultu respícere dignéris: et accépta habére, sícuti accépta habére
dignátus es múnera púeri tui iusti Abel, et sacrifícium Patriárchæ
nostri Abrahæ: et quod tibi óbtulit summus sacérdos tuus Melchísedech,
sanctum sacrifícium, immaculátam hóstiam.
Il Sacerdote supplica l'Angelo che porti la sua offerta sull'Altare
del Cielo
Súpplices
te rogámus, omnípotens
Deus: iube hæc perférri per manus sancti Angeli tui in sublíme altáre
tuum, in conspéctu divinæ maiestátis tuæ: ut quotquot,
bacia l'Altare
ex hac altáris
participatióne sacrosánctum Fílii tui
congiunge le mani e traccia un segno di croce prima sull'Ostia e poi
sul Calice
Cór
Meménto étiam, Dómine, famulórum famularúmque tuárum N.… et N.… qui nos præcessérunt cum signo fídei, et dórmiunt in somno pacis.
Congiunge le mani, prega un po’ per i defunti per i quali intende pregare, quindi, allargate le mani.
Ipsis, Dómine, et ómnibus in Christo quiescéntibus, locum refrigérii, lucis et pacis, ut indúlgeas, deprecámur. Congiunge le mani e china il capo Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.
Il sacrificio del Cristo
Per
ip
[NB: il Diacono non alza il Calice alla “piccola elevazione” (Per ipsum) ma si limita a scoprirlo e ricoprirlo]
Per ómnia sǽcula sæculórum.
I fedeli rispondono: Amen.
III. COMMUNIO
Pater noster
Il Sacerdote congiunte le mani recita o canta:
Orémus.
Con tutta l’assemblea, che si rialza, il Celebrante recita il Pater, (nelle messe cantate canta il Pater Noster da solo fino a tentatiónem).(Nelle Messe basse l'assemblea può recitare insieme al celebrante il Pater Noster)
Allarga le mani.
Pater noster,
qui es in cælis,
Sed libera nos a malo. V/. (in segreto) Amen.
Il Sacerdote prende da sotto il corporale la patena (o la riceve dal Suddiacono, che a metà del Pater ha deposto il velo omerale ed è salito in cornu Epistulae), reggendola fra l'indice e il medio della destra, la tiene diritta sull’Altare, e dice sottovoce:
Líbera nos, quǽsumus, Dómine, ab ómnibus malis, prætéritis, præsentibus et futúris: et intercedénte beáta et gloriósa semper Vírgine Dei Genetríce Maria, cum beátis Apóstolis tuis Petro et Paulo, atque Andréa, et ómnibus Sanctis si fa il segno di croce con la patena da propítius pacem in diébus nostris: bacia la patena ut, ope misericórdiæ tuæ adiúti, et a peccáto simus semper líberi, et ab ómni pertubatióne secúri.
Frazione dell’Ostia
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Dopo, genuflette, con la mano sinistra prende
la pisside o la patena con il Sacramento, prende con la mano
destra una particola, tra l’indice e il pollice, e tenendola
un po’ elevata, rivolgendosi ai comunicandi, in mezzo
all'Altare, dice: Il Celebrante stando davanti la corporale inizia la purificazione.
Purifica il Calice
Quod ore súmpsimus, Dómine, pura mente capiámus: et de múnere temporáli fiat nobis remédium sempitérnum.
Purifica le dita
NB: se il Sacerdote prevede di dover celebrare un’altra Messa nell’arco di tre ore, non usa il vino nelle abluzioni ma solo l’acqua, perché non rompa il digiuno eucaristico.
Quando il Suddiacono ha ricevuto gli Ordini Maggiori, è lui, dopo le abluzioni del Sacerdote, a sistemare il calice, portandolo poi alla credenza.
Il Ministrante riporta il Messale dal lato dell’Epistola. Quindi il
Sacerdote, a mani giunte, legge l’antifona della Comunione,
sottovoce se la sta eseguendo in canto la schola. |
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Dopo, con le mani congiunte, sul petto, va in mezzo all’Altare e, baciatolo, si volge verso i fedeli e dice:
R/. Et cum spíritu tuo.
Si sposta al lato dell’Epistola presso il Messale
V/. Orémus.
POSTCOMMUNIO
Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto alla Croce.
Ultimata la recita delle orazioni del Postcommunio, il Sacerdote si appresta al congedo dei fedeli, impartendo anche la benedizione. _____________________________________________________________________
Durante il tempo quaresimale, fino al Mercoledì Santo incluso, nelle Messe della feria, dopo il postcomunio e le eventuali commemorazioni, il Celebrante recita l’orazione sul popolo. Questa tradizione viene dalle Messe dette Stazionali, ovvero quelle Messe che si svolgevano nelle varie Chiese di Roma dove il Papa che Celebrava la Messa, prima di congedare i fedeli, benediceva con l’ultima Orazione il popolo romano radunato. Allora l’orazione sul popolo era più frequente; ora, nella Messale Romano, si ha soltanto in questo periodo.
Il Celebrante dice: Oremus
Il Diacono dice o canta: Humiliáte cápite vestra Deo.
Il Celebrante prosegue con l’Orazione e la conclude come al solito. _______________________________________________________
Dimissio et Benedictione
Congedo dei fedeli
Il Sacerdote, finite le orazioni del Postcommunio (e l’Oratione Super Populum in quaresima), chiude il Messale, e congiunte le mani sul petto, va in mezzo all’Altare, lo bacia, si volge verso i fedeli, e dice a voce alta o canta (la melodia è del Kyriale ma gli è porta in una tabella dal Cerimoniere):
R/. Et cum spíritu tuo.
R/. Deo grátias. Quando c’è il Diacono, è lui a cantare l’Ite Missa est.
__________________________________________________ Nelle Messe a cui segue una processione la conclusione è:
R/. Deo grátias.
Nelle Messe dei defunti viene detto, col Sacerdote rivolto verso l’Altare:
R/. Amen.
Nell’ottava di Pasqua, nelle S. Messe del Tempo, all’Ite, Missa est e al seguente Deo gratias, si aggiunge: Allelúia, allelúia. __________________________________________________
Nelle Messe in cui si dice: Benedicamus Domino o Requiescant in pace, non si dà la benedizione, ma, recitato il Placeat tibi e baciato l’Altare, il Sacerdote legge subito l’Ultimo Vangelo.
R/. Amen. __________________________________________________
Benedizione pontificale
Il Vescovo dice: Sit nomen Domini benedictum.
Tutti rispondono : Ex hoc nunc et usque in sæculum.
V/. Adiutorium nostrum in nomine Domini. R/. Qui fecit cælum et terram.
Quindi unendo prima le mani e subito dopo estendendo la mano destra dice: Benedicat vos omnipotens Deus,
Fa tre segni di croce sul popolo dicendo:
Pater,
Tutti rispondono: Amen. _________________________________________________
Ultimum Evangelium
L’Ultimo Vangelo si omette: nelle S. Messe in cui si dice Benedicamus Domino o Requiescant in pace, nella terza S. Messa di Natale, nella S. Messa delle Palme seguita dalla benedizione e dalla processione dei rami, nelle S. Messe della vigilia di Pasqua.
R/. Et cum spíritu tuo.
R/. Glória tibi, Dómine.
Preci Leonine
Nelle Messe basse (non cantate o solenni) il Sacerdote, prima di recarsi in sagrestia, recita in ginocchio, le preghiere ai piedi dell’Altare, che legge in una tabella portagli dal Ministrante. Le tre Ave Maria sono alternate coi fedeli, la Salve Regina è detta da tutti, e, dopo il versetto, il Sacerdote prosegue con le due orazioni. Queste preghiere si possono tralasciare nelle S. Messe cantate.
V/. Ave Maria, gratia plena, Dóminus tecum; benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui, Iesus.
R/. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostræ. Amen.
L'Ave Maria si ripete per tre volte.
R/. Ut digni efficiámur promissiónibus Christi.
R/. Amen.
V/. Sancte Míchæl Archángele, defénde nos in prælio, contra nequítiam et insídias diáboli esto præsídium. Imperet illi Deus, súpplices deprecámur: tuque, Prínceps militiæ cœléstis, Sátanam aliósque spíritus malígnos, qui ad perditiónem animárum pervagántur in mundo, divina virtúte, in inférnum detrúde. R/. Amen.
V/. Cor Iesu sacratíssimum (si ripete per tre volte). R/. Miserére nobis.
Canto finale
Mentre il Sacerdote si avvia in Sacrestia il Coro può eseguire il Canto Finale. Si può utilizzare una Antifona Mariana, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia), oppure un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo.
I fedeli si soffermano ancora in chiesa per ringraziare Iddio per tutte le grazie che benignamente gli concede, e per pregare secondo le loro intenzioni.
Il Sacerdote, ritornando in sacrestia, recita il Cantico di Daniele, seguito da altre preghiere.
Questa parte non è mai facoltativa.
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