CONGREGAZIONE
PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
ISTRUZIONE
Redemptionis
sacramentum
su
alcune cose che si devono osservare ed evitare
circa la Santissima Eucaristia
INDICE
Proemio
[1-13]
Capitolo
I
La
regolamentazione della sacra Liturgia [14-18]
1.
Il Vescovo diocesano, grande Sacerdote del suo gregge [19-25]
2. Le Conferenze dei Vescovi [26-28]
3. I Sacerdoti [29-33]
4. I Diaconi [34-35]
Capitolo
II
La
partecipazione dei fedeli laici alla celebrazione dell’Eucaristia
1.
Una partecipazione attiva e consapevole [36-42]
2. I compiti dei fedeli laici nella celebrazione della Messa [43-47]
Capitolo
III
La
retta celebrazione della santa Messa
1.
La materia della Santissima Eucaristia [48-50]
2. La Preghiera eucaristica [51-56]
3. Le altri parti della Messa [57-74]
4. L’unione dei vari riti con la celebrazione della Messa [75-79]
Capitolo
IV
La
santa Comunione
1.
Disposizioni per ricevere la santa Comunione [80-87]
2. La distribuzione della santa Comunione [88-96]
3. La Comunione dei Sacerdoti [97-99]
4. La Comunione sotto le due specie [100-107]
Capitolo
V
Altri
aspetti riguardanti l’Eucaristia
1.
Il luogo della celebrazione della santa Messa [108-109]
2. Circostanze varie relative alla santa Messa [110-116]
3. I vasi sacri [117-120]
4. Le vesti liturgiche [121-128]
Capitolo
VI
La
conservazione della Santissima Eucaristia e il suo culto fuori della Messa
1.
La conservazione della Santissima Eucaristia [129-133]
2. Altre forme di culto della Santissima Eucaristia fuori della Messa
[134-141]
3. Le processioni e i Congressi eucaristici [142-145]
Capitolo
VII
I
compiti straordinari dei fedeli laici [146-153]
1.
Il ministro straordinario della santa Comunione [154-160]
2. La predicazione [161]
3. Le celebrazioni particolari che si svolgono in assenza del Sacerdote
[162-167]
4. Coloro che sono stati dimessi dallo stato clericale [168]
Capitolo
VIII
I
rimedi [169-171]
1.
Graviora delicta [172]
2. Atti gravi [173]
3. Altri abusi [174-175]
4. Il Vescovo diocesano [176-180]
5. La Sede Apostolica [181-182]
6. Segnalazioni di abusi in materia liturgica [183-184]
Conclusione
[185-186]
PROEMIO
[1.]
Nella Santissima Eucaristia la Madre Chiesa riconosce con ferma fede,
accoglie con gioia, celebra e venera con atteggiamento adorante il
sacramento della Redenzione,[1]
annunciando la morte di Cristo Gesù, proclamando la sua resurrezione,
nell’attesa della sua venuta nella gloria,[2]
come Signore e Dominatore invincibile, Sacerdote eterno e Re
dell’universo, per offrire alla maestà infinita del Padre onnipotente il
regno di verità e di vita.[3]
[2.]
La dottrina della Chiesa sulla Santissima Eucaristia, in cui è contenuto
l’intero bene spirituale della Chiesa, ovvero Cristo stesso, nostra
Pasqua,[4] fonte e culmine[5]
di tutta la vita cristiana, il cui influsso causale è alle origini stesse
della Chiesa,[6] è stata esposta
con premurosa sollecitudine e grande autorevolezza nel corso dei secoli
negli scritti dei Concili e dei Sommi Pontefici. Recentemente, inoltre,
nella Lettera Enciclica «Ecclesia
de Eucharistia» il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha nuovamente
esposto sul medesimo argomento alcuni aspetti di grande importanza per il
contesto ecclesiale della nostra epoca.[7]
In
particolare, il Sommo Pontefice, affinché la Chiesa tuteli debitamente
anche al giorno d’oggi un così grande mistero nella celebrazione della
sacra Liturgia, ha dato disposizione a questa Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti[8]
di preparare, d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, la
presente Istruzione, in cui fossero trattate alcune questioni concernenti la
disciplina del sacramento dell’Eucaristia. Quanto appare in questa
Istruzione va, pertanto, letto in continuità con la citata Lettera
Enciclica «Ecclesia
de Eucharistia».
Tuttavia,
non si ha l’intenzione di offrire in essa l’insieme delle norme relative
alla Santissima Eucaristia, quanto piuttosto di riprendere con tale
Istruzione alcuni elementi, che risultano tuttora validi nella normativa già
esposta e stabilita, per rafforzare il senso profondo delle norme
liturgiche,[9] e indicarne altri
che spieghino e completino i precedenti, illustrandoli ai Vescovi, ma anche
ai Sacerdoti, ai Diaconi e a tutti i fedeli laici, affinché ciascuno li
metta in pratica secondo il proprio ufficio e le proprie possibilità.
[3.]
Le norme contenute in questa Istruzione si considerino inerenti alla materia
liturgica nell’ambito del Rito romano e, con le opportune varianti, degli
altri Riti della Chiesa latina giuridicamente riconosciuti.
[4.]
«Non c’é dubbio che la riforma liturgica del Concilio abbia portato
grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione
dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare».[10]
Tuttavia, «non mancano delle ombre».[11]
Non si possono, pertanto, passare sotto silenzio gli abusi, anche della
massima gravità, contro la natura della Liturgia e dei sacramenti, nonché
contro la tradizione e l’autorità della Chiesa, che non di rado ai nostri
giorni in diversi ambiti ecclesiali compromettono le celebrazioni
liturgiche. In alcuni luoghi gli abusi commessi in materia liturgica sono
all’ordine del giorno, il che ovviamente non può essere ammesso e deve
cessare.
[5.]
L’osservanza delle norme emanate dall’autorità della Chiesa esige
conformità di pensiero e parola, degli atti esterni e della disposizione
d’animo. Una osservanza puramente esteriore delle norme, come è evidente,
contrasterebbe con l’essenza della sacra Liturgia, nella quale Cristo
Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con lui «un solo corpo e
un solo spirito».[12] L’atto
esterno deve essere, pertanto, illuminato dalla fede e dalla carità che ci
uniscono a Cristo e gli uni agli altri e generano l’amore per i poveri e
gli afflitti. Le parole e i riti della Liturgia sono, inoltre, espressione
fedele maturata nei secoli dei sentimenti di Cristo e ci insegnano a sentire
come lui:[13] conformando a
quelle parole la nostra mente, eleviamo al Signore i nostri cuori. Quanto
detto nella presente Istruzione intende condurre a tale conformità dei
sentimenti nostri con quelli di Cristo, espressi nelle parole e nei riti
della Liturgia.
[6.]
Tali abusi, infatti, «contribuiscono ad oscurare la retta fede e la
dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento».[14]
In questo modo si impedisce pure «ai fedeli di rivivere in un certo senso
l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: “E i loro occhi si aprirono e
lo riconobbero”».[15]
Davanti alla potenza e alla divinità[16]
di Dio e allo splendore della sua bontà, particolarmente visibile nel
sacramento dell’Eucaristia, si addice, infatti, che tutti i fedeli nutrano
e manifestino quel senso dell’adorabile maestà di Dio, che hanno ricevuto
attraverso la passione salvifica del Figlio Unigenito.[17]
[7.]
Gli abusi non di rado si radicano in un falso concetto di libertà. Dio, però,
ci concede in Cristo non quella illusoria libertà in base alla quale
facciamo tutto ciò che vogliamo, ma la libertà, per mezzo della quale
possiamo fare ciò che è degno e giusto.[18]
Ciò vale invero non soltanto per quei precetti derivati direttamente da
Dio, ma anche, considerando convenientemente l’indole di ciascuna norma,
per le leggi promulgate dalla Chiesa. Da ciò la necessità che tutti si
conformino agli ordinamenti stabiliti dalla legittima autorità
ecclesiastica.
[8.]
Si deve, inoltre, notare con grande amarezza la presenza di «iniziative
ecumeniche che, pur generose nelle intenzioni, indulgono qua e là a prassi
eucaristiche contrarie alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua
fede». Il dono dell’Eucaristia, tuttavia, «è troppo grande per
sopportare ambiguità e diminuzioni». È, pertanto, opportuno correggere e
definire con maggiore accuratezza alcuni elementi, di modo che anche in
questo ambito «l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore
del suo mistero».[19]
[9.]
Gli abusi trovano, infine, molto spesso fondamento nell’ignoranza, giacché
per lo più si rigetta ciò di cui non si coglie il senso più profondo, né
si conosce l’antichità. Infatti, «dell’afflato e dello spirito» della
stessa sacra Scrittura «sono permeate» appieno «le preghiere, le orazioni
e gli inni e da essa derivano il loro significato le azioni e i segni sacri».[20]
Quanto ai segni visibili, «di cui la sacra Liturgia si serve per
significare le realtà divine invisibili, essi sono stati scelti da Cristo o
dalla Chiesa».[21] Infine, le
strutture e le forme delle sacre celebrazioni, secondo la tradizione di
ciascun rito sia d’Oriente sia d’Occidente, sono in sintonia con la
Chiesa universale anche per quanto riguarda usi universalmente accolti dalla
ininterrotta tradizione apostolica,[22]
che è compito proprio della Chiesa trasmettere fedelmente e con cura alle
future generazioni. Tutto ciò viene sapientemente custodito e salvaguardato
dalle norme liturgiche.
[10.]
La stessa Chiesa non ha alcuna potestà rispetto a ciò che è stato
stabilito da Cristo e che costituisce parte immutabile della Liturgia.[23]
Se fosse, infatti, spezzato il legame che i sacramenti hanno con Cristo
stesso, che li ha istituiti, e con gli eventi su cui la Chiesa è fondata,[24]
ciò non sarebbe di nessun giovamento per i fedeli, ma nuocerebbe a loro
gravemente. La sacra Liturgia, infatti, è intimamente collegata con i
principi della dottrina[25] e
l’uso di testi e riti non approvati comporta, di conseguenza, che si
affievolisca o si perda il nesso necessario tra la lex orandi e la lex
credendi.[26]
[11.]
Troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia «perché qualcuno possa
permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il
carattere sacro e la dimensione universale».[27]
Chi al contrario, anche se Sacerdote, agisce così, assecondando proprie
inclinazioni, lede la sostanziale unità del rito romano, che va tenacemente
salvaguardata,[28] e compie
azioni in nessun modo consone con la fame e sete del Dio vivente provate
oggi dal popolo, né svolge autentica attività pastorale o corretto
rinnovamento liturgico, ma priva piuttosto i fedeli del loro patrimonio e
della loro eredità. Atti arbitrari, infatti, non giovano a un effettivo
rinnovamento,[29] ma ledono il
giusto diritto dei fedeli all’azione liturgica che è espressione della
vita della Chiesa secondo la sua tradizione e la sua disciplina. Inoltre,
introducono elementi di deformazione e discordia nella stessa celebrazione
eucaristica che, in modo eminente e per sua natura, mira a significare e
realizzare mirabilmente la comunione della vita divina e l’unità del
popolo di Dio.[30] Da essi
derivano insicurezza dottrinale, perplessità e scandalo del popolo di Dio
e, quasi inevitabilmente, reazioni aspre: tutti elementi che nel nostro
tempo, in cui la vita cristiana risulta spesso particolarmente difficile in
ragione del clima di «secolarizzazione», confondono e rattristano
notevolmente molti fedeli.[31]
[12.]
Tutti i fedeli, invece, godono del diritto di avere una liturgia vera e in
particolar modo una celebrazione della santa Messa che sia così come la
Chiesa ha voluto e stabilito, come prescritto nei libri liturgici e dalle
altre leggi e norme. Allo stesso modo, il popolo cattolico ha il diritto che
si celebri per esso in modo integro il sacrificio della santa Messa, in
piena conformità con la dottrina del Magistero della Chiesa. È, infine,
diritto della comunità cattolica che per essa si compia la celebrazione
della Santissima Eucaristia in modo tale che appaia come vero sacramento di
unità, escludendo completamente ogni genere di difetti e gesti che possano
generare divisioni e fazioni nella Chiesa.[32]
[13.]
Tutte le norme e i richiami esposti in questa Istruzione si connettono, sia
pure in vario modo, con il compito della Chiesa, a cui spetta di vigilare
sulla retta e degna celebrazione di questo grande mistero. Dei vari gradi
con cui le singole norme si raccordano con la legge suprema di tutto il
diritto ecclesiastico, che è la cura per la salvezza delle anime, tratta
l’ultimo capitolo della presente Istruzione.[33]
Capitolo
I
LA
REGOLAMENTAZIONE DELLA SACRA LITURGIA
[14.]
«Regolamentare la sacra Liturgia compete unicamente all’autorità della
Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel
Vescovo Sacrae».[34]
[15.]
Il Romano Pontefice, «Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa
universale, in forza del suo ufficio ha potestà ordinaria, suprema, piena,
immediata e universale sulla Chiesa, che può sempre esercitare liberamente»,[35]
anche comunicando con i pastori e i fedeli.
[16.]
È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra Liturgia della
Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici e autorizzarne le versioni
nelle lingue correnti, nonché vigilare perché gli ordinamenti liturgici,
specialmente quelli attraverso i quali è regolata la celebrazione del
Santissimo Sacrificio della Messa, siano osservati fedelmente ovunque.[36]
[17.]
La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti «si
occupa di tutto ciò che, salva la competenza della Congregazione per la
Dottrina della Fede, spetta alla Sede Apostolica circa la regolamentazione e
la promozione della sacra Liturgia, in primo luogo dei Sacramenti. Essa
favorisce e tutela la disciplina dei sacramenti, specialmente per quanto
attiene alla loro valida e lecita celebrazione». Infine, «esercita attenta
vigilanza perché siano osservate esattamente le disposizioni liturgiche, se
ne prevengano gli abusi e, laddove essi siano scoperti, vengano eliminati».[37]
In questa materia, secondo la tradizione di tutta la Chiesa, è predominante
la sollecitudine per la celebrazione della santa Messa e per il culto che si
tributa alla Santissima Eucaristia anche fuori della Messa.
[18.]
I fedeli hanno il diritto che l’autorità ecclesiastica regoli pienamente
ed efficacemente la sacra Liturgia, in modo tale che essa non sembri mai «proprietà
privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si
celebrano i Misteri».[38]
1.
Il Vescovo diocesano, grande Sacerdote del suo gregge
[19.]
Il Vescovo diocesano, primo dispensatore dei misteri di Dio, è
moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa
particolare a lui affidata.[39]
Infatti, «il Vescovo, insignito della pienezza del sacramento
dell’Ordine, è l’“economo della grazia del supremo sacerdozio”[40]
specialmente nell’Eucaristia, che offre egli stesso o fa offrire,[41]
e della quale la Chiesa continuamente vive e cresce».[42]
[20.]
Si ha, infatti, una precipua manifestazione della Chiesa ogni volta che
si celebra la Messa, specialmente nella chiesa cattedrale, «nella
partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio, […]
all’unica preghiera, all’unico altare, cui presiede il Vescovo»,circondato
dai suoi Sacerdoti, Diaconi e ministri.[43]
Inoltre, ogni«legittima celebrazione dell’Eucaristia è diretta dal
Vescovo, al quale è affidato l’ufficio di prestare e regolare il culto
della religione cristiana alla Divina Maestà secondo i precetti del Signore
e le leggi della Chiesa, dal suo particolare giudizio ulteriormente
determinate per la sua diocesi».[44]
[21.]
Infatti, al Vescovo «diocesano spetta, entro i limiti della sua competenza,
dare norme in materia liturgica nella Chiesa a lui affidata, alle quali
tutti sono tenuti».[45]
Tuttavia, il Vescovo vigili sempre che non venga meno quella libertà, che
è prevista dalle norme dei libri liturgici, di adattare, in modo
intelligente, la celebrazione sia all’edificio sacro sia al gruppo dei
fedeli sia alle circostanze pastorali, cosicché l’intero rito sacro sia
effettivamente rispondente alla sensibilità delle persone.[46]
[22.]
Il Vescovo regge la Chiesa particolare a lui affidata[47]
ed è suo compito regolamentare, dirigere, spronare, talvolta anche
riprendere,[48] adempiendo il
sacro ufficio che egli ha ricevuto mediante l’ordinazione episcopale[49]
per l’edificazione del suo gregge nella verità e nella santità.[50]
Illustri il genuino senso dei riti e dei testi liturgici e alimenti nei
Sacerdoti, nei Diaconi e nei fedeli lo spirito della sacra Liturgia,[51]
perché tutti siano condotti ad un’attiva e fruttuosa celebrazione
dell’Eucaristia,[52] e
assicuri parimenti che tutto il corpo ecclesiale proceda unanime,
nell’unità della carità, sul piano diocesano, nazionale, universale.[53]
[23.]
I fedeli«devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù
Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano concordi nell’unità e
crescano per la gloria di Dio».[54]
Tutti, anche i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di
vita apostolica, e di tutte quante le associazioni o movimenti ecclesiali di
qualsiasi genere, sono soggetti all’autorità del Vescovo diocesano in
tutto ciò che riguarda la materia liturgica,[55]
salvo i diritti legittimamente concessi. Compete, dunque, al Vescovo
diocesano il diritto e il dovere di vigilare e verificare, riguardo alla
materia liturgica,le chiese e gli oratori situati nel suo territorio, come
anche quelle fondate o dirette dai membri dei sopra menzionati istituti, se
ad esse abitualmente accedono i fedeli.[56]
[24.]
Da parte sua, il popolo cristiano ha il diritto che il Vescovo diocesano
vigili affinché non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica,
specialmente riguardo al ministero della parola, alla celebrazione dei
sacramenti e dei sacramentali, al culto di Dio e dei santi.[57]
[25.]
Le commissioni, i consiglio comitati costituiti dal Vescovo, perché
contribuiscano «a promuovere la Liturgia, la musica e l’arte sacra nella
sua diocesi», agiranno secondo il pensiero e le direttive del Vescovo e
dovranno poter contare sulla sua autorità e sulla sua ratifica per svolgere
convenientemente il proprio compito[58]
e perché sia mantenuto l’effettivo governo del Vescovo nella sua diocesi.
Riguardo a tutti questi gruppi, agli altri istituti e a qualsiasi iniziativa
in materia liturgica, i Vescovi si chiedano, come già da tempo risulta
urgente, se sia stata finora fruttuosa[59]
la loro attività e valutino attentamente quali correttivi o miglioramenti
vadano inseriti nella loro struttura e nella loro attività,[60]
affinché trovino nuovo vigore. Si tenga sempre presente che gli esperti
vanno scelti tra coloro, la cui solidità nella fede cattolica e la cui
preparazione in materia teologica e culturale siano riconosciute.
2.
Le Conferenze dei Vescovi
[26.]
Ciò vale anche per quelle commissioni attinenti alla medesima materia che,
su sollecitazione del Concilio,[61]
sono istituite dalla Conferenza dei Vescovi e i cui membri è necessario che
siano Vescovi e siano ben distinti dagli esperti coadiutori. Qualora il
numero di membri di una Conferenza dei Vescovi non risulti sufficiente perché
si possa senza difficoltà trarre da loro e istituire una commissione
liturgica, si nomini un consiglio o gruppo di esperti che, sempre sotto la
presidenza di un Vescovo, adempia per quanto possibile a tale compito,
evitando però il nome di «Commissione liturgica».
[27.]
La Sede Apostolica ha notificato fin dal 1970[62]
la cessazione di tutti gli esperimenti relativi alla celebrazione della
santa Messa ed ha ribadito tale cessazione nel 1988.[63]
Pertanto, i singoli Vescovi e le loro Conferenze non hanno alcuna facoltà
di permettere gli esperimenti riguardo ai testi e ad altro che non sia
prescritto nei libri liturgici. Per poter praticare in avvenire tali
esperimenti è necessario il permesso della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dato per iscritto e richiesto dalle
Conferenze dei Vescovi. Esso, tuttavia, non verrà concesso se non per grave
causa. Quanto alle iniziative di inculturazione in materia liturgica, si
osservino rigorosamente e integralmente le norme specificamente stabilite.[64]
[28.]
Tutte le norme attinenti alla materia liturgica, stabilite a norma del
diritto da una Conferenza dei Vescovi per il proprio territorio, vanno
sottoposte alla recognitio della Congregazione per il Culto Divino e
la Disciplina dei Sacramenti, senza la quale non posseggono alcuna forza
obbligante.[65]
3.
I Sacerdoti
[29.]
I Sacerdoti, validi, provvidi e necessari collaboratori dell’ordine
episcopale,[66] chiamati a
servire il popolo di Dio, costituiscono con il loro Vescovo un unico
presbiterio,[67] sebbene
destinato a uffici diversi. «Nelle singole comunità locali di fedeli
rendono, per così dire, presente il Vescovo, cui sono uniti con animo
fiducioso e grande, ne condividono, secondo il loro grado, gli uffici e la
sollecitudine e li esercitano con dedizione quotidiana». E «per questa
loro partecipazione nel sacerdozio e nella missione, i Sacerdoti riconoscano
nel Vescovo il loro padre e gli obbediscano con rispettoso amore».[68]
Inoltre, «sempre intenti al bene dei figli di Dio, cerchino di portare il
loro contributo al lavoro pastorale di tutta la diocesi, anzi, di tutta la
Chiesa».[69]
[30.]
Grande è la responsabilità «che hanno nella celebrazione eucaristica
soprattutto i Sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona
Christi, assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non
solo alla comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche
alla Chiesa universale, che è sempre chiamata in causa dall’Eucaristia.
Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della
riforma liturgica dopo il Concilio Vaticano II, per un malinteso senso di
creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo
di sofferenza per molti».[70]
[31.]
In coerenza con quanto da loro promesso nel rito della sacra ordinazione e
rinnovato di anno in anno nel corso della Messa crismale, i Sacerdoti
celebrino «devotamente e con fede i misteri di Cristo a lode di Dio e
santificazione del popolo cristiano, secondo la tradizione della Chiesa,
specialmente nel sacrificio dell’Eucaristia e nel sacramento della
riconciliazione».[71] Non
svuotino il significato profondo del proprio ministero, deformando la
celebrazione liturgica con cambiamenti, riduzioni o aggiunte arbitrarie.[72]
Come disse, infatti, S. Ambrogio: «La Chiesa non è ferita in se stessa,
[…] ma in noi. Guardiamoci, dunque, dal far divenire i nostri sbagli una
ferita per la Chiesa».[73] Si
badi, quindi, che la Chiesa di Dio non riceva offesa da parte dei Sacerdoti,
i quali hanno offerto se stessi al ministero con tanta solennità. Vigilino,
anzi, fedelmente sotto l’autorità del Vescovo, affinché simili
deformazioni non siano commesse da altri.
[32.]
«Il parroco faccia in modo che la Santissima Eucaristia sia il centro
dell’assemblea parrocchiale dei fedeli, si adoperi perché i fedeli si
nutrano mediante la celebrazione devota dei sacramenti e in special modo
perché si accostino frequentemente al sacramento della Santissima
Eucaristia e della penitenza; si impegni inoltre a fare in modo che i fedeli
siano formati alla preghiera, da praticare anche nella famiglia, e
partecipino consapevolmente e attivamente alla sacra Liturgia, di cui il
parroco deve essere il moderatore nella sua parrocchia, sotto l’autorità
del Vescovo diocesano, e sulla quale è tenuto a vigilare perché non si
insinuino abusi».[74] Sebbene
sia opportuno che nella preparazione efficace delle celebrazioni liturgiche,
specialmente della santa Messa, egli sia coadiuvato da vari fedeli, non deve
tuttavia in nessun modo cedere loro quelle prerogative in materia che sono
proprie del loro ufficio.
[33.]
Infine, tutti «i Sacerdoti abbiano cura di coltivare adeguatamente la
scienza e l’arte liturgica, affinché, per mezzo del loro ministero
liturgico, le comunità cristiane ad essi affidate, elevino una lode sempre
più perfetta a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».[75]
Soprattutto, siano pervasi di quella meraviglia e di quello stupore che la
celebrazione del mistero pasquale nell’Eucaristia procura nel cuore dei
fedeli.[76]
4.
I Diaconi
[34.]
I Diaconi, «ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il
servizio»,[77] uomini di buona
reputazione,[78] devono agire,
con l’aiuto di Dio, in modo tale da essere riconosciuti come veri
discepoli di colui,[79] «che
non venne per farsi servire, ma per servire»[80]
e fu in mezzo ai suoi discepoli«come colui che serve».[81]
E fortificati dal dono dello Spirito Santo ricevuto mediante l’imposizione
delle mani, servano il popolo di Dio in comunione con il Vescovo e il suo
presbiterio.[82] Considerino
perciò il Vescovo come padre e siano di aiuto a lui e al suo Presbiterio«nel
ministero della parola, dell’altare e della carità».[83]
[35.]
Non trascurino mai «di custodire il mistero della fede, come dice
l’Apostolo, in una coscienza pura[84]
per annunziare tale fede con le parole e le opere, secondo il Vangelo e la
tradizione della Chiesa»,[85]
servendo con tutto il cuore fedelmente e con umiltà la sacra Liturgia come
fonte e culmine della vita della Chiesa, «affinché tutti, diventati figli
di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano insieme, lodino Dio
nella Chiesa, prendano parte al Sacrificio e alla mensa del Signore».[86]
Pertanto, tutti i Diaconi, per quanto li riguarda, si impegnino a far sì
che la sacra Liturgia sia celebrata a norma dei libri liturgici debitamente
approvati.
Capitolo
II
LA
PARTECIPAZIONE DEI FEDELI LAICI
ALLA CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA
1.
Una partecipazione attiva e consapevole
[36.]
La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e della Chiesa,
costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa sia
universale sia particolare, e per i singoli fedeli,[87]
che«sono interessati in diverso modo, secondo la diversità di ordini, di
compiti, e di partecipazione attiva.[88]
In questo modo il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio regale,
nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”,[89]
manifesta il proprio coerente e gerarchico ordine».[90]
«Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico,
quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia
ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo
modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo».[91]
[37.]
Tutti i fedeli, liberati dai propri peccati e incorporati nella Chiesa
con il Battesimo,dal carattere loro impresso sono abilitati al culto della
religione cristiana,[92]
affinché in virtù del loro regale sacerdozio,[93]
perseverando nella preghiera e lodando Dio,[94]
si manifestino come vittima viva, santa, gradita a Dio e provata in tutte le
loro azioni,[95] diano dovunque
testimonianza di Cristo e a chi la richieda rendano ragione della loro
speranza di vita eterna.[96]
Pertanto,
anche la partecipazione dei fedeli laici alla celebrazione dell’Eucaristia
e degli altri riti della Chiesa non può essere ridotta ad una mera
presenza, per di più passiva, ma va ritenuta un vero esercizio della fede e
della dignità battesimale.
[38.]
L’ininterrotta dottrina della Chiesa sulla natura non soltanto conviviale,
ma anche e soprattutto sacrificale dell’Eucaristia va giustamente
considerata tra i principali criteri per una piena partecipazione di tutti i
fedeli a un così grande sacramento.[97]
«Spogliato del suo valore sacrificale, il mistero viene vissuto come se non
oltrepassasse il senso e il valore di un qualsiasi incontro conviviale e
fraterno».[98]
[39.]
Per promuovere ed evidenziare la partecipazione attiva, la recente riforma
dei libri liturgici ha favorito, secondo le intenzioni del Concilio, le
acclamazioni del popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti,
nonché le azioni o i gesti e l’atteggiamento del corpo e ha provveduto a
far osservare a tempo debito il sacro silenzio, prevedendo nelle rubriche
anche le parti spettanti ai fedeli.[99]
Ampio spazio si dà, inoltre, ad una appropriata libertà di adattamento
fondata sul principio che ogni celebrazione risponda alle necessità, alla
capacità, alla preparazione dell’animo e all’indole dei partecipanti,
secondo le facoltà stabilite dalle norme liturgiche. Nella scelta dei
canti, delle melodie, delle orazioni e delle letture bibliche, nel
pronunciare l’omelia, nel comporre la preghiera dei fedeli, nel rivolgere
talora le monizioni e nell’ornare secondo i vari tempi la chiesa esiste
ampia possibilità di introdurre in ogni celebrazione una certa varietà che
contribuisca a rendere maggiormente evidente la ricchezza della tradizione
liturgica e a conferire accuratamente una connotazione particolare alla
celebrazione, tenendo conto delle esigenze pastorali, così da favorire la
partecipazione interiore. Va, tuttavia, ricordato che l’efficacia delle
azioni liturgiche non sta nella continua modifica dei riti, ma
nell’approfondimento della parola di Dio e del mistero celebrato.[100]
[40.]
Tuttavia, benché la celebrazione della Liturgia possieda indubbiamente tale
connotazione di partecipazione attiva di tutti i fedeli, non ne consegue,
come per logica deduzione, che tutti debbano materialmente compiere qualcosa
oltre ai previsti gesti ed atteggiamenti del corpo, come se ognuno debba
necessariamente assolvere ad uno specifico compito liturgico. La formazione
catechetica provveda, piuttosto, con cura a correggere nozioni e usi
superficiali in merito diffusi in alcuni luoghi negli ultimi anni e a
risvegliare sempre nei fedeli un rinnovato senso di grande ammirazione
davanti alla profondità di quel mistero di fede che è l’Eucaristia,
nella cui celebrazione la Chiesa passa «dal vecchio al nuovo»
ininterrottamente.[101] Nella
celebrazione dell’Eucaristia, infatti, come pure in tutta la vita
cristiana, che da essa trae forza e ad essa tende, la Chiesa, come san
Tommaso Apostolo, si prostra in adorazione davanti al Signore crocifisso,
morto, sepolto e risorto «nella grandezza del suo divino splendore e
esclama in eterno: “Signore mio e Dio mio!”».[102]
[41.]
Per suscitare, promuovere e alimentare il senso interiore della
partecipazione liturgica risultano particolarmente utili la celebrazione
assidua ed estesa della Liturgia delle Ore, l’uso dei sacramentali e gli
esercizi della pietà popolare cristiana. Tali esercizi, «che, sebbene non
riguardino a rigore di diritto la sacra Liturgia, sono invero provvisti di
particolare importanza e dignità», vanno ritenuti, soprattutto quando
risultano elogiati e approvati dallo stesso Magistero,[103]
dotati di un qualche legame con il contesto liturgico, come è specialmente
per la preghiera del Rosario.[104]
Poiché, inoltre, queste opere di pietà guidano il popolo cristiano alla
partecipazione ai sacramenti, e in particolar modo all’Eucaristia, «nonché
alla meditazione dei misteri della nostra redenzione e all’imitazione
degli insigni esempi dei santi in cielo, esse allora ci rendono partecipi
del culto liturgico non senza giovamento di salvezza».[105]
[42.]
È necessario comprendere che la Chiesa non si riunisce per umana volontà,
ma è convocata da Dio nello Spirito Santo, e risponde per mezzo della fede
alla sua vocazione gratuita: il termine ekklesía rimanda, infatti, a
klesis, che significa “chiamata”.[106]
Il sacrificio eucaristico non va poi ritenuto come «concelebrazione» in
senso univoco del Sacerdote insieme con il popolo presente.[107]
Al contrario, l’Eucaristia celebrata dai Sacerdoti è un dono «che supera
radicalmente il potere dell’assemblea […]. La comunità che si riunisce
per la celebrazione dell’Eucaristia necessita assolutamente di un
Sacerdote ordinato che la presieda per poter essere veramente assemblea
eucaristica. D’altra parte, la comunità non è in grado di darsi da sola
il ministro ordinato».[108]
È assolutamente necessaria la volontà comune di evitare ogni ambiguità in
materia e portare rimedio alle difficoltà insorte negli ultimi anni.
Pertanto, si usino soltanto con cautela locuzioni quali «comunità
celebrante» o «assemblea celebrante», o in altre lingue moderne «celebrating
assembly», «asamblea celebrante», «assemblée célébrante», e simili.
2.
I compiti dei fedeli laici nella celebrazione della Messa
[43.]
È giusto e lodevole che per il bene della comunità e di tutta la Chiesa di
Dio alcuni fedeli laici svolgano secondo la tradizione alcuni compiti
attinenti alla celebrazione della sacra Liturgia.[109]
Conviene che siano più persone a distribuirsi tra loro o a svolgere i vari
uffici o le varie parti dello stesso ufficio.[110]
[44.]
Oltre ai ministeri istituiti dell’accolito e del lettore,[111]
tra i suddetti uffici particolari vi sono quelli dell’accolito[112]
e del lettore[113] per
incarico temporaneo, ai quali sono congiunti gli altri uffici descritti nel
Messale Romano,[114] nonché
i compiti di preparare le ostie, di pulire i lini e simili. Tutti«sia
ministri ordinati sia fedeli laici, esercitando il loro ministero o ufficio,
compiano solo e tutto ciò che è di loro competenza»[115]
e tanto nella stessa celebrazione liturgica quanto nella sua preparazione
facciano sì che la Liturgia della Chiesa si svolga con dignità e decoro.
[45.]
Si deve evitare il rischio di oscurare la complementarietà tra l’azione
dei chierici e quella dei laici, così da sottoporre il ruolo dei laici a
una sorta, come si suol dire, di «clericalizzazione», mentre i ministri
sacri assumono indebitamente compiti che sono propri della vita e
dell’azione dei fedeli laici.[116]
[46.]
Il fedele laico chiamato a prestare il suo aiuto nelle celebrazioni
liturgiche occorre che sia debitamente preparato e che si distingua per vita
cristiana, fede, condotta e fedeltà al Magistero della Chiesa. È bene che
costui abbia ricevuto una congrua formazione liturgica, secondo la sua età,
condizione, genere di vita e cultura religiosa.[117]
Non si scelga nessuno, la cui designazione possa destare meraviglia tra i
fedeli.[118]
[47.]
È veramente ammirevole che persista la nota consuetudine che siano presenti
dei fanciulli o dei giovani, chiamati di solito «ministranti», che
prestino servizio all’altare alla maniera dell’accolito, e abbiano
ricevuto, secondo le loro capacità, una opportuna catechesi riguardo al
loro compito.[119] Non si
deve dimenticare che dal novero di questi fanciulli è scaturito nel corso
dei secoli un cospicuo numero di ministri sacri.[120]
Si istituiscano o promuovano per essi delle associazioni, anche con la
partecipazione e l’aiuto dei genitori, con le quali si provveda più
efficacemente alla cura pastorale dei ministranti. Quando tali associazioni
assumono carattere internazionale, spetta alla Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti erigerle o esaminare e approvare i
loro statuti.[121] A tale
servizio dell’altare si possono ammettere fanciulle o donne a giudizio del
Vescovo diocesano e nel rispetto delle norme stabilite.[122]
Capitolo
III
LA
RETTA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA
1.
La materia della Santissima Eucaristia
[48.]
Il pane utilizzato nella celebrazione del santo Sacrificio eucaristico deve
essere azimo, esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che
non ci sia alcun rischio di decomposizione.[123]
Ne consegue, dunque, che quello preparato con altra materia, anche se
cereale, o quello a cui sia stata mescolata materia diversa dal frumento, in
quantità tale da non potersi dire, secondo la comune estimazione, pane di
frumento, non costituisce materia valida per la celebrazione del sacrificio
e del sacramento eucaristico.[124]
È un grave abuso introdurre nella confezione del pane dell’Eucaristia
altre sostanze, come frutta, zucchero o miele. Va da sé che le ostie devono
essere confezionate da persone che non soltanto si distinguano per onestà,
ma siano anche esperte nel prepararle e fornite di strumenti adeguati.[125]
[49.]
In ragione del segno espresso, conviene che qualche parte del pane
eucaristico ottenuto dalla frazione sia distribuito almeno a qualche fedele
al momento della Comunione. «Le ostie piccole non sono comunque affatto
escluse, quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo
esigano»;[126] si usino,
anzi, di solito particole per lo più piccole, che non richiedano ulteriore
frazione.
[50.]
Il vino utilizzato nella celebrazione del santo sacrificio eucaristico
deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né
commisto a sostanze estranee.[127]
Nella stessa celebrazione della Messa va mescolata ad esso una modica
quantità di acqua. Con la massima cura si badi che il vino destinato
all’Eucaristia sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto.[128]
È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza
ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni
necessarie per la validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun
pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere, che non
costituiscono materia valida.
2.
La Preghiera eucaristica
[51.]
Si usino soltanto le Preghiere eucaristiche che si trovano nel Messale
Romano o legittimamente approvate dalla Sede Apostolica secondo i modi e i
termini da essa definiti. «Non si può tollerare che alcuni Sacerdoti si
arroghino il diritto di comporre preghiere eucaristiche»[129]
o modificare il testo di quelle approvate dalla Chiesa,né adottarne altre
composte da privati.[130]
[52.]
La recita della Preghiera eucaristica, che per sua stessa natura è come il
culmine dell’intera celebrazione, è propria del Sacerdote, in forza della
sua ordinazione. È, pertanto, un abuso far sì che alcune parti della
Preghiera eucaristica siano recitate da un Diacono, da un ministro laico
oppure da uno solo o da tutti i fedeli insieme. La Preghiera eucaristica
deve, dunque, essere interamente recitata dal solo Sacerdote.[131]
[53.]
Mentre il Sacerdote celebrante recita la Preghiera eucaristica,«non si
sovrappongano altre orazioni o canti, e l’organo o altri strumenti
musicali tacciano»,[132]
salvo che per le acclamazioni del popolo debitamente approvate, di cui si
veda più avanti.
[54.]
Il popolo, tuttavia, prende parte sempre attivamente e mai in modo meramente
passivo:al Sacerdote«si associ con fede e in silenzio, ed anche con gli
interventi stabiliti nel corso della Preghiera eucaristica, quali sono le
risposte nel dialogo del Prefazio, il Santo, l’acclamazione dopo la
consacrazione e l’Amen dopo la dossologia finale, ed altre acclamazioni
approvate dalla Conferenza dei Vescovi e confermate dalla Santa Sede».[133]
[55.]
In alcuni luoghi è invalso l’abuso per cui il Sacerdote spezza l’ostia
al momento della consacrazione durante la celebrazione della santa Messa.
Tale abuso si compie, però, contro la tradizione della Chiesa e va
riprovato e molto urgentemente corretto.
[56.]
Non si ometta nella Preghiera eucaristica il ricordo del nome del Sommo
Pontefice e del Vescovo diocesano, per conservare un’antichissima
tradizione e manifestare la comunione ecclesiale. Infatti, «lo stesso
radunarsi insieme della comunità eucaristica è anche comunione con il
proprio Vescovo e con il Romano Pontefice».[134]
3.
Le altre parti della Messa
[57.]
È diritto della comunità dei fedeli che ci siano regolarmente, soprattutto
nella celebrazione domenicale, una adeguata e idonea musica sacra e, sempre,
un altare, dei paramenti e sacri lini che splendano, secondo le norme, per
dignità, decoro e pulizia.
[58.]
Parimenti, tutti i fedeli hanno il diritto che la celebrazione
dell’Eucaristia sia diligentemente preparata in tutte le sue parti, in
modo tale che in essa sia degnamente ed efficacemente proclamata e
illustrata la parola di Dio, sia esercitata con cura, secondo le norme, la
facoltà di scelta dei testi liturgici e dei riti, e nella celebrazione
della Liturgia sia debitamente custodita e alimentata la loro fede nelle
parole dei canti.
[59.]
Si ponga fine al riprovevole uso con il quale i Sacerdoti, i Diaconi o anche
i fedeli mutano e alterano a proprio arbitrio qua e là i testi della sacra
Liturgia da essi pronunciati. Così facendo, infatti, rendono instabile la
celebrazione della sacra Liturgia e non di rado ne alterano il senso
autentico.
[60.]
Nella celebrazione della Messa la Liturgia della Parola e la Liturgia
eucaristica sono strettamente congiunte tra loro e formano un solo atto di
culto. Pertanto, non è lecito separare una parte dall’altra, celebrandole
in tempi e luoghi differenti.[135]
Inoltre, non è lecito eseguire singole sezioni della santa Messa in vari
momenti anche di uno stesso giorno.
[61.]
Nello scegliere le letture bibliche da proclamare nella celebrazione della
Messa, si seguano le norme che si trovano nei libri liturgici,[136]
affinché realmente«la mensa della Parola di Dio sia imbandita ai fedeli
con maggiore abbondanza e vengano ad essi aperti più largamente i tesori
della Bibbia».[137]
[62.]
Non è permesso omettere o sostituire di propria iniziativa le letture
bibliche prescritte né sostituire specialmente «le letture e il salmo
responsoriale, che contengono la parola di Dio, con altri testi non biblici».[138]
[63.]
La lettura del Vangelo, che«costituisce il culmine della Liturgia della
Parola»,[139] è riservata,
secondo la tradizione della Chiesa, nella celebrazione della sacra Liturgia
al ministro ordinato.[140]
Non è pertanto consentito a un laico, anche religioso, proclamare il
Vangelo durante la celebrazione della santa Messa e neppure negli altri casi
in cui le norme non lo permettano esplicitamente.[141]
[64.]
L’omelia, che si tiene nel corso della celebrazione della santa Messa ed
è parte della stessa Liturgia,[142]
«di solito è tenuta dallo stesso Sacerdote celebrante o da lui affidata a
un Sacerdote concelebrante, o talvolta, secondo l’opportunità, anche al
Diacono, mai però a un laico.[143]
In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta
anche da un Vescovo o da un Presbitero che partecipa alla celebrazione anche
se non può concelebrare».[144]
[65.]
Va ricordato che, in base a quanto prescritto dal canone 767, § 1, si
ritiene abrogata ogni precedente norma che abbia consentito a fedeli non
ordinati di tenere l’omelia durante la celebrazione eucaristica.[145]
Tale prassi è, di fatto, riprovata e non può, pertanto, essere accordata
in virtù di alcuna consuetudine.
[66.]
Il divieto di ammissione dei laici alla predicazione durante la celebrazione
della Messa vale anche per i seminaristi, per gli studenti di discipline
teologiche, per quanti abbiano ricevuto l’incarico di «assistenti
pastorali», e per qualsiasi altro genere, gruppo, comunità o associazione
di laici.[146]
[67.]
Soprattutto, si deve prestare piena attenzione affinché l’omelia si
incentri strettamente sul mistero della salvezza, esponendo nel corso
dell’anno liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi
liturgici i misteri della fede e le regole della vita cristiana e offrendo
un commento ai testi dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche
altro rito della Chiesa.[147]
Va da sé che tutte le interpretazioni della sacra Scrittura debbano essere
ricondotte a Cristo come supremo cardine dell’economia della salvezza, ma
ciò avvenga tenendo anche conto dello specifico contesto della celebrazione
liturgica. Nel tenere l’omelia si abbia cura di irradiare la luce di
Cristo sugli eventi della vita. Ciò però avvenga in modo da non svuotare
il senso autentico e genuino della parola di Dio, trattando, per esempio,
solo di politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a nozioni
provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra epoca.[148]
[68.]
Il Vescovo diocesano vigili con attenzione sull’omelia,[149]
facendo anche circolare tra i ministri sacri norme, lineamenti e sussidi e
promovendo incontri e altre iniziative apposite, affinché essi abbiano
spesso occasione di riflettere con maggiore accuratezza sulla natura
dell’omelia e trovino un aiuto per quanto concerne la sua preparazione.
[69.]
Non si ammetta nella santa Messa, come nelle altre celebrazioni liturgiche,
un Credo o Professione di fede, che non sia inserito nei libri liturgici
debitamente approvati.
[70.]
Le offerte che i fedeli sono soliti presentare durante la santa Messa
per la Liturgia eucaristica non si riducono necessariamente al pane e al
vino per la celebrazione dell’Eucaristia, ma possono comprendere anche
altri doni che vengono portati dai fedeli sotto forma di denaro o altri beni
utili per la carità verso i poveri. I doni esteriori devono, tuttavia,
essere sempre espressione visibile di quel vero dono che il Signore aspetta
da noi: un cuore contrito e l’amore di Dio e del prossimo, per mezzo del
quale siamo conformati al sacrificio di Cristo che offrì se stesso per noi.
Nell’Eucaristia, infatti, risplende in sommo grado il mistero di quella
carità che Gesù Cristo ha rivelato nell’Ultima Cena lavando i piedi dei
discepoli. Tuttavia, a salvaguardia della dignità della sacra Liturgia
occorre che le offerte esteriori siano presentate in modo adeguato.
Pertanto, il denaro, come pure le altre offerte per i poveri, siano
collocati in un luogo adatto, ma fuori della mensa eucaristica.[150]
Ad eccezione del denaro e, nel caso, in ragione del segno, di una minima
parte degli altri doni, è preferibile che tali offerte vengano presentate
al di fuori della celebrazione della Messa.
[71.]
Si mantenga l’uso del Rito romano di scambiare la pace prima della santa
Comunione, come stabilito nel Rito della Messa. Secondo la tradizione del
Rito romano, infatti, questo uso non ha connotazione né di riconciliazione
né di remissione dei peccati, ma piuttosto la funzione di manifestare pace,
comunione e carità prima di ricevere la Santissima Eucaristia.[151]
È, invece, l’atto penitenziale da eseguire all’inizio della Messa, in
particolare secondo la sua prima forma, ad avere carattere di
riconciliazione tra i fratelli.
[72.]
Conviene«che ciascuno dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più
vicino, in modo sobrio».«Il Sacerdote può dare la pace ai ministri,
rimanendo tuttavia sempre nel presbiterio, per non disturbare la
celebrazione. Così ugualmente faccia se, per qualche motivo ragionevole,
vuol dare la pace ad alcuni fedeli». Nec fiat cantus quidam ad pacem
comitandam sed sine mora procedatur ad «Agnus Dei». «Per ciò che
riguarda il modo di compiere lo stesso gesto di pace, esso è stabilito
dalle Conferenze dei Vescovi […] secondo l’indole e le usanze dei popoli»
e confermato da parte della Sede Apostolica.[152]
[73.]
Nella celebrazione della santa Messa la frazione del pane eucaristico, che
va fatta soltanto ad opera del Sacerdote celebrante, con l’aiuto, se è il
caso, di un Diacono o del concelebrante, ma non di un laico, inizia dopo lo
scambio della pace, mentre si recita l’«Agnello di Dio». Il gesto della
frazione del pane, infatti,«compiuto da Cristo nell’ultima Cena, che sin
dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica,
significa che i molti fedeli, nella Comunione derivante dall’unico pane di
vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo,
costituiscono un solo corpo (1 Cor 10, 17)».[153]
Il rito, pertanto, deve essere eseguito con grande rispetto.[154]
Sia però breve. Si corregga molto urgentemente l’abuso invalso in alcuni
luoghi di prolungare senza necessità tale rito, anche con l’aiuto di
laici contrariamente alle norme, e di attribuirgli una esagerata importanza.[155]
[74.]
Se vi fosse l’esigenza di fornire informazioni o testimonianze di vita
cristiana ai fedeli radunati in Chiesa, è generalmente preferibile che ciò
avvenga al di fuori della Messa. Tuttavia, per una grave causa, si possono
offrire tali informazioni o testimonianze quando il Sacerdote abbia
pronunciato la preghiera dopo la Comunione. Questo uso, tuttavia, non
diventi consueto. Tali informazioni e testimonianze, inoltre, non abbiano un
senso tale da poter essere confuse con l’omelia,[156]
né si può a causa loro totalmente sopprimere l’omelia stessa.
4.
L’unione dei vari riti con la celebrazione della Messa
[75.]
Per una ragione teologica inerente alla celebrazione eucaristica o ad un
rito particolare, i libri liturgici talora prescrivono o permettono la
celebrazione della santa Messa unitamente a un altro rito, specialmente dei
sacramenti.[157] Negli altri
casi, tuttavia, la Chiesa non ammette tale collegamento, soprattutto quando
si tratta di circostanze aventi indole superficiale e vana.
[76.]
Inoltre, secondo l’antichissima tradizione della Chiesa romana, non è
lecito unire il sacramento della Penitenza con la santa Messa in modo tale
che diventi un’unica azione liturgica. Ciò non impedisce, tuttavia, che
dei Sacerdoti, salvo coloro che celebrano o concelebrano la santa Messa,
ascoltino le confessioni dei fedeli che lo desiderino, anche mentre si
celebra la Messa nello stesso luogo, per venire incontro alle necessità dei
fedeli.[158] Ciò tuttavia si
svolga nella maniera opportuna.
[77.]
In nessun modo si combini la celebrazione della santa Messa con il contesto
di una comune cena, né la si metta in rapporto con analogo tipo di
convivio. Salvo che in casi di grave necessità, non si celebri la Messa su
di un tavolo da pranzo[159] o
in un refettorio o luogo utilizzato per tale finalità conviviale, né in
qualunque aula in cui sia presente del cibo, né coloro che partecipano alla
Messa siedano a mensa nel corso stesso della celebrazione. Se per grave
necessità si dovesse celebrare la Messa nello stesso luogo in cui dopo si
deve cenare, si interponga un chiaro spazio di tempo tra la conclusione
della Messa e l’inizio della cena e non si esibisca ai fedeli nel corso
della Messa del cibo ordinario.
[78.]
Non è lecito collegare la celebrazione della Messa con eventi politici o
mondani o con circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della
Chiesa cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa
per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo lo stile di altre
cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il significato autentico
dell’Eucaristia.
[79.]
Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella
celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei
libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni.
Capitolo
IV
LA
SANTA COMUNIONE
1.
Disposizioni per ricevere la santa Comunione
[80.]
L’Eucaristia sia proposta ai fedeli anche «come antidoto, che ci libera
dalle colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali»,[160]
come è posto in luce nelle diverse parti della Messa. Quanto all’atto
penitenziale collocato all’inizio della Messa, esso ha lo scopo di
disporre i partecipanti perché siano in grado di celebrare degnamente i
santi misteri;[161] tuttavia,
«è privo dell’efficacia del sacramento della Penitenza»[162]
e, per quanto concerne la remissione dei peccati gravi, non si può ritenere
un sostituto del sacramento della Penitenza. I pastori di anime curino con
diligenza l’istruzione catechetica, in modo che ai fedeli sia trasmesso
l’insegnamento cristiano a questo riguardo.
[81.]
La consuetudine della Chiesa afferma, inoltre, la necessità che ognuno
esamini molto a fondo se stesso,[163]
affinché chi sia conscio di essere in peccato grave non celebri la Messa né
comunichi al Corpo del Signore senza avere premesso la confessione
sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi
l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a
porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di
confessarsi quanto prima.[164]
[82.]
Inoltre, «la Chiesa ha dato delle norme che mirano insieme a favorire
l’accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla mensa eucaristica e a
determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve astenere del tutto dal
distribuire la Comunione».[165]
[83.]
È certamente la cosa migliore che tutti coloro che partecipano ad una
celebrazione della santa Messa e sono forniti delle dovute condizioni
ricevano in essa la santa Comunione. Talora, tuttavia, avviene che i fedeli
si accostino alla sacra mensa in massa e senza il necessario discernimento.
È compito dei pastori correggere con prudenza e fermezza tale abuso.
[84.]
Inoltre, se si celebra la santa Messa per una grande folla o, per esempio,
nelle grandi città, occorre che si faccia attenzione affinché per mancanza
di consapevolezza non accedano alla santa Comunione anche i non cattolici o
perfino i non cristiani, senza tener conto del Magistero della Chiesa in
ambito dottrinale e disciplinare. Spetta ai pastori avvertire al momento
opportuno i presenti sulla verità e sulla disciplina da osservare
rigorosamente.
[85.]
I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli
cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri
cattolici, salvo le disposizioni del can. 844 §§ 2, 3 e 4, e del can. 861
§ 2.[166] Inoltre, le
condizioni stabilite dal can. 844 § 4, alle quali non può essere derogato
in alcun modo,[167] non
possono essere separate tra loro; è, pertanto, necessario che tutte siano
sempre richieste simultaneamente.
[86.]
I fedeli siano accortamente guidati alla pratica di accedere al sacramento
della Penitenza al di fuori della celebrazione della Messa, soprattutto
negli orari stabiliti, di modo che la sua amministrazione si svolga con
tranquillità e a loro effettivo giovamento, senza che siano impediti da una
attiva partecipazione alla Messa. Coloro che sono soliti comunicarsi ogni
giorno o molto spesso siano istruiti in modo da accedere al sacramento della
Penitenza nei tempi opportuni, secondo le possibilità di ciascuno.[168]
[87.]
Si premetta sempre alla Prima Comunione dei bambini la confessione
sacramentale e l’assoluzione.[169]
La Prima Comunione, inoltre, sia sempre amministrata da un Sacerdote e mai
al di fuori della celebrazione della Messa. Salvo casi eccezionali, è poco
appropriato amministrarla il Giovedì Santo «in Cena Domini». Si scelga
piuttosto un altro giorno, come le domeniche II-VI di Pasqua o la solennità
del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo o le domeniche «per annum», in
quanto la domenica è giustamente considerata il giorno dell’Eucaristia.[170]
A ricevere l’Eucaristia non «accedano i bambini che non abbiano raggiunto
l’età della ragione o che»il parroco «abbia giudicato non
sufficientemente pronti».[171]
Tuttavia, qualora avvenga che un bambino, in via del tutto eccezionale
rispetto all’età, sia ritenuto maturo per ricevere il sacramento, non gli
si rifiuti la Prima Comunione, a condizione che sia stato sufficientemente
preparato.
2.
La distribuzione della santa Comunione
[88.]
I fedeli di solito ricevano la Comunione sacramentale dell’Eucaristia
nella stessa Messa e al momento prescritto dal rito stesso della
celebrazione, vale a dire immediatamente dopo la Comunione del Sacerdote
celebrante.[172] Spetta al
Sacerdote celebrante, eventualmente coadiuvato da altri Sacerdoti o dai
Diaconi, distribuire la Comunione e la Messa non deve proseguire, se non una
volta ultimata la Comunione dei fedeli. Soltanto laddove la necessità lo
richieda, i ministri straordinari possono, a norma del diritto, aiutare il
Sacerdote celebrante.[173]
[89.]
Affinché, anche«per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio come
partecipazione al Sacrificio che si celebra»,[174]
è da preferirsi che i fedeli possano riceverla con ostie consacrate nella
stessa Messa.[175]
[90.]
«I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla
Conferenza dei Vescovi»,e confermato da parte della Sede Apostolica. «Quando
però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il
Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme».[176]
[91.]
Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri
sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano
opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la
proibizione di riceverli».[177]
Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal diritto, deve
essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi, negare a un
fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli
vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi.
[92.]
Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la
santa Comunione in bocca,[178]
se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la
conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere
il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi,
tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito
l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in
mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia
distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.[179]
[93.]
È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei
fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada.[180]
[94.]
Non è consentito ai fedeli di «prendere da sé e tanto meno passarsi tra
loro di mano in mano»[181]
la sacra ostia o il sacro calice. In merito, inoltre, va rimosso l’abuso
che gli sposi durante la Messa nuziale si distribuiscano in modo reciproco
la santa Comunione.
[95.]
Il fedele laico «che ha già ricevuto la Santissima Eucaristia, può
riceverla una seconda volta nello stesso giorno, soltanto entro la
celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can.
921 § 2».[182]
[96.]
Va disapprovato l’uso di distribuire, contrariamente alle prescrizioni dei
libri liturgici, a mo’ di Comunione durante la celebrazione della santa
Messa o prima di essa ostie non consacrate o altro materiale commestibile o
meno. Tale uso, infatti, non si concilia con la tradizione del Rito romano e
reca in sé il rischio di ingenerare confusione tra i fedeli riguardo alla
dottrina eucaristica della Chiesa. Se in alcuni luoghi vige, per
concessione, la consuetudine particolare di benedire il pane e distribuirlo
dopo la Messa, si fornisca con grande cura una corretta catechesi di questo
gesto. Non si introducano, invece, altre usanze similari, né si utilizzino
mai a tale scopo ostie non consacrate.
3.
La Comunione dei Sacerdoti
[97.]
Ogni volta che celebra la santa Messa, il Sacerdote deve comunicarsi
all’altare al momento stabilito dal Messale; i concelebranti, invece,
prima di procedere alla distribuzione della Comunione. Il Sacerdote
celebrante o concelebrante non attenda mai per comunicarsi il termine della
Comunione del popolo.[183]
[98.]
La Comunione dei Sacerdoti concelebranti si svolga secondo le norme
prescritte nei libri liturgici, facendo sempre uso di ostie consacrate
durante la stessa Messa,[184]
e ricevendo tutti i concelebranti la Comunione sotto le due specie. Si noti
che, quando il Sacerdote o il Diacono amministra ai concelebranti la sacra
ostia o il calice, non dice nulla, vale a dire non pronuncia le parole «Il
Corpo di Cristo» o «Il Sangue di Cristo».
[99.]
La Comunione sotto le due specie è sempre permessa «ai Sacerdoti,che non
possono celebrare o concelebrare».[185]
4.
La Comunione sotto le due specie
[100.]
Al fine di manifestare ai fedeli con maggior chiarezza la pienezza del segno
nel convivio eucaristico, sono ammessi alla Comunione sotto le due specie
nei casi citati nei libri liturgici anche i fedeli laici, con il presupposto
e l’incessante accompagnamento di una debita catechesi circa i principi
dogmatici fissati in materia dal Concilio Ecumenico Tridentino.[186]
[101.]
Per amministrare la santa Comunione ai fedeli laici sotto le due specie si
dovrà tenere appropriatamente conto delle circostanze, sulle quali spetta
anzitutto ai Vescovi diocesani dare una valutazione. Ciò si escluda
assolutamente quando esista rischio, anche minimo, di profanazione delle
sacre specie.[187] Per un più
ampio coordinamento, occorre che le Conferenze dei Vescovi pubblichino, con
la conferma da parte della Sede Apostolica, mediante la Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, le norme relative soprattutto
al «modo di distribuire ai fedeli la santa Comunione sotto le due specie e
all’estensione della facoltà».[188]
[102.]
Non si amministri ai fedeli laici il calice, laddove sia presente un numero
di comunicandi tanto grande[189]
che risulterebbe difficile stimare la quantità di vino necessario per
l’Eucaristia e esisterebbe il rischio che «rimanga una quantità di
Sangue di Cristo superiore al giusto da assumere al termine della
celebrazione»,[190] né
parimenti laddove l’accesso al calice può essere regolato con difficoltà
o fosse richiesta una quantità sufficiente di vino, della quale solo
difficilmente si può avere garanzia di provenienza e qualità, o laddove
non sia disponibile un congruo numero di ministri sacri né di ministri
straordinari della sacra Comunione provvisti di appropriata preparazione, o
laddove una parte notevole del popolo perseveri, per varie ragioni, nel
rifiutarsi di accedere al calice, facendo così venir meno in un certo qual
modo il segno dell’unità.
[103.]
Le norme del Messale Romano ammettono il principio che, nei casi in cui la
Comunione è distribuita sotto le due specie, «il Sangue di Cristo può
essere bevuto direttamente al calice, per intinzione, con la cannuccia o con
il cucchiaino».[191] Quanto
all’amministrazione della Comunione ai fedeli laici, i Vescovi possono
escludere la modalità della Comunione con la cannuccia o il cucchiaino,
laddove non sia uso locale, rimanendo comunque sempre vigente la possibilità
di amministrare la Comunione per intinzione. Se però si usa questa modalità,
si ricorra ad ostie che non siano né troppo sottili, né troppo piccole e
il comunicando riceva dal Sacerdote il Sacramento soltanto in bocca.[192]
[104.]
Non si permetta al comunicando di intingere da sé l’ostia nel calice, né
di ricevere in mano l’ostia intinta. Quanto all’ostia da intingere, essa
sia fatta di materia valida e sia consacrata, escludendo del tutto l’uso
di pane non consacrato o di altra materia.
[105.]
Se non fosse sufficiente un solo calice per distribuire la Comunione sotto
le due specie ai Sacerdoti concelebranti o ai fedeli, nulla osta che il
Sacerdote celebrante usi più calici.[193]
Va, infatti, ricordato che tutti i Sacerdoti che celebrano la santa Messa
sono tenuti a comunicarsi sotto le due specie. In ragione del segno, è
lodevole servirsi di un calice principale più grande insieme ad altri
calici di minori dimensioni.
[106.]
Ci si astenga, tuttavia, dal riversare dopo la consacrazione il Sangue di
Cristo da un vaso in un altro, per evitare qualunque cosa che possa
risultare irrispettosa di così grande mistero. Per ricevere il Sangue del
Signore non si utilizzino in nessun caso brocche, crateri o altri vasi non
integralmente rispondenti alle norme stabilite.
[107.]
Secondo la normativa stabilita dai canoni, «chi getta via le specie
consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella
scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il
chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la
dimissione dallo stato clericale».[194]
All’interno di questo caso si deve considerare annoverabile qualunque
azione volontariamente e gravemente volta a dispregio delle sacre specie.
Se, pertanto, qualcuno agisce contro le suddette norme, gettando ad esempio
le sacre specie nel sacrario o in luogo indegno o a terra, incorre nelle
pene stabilite.[195] Tengano,
inoltre, tutti presente che, al termine della distribuzione della santa
Comunione durante la celebrazione della Messa, vanno osservate le
prescrizioni del Messale Romano, e soprattutto che quanto eventualmente
resta del Sangue di Cristo deve essere subito interamente consumato dal
Sacerdote o, secondo le norme, da un altro ministro, mentre le ostie
consacrate avanzate vengano o immediatamente consumate all’altare dal
Sacerdote o portate in un luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia.[196]
Capitolo
V
ALTRI
ASPETTI RIGUARDANTI L’EUCARISTIA
1.
Il luogo della celebrazione della santa Messa
[108.]
«La celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in
un caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso, la
celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso».[197]
Su tale necessità sarà, di norma, il Vescovo diocesano a valutare secondo
il caso per la propria diocesi.
[109.]
Non è mai consentito a un Sacerdote celebrare nel tempio o luogo sacro di
una religione non cristiana.
2.
Circostanze varie relative alla santa Messa
[110.]
«Sempre memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata
ininterrottamente l’opera della redenzione, i Sacerdoti celebrino
frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana,
la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è un atto
di Cristo e della Chiesa, nella cui celebrazione i Sacerdoti adempiono il
loro principale compito».[198]
[111.]
Un Sacerdote sia ammesso a celebrare o concelebrare l’Eucaristia «anche
se sconosciuto al rettore della chiesa, purché esibisca la lettera
commendatizia» della Sede Apostolica o del suo Ordinario o del suo
Superiore, data almeno entro l’anno, «oppure si possa prudentemente
ritenere che non sia impedito di celebrare».[199]
I Vescovi provvedano che abitudini contrarie siano eliminate.
[112.]
La Messa si celebra o in lingua latina o in altra lingua, purché si faccia
ricorso a testi liturgici approvati a norma del diritto. Salvo le
celebrazioni della Messa che devono essere svolte nella lingua del popolo
secondo gli orari e i tempi stabiliti dall’autorità ecclesiastica, è
consentito sempre e ovunque ai Sacerdoti celebrare in latino.[200]
[113.]
Quando la Messa è concelebrata da più Sacerdoti, nel pronunciare la
Preghiera eucaristica si usi la lingua conosciuta sia da tutti i Sacerdoti
concelebranti sia dal popolo riunito. Qualora avvenga che vi siano tra i
Sacerdoti alcuni che non conoscono la lingua della celebrazione, cosicché
non possono debitamente pronunciare le parti della Preghiera eucaristica che
sono loro proprie, essi non concelebrino, ma preferibilmente assistano
secondo le norme alla celebrazione indossando l’abito corale.[201]
[114.]
«Nelle Messe domenicali della parrocchia, in quanto ‘comunità
eucaristica’, è normale poi che si ritrovino i vari gruppi, movimenti,
associazioni, le stesse piccole comunità religiose in essa presenti».[202]
Benché sia possibile, a norma del diritto, celebrare la Messa per gruppi
particolari, ciononostante tali gruppi non sono dispensati dalla fedele
osservanza delle norme liturgiche.[203]
[115.]
Va riprovato l’abuso di sospendere in modo arbitrario la celebrazione
della santa Messa per il popolo, contro le norme del Messale Romano e la
sana tradizione del Rito romano, con il pretesto di promuovere «il digiuno
eucaristico».
[116.]
Non si moltiplichino le Messe, contro la norma del diritto, e, quanto alle
offerte per l’intenzione della Messa, si osservino tutte le regole
comunque vigenti in forza del diritto.[204]
3.
I vasi sacri
[117.]
I vasi sacri destinati ad accogliere il Corpo e il Sangue del Signore, siano
rigorosamente foggiati a norma di tradizione e dei libri liturgici.[205]
È data facoltà alle Conferenze dei Vescovi di stabilire, con la conferma
della Santa Sede, se sia opportuno che i vasi sacri siano fabbricati anche
con altri materiali solidi. Tuttavia, si richiede strettamente che tali
materiali siano davvero nobili secondo il comune giudizio di ciascuna
regione,[206] di modo che con
il loro uso si renda onore al Signore e si eviti completamente il rischio di
sminuire agli occhi dei fedeli la dottrina della presenza reale di Cristo
nelle specie eucaristiche. È pertanto riprovevole qualunque uso, per il
quale ci si serva nella celebrazione della Messa di vasi comuni o piuttosto
scadenti quanto alla qualità o privi di qualsiasi valore artistico, ovvero
di semplici cestini o altri vasi in vetro, argilla, creta o altro materiale
facilmente frangibile. Ciò vale anche per i metalli e altri materiali
facili ad alterarsi.[207]
[118.]
I vasi sacri, prima di essere usati, devono essere benedetti dal Sacerdote
secondo i riti prescritti nei libri liturgici.[208]
È lodevole che la benedizione sia impartita dal Vescovo diocesano, che
valuterà se i vasi siano adatti all’uso a cui sono destinati.
[119.]
Il Sacerdote, ritornato all’altare dopo la distribuzione della Comunione,
stando in piedi all’altare o a un tavolo purifica la patena o la pisside
al di sopra del calice, secondo le prescrizioni del Messale, e asciuga il
calice con il purificatoio. Se è presente il Diacono, questi torna
all’altare insieme al Sacerdote e purifica lui i vasi. È tuttavia
consentito, specialmente se sono numerosi, lasciare i vasi sacri da
purificare opportunamente coperti sull’altare o sulla credenza sul
corporale e che il Sacerdote o il Diacono li purificano subito dopo la
Messa, una volta congedato il popolo. Parimenti, l’accolito istituito
aiuta il Sacerdote o il Diacono a purificare e sistemare i vasi sacri sia
all’altare sia alla credenza. In assenza del Diacono l’accolito
istituito porta alla credenza i vasi sacri e li purifica, li asciuga e li
sistema come al solito.[209]
[120.]
I pastori abbiano cura di mantenere costantemente puliti i lini della mensa
sacra, e in particolare quelli destinati ad accogliere le sacre specie, e di
lavarli piuttosto di frequente secondo la prassi tradizionale. È lodevole
che l’acqua del primo lavaggio, che va eseguito a mano, si versi nel
sacrario della chiesa o a terra in un luogo appropriato. Successivamente, si
può effettuare un nuovo lavaggio nel modo consueto.
4.
Le vesti liturgiche
[121.]
«La varietà dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche
con mezzi esterni, da un lato la caratteristica particolare dei misteri
della fede che vengono celebrati, e dall’altro il senso della vita
cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico».[210]
In realtà, la differenza«di compiti nella celebrazione della sacra
Liturgia, si manifesta esteriormente con la diversità delle vesti sacre.
Conviene che tali vesti sacre contribuiscano anche al decoro della stessa
azione sacra».[211]
[122.]
«Il camice è stretto ai fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in
modo da aderire al corpo anche senza cingolo. Prima di indossare il camice,
se questo non copre l’abito comune attorno al collo, si usi l’amitto».[212]
[123.]
«Nella Messa e nelle altre azioni sacre direttamente collegate con essa,
veste propria del Sacerdote celebrante è la casula o pianeta, se non viene
indicato diversamente, da indossarsi sopra il camice e la stola».[213]
Parimenti, il Sacerdote che porta la casula secondo le rubriche non tralasci
di indossare la stola. Tutti gli Ordinari provvedano che ogni uso contrario
sia eliminato.
[124.]
Nel Messale Romano si dà facoltà ai Sacerdoti che concelebrano la Messa
accanto al celebrante principale, il quale indossi sempre la casula del
colore prescritto, di poter omettere, in presenza di una giusta causa, come
ad esempio il numero piuttosto elevato di concelebranti e la mancanza di
paramenti, «la casula o la pianeta, facendo uso della stola sopra il camice».[214]
Qualora tuttavia fosse possibile prevedere tale situazione, si provveda in
merito per quanto possibile. Coloro che concelebrano possono anch’essi,
oltre al celebrante principale, vestire per necessità la casula di colore
bianco. Per il resto, si osservino le norme dei libri liturgici.
[125.]
Veste propria del Diacono è la dalmatica, da indossarsi sopra il camice e
la stola. Al fine di preservare una insigne tradizione della Chiesa, è
lodevole non valersi della facoltà di omettere la dalmatica.[215]
[126.]
È riprovevole l’abuso per cui i ministri sacri, anche quando partecipa un
solo ministro, celebrano la santa Messa, contrariamente alle prescrizioni
dei libri liturgici, senza vesti sacre o indossando la sola stola sopra la
cocolla monastica o il normale abito religioso o un vestito ordinario.[216]
Gli Ordinari provvedano a correggere quanto prima tali abusi e a far sì che
in tutte le chiese e gli oratori sotto la propria giurisdizione sia presente
un congruo numero di vesti liturgiche realizzate secondo le norme.
[127.]
Nei libri liturgici si dà speciale facoltà di utilizzare nei giorni più
solenni le sacre vesti festive, ovvero di maggiore dignità, anche se non
siano del colore del giorno.[217]
Tale facoltà, tuttavia, riguardando propriamente vesti tessute molti anni
or sono al fine di preservare il patrimonio della Chiesa, viene estesa
impropriamente a innovazioni in modo tale che, lasciando da parte gli usi
tramandati, si assumono forme e colori secondo gusti soggettivi e si menoma
il senso di tale norma a detrimento della tradizione. In occasione di un
giorno festivo, vesti sacre di color oro o argento possono sostituire,
secondo opportunità, quelle di altro colore, ma non le vesti violacee e
nere.
[128.]
La Santa Messa e le altre celebrazioni liturgiche, che sono azioni di Cristo
e del popolo di Dio gerarchicamente costituito, siano ordinate in modo tale
che i sacri ministri e i fedeli laici vi possano chiaramente partecipare
secondo la propria condizione. È preferibile dunque«che i presbiteri
presenti alla celebrazione eucaristica, se non sono scusati da una giusta
causa, esercitino di solito il ministero del proprio Ordine e quindi
partecipino come concelebranti, indossando le sacre vesti. Diversamente
indossano il proprio abito corale o la cotta sopra la veste talare».[218]
Non è decoroso, salvo motivate eccezioni, che essi partecipino alla Messa,
quanto all’aspetto esterno, alla maniera di fedeli laici.
Capitolo
VI
LA
CONSERVAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
E IL SUO CULTO FUORI DELLA MESSA
1.
La conservazione della Santissima Eucaristia
[129.]
«La celebrazione dell’Eucaristia nel Sacrificio della Messa è veramente
l’origine e il fine del culto eucaristico fuori della Messa. Dopo la Messa
si conservano le sacre specie soprattutto perché i fedeli, e in modo
particolare i malati e gli anziani che non possono essere presenti alla
Messa, si uniscano, per mezzo della Comunione sacramentale, a Cristo e al
suo sacrificio, immolato e offerto nella Messa».[219]
Questa conservazione, inoltre, permette anche la pratica di adorare questo
grande Sacramento e di prestare ad esso il culto di latria, che si deve a
Dio. È necessario, pertanto, che si promuovano certe forme cultuali di
adorazione non solo privata ma anche pubblica e comunitaria istituite o
approvate validamente dalla stessa Chiesa.[220]
[130.]
«Secondo la struttura di ciascuna chiesa e le legittime consuetudini
locali, il Santissimo Sacramento sia conservato nel tabernacolo in una parte
della chiesa di particolare dignità, elevata, ben visibile e decorosamente
ornata», nonché, in virtù della tranquillità del luogo, dello spazio
davanti al tabernacolo e della presenza di panche o sedie e inginocchiatoi,
«adatta alla preghiera».[221]
Si attenda, inoltre, con cura a tutte le prescrizioni dei libri liturgici e
alla norma del diritto,[222]
specialmente al fine di evitare il pericolo di profanazione.[223]
[131.]
Oltre a quanto prescritto dal can. 934 § 1, è vietato conservare il
Santissimo Sacramento in un luogo non soggetto alla sicura autorità del
Vescovo diocesano o dove esista pericolo di profanazione. In questo caso, il
Vescovo diocesano revochi immediatamente la facoltà di conservazione
dell’Eucaristia precedentemente concessa.[224]
[132.]
Nessuno porti a casa o in altro luogo la Santissima Eucaristia,
contrariamente alla norma del diritto. Si tenga, inoltre, presente che il
sottrarre o ritenere a fine sacrilego o il gettar via le specie consacrate
sono atti che rientrano in quei graviora delicta, la cui assoluzione
è riservata alla Congregazione per la Dottrina della Fede.[225]
[133.]
Il Sacerdote o il Diacono o il ministro straordinario che, in assenza o
sotto impedimento del ministro ordinario, trasporta la Santissima Eucaristia
per amministrare la Comunione a un malato, si rechi dal luogo in cui il
Sacramento è conservato fino al domicilio del malato lungo un tragitto
possibilmente diretto e tralasciando ogni altra occupazione, in modo da
evitare qualsiasi rischio di profanazione e riservare la massima riverenza
al Corpo di Cristo. Si osservi sempre il rito dell’amministrazione della
Comunione ai malati come prescritto nel Rituale Romano. [226]
2.
Alcune forme di culto della Santissima Eucaristia fuori della Messa
[134.]
«Il culto all’Eucaristia fuori della Messa è di valore inestimabile
nella vita della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la
celebrazione del Sacrificio eucaristico».[227]
Pertanto, si promuova con impegno la pietà sia pubblica sia privata verso
la Santissima Eucaristia anche al di fuori della Messa, affinché dai fedeli
sia reso culto di adorazione a Cristo veramente e realmente presente,[228]
il quale è «Sommo Sacerdote dei beni futuri»[229]
e Redentore dell’universo. «Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la
testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le
esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a
Cristo presente sotto le specie eucaristiche».[230]
[135.]
I fedeli «durante il giorno non omettano di fare la visita al Santissimo
Sacramento, in quanto prova di gratitudine, segno d’amore e debito di
riconoscenza a Cristo Signore là presente».[231]
L’adorazione di Gesù presente nel Santissimo Sacramento, infatti, in
quanto Comunione di desiderio, unisce fortemente il fedele a Cristo, come
risplende dall’esempio di numerosi santi.[232]
«Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene
conservata la Santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno per
qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al
Santissimo Sacramento». [233]
[136.]
L’Ordinario incoraggi molto vivamente l’adorazione eucaristica, sia
breve sia prolungata o quasi continua, con il concorso del popolo. Negli
ultimi anni, infatti, in molti «luoghi l’adorazione quotidiana del
Santissimo Sacramento ha guadagnato ampio spazio e diviene fonte
inesauribile di santità», benché vi siano anche luoghi «dove va
registrata una quasi totale noncuranza del culto dell’adorazione
eucaristica».[234]
[137.]
L’esposizione della Santissima Eucaristia sia compiuta sempre secondo le
prescrizioni dei libri liturgici.[235]
Non si escluda anche la recita del Rosario, mirabile «nella sua semplicità
ed elevatezza»,[236] dinanzi
al Santissimo Sacramento conservato o esposto. Tuttavia, soprattutto quando
si fa l’esposizione, si ponga in luce l’indole di questa preghiera come
contemplazione dei misteri della vita di Cristo Redentore e del disegno di
salvezza del Padre onnipotente, utilizzando in particolare letture desunte
dalla sacra Scrittura.[237]
[138.]
Comunque, il Santissimo Sacramento non deve mai rimanere esposto, anche per
brevissimo tempo, senza sufficiente custodia. Si faccia, dunque, in modo
che, in tempi stabiliti, alcuni fedeli siano sempre presenti almeno a turno.
[139.]
Se il Vescovo diocesano ha ministri sacri o altri destinabili a tale
funzione, è diritto dei fedeli fare spesso visita al Santissimo Sacramento
per l’adorazione e prendere parte almeno qualche volta nel corso
dell’anno all’adorazione della Santissima Eucaristia esposta.
[140.]
È particolarmente raccomandabile che nelle città o almeno nei comuni di
maggiori dimensioni il Vescovo diocesano designi una chiesa per
l’adorazione perpetua, in cui però si celebri frequentemente, e per
quanto possibile anche quotidianamente, la santa Messa, interrompendo
rigorosamente l’esposizione nel momento in cui si svolge la funzione.[238]
È opportuno che l’ostia da esporre durante l’adorazione sia consacrata
nella Messa che precede immediatamente il tempo dell’adorazione e sia
posta nell’ostensorio sopra l’altare dopo la Comunione.[239]
[141.]
Il Vescovo diocesano riconosca e, secondo le possibilità, incoraggi i
fedeli nel loro diritto di costituire confraternite ed associazioni per la
pratica dell’adorazione anche perpetua. Nei casi in cui tali associazioni
assumono indole internazionale, spetta alla Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti erigerle o approvare i loro statuti.[240]
3.
Le processioni e i Congressi eucaristici
[142.]
«Spetta al Vescovo diocesano stabilire delle direttive circa le
processioni, con cui provvedere alla loro partecipazione e dignità»,[241]
e promuovere l’adorazione dei fedeli.
[143.]
«Ove, a giudizio del Vescovo diocesano, è possibile, si svolga, quale
pubblica testimonianza di venerazione verso la Santissima Eucaristia e
specialmente nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione
condotta attraverso le pubbliche vie»,[242]
perché la devota «partecipazione dei fedeli alla processione eucaristica
nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo è una grazia del Signore che
ogni anno riempie di gioia chi vi partecipa».[243]
[144.]
Benché in alcuni luoghi ciò non risulti possibile, occorre tuttavia che
non vada perduta la tradizione di svolgere le processioni eucaristiche. Si
cerchino, piuttosto, nuove maniere di praticarle nelle circostanze attuali,
come ad esempio presso i santuari, all’interno di proprietà
ecclesiastiche o, con il permesso dell’autorità civile, nei giardini
pubblici.
[145.]
Va considerata di grande valore l’utilità pastorale dei Congressi
eucaristici, i quali «occorre siano segno vero di fede e carità».[244]
Siano essi preparati con diligenza e svolti secondo quanto stabilito,[245]
affinché sia dato ai fedeli di venerare i sacri misteri del Corpo e del
Sangue del Figlio di Dio in modo da sentire incessantemente in se stessi il
frutto della redenzione.[246]
Capitolo
VII
I
COMPITI STRAORDINARI DEI FEDELI LAICI
[146.]
Il sacerdozio ministeriale non può essere in nessun modo sostituito. Se,
infatti, in una comunità manca il Sacerdote, essa è priva dell’esercizio
della funzione sacramentale di Cristo, Capo e Pastore, che appartiene
all’essenza stessa della vita della comunità.[247]
Infatti, «il ministro, che può celebrare in persona Christi il
sacramento dell’Eucaristia, è solo il Sacerdote validamente ordinato».[248]
[147.]
Se tuttavia il bisogno della Chiesa lo richiede, in mancanza dei ministri
sacri, i fedeli laici possono, a norma del diritto, supplirlo in alcune
mansioni liturgiche.[249]
Questi fedeli sono chiamati e delegati a svolgere determinati compiti, di
maggiore e di minore importanza, sostenuti dalla grazia del Signore. Molti
fedeli laici si sono già dedicati e si dedicano tuttora sollecitamente a
tale servizio, soprattutto nelle terre di missione, dove la Chiesa ha ancora
poca diffusione o si trova in condizioni di persecuzione,[250]
ma anche in altre regioni colpite dalla scarsità di Sacerdoti e Diaconi.
[148.]
In particolar modo, di grande importanza va considerata l’istituzione dei
catechisti, che hanno fornito e forniscono con grande impegno un aiuto unico
e assolutamente necessario alla diffusione della fede e della Chiesa.[251]
[149.]
In alcune diocesi di più antica evangelizzazione molto di recente sono
stati incaricati come «assistenti pastorali» dei fedeli laici, moltissimi
dei quali hanno senza dubbio giovato al bene della Chiesa, sostenendo
l’azione pastorale propria del Vescovo, dei Sacerdoti e dei Diaconi. Si
badi, tuttavia, che il profilo di tale compito non sia troppo assimilato
alla forma del ministero pastorale dei chierici. Si deve, cioè, curare che
gli «assistenti pastorali» non si assumano funzioni che spettano
propriamente al ministero dei sacri ministri.
[150.]
L’attività dell’assistente pastorale sia volta ad agevolare il
ministero dei Sacerdoti e dei Diaconi, suscitare vocazioni al sacerdozio e
al diaconato e preparare con zelo, a norma del diritto, i fedeli laici in
ciascuna comunità a svolgere i vari compiti liturgici secondo la
molteplicità dei carismi.
[151.]
Soltanto in caso di vera necessità si dovrà ricorrere all’aiuto dei
ministri straordinari nella celebrazione della Liturgia. Ciò, infatti, non
è previsto per assicurare una più piena partecipazione dei laici, ma è
per sua natura suppletivo e provvisorio.[252]
Se, inoltre, per necessità si ricorre agli uffici dei ministri
straordinari, si moltiplichino le preghiere speciali e continue al Signore,
perché mandi presto un Sacerdote al servizio della comunità e susciti con
abbondanza le vocazioni agli Ordini sacri.[253]
[152.]
Tali funzioni meramente sostitutive non risultino, poi, pretesto di
alterazione dello stesso ministero dei Sacerdoti, di modo che costoro
trascurino la celebrazione della santa Messa per il popolo loro affidato, la
personale sollecitudine verso i malati e la premura di battezzare i bambini,
assistere ai matrimoni e celebrare le esequie cristiane, le quali spettano
anzitutto ai Sacerdoti con l’aiuto dei Diaconi. Non avvenga, pertanto, che
i Sacerdoti nelle parrocchie scambino indifferentemente le funzioni di
servizio pastorale con i Diaconi o i laici, confondendo in tal modo la
specificità di ognuno.
[153.]
Inoltre, non è consentito ai laici assumere le funzioni o i paramenti del
Diacono o del Sacerdote, né altre vesti simili ad essi.
1.
Il ministro straordinario della sacra Comunione
[154.]
Come è stato già ricordato, «ministro, in grado di celebrare in
persona Christi il sacramento dell’Eucaristia, è il solo Sacerdote
validamente ordinato».[254]
Perciò il nome di «ministro dell’Eucaristia» spetta propriamente al
solo Sacerdote. Anche a motivo della sacra Ordinazione, i ministri ordinari
della santa Comunione sono i Vescovi, i Sacerdoti e i Diaconi,[255]
ai quali, dunque, spetta distribuire la santa Comunione ai fedeli laici
nella celebrazione della santa Messa. Si manifesti, così, correttamente e
con pienezza il loro compito ministeriale nella Chiesa e si adempia il segno
sacramentale.
[155.]
Oltre ai ministri ordinari c’è l’accolito istituito, che è per
istituzione ministro straordinario della santa Comunione anche al di fuori
della celebrazione della Messa. Se inoltre ragioni di autentica necessità
lo richiedano, il Vescovo diocesano può delegare, a norma del diritto,[256]
allo scopo anche un altro fedele laico come ministro straordinario, ad
actum o ad tempus, servendosi nella circostanza della appropriata
formula di benedizione. Questo atto di deputazione, tuttavia, non ha
necessariamente forma liturgica, né in alcun modo, se la avesse, può
essere assimilato a una sacra Ordinazione. Soltanto in casi particolari e
imprevisti, può essere dato un permesso ad actum da parte del
Sacerdote che presiede la celebrazione eucaristica.[257]
[156.]
Questo ufficio venga inteso in senso stretto secondo la sua denominazione di
ministro straordinario della santa Comunione, e non «ministro speciale
della santa Comunione» o «ministro straordinario dell’Eucaristia» o «ministro
speciale dell’Eucaristia», definizioni che ne amplificano indebitamente e
impropriamente la portata.
[157.]
Se è di solito presente un numero di ministri sacri sufficiente anche alla
distribuzione della santa Comunione, non si possono deputare a questo
compito i ministri straordinari della santa Comunione. In simili
circostanze, coloro che fossero deputati a tale ministero, non lo
esercitino. È riprovevole la prassi di quei Sacerdoti che, benché presenti
alla celebrazione, si astengono comunque dal distribuire la Comunione,
incaricando di tale compito i laici.[258]
[158.]
Il ministro straordinario della santa Comunione, infatti, potrà
amministrare la Comunione soltanto quando mancano il Sacerdote o il Diacono,
quando il Sacerdote è impedito da malattia, vecchiaia o altro serio motivo
o quando il numero dei fedeli che accedono alla Comunione è tanto grande
che la celebrazione stessa della Messa si protrarrebbe troppo a lungo.[259]
Tuttavia, ciò si ritenga nel senso che andrà considerata motivazione del
tutto insufficiente un breve prolungamento, secondo le abitudini e la
cultura del luogo.
[159.]
Non è in nessun modo consentito al ministro straordinario della santa
Comunione delegare all’amministrazione dell’Eucaristia qualcun altro,
come ad esempio un genitore, il marito o il figlio del malato che si deve
comunicare.
[160.]
Il Vescovo diocesano riesamini la prassi degli ultimi anni in materia e la
corregga secondo opportunità o la determini con maggior chiarezza. Se per
effettiva necessità tali ministri straordinari vengono deputati in maniera
estesa, occorre che il Vescovo diocesano pubblichi delle norme particolari,
con cui, tenendo presente la tradizione della Chiesa, stabilisca delle
direttive a norma del diritto in merito all’esercizio di questo compito.
2.
La predicazione
[161.]
Come è stato già detto, l’omelia è per la sua importanza e natura
riservata al Sacerdote o al Diacono durante la Messa.[260]
Per quanto attiene ad altre forme di predicazione, se in particolari
circostanze la necessità lo richiede o in specifici casi l’utilità lo
esige, si possono a norma del diritto ammettere a predicare in chiesa o in
un oratorio al di fuori della Messa, i fedeli laici.[261]
Ciò può avvenire soltanto per l’esiguità del numero di ministri sacri
in alcuni luoghi al fine di supplire ad essi e non lo si può mutare da caso
di assoluta eccezionalità a fatto ordinario, né deve essere inteso come
autentica promozione del laicato.[262]
Va, inoltre, ricordato che la facoltà di permettere ciò, sempre ad
actum, spetta agli Ordinari del luogo e non ad altri, neppure Sacerdoti
o Diaconi.
3.
Celebrazioni particolari che si svolgono in assenza del Sacerdote
[162.]
La Chiesa, nel giorno che prende il nome di «domenica», si raduna insieme
fedelmente per commemorare, specialmente con la celebrazione della Messa, la
resurrezione del Signore e tutto il mistero pasquale.[263]
Infatti, «nessuna comunità cristiana si edifica, se non si radica ed
incardina nella celebrazione della Santissima Eucaristia».[264]
Il popolo cristiano ha, dunque, il diritto che sia celebrata l’Eucaristia
in proprio favore la domenica, nelle feste di precetto, negli altri giorni
principali di festa e, per quanto possibile, anche quotidianamente. Se,
pertanto, di domenica in una parrocchia o altra comunità di fedeli è
difficile avere la celebrazione della Messa, il Vescovo diocesano valuti
insieme con il presbiterio gli opportuni rimedi.[265]
Tra queste soluzioni, le principali saranno quelle di chiamare altri
Sacerdoti allo scopo o che i fedeli vadano nella chiesa di un luogo vicino
per prendervi parte al mistero eucaristico.[266]
[163.]
Tutti i Sacerdoti, ai quali sono stati affidati il sacerdozio e
l’Eucaristia «per il bene» degli altri,[267]
abbiano a mente che è loro dovere offrire a tutti i fedeli l’opportunità
di poter soddisfare il precetto di prendere parte alla Messa di domenica.[268]
Per parte loro, i fedeli laici hanno il diritto che nessun Sacerdote, se non
in presenza di effettiva impossibilità, si rifiuti mai di celebrare la
Messa per il popolo o rifiuti che essa sia celebrata da un altro, se non si
può soddisfare in altro modo il precetto di prendere parte alla Messa di
domenica e negli altri giorni stabiliti.
[164.]
«Se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa
impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica»,[269]
il popolo cristiano ha il diritto che il Vescovo diocesano provveda, secondo
le possibilità, che sia compiuta una celebrazione per la comunità stessa
la domenica sotto la propria autorità e secondo le norme stabilite dalla
Chiesa. Tali celebrazioni domenicali, tuttavia, vanno sempre considerate del
tutto straordinarie. Pertanto, sarà cura di tutti, sia Diaconi sia fedeli
laici, ai quali è assegnato un compito da parte del Vescovo diocesano
all’interno di tali celebrazioni, «mantenere viva nella comunità una
vera “fame” dell’Eucaristia, che conduca a non perdere nessuna
occasione di avere la celebrazione della Messa, anche approfittando della
presenza occasionale di un Sacerdote non impedito a celebrarla dal diritto
della Chiesa».[270]
[165.]
Occorre evitare con cura ogni forma di confusione tra questo tipo di
riunioni e la celebrazione eucaristica.[271]
I Vescovi diocesani, pertanto, valutino con prudenza se in tali riunioni si
debba distribuire la santa Comunione. Per un più ampio coordinamento, la
questione sia opportunamente determinata nell’ambito della Conferenza dei
Vescovi, in modo da pervenire a una risoluzione, con la conferma da parte
della Sede Apostolica, mediante la Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti. Sarà preferibile, inoltre, in assenza del
Sacerdote e del Diacono, che le varie parti siano distribuite tra più
fedeli anziché sia un solo fedele laico a guidare l’intera celebrazione.
In nessun caso è appropriato dire che un fedele laico «presiede» la
celebrazione.
[166.]
Parimenti, il Vescovo diocesano, al quale soltanto spetta la questione, non
conceda con facilità che tali celebrazioni, soprattutto se in esse si
distribuisce anche la santa Comunione, avvengano nei giorni feriali e
soprattutto in luoghi in cui si è potuto o si potrà celebrare la Messa la
domenica precedente o successiva. I Sacerdoti sono fermamente pregati di
celebrare, secondo le possibilità, quotidianamente la santa Messa per il
popolo in una delle chiese a loro affidate.
[167.]
«Similmente, non si può pensare di sostituire la santa Messa domenicale
con celebrazioni ecumeniche della Parola o con incontri di preghiera in
comune con cristiani appartenenti alle […] Comunità ecclesiali, oppure
con la partecipazione ai loro riti liturgici».[272]
Se poi il Vescovo diocesano, spinto da necessità, ha permesso ad actum
la partecipazione dei cattolici, i pastori badino che tra i fedeli cattolici
non si ingeneri confusione quanto alla necessità di prendere parte anche in
queste occasioni alla Messa di precetto, in un’altra ora della giornata.[273]
4.
Coloro che sono stati dimessi dallo stato clericale
[168.]
Al «chierico che a norma del diritto perde lo stato clericale […] è
proibito esercitare la potestà di ordine».[274]
A costui, pertanto, non è consentito celebrare sotto alcun pretesto i
sacramenti, salvo esclusivamente il caso di eccezionalità previsto dal
diritto,[275] né è
consentito ai fedeli ricorrere a lui per la celebrazione, quando non vi è
giusta causa che permetta ciò a norma del can. 1335.[276]
Tali persone, inoltre, non tengano l’omelia,[277]
né assumano mai alcun incarico o compito nella celebrazione della sacra
Liturgia, di modo che non si ingeneri confusione tra i fedeli e non ne
risulti offuscata la verità.
Capitolo
VIII
I
RIMEDI
[169.]
Quando si compie un abuso nella celebrazione della sacra Liturgia, si opera
un’autentica contraffazione della Liturgia cattolica. Ha scritto san
Tommaso: «incorre nel vizio di falsificazione chi per conto della Chiesa
manifesta a Dio un culto contro la modalità istituita per autorità divina
dalla Chiesa e consueta in essa».[278]
[170.]
Al fine di porre rimedio a tali abusi, ciò «che in sommo grado urge è la
formazione biblica e liturgica del popolo di Dio, dei pastori e dei fedeli»,[279]
di modo che la fede e la disciplina della Chiesa in merito alla sacra
Liturgia siano correttamente presentate e comprese. Se tuttavia gli abusi
persistono, occorrerà procedere, a norma del diritto, a tutela del
patrimonio spirituale e dei diritti della Chiesa, facendo ricorso a tutti i
mezzi legittimi.
[171.]
Tra i vari abusi vi sono quelli che costituiscono obiettivamente graviora
delicta, gli atti gravi e altri che vanno nondimeno evitati e
attentamente corretti. Tenendo conto di tutto ciò che è stato in
particolar modo trattato nel Capitolo I di questa Istruzione, occorrerà
prestare ora attenzione a quanto segue.
1.
Graviora delicta
[172.]
I graviora delicta contro la santità del Santissimo Sacrificio e
sacramento dell’Eucaristia vanno trattati seguendo le «Norme relative ai graviora
delicta riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede»,[280]
vale a dire:
a)
sottrazione o ritenzione a fine sacrilego o il gettar via le specie
consacrate;[281]
b)
tentata azione liturgica del Sacrificio eucaristico o sua simulazione;[282]
c)
concelebrazione proibita del Sacrificio eucaristico insieme a ministri di
Comunità ecclesiali i quali non hanno la successione apostolica, né
riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;[283]
d)
consacrazione a fine sacrilego di una materia senza l’altra nella
celebrazione eucaristica o anche di entrambe al di fuori della celebrazione
eucaristica.[284]
2.
Atti gravi
[173.]
Sebbene il giudizio sulla gravità della questione vada formulato secondo la
dottrina comune della Chiesa e le norme da essa stabilite, come atti gravi
vanno sempre obiettivamente considerati quelli che mettono a rischio la
validità e dignità della Santissima Eucaristia, ovvero quelli che
contrastano con i casi precedentemente illustrati ai nn. 48-52, 56, 76-77,
79, 91-92, 94, 96, 101-102, 104, 106, 109, 111, 115, 117, 126, 131-133, 138,
153 e 168. Si deve, inoltre, fare attenzione alle prescrizioni del Codice di
Diritto Canonico e in particolare a quanto stabilito dai cann. 1364, 1369,
1373, 1376, 1380, 1384, 1385, 1386 e 1398.
3.
Altri abusi
[174.]
Inoltre, le azioni commesse contro quelle norme, di cui si tratta altrove in
questa Istruzione e nelle norme stabilite dal diritto, non vanno considerate
con leggerezza, ma le si annoveri tra gli altri abusi da evitare e
correggere con sollecitudine.
[175.]
Quanto esposto nella presente Istruzione, come risulta chiaro, non riporta
tutte le violazioni contro la Chiesa e la sua disciplina, quali sono
definite nei canoni, nelle leggi liturgiche e nelle altre norme della Chiesa
secondo la dottrina del Magistero o la sana tradizione. Se qualche errore
viene commesso, andrà corretto a norma del diritto.
4.
Il Vescovo diocesano
[176.]
Il Vescovo diocesano, «essendo il principale dispensatore dei misteri di
Dio, si adoperi di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure crescano
in grazia mediante la celebrazione dei sacramenti e perché conoscano e
vivano il mistero pasquale».[285]
A lui spetta, «entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia
liturgica, alle quali tutti sono tenuti».[286]
[177.]
«Poiché deve difendere l’unità della Chiesa universale, il Vescovo è
tenuto a promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a
urgere l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. Vigili che non si
insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero
della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel
culto di Dio e dei Santi».[287]
[178.]
Pertanto, ogni qualvolta l’Ordinario del luogo o di un Istituto religioso
oppure di una Società di vita apostolica abbia notizia, quanto meno
verosimile, a proposito di un delitto o di un abuso riguardante la
Santissima Eucaristia, indaghi con cautela, in prima persona o mediante
altro chierico idoneo, sui fatti, le circostanze e l’imputabilità.
[179.]
I delitti contro la fede e i graviora delicta commessi durante la
celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti siano segnalati
senza indugio alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che li esamina
«e, all’occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni
canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio».[288]
[180.]
Diversamente, l’Ordinario proceda a norma dei sacri canoni, applicando,
ove fosse il caso, le pene canoniche e tenendo presente in modo particolare
quanto stabilito dal can. 1326. Qualora si tratti di azioni gravi, informi
la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
5.
La Sede Apostolica
[181.]
Ogni qualvolta la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti ha notizia, quanto meno verosimile, di un delitto o abuso
relativo alla Santissima Eucaristia, ne informa l’Ordinario, affinché
indaghi sul fatto. Qualora esso risulti grave, l’Ordinario invii al più
presto allo stesso Dicastero un esemplare degli atti relativi all’indagine
eseguita e, eventualmente, sulla pena inflitta.
[182.]
Nei casi di maggiore difficoltà l’Ordinario non trascuri per il bene
della Chiesa universale, della cui sollecitudine anche egli partecipa in
virtù della sacra Ordinazione, di trattare la questione dopo avere
consultato il parere della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti. Da parte sua, questa Congregazione, in virtù delle facoltà
ad essa concesse dal Romano Pontefice, sosterrà l’Ordinario secondo il
caso, accordandogli le necessarie dispense[289]
o comunicandogli istruzioni e prescrizioni, alle quali egli ottemperi con
diligenza.
6.
Segnalazioni di abusi in materia liturgica
[183.]
In modo assolutamente particolare tutti, secondo le possibilità, facciano sì
che il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia sia custodito da ogni forma
di irriverenza e aberrazione e tutti gli abusi vengano completamente
corretti. Questo è compito della massima importanza per tutti e per
ciascuno, e tutti sono tenuti a compiere tale opera, senza alcun
favoritismo.
[184.]
Ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di
sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o
l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede
Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice.[290]
È bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto
possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con
spirito di verità e carità.
Conclusione
[185.]
«Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana
mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la
forza generatrice di unità del corpo di Cristo. L’Eucaristia, costruendo
la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini».[291]
Pertanto, questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti si augura che, anche mediante l’attenta applicazione di quanto
richiamato alla mente nella presente Istruzione, l’umana fragilità
intralci in misura minore l’azione del Santissimo Sacramento
dell’Eucaristia e, rimossa ogni irregolarità, bandito ogni uso riprovato,
per intercessione della Beata Vergine Maria, «donna eucaristica»,[292]
la presenza salvifica di Cristo nel Sacramento del suo Corpo e del suo
Sangue risplenda su tutti gli uomini.
[186.]
Tutti i fedeli partecipino, secondo le possibilità, pienamente,
consapevolmente e attivamente alla Santissima Eucaristia,[293]
la venerino con tutto il cuore nella devozione e nella vita. I Vescovi, i
Sacerdoti e i Diaconi, nell’esercizio del sacro ministero, si interroghino
in coscienza sulla autenticità e sulla fedeltà delle azioni da loro
compiute a nome di Cristo e della Chiesa nella celebrazione della sacra
Liturgia. Ogni ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ha
rispettato i diritti dei fedeli laici, che affidano a lui con fiducia se
stessi e i loro figli, nella convinzione che tutti svolgono correttamente
per i fedeli quei compiti che la Chiesa, per mandato di Cristo, intende
adempiere nel celebrare la sacra Liturgia.[294]
Ciascuno ricordi sempre, infatti, di essere servitore della sacra Liturgia.[295]
Nonostante
qualunque cosa in contrario.
Questa
Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II,
dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata
approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di san
Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e l’immediata
osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta.
Roma,
dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il
25 marzo 2004, nella solennità dell’Annunciazione del Signore.
Francis
Card. Arinze
Prefetto
Domenico
Sorrentino
Arcivescovo Segretario
NOTE
[1]
Cf. Missale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ioannis
Pauli Pp. II cura recognitum, editio typica tertia, diei 20 aprilis
2000, Typis Vaticanis, 2002, Missa votiva de Dei misericordia, oratio
super oblata, p. 1159.
[2]
Cf. 1 Cor 11, 26; Missale Romanum, Prex Eucharistica, acclamatio
post consecrationem, p. 576; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, 17 aprile 2003, nn. 5, 11, 14, 18: AAS 95 (2003) pp.
436, 440-441, 442, 445.
[3]
Cf. Is 10, 33; 51, 22; Missale Romanum, In sollemnitate Domini
nostri Iesu Christi, universorum Regis, Praefatio, p. 499.
[4]
Cf.1 Cor 5, 7; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita
dei sacerdoti, Presbyterorum ordinis, 7 dicembre 1965, n. 5;
Giovanni Paolo II, Esort. Apost., Ecclesia in Europa, 28 giugno
2003, n. 75: AAS 95 (2003) pp. 649-719, qui p. 693.
[5]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
21 novembre 1964, n. 11.
[6]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, 17
aprile 2003, n. 21: AAS 95 (2003) p. 447.
[7]
Cf. Ibidem: AAS 95 (2003) pp. 433-475.
[8]
Cf. Ibidem, n. 52: AAS 95 (2003) p. 468.
[10]
Ibidem, n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[11]
Ibidem;cf. Giovanni Paolo II,Lett. Apost., Vicesimus quintus
annus, 4 dicembre 1988, nn. 12-13: AAS 81 (1989) pp. 909-910; cf.
anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, 4 dicembre 1963, n. 48.
[12]
Missale Romanum, Prex Eucharistica III, p. 588; cf. 1 Cor 12,
12-13; Ef 4, 4.
[14]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10:
AAS 95 (2003) p. 439.
[15]
Ibidem, n. 6: AAS 95 (2003) p. 437; cf. Lc 24, 31.
[17]
Cf. Missale Romanum, Praefatio I de Passione Domini, p. 528.
[18]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Veritatis splendor, 6 agosto
1993, n. 35: AAS 85 (1993) pp. 1161-1162; Giovanni Paolo II, Omelia
tenuta presso Camden Yards, 9 ottobre 1995, n. 7: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XVII, 2 (1995), Libreria Editrice Vaticana, 1998,
p. 788.
[19]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
10: AAS 95 (2003) p. 439.
[20]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 24; cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei
Sacram., Istr., Varietates legitimae, 25 gennaio 1994, nn. 19 e
23: AAS 87 (1995) pp. 295-296, 297.
[21]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 33.
[22]
Cf. S. Ireneo, Adversus Haereses, III, 2: SCh., 211,
24-31; S. Agostino, Epistula ad Ianuarium, 54, I: PL 33,
200: «Illa autem quae non scripta, sed tradita custodimus, quae quidem
toto terrarum orbe servantur, datur intellegi vel ab ipsis Apostolis,
vel plenariis conciliis, quorum est in Ecclesia saluberrima auctoritas,
commendata atque statuta retineri»; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris
missio, 7 dicembre 1990, nn. 53-54: AAS 83 (1991) pp. 300-302; Congr.
per la Dottr. della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica su
alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, Communionis notio,
28 maggio 1992, nn. 7-10: AAS 85 (1993) pp. 842-844; Congr. per il
Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae,
n. 26: AAS 87 (1995) pp. 298-299.
[23]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 21.
[24]
Cf. Pio XII, Cost. Ap., Sacramentum Ordinis, 30 novembre 1947:
AAS 40 (1948) p. 5; Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiar., Inter
insigniores, 15 ottobre 1976, parte IV: AAS 69 (1977) pp.
107-108; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae, n. 25: AAS 87 (1995) p. 298.
[25]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei, 20 novembre 1947: AAS 39
(1947) p. 540.
[26]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, 3 aprilis 1980: AAS 72 (1980) p. 333.
[27]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
52: AAS 95 (2003) p. 468.
[28]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 4, 38; Decr. sulle Chiese Orientali
Cattoliche, Orientalium Ecclesiarum, 21 novembre 1964, nn.
1, 2, 6; Paolo VI, Cost. Ap., Missale Romanum: AAS 61
(1969) pp. 217-222; Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
399; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Liturgiam
authenticam, 28 marzo 2001, n. 4: AAS 93 (2001) pp. 685-726, qui p.
686.
[29]
Cf. Giovanni Paolo II, Esort. Ap., Ecclesia in Europa, n. 72: AAS
95 (2003) p. 692.
[30]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, 25
maggio 1967, n. 23: AAS 95 (2003) pp. 448-449; S. Congr. dei Riti, Istr.,
Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 6: AAS 59 (1967) p.
545.
[31]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum: AAS 72 (1980) pp. 332-333.
[32]
Cf. 1 Cor 11, 17-34; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 52: AAS 95 (2003) pp. 467-468.
[33]
Cf. Codice di Diritto Canonico, 25 gennaio 1983, can. 1752.
[34]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 22 § 1. Cf. Codice di Diritto Canonico,
can. 838 § 1.
[35]
Codice di Diritto Canonico,can. 331; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 22.
[36]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 838 § 2.
[37]
Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, 28 giugno
1988: AAS 80 (1988) pp. 841-924; qui artt. 62, 63, e 66, pp. 876-877.
[38]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
52: AAS 95 (2003) p. 468.
[39]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi
nella Chiesa, Christus Dominus, 28 ottobre 1965, n. 15; cf. anche
Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 41; Codice
di Diritto Canonico,can. 387.
[40]
Orazione per la consacrazione episcopale nel rito bizantino: Euchologion
to mega, Roma, 1873, p. 139.
[41]
Cf. S. Ignazio di Antiochia, Ad Smyrn.8, 1: ed. F.X. Funk, I, p.
282.
[42]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
26; cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 7:
AAS 59 (1967) p. 545; cf. anche Giovanni Paolo II, Esort. Ap., Pastores
gregis, 16 ottobre 2003, nn. 32-41: L’ Osservatore romano,
17 ottobre 2003, pp. 6-8.
[43]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 41; cf. S. Ignazio di Antiochia, Ad Magn. 7; Ad
Philad. 4; Ad Smyrn. 8: ed. F.X. Funk, I, pp. 236, 266, 281;
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 22; cf. anche Codice di
Diritto Canonico,can. 389.
[44]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
26.
[45]
Codice di Diritto Canonico, can. 838 § 4.
[46]
Cf. Cons. ad exsequ. Const. Lit., Dubium: Notitiae 1 (1965) p.
254.
[47]
Cf. At 20, 28; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla Chiesa, Lumen
gentium, nn. 21 e 27; Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi
nella Chiesa, Christus Dominus, n. 3.
[48]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes,
5 settembre 1970: AAS 62 (1970) p. 694.
[49]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 21; Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus
Dominus, n. 3.
[50]
Cf. Caeremoniale Episcoporum ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis Pauli Pp. II
promulgatum, editio typica, diei 14 septembris 1984,
Typis Polyglottis Vaticanis, 1985, n. 10.
[51]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 387.
[53]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes:
AAS 62 (1970) p. 694.
[54]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
27; cf. 2 Cor 4, 15.
[55]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 397 § 1; 678 § 1.
[56]
Cf. ibidem,can. 683 § 1.
[57]
Cf. ibidem, can. 392.
[58]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 21:
AAS 81 (1989) p. 917; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 45-46; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS
39 (1947) p. 562.
[59]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Apost., Vicesimus quintus annus, n.
20: AAS 81 (1989) p. 916.
[61]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 44; Congr. per i Vescovi, Lett. ai Presidenti delle
Conferenze dei Vescovi inviata anche a nome della Congr. per
l’Evangelizzazione dei Popoli, 21 giugno 1999, n. 9: AAS 91 (1999) p.
999.
[62]
Cf. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 12: AAS 62 (1970) pp. 692-704, qui p. 703.
[63]
Cf. Congr. per il CultoDiv., Dichiarazione circa le Preghiere
eucaristiche e gli esperimenti liturgici, 21 marzo 1988: Notitiae
24 (1988) pp. 234-236.
[64]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae: AAS 87 (1995) pp. 288-314.
[65]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 838 § 3; S. Congr. dei Riti,
Istr. Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 31: AAS 56 (1964)
p. 883; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Liturgiam
authenticam, nn. 79-80: AAS 93 (2001) pp. 711-713.
[66]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, 7 dicembre 1965, n. 7; Pontificale Romanum, ed. 1962: Ordo
consecrationis sacerdotalis, in Praefatione; Pontificale Romanum ex
decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II renovatum,
auctoritate Pauli Pp. VI editum, Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum:
De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum, editio typica
altera, diei 29 iunii 1989, Typis Polyglottis Vaticanis, 1990, cap. II,
De Ordin. presbyterorum, Praenotanda, n. 101.
[67]
Cf. S. Ignatio di Antiochia, Ad Philad. 4: ed. F.X. Funk, I, p.
266; S. Cornelio I citato in S. Cipriano, Epist. 48, 2: ed. G.
Hartel, III, 2, p. 610.
[68]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
28.
[70]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
52; cf. n. 29: AAS 95 (2003) pp. 467-468; 452-453.
[71]
Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et
diaconorum, editio typica altera: De Ordinatione presbyterorum,
n. 124; cf. Missale Romanum, Feria V in Hebdomada Sancta: Ad Missam
chrismatis, Renovatio promissionum sacerdotalium, p. 292
[72]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione VII, 3 marzo 1547, Decr. sui Sacramenti,
can. 13: DS 1613; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 22; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39
(1947) pp. 544, 546-547, 562; Codice di Diritto Canonico, can.
846, § 1; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 24.
[73]
S. Ambrogio, De Virginitate, n. 48: PL 16, 278.
[74]
Codice di Diritto Canonico, can. 528 § 2.
[75]
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, n. 5.
[76]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 5:
AAS 95 (2003) p. 436.
[77]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
29; cf. Constitutiones Ecclesiae Aegypticae, III, 2: ed. F.X.
Funk, Didascalia, II, p. 103; Statuta Ecclesiae Ant.,
37-41: ed. D. Mansi 3, 954.
[82]
Cf. Caeremoniale Episcoporum, nn. 9, 23. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 29.
[83]
Cf. Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et
diaconorum, editio typica altera, cap. III, De Ordin. diaconorum,
n. 199.
[85]
Cf. Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et
diaconorum, editio typica altera, cap. III, De Ordin. diaconorum,
n. 200.
[86]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 10.
[87]
Cf. ibidem, n. 41; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen gentium, n. 11; Decr. sul ministero e la vita dei
sacerdoti, Presbyterorum ordinis, nn. 2, 5, 6; Decr.
sull’ufficio pastorale dei Vescovi, Christus Dominus, n. 30;
Decr. sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio, 21 novembre
1964, n. 15; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
nn. 3 e, 6: AAS 59 (1967) pp. 542, 544-545; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 16.
[88]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 26; Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
91.
[89]
1 Pt 2, 9; cf. 2, 4-5.
[90]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 91; cf. Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 14.
[91]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n.
10.
[92]
Cf. S. Tommasod’Aquino, Summa Theol., III, q. 63, a. 2.
[93]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 10; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 28: AAS 95 (2003) p. 452.
[96]
Cf. 1 Pt 3, 15; 2, 4-10.
[97]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, nn.
12-18: AAS 95 (2003) pp. 441-445; Id.,Lett., Dominicae Cenae, 24
febbraio 1980, n. 9: AAS 72 (1980) pp. 129-133.
[98]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10:
AAS 95 (2003) p. 439.
[99]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 30-31.
[100]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 1: AAS 62 (1970) p. 695.
[101]
Cf. Missale Romanum, Feria secunda post Dominica V in Quadragesima,
Collecta, p. 258.
[102]
Giovanni Paolo II,Lett. Ap., Novo Millennio ineunte, 6
gennaio 2001, n. 21: AAS 93 (2001) p. 280; cf. Gv 20, 28.
[103]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 586; cf.
anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 67; Paolo VI, Esort. Ap., Marialis cultus, 11 febbraio
1974, n. 24: AAS 66 (1974) pp. 113-168, qui p. 134; Congr. per il Culto
Div. e la Disc. dei Sacram., Direttorio su pietà popolare e Liturgia,
17 dicembre 2001.
[104]
Cf. Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Rosarium Virginis Mariae, 16
ottobre 2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36.
[105]
Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) pp. 586-587.
[106]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae, n. 22: AAS 87 (1995) p. 297.
[107]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 553.
[108]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
29: AAS 95 (2003) p. 453; cf. Conc. Ecum. Lateran. IV., 11-30 novembre
1215, cap. 1: DS802; Conc. Ecum. Trid., Sess. XXIII, 15 luglio 1563,
Dottrina e canonisulla sacr. ordin., cap. 4: DS 1767-1770; Pio XII,
Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 553.
[109]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 230 § 2; cf. anche Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 97.
[110]
Cf. anche Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 109.
[111]
Cf. Paolo VI, Motu proprio, Ministeria quaedam, 15 agosto 1972,
nn. VI-XII: Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum,
De institutione lectorum et acolythorum, de admissione inter
candidatos ad diaconatum et presbyteratum, de sacro caelibatu
amplectendo, editio typica, diei 3 decembris 1972, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1973, p. 10: AAS 64 (1972) pp. 529-534, qui pp. 532-533;
Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 1; Missale Romanum,
Institutio Generalis, nn. 98-99, 187-193.
[112]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 187-190, 193; Codice
di Diritto Canonico, can. 230 §§ 2-3.
[113]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 24; S. Congr. per i Sacr. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, nn. 2 e 18: AAS 72 (1980) pp. 334, 338; Missale Romanum,
Institutio Generalis, nn. 101, 194-198; Codice di Diritto Canonico,
can. 230 § 2-3.
[114]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 100-107.
[115]
Ibidem, n. 91; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 28.
[116]
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza dei Vescovi delle
Antille, 7 maggio 2002, n. 2: AAS 94 (2002) pp. 575-577; Esort. Ap.
post-sinodale, Christifideles laici, 30 dicembre 1988, n. 23: AAS
81 (1989) pp. 393-521, qui pp. 429-431; Congr. per il Clero ed altre,
Istr., Ecclesiae de mysterio, 15 agosto 1997, Principi teologici,
n. 4: AAS 89 (1997) pp. 860-861.
[117]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 19.
[118]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Immensae caritatis, 29
gennaio 1973: AAS 65 (1973) p. 266.
[119]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., De Musica sacra, 3
settembre 1958, n. 93c: AAS 50 (1958) p. 656.
[120]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 11 luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542; Congr. per
il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lett. ai Presidenti delle Conf.
dei Vescovi sul servizio liturgico dei laici, 15 marzo 1994: Notitiae
30 (1994) 333-335, 347-348.
[121]
Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 65: AAS 80
(1988) p. 877.
[122]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 11 luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542; Congr. per
il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lett. ai Presidenti delle Conf.
dei Vescovi sul servizio liturgico dei laici, 15 marzo 1994: Notitiae
30 (1994) 333-335, 347-348; Lett. a qualche Vescovo, 27 luglio 2001: Notitiae
38 (2002) 46-54.
[123]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 924 § 2: Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 320.
[124]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Dominus Salvator
noster, 26 marzo 1929, n. 1: AAS 21 (1929) pp. 631-642, qui
p. 632.
[125]
Cf. ibidem, n. II: AAS 21 (1929) p. 635.
[126]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 321.
[127]
Cf. Lc 22, 18; Codice di Diritto Canonico,can. 924 §§ 1,
3; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 322.
[128]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 323.
[129]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n.
13: AAS 81 (1989) p. 910.
[130]
S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 5: AAS 72 (1980) p. 335.
[131]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
28: AAS 95 (2003) p. 452; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 147;
S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Liturgicae instaurationes, n.
4: AAS 62 (1970) p. 698; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div.,
Istr., Inaestimabile donum, n. 4: AAS 72 (1980) p. 334.
[132]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 32.
[133]
Ibidem, n. 147; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de
Eucharistia, n. 28: AAS 95 (2003) p. 452; cf. anche Congr. per i
Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum, n.
4: AAS 72 (1980) pp. 334-335.
[134]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 39:
AAS 95 (2003) p. 459.
[135]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 2b: AAS 62 (1970) p. 696.
[136]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 356-362.
[137]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 51.
[138]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 57; cf. Giovanni Paolo II,
Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 13: AAS 81 (1989)
p. 910; Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiarazione sulla unicità e
universalità salvifica di Cristo e della Chiesa, Dominus Iesus,
6 agosto 2000: AAS 92 (2000) pp. 742-765.
[139]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 60.
[140]
Cf. ibidem, nn. 59-60.
[141]
Cf. per es. Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II renovatum, auctoritate Pauli Pp. VI editum Ioannis
Pauli Pp. II cura recognitum: Ordo celebrandi Matrimonium, editio
typica altera, diei 19 martii 1990, Typis Polyglottis Vaticanis, 1991,
n. 125; Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ordo
Unctionis infirmorum eorumque pastoralis curae, editio typica, diei 7
decembris 1972, Typis Polyglottis Vaticanis, 1972, n. 72.
[142]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[143]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche Codice di
Diritto Canonico, can. 6, §§ 1, 2; e can. 767 § 1, in merito a ciò
si tengano presenti anche le prescrizioni della Congr. per il Clero ed
altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni pratiche, art.
3 § 1: AAS 89 (1997) p. 865.
[144]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche Codice di
Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[145]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997) p. 865; cf. anche Codice
di Diritto Canonico, can. 6, §§ 1, 2; Pont. Comm. per l’Interpr.
autent. del Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium,
20 giugno 1987: AAS 79 (1987) p. 1249.
[146]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997) pp. 864-865.
[147]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss.mo
Sacrificio della Messa, cap. 8: DS1749; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 65.
[148]
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ad alcuni Vescovi degli Stati Uniti
d’America in occasione della visita «ad limina Apostolorum», 28
maggio 1993, n. 2: AAS 86 (1994) p. 330.
[149]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 386 § 1.
[150]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 73.
[151]
Cf. ibidem, n. 154.
[152]
Cf. ibidem, nn. 82, 154.
[153]
Cf.Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 83.
[154]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 5: AAS 62 (1970) p. 699.
[155]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 83, 240, 321.
[156]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 3 § 2: AAS 89 (1997) p. 865.
[157]
Cf. specialmente Institutio generalis de Liturgia Horarum, nn.
93-98; Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis Pauli Pp. II promulgatum:
De Benedictionibus, editio typica, diei 31 maii 1984, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1984, Praenotanda, n. 28; Ordo coronandi imaginem beatae
Mariae Virginis, editio typica, diei 25martii 1981, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1981, nn. 10 e 14, pp. 10-11; S. Congr. per il Culto Divino,
Istr., sulle Messe nei gruppi particolari, Actio pastoralis, 15
maggio 1969: AAS 61 (1969) pp. 806-811; Direttorio per le Messe dei
fanciulli, Pueros baptizatos, 1 novembre 1973: AAS 66 (1974) pp.
30-46; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 21.
[158]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Misericordia Dei, 7
aprile 2002, n. 2: AAS 94 (2002) p. 455; Cf. Congr. per il Culto Div. e
la Disc. dei Sacram., Responsa ad dubia proposita: Notitiae 37
(2001) pp. 259-260.
[159]
Cf. S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 9: AAS 62 (1970) p. 702.
[160]
Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss.
Eucaristia, cap. 2: DS 1638; cf. Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss.
Sacrificio della Messa, cap. 1-2: DS 1740, 1743; S. Congr. dei Riti,
Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35: AAS 59 (1967) p. 560.
[161]
Cf. Missale Romanum, Ordo Missae, n. 4, p. 505.
[162]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 51.
[164]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 916; Conc. Ecum. Trid., Sess.
XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss. Eucaristia, cap. 7: DS 1646-1647;
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
36: AAS 95 (2003) pp. 457-458; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 35: AAS 59 (1967) p. 561.
[165]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
42: AAS 95 (2003) p. 461.
[166]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 844 § 1; Giovanni Paolo II,
Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, nn. 45-46: AAS 95
(2003) pp. 463-464; cf. anche Pont. Cons. per la Promoz. dell’Unità
dei Cristiani, Direttorio per l’applicazione dei principi e norme
sull’ecumenismo, La recherche de l’unité, 25 marzo 1993, nn.
130-131: AAS 85 (1993) pp. 1039-1119, qui p. 1089.
[167]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
46: AAS 95 (2003) pp. 463-464.
[168]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35:
AAS 59 (1967) p. 561.
[169]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 914; S. Congr. per la Disc.
dei Sacram., Dichiaraz., Sanctus Pontifex, 24 maggio 1973: AAS 65
(1973) p. 410; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div. e S. Congr.
per il Clero, Lett. ai Presidenti delle Conf. dei Vescovi, In
quibusdam, 31 marzo 1977: Enchiridion Documentorum Instaurationis
Liturgicae, II, Roma 1988, pp. 142-144; S. Congr. per i Sacram. e
per il Culto Div. e S. Congr. per il Clero, Responsum ad propositum
dubium, 20 maggio 1977:AAS 69 (1977) p. 427.
[170]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, 31 maggio 1998, nn.
31-34: AAS 90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-734.
[171]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 914.
[172]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55.
[173]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 31:
AAS 59 (1967) p. 558; Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi
Legislativi, Responsio ad propositum dubium, 1 giugno 1988: AAS 80
(1988) p. 1373.
[174]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 85.
[175]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 31: AAS 59 (1967) p. 558; Missale Romanum, Institutio
Generalis, nn. 85, 157, 243.
[176]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 160.
[177]
Codice di Diritto Canonico,can. 843 § 1; cf. can. 915.
[178]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 161.
[179]
Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Dubium: Notitiae
35 (1999) pp. 160-161.
[180]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 118.
[182]
Codice di Diritto Canonico, can. 917; cf. Pont. Comm. per
l’Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico, Responsio
ad propositum dubium, 11 luglio 1984: AAS 76 (1984) p. 746.
[183]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn.
158-160, 243-244, 246.
[184]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 237-249; cf. anche nn.
85, 157.
[185]
Cf. ibidem, n. 283a.
[186]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessio XXI, 16 luglio 1562, Decr. sulla comunione
eucaristica, capp. 1-3: DS 1725-1729; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 55; Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 282-283.
[187]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 283.
[189]
Cf. S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Sacramentali Communione,
29 giugno 1970: AAS 62 (1970) p. 665; Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 6a: AAS 62 (1970) p. 699.
[190]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 285a.
[192]
Cf. ibidem, nn. 285b et 287.
[193]
Cf. ibidem, nn. 207 et 285a.
[194]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1367.
[195]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 3 luglio 1999: AAS 91 (1999) p. 918.
[196]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 284.
[197]
Codice di Diritto Canonico,can. 932 § 1; cf. S. Congr. per il Culto
Div., Istr., Liturgicae instaurationes, n. 9: AAS 62
(1970) p. 701.
[198]
Codice di Diritto Canonico, can. 904; cf. Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 3; Decr. sul
ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum ordinis, n. 13;
cf. anche Conc. Ecum. Trid., Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss.
Sacrificio della Messa, cap. 6: DS 1747; Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium
fidei, 3 settembre 1965: AAS 57 (1965) pp. 753-774, qui pp. 761-762;
cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
11: AAS 95 (2003) pp. 440-441; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 44: AAS 59 (1967) p. 564; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 19.
[199]
Cf.Codice di Diritto Canonico, can. 903; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 200.
[200]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 36 § 1; Codice di Diritto Canonico,
can. 928.
[201]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 114.
[202]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 36: AAS 90 (1998)
pp. 713-766, qui p. 735; cf. anche S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 27: AAS 59 (1967) p. 556.
[203]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, soprattutto n. 36: AAS
90 (1998) pp. 735-736; S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Actio
pastoralis, 15 maggio 1969: AAS 61 (1969) pp. 806-811.
[204]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 905, 945-958; cf. Congr.
per il Clero, Decr., Mos iugiter, 22 febbraio 1991: AAS 83 (1991)
pp. 443-446.
[205]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 327-333.
[206]
Cf. ibidem, n. 332.
[207]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 332; S. Congr. per i
Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum, n.
16: AAS 72 (1980) p. 338.
[208]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 333; Appendix IV. Ordo
benedictionis calicis et patenae intra Missam adhibendus, pp.
1255-1257; Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum,
Ordo Dedicationis ecclesiae et altaris, editio typica, diei 29 maii
1977, Typis Polyglottis Vaticanis, 1977, cap. VII, pp. 125-132.
[209]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 183, 192.
[212]
Cf. ibidem, n. 336.
[213]
Cf. ibidem, n. 337.
[214]
Cf. ibidem, n. 209.
[215]
Cf. ibidem, n. 338.
[216]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 8c: AAS 62 (1970) p. 701.
[217]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 346g.
[218]
Ibidem, n. 114; cf. nn. 16-17.
[219]
S. Congr. per il Culto Div., Decr., Eucharistiae sacramentum, 21
giugno 1973: AAS 65 (1973) 610.
[221]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 54:
AAS 59 (1967) p. 568; Istr., Inter Oecumenici, 26 settembre 1964,
n. 95: AAS 56 (1964) p. 898; Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
314.
[222]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 3: AAS 72
(1980) pp. 117-119; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 53: AAS 59 (1967) p. 568; Codice di Diritto
Canonico, can. 938 § 2; Rituale Romanum, De sacra Communione et de
cultu Mysterii eucharistici extra Missam, Praenotanda, n. 9; Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 314-317.
[223]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 938 §§ 3-5.
[224]
S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Nullo unquam, 26
maggio 1938, n. 10d: AAS 30 (1938) p. 206.
[225]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum sanctitatis tutela,
30 aprile 2001: AAS 93 (2001) pp. 737-739; Congr. per la Dottrina
della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri
Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati alla
stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[226]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, nn. 26-78.
[227]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
25: AAS 95 (2003) pp. 449-450.
[228]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss.
Eucharistia, cap. 5: DS 1643; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei:
AAS 39 (1947) p. 569; Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium Fidei: AAS
57 (1965) pp. 769-770; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 3f: AAS 59 (1967) p. 543; S. Congr. per i Sacram. e
per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum, n. 20: AAS 72
(1980) p. 339; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 25: AAS 95 (2003) pp. 449-450.
[229]
Cf. Ebr 9, 11; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de
Eucharistia, n. 3: AAS 95 (2003) p. 435.
[230]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
25: AAS 95 (2003) p. 450.
[231]
Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium fidei, 3 settembre 1965: AAS 57
(1965) p. 771.
[232]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
25: AAS 95 (2003) pp. 449-450.
[233]
Codice di Diritto Canonico,can. 937.
[234]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
10: AAS 95 (2003) p. 439.
[235]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, nn. 82-100; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 317; Codice di Diritto Canonico,can. 941 § 2.
[236]
Giovanni Paolo II, Lett.. Ap., Rosarium Virginis Mariae, 16
ottobre 2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36; qui n. 2, p. 6.
[237]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lettera della
Congregazione, 15 gennaio 1997: Notitiae 34 (1998) pp. 506-510;
Penit. Apost., Lett. a qualche sacerdote, 8 marzo 1996: Notitiae 34
(1998) 511.
[238]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 61:
AAS 59 (1967) p. 571; Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu
Mysterii eucharistici extra Missam, n. 83; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 317; Codice di Diritto Canonico,can. 941 § 2.
[239]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, n. 94.
[240]
Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 65: AAS 80
(1988) p. 877.
[241]
Codice di Diritto Canonico, can. 944 § 2; cf. Rituale Romanum,
De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
Praenotanda, n. 102; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317.
[242]
Codice di Diritto Canonico, can. 944 § 1; cf. Rituale Romanum,
De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
Praenotanda, nn. 101-102; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317.
[243]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
10: AAS 95 (2003) p. 439.
[244]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, Praenotanda, n. 109.
[245]
Cf. ibidem, nn. 109-112.
[246]
Cf. Missale Romanum, In sollemnitate sanctissimi Corporis et Sanguinis
Christi, Collecta, p. 489.
[247]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Principi teologici, n. 3: AAS 89 (1997) p. 859.
[248]
Codice di Diritto Canonico, can. 900 § 1; cf. Conc. Ecum.
Lateran. IV., 11-30 novembre 1215, cap. 1: DS 802; Clemente VI, Lett. ad
Mekhitar, Catholicon Armeniorum, Super quibusdam, 29
settembre 1351: DS 1084; Conc. Ecum. Trid., Sess. XXIII, 15 luglio 1563,
Dottrina e canoni sulla sacr. ordin., cap. 4: DS 1767-1770; Pio XII,
Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 553.
[249]
Cf.Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 3; Giovanni Paolo II,
Discorso al Simposio sulla «partecipazione dei fedeli laici al
ministero pastorale dei sacerdoti», 22 aprile 1994, n. 2: L’Osservatore
Romano, 23 aprile 1994; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Proemio: AAS 89 (1997) pp. 852-856.
[250]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris missio, nn.
53-54: AAS 83 (1991) pp. 300-302; Congr. per il Clero ed altre,
Istr., Ecclesiae de mysterio, Proemio: AAS 89 (1997) pp. 852-856.
[251]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’attività missionaria della
Chiesa, Ad gentes, 7 dicembre 1965, n. 17; Giovanni Paolo II,
Lett. Enc., Redemptoris missio, n. 73: AAS 83 (1991) p. 321.
[252]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 8 § 2: AAS 89 (1997) p. 872.
[253]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
32: AAS 95 (2003) p. 455.
[254]
Codice di Diritto Canonico, can. 900 § 1.
[255]
Cf. ibidem, can. 910 § 1; cf. anche Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae
Cenae, n. 11: AAS 72 (1980) p. 142; Congr. per il Clero ed altre,
Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 1:
AAS 89 (1997) pp. 870-871.
[256]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 3.
[257]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae caritatis,
proemio: AAS 65 (1973) p. 264; Paolo VI, Motu proprio, Ministeria
quaedam, 15 agosto 1972: AAS 64 (1972) p. 532; Missale Romanum,
Appendix III: Ritus ad deputandum ministrum sacrae Communionis ad actum
distribuendae, p. 1253; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 1: AAS 89 (1997) p.
871.
[258]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 10: AAS 72 (1980) p. 336; cf. Pont. Comm. per
l’Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico, Responsio
ad propositum dubium, 11 luglio 1984: AAS 76 (1984) p. 746.
[259]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae caritatis,
n. 1: AAS 65 (1973) pp. 264-271, qui pp. 265-266; Pont. Comm. per l’Interpr.
autent. del Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium,
1 giugno 1988: AAS 80 (1988) p. 1373; Congr. per il Clero ed altre,
Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 2:
AAS 89 (1997) p. 871.
[260]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[261]
Cf. ibidem, can. 766.
[262]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 2 §§ 3-4: AAS 89 (1997) p. 865.
[263]
Cf. Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Dies Domini, specialmente nn.
31-51: AAS 90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-746; Giovanni Paolo II,
Lett. Ap., Novo Millennio ineunte, 6 gennaio 2001, nn.
35-36: AAS 93 (2001) pp. 290-292; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 41: AAS 95 (2003) pp. 460-461.
[264]
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, n. 6; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de
Eucharistia, nn. 22, 33: AAS 95 (2003) pp. 448, 455-456.
[265]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 26:
AAS 59 (1967) pp. 555-556; Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le
celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia,
2 giugno 1988, nn. 5 e 25: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui
pp. 367, 372.
[266]
Cf. Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno
1988, n. 18: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui p. 370.
[267]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 2: AAS 72
(1980) p. 116.
[268]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 49: AAS 90
(1998) p. 744; Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 41: AAS 95
(2003) pp. 460-461; Codice di Diritto Canonico, cann. 1246-1247.
[269]
Codice di Diritto Canonico, can. 1248 § 2; cf. Congr. per il
Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del
sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno 1988, nn. 1-2: Notitiae
24 (1988) pp. 366-378, qui p. 366.
[270]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 33:
AAS 95 (2003) pp. 455-456.
[271]
Cf. Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno
1988, n. 22: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui p. 371.
[272]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
30: AAS 95 (2003) pp. 453-454; cf. anche Pont. Cons. per la Promoz.
dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per l’applicazione dei
principi e norme sull’ecumenismo, La recherche de l’unité,
n. 115: AAS 85 (1993) p. 1085.
[273]
Cf. Pont. Cons. per la Promoz. dell’Unità dei Cristiani, Direttorio
per l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo, La
recherche de l’unité, n. 101: AAS 85 (1993) pp. 1081-1082.
[274]
Codice di Diritto Canonico,can. 292; cf. Pont. Cons. per l’Interpr.
dei Testi Legislativi, Dichiarazione sulla retta interpretazione del
can. 1335, seconda parte, C.I.C., 15 maggio 1997, n. 3: AAS 90 (1998) p.
64.
[275]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 976; 986 § 2.
[276]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legislativi, Dichiarazione
sulla retta interpretazione del can. 1335, seconda parte, C.I.C., 15
maggio 1997, nn. 1-2: AAS 90 (1998) pp. 63-64.
[277]
Per ciò che riguarda i sacerdoti che hanno ottenuto la dispensa dal
celibato, cf. S. Congr. per la Dottrina della Fede, Norme sulla dispensa
dal celibato sacerdotale, Normae substantiales, 14 ottobre 1980,
art. 5; cf. anche Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 5: AAS 89 (1997) p. 865.
[278]
S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., II, 2, q. 93, a. 1.
[279]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 15:
AAS 81 (1989) p. 911; cf. anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 15-19.
[280]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum sanctitatis tutela,
30 aprile 2001: AAS 93 (2001) pp. 737-739; Congr. per la Dottrina
della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri
Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati alla
stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[281]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1367; Pont. Cons. per
l’Interpr. dei Testi Legislativi, Responsio ad propositum dubium, 3
luglio 1999: AAS 91 (1999) p. 918; Congr. per la Dottrina della Fede,
Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione
per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[282]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1378 § 2 n. 1 et
1379; Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa
Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più
gravi riservati alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede:
AAS 93 (2001) p. 786.
[283]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 908 et 1365; Congr.
per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e
agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi
riservati alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93
(2001) p. 786.
[284]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 927; Congr. per la
Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli
altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati
alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p.
786.
[285]
Codice di Diritto Canonico,can. 387.
[286]
Ibidem, can. 838 § 4.
[288]
Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 52: AAS 80
(1988) p. 874.
[289]
Cf. ibidem, n. 63: AAS 80 (1988) p. 876.
[290]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1417 § 1.
[291]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
24: AAS 95 (2003) p. 449.
[292]
Ibidem, nn. 53-58: AAS 95 (2003) pp. 469-472.
[293]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 14; cf. anche nn. 11, 41 e 48.
[294] Cf. S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., III, q. 64, a.
9 ad primum.
[295]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 24.
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